Capitolo 4


Fu svegliata dalla luce accecante del sole che penetrava dalla stretta finestra e da una voce insistente che la chiamava.

Schiuse le palpebre con una certa fatica e vide davanti a sé il volto bellissimo della madre, che la guardava con espressione orgogliosa.

«Madre, cosa succede?»

«Alzati mia cara, sarà un lunga giornata per te.» La regina indossava il verde, e i capelli rossi sciolti sulle spalle. Aveva un aspetto radioso.

«Perché?» chiese Larica confusa. «Cosa...»

Non fece in tempo a finire di parlare che la balia entrò nella stanza con un enorme sacca da viaggio sulle spalle. La mise a terra e cominciò a riempirla di tutto ciò che vedeva. «Donna Rubia, che cosa fai?»

«Alzati Larica. Mentre la tua balia prepara le cose per il viaggio tu devi vestirti e farti bella. Dopo colazione dovrai partire.»

Larica rimase seduta, troppo confusa per potersi muovere. «Partire per dove?»

«Per Calanthia, tesoro. La tua nuova casa.»

«Cosa? Ma non pensavo che si partisse così presto.» Una voragine le si formò nel petto, scavandole un solco in mezzo al cuore. Aveva solo qualche ora di tempo, forse nemmeno, per dire addio alla sua città.

Come potevano farle questo? Un istintivo moto di rabbia verso sua madre la spinse ad alzarsi di scatto. «Non ci credo. Non potete farmi questo; devi parlare con mio padre, ti prego, dovete darmi altro tempo!»

Lo sguardo della regina Morgane si fece d'un tratto cupo: «Questo non è possibile Larica, tuo padre ha già preso la sua decisione.»

«E tu? Mi vuoi lontana da casa il più presto possibile come vuole lui?» Una lacrima gelida le scivolò lungo una guancia.

Sua madre si addolcì: «Comprendo il tuo stato d'animo, tesoro, ma devi capire perché lo facciamo. Non è come pensi, noi cerchiamo solo...»

«Smettila! Smettila di dire che lo fate per il mio bene! Non mi chiedete mai cosa vorrei io, fate sempre quello che va bene a voi.»

Per quanto si vergognasse di piangere come una bambina, lasciò comunque cadere le lacrime fino a sentirsi bagnato il collo. Stava accadendo tutto così in fretta...

Superò la madre, tenendo bassi gli occhi per la vergogna del pianto e se ne andò sbattendo la porta, senza curarsi di essere a piedi nudi. Corse lungo il corridoio sollevando la lunga camicia da notte per non inciampare. D'un tratto aveva voglia di fuggire, di andarsene da quella città, dalla sua famiglia che fingeva solo di volerle bene.

Senza rendersene conto arrivò fino all'ala del castello riservata ai Calan e lì inciampò sulla veste sbattendo forte gomiti e ginocchi. Si rannicchiò come una bambina e scoppiò a piangere.

Non solo l'avevano venduta a una lontana famiglia del sud, ma volevano anche farla partire prima possibile. Tutto solo perché lei non era come gli altri, secondo loro. Solo per un colore diverso di occhi, che oltre tutto si manifestava in un determinato periodo dell'anno. Era un'ingiustizia che Larica non riusciva a tollerare.

«Principessa?» Una voce le giunse alle orecchie, ma lei, chiusa nel suo guscio di tristezza, la respinse con la mente continuando a crogiolarsi nella sua commiserazione.

Udì rumore di passi e di nuovo quella voce: «Principessa, qualcosa non va?»

Lei si costrinse a sollevare la testa, anche se la sentiva pesante come un macigno. Poco distante da lei c'era il principe Ferdinand, coperto da una spessa cappa da viaggio.
«Larica, giusto?»

Lei annuì, asciugandosi in fretta gli occhi: «Avevate davvero dubbi? Sono la vostra promessa sposa, dovreste vergognarvi di non sapere per certo il mio nome. Vi scordate poi che avete ballato con me tutta la sera?» Si pentì subito della sua risposta sgarbata; in fondo era lei quella rannicchiata a terra in camicia da notte, con le guance bagnate di lacrime. Ormai però il datto era fatto, quindi preferì tacere.

«Sì, avete ragione, scusatemi principessa» disse lui sorprendendola. «Ma vedo che quella che non sta bene tra noi due siete voi.» Si avvicinò e piegò un ginocchio per arrivare alla sua altezza. «Non avete un bell'aspetto, sembrate turbata e triste. Cos'è accaduto?»

Larica lo fulminò con uno sguardo pieno di risentimento: «Dovreste ben saperlo, principe, cosa mi turba, visto che ne siete in parte la causa. Voi e la vostra famiglia.»

Quelle parole sembrarono colpirlo. Con sguardo piccato ribatté: «Questo lo dite voi... io non centro nulla con le decisioni di mio padre. È stato lui insieme al vostro a decidere di partire subito, e voi dovreste sbrigarvi.» Il suo tono era di rimprovero, ma gli occhi rimanevano dolci come il miele dei suoi tortini preferiti.

«Non verrò con voi.» Larica rifiutò bruscamente la mano che lui le porgeva. «Io sono una principessa e anche se non ho il diritto di scegliere il mio destino posso almeno decidere quando farlo avverare.»

Ferdinand abbassò lo sguardo: «Come volete, principessa. Io però vi ho avvertita. State pur certa che troveranno il modo per farvi partire.» Con queste parole il principe di Calanthia la lasciò sola, ancora avvolta nella sua disperazione.

Quando tempo dopo si decise ad alzarsi, scoprì che tutti la stavano cercando. Evidentemente Ferdinand non aveva rivelato a nessuno di averla vista. Larica sorrise tra sé.

Il suo sorriso svanì subito però nel momento in cui rientrò nelle sue stanze. «Principessa, finalmente! Vi abbiamo cercata dappertutto!» Donna Rubia le andò incontro e la abbracciò.

«Cara balia, perdonami, non volevo farti preoccupare tanto...» Restituì l'abbraccio, cercando di nasconderle il fatto che aveva pianto.

«Oh, dolce Larica, questo è il minore dei nostri problemi» disse la balia in tono apprensivo.

«Che cosa c'è Rubia, dimmi.»

«Oh, principessa... non so proprio come dirvelo.» La balia era agitata e continuava a farsi aria con un ventaglio di stoffa nera.
«Larica, vostro fratello... il vostro caro fratello...»

«Parla balia, parla» la esortò Larica. Sentì l'angoscia avvolgerla nella sua cappa di spine.

«Il principe è malato, molto malato.»
«Chi?»
«Vostro fratello, principessa.»
«Oh, suvvia balia, sai bene che ho cinque fratelli.»
«Certo, è vero, perdonatemi. Mia cara, sono talmente scossa... quel povero ragazzo sta davvero male.» Si sventolò con più foga. «Il principe Endin, figliola, vostro fratello maggiore.»

Larica si sentì mancare. Endin, il suo dolce fratello, una della persone con cui andava più d'accordo, era gravemente malato. «Ma com'è possibile? Ieri sera al banchetto sembrava stare bene.»

«Si è sentito male questa notte ma non sembrava nulla, infatti non ne ero stata informata. Poi stamane, un paio d'ore fa, le sue condizioni sono peggiorate. Vomita e ha la febbre alta il povero principe Endin. Come sono dispiaciuta per lui, un così bravo ragazzo...»

«Non può essere.» Larica si fiondò di nuovo nel corridoio senza attendere un istante. Doveva vedere suo fratello, subito.

«Aspettate principessa! Almeno un mantello, una veste, o uno scialle...» Donna Rubia le correva dietro, faticando a tenere il suo passo veloce.

Le stanze di suo fratello non erano molto distanti dalle sue, per cui ci misero poco a raggiungerle. Fuori dalla porta, prima che lei potesse entrare, la balia la trattenne per una spalla e le mise addosso una vestaglia per renderla più decorosa.

Larica era talmente preoccupata che non riuscì neppure a ringraziarla; in quel momento non le importava essere presentabile, voleva solo vedere subito suo fratello per accertarsi che le sue condizioni non fossero poi così gravi.

Entrò senza bussare; le guardie non c'erano. L'anticamera era vuota, così procedette verso la camera da letto di Endin.

Donna Rubia si tenne rispettosamente in disparte, mentre lei si avvicinò al letto a baldacchino.

Sua madre scostò le tende, e la accolse con sguardo colmo di apprensione. «Larica, non dovresti essere qui. Tuo fratello è molto malato.» Qualcosa nel tono della sua voce suggeriva un dolore terribile, e quello per lei fu come un campanello d'allarme. «Ti prego madre mia, dimmi che Endin si riprenderà.»

La regina le prese una mano e la strinse forte: «Lo spero cara, ma i guaritori dicono che non v'è alcuna certezza purtroppo.»

A quelle parole un pezzo del suo cuore crollò. Endin, il suo miglior confidente, il suo più caro amico per cui provava un affetto smisurato, stava per morire.

Non ebbe neanche la forza di tenere la testa sollevata, quindi la lasciò crollare sul petto. «Quale male lo affligge?» chiese tentando di trattenere le lacrime, stavolta non solo di egoismo.

«I guaritori lo hanno visitato, ma non sono riusciti a capire di che malattia si tratti. Forse una strana e rara infezione.»

«Padre lo sa?»
«Sì, è appena stato informato insieme ai tuoi fratelli.»

Larica si fece avanti. Doveva vederlo. Le tende chiuse suggerivano che suo fratello doveva avere un aspetto orribile, infatti sua madre cercò di fermarla, ma lei deglutì l'amaro che aveva in bocca e si fece forza.

Scostò le tende, tirandole in parte. Alla vista di Endin un nodo tremendo le strinse la gola. Era abbandonato tra le coperte, avvolto da morbido velluto e calde pellicce. Gli occhi erano chiusi, le palpebre violacee; le labbra morbide bluastre, la pelle bianco latte e i capelli appiccicati di sudore la spaventarono ulteriormente.

«Endin.» Avvicinò una mano, dapprima titubante, e gli carezzò la fronte. «Caro fratello, ti prego, rispondimi.» Quegli occhi contornati da segni scuri rimasero però chiusi. Endin restò addormentato senza darle alcun segno di vita.

Larica si volse, e vide sua madre accanto a lei. «Sembra morto.»

«Non lo è, tesoro, perciò noi dobbiamo sperare, e pregare» rispose Morgane posando una mano sopra la fronte del figlio.

«Vieni con me, Larica, andiamo al tempio di Emenia a invocare l'aiuto degli Dei per tuo fratello.»

«Sì madre.» Una parte di lei sarebbe voluta stare con Endin, ma si sentiva troppo spaventata per farlo. Così seguì la madre fino al tempio, dove pregarono per molte ore.

Era metà pomeriggio quando Larica tornò nelle sue stanze. Distrutta dall'ansia, dalla stanchezza e dal dolore, si lasciò scivolare a terra e immerse il volto nella pelliccia che donna Rubia le aveva fatto indossare prima di entrare nel tempio.

Impregnò il pelo candido di tutte le sue lacrime finché, straziata e sfinita da quella terribile giornata pregna di dolore, cedette al sonno e si addormentò.

Al suo risveglio si ritrovò a letto, con la sua balia accanto. «Come sta Endin?» chiese subito tirandosi su di scatto. Donna Rubia si limitò a scuotere la testa con aria afflitta, segno che le condizioni di suo fratello non erano migliorate.

Larica allora si alzò, si vestì di fretta e con la balia sempre al seguito si recò nelle stanze di suo fratello. Lì trovò la madre intenta a rinfrescare la fronte sudata del figlio, che continuava ad avere gli occhi serrati e gemeva forte.

«Larica, torna nelle tue stanze. Ho ottenuto che la partenza sia rinviata a domattina, dato che hai pregato con me tutta la giornata per tuo fratello, ma dovrai essere pronta all'alba, quindi vai a riposare.»

«No.»
«Cosa?» La regina spalancò gli occhi, sorpresa.
«Ho detto di no. Mi rifiuto di andarmene finché mio fratello sarà in queste condizioni.» Inoltre essendo rimasta nascosta a lungo e poi al tempio con la madre, non aveva avuto neppure il tempo per salutare la sua città prima di andarsene.

«Larica, figlia mia» disse sua madre avvicinandosi e guardandola in modo benevolo, «purtroppo non puoi fare nulla per Endin. Pensa a fare il tuo dovere, invece. Re Ferdinand vuole partire, e tu farai il tuo dovere.»

Larica scosse la testa: «No. Non partirò madre, e nessuno potrà costringermi.» Senza lasciare il tempo alla regina di replicare, lasciò la stanza con passo rabbioso. Mai avrebbe obbedito a un ordine tanto ingiusto. Lei era una Lavin, e da Lavin si sarebbe comportata.

Non fu difficile farsi ammettere nelle stanze del principe Ferdinand, visto che era ufficialmente la sua promessa sposa.

Entrò con passo deciso, puntò gli occhi sul principe, che seduto dietro una scrivania scrutava alcune mappe, e disse in tono perentorio: «Devo parlarvi.»

Lui alzò lo sguardo e parve sorpreso di vederla. «Cosa ci fate qui?»

Larica avanzò senza titubanza alcuna: «Come ho già detto, devo parlarvi.»




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