Capitolo 3

Durante tutto il pomeriggio Larica non fece che pensare al principe a cui era promessa; pensava ai suoi occhi tristi, ai lucidi capelli neri, alla voce impassibile.

Non capiva se quel ragazzo fosse di carattere dolce, solo molto distante o forse addirittura timido, o se fosse invece un'anima solitaria, che si annoiava durante i patetici e ridicoli riti di corte. Dopotutto poteva essere una cosa in comune, si disse più di una volta tentando di tranquillizzarsi.

Almeno le pareva il più gentile tra i due fratelli Calan, dato che l'altro a prima impressione le era parso un giovane freddo e poco cordiale. D'altra parte però anche il principe Ferdinand aveva tenuto la testa bassa per quasi tutto il tempo; forse non era stato colpito da lei? O era solo un comportamento rispettoso dovuto anche a una comprensibile discrezione e riservatezza?

Larica restò a rimuginarci per molto tempo, dato che comunque non le fu concesso il permesso di uscire neppure per una innocua passeggiata in cortile.

Così rimase nella sua stanza a riflettere sulla sua situazione, su quello che era il suo presente, e quello che sarebbe stato il suo futuro. Pensò al principe Ferdinad; sognò di piacergli e a sua volta di innamorarsi di lui. Rifiutò di ricamare o di dedicarsi a qualsiasi altra distrazione femminile.

Restò stesa a letto a fissare il soffitto di pietra sognando a occhi aperti, lasciando ogni tanto sfuggire qualche lacrima, finché la sua balia venne a comunicarle che era giunto il momento di prepararsi per il banchetto serale.

Rannicchiata nell'acqua calda della tinozza, Larica continuò a pensare al principe anche mentre la balia le faceva il bagno, strofinandole energicamente la pelle con una pezzuola imbevuta di limone, acqua di rose e altre essenze profumate.

Lei era tanto immersa nel suo mondo di sogni e tristezza, che non si accorse di quando donna Rubia la tirò fuori dalla tinozza, le asciugò tutto il corpo con dei panni morbidi e prese a massaggiarle la pelle con oli profumati. Le pettinò i lunghi capelli fino a liberarli completamente dai nodi, poi le fece scivolare addosso una sottoveste perché non prendesse freddo.

Larica si mosse meccanicamente verso il focolare, sedette su una sedia e lasciò che la balia le spazzolasse i capelli finché non furono asciutti, morbidi e lisci come seta.
Donna Rubia fece poi chiamare le ancelle, che portarono i vari strati di abbigliamento per Larica.

Per prima cosa le infilarono una tunica color bronzo, lunga fino ai piedi, con le maniche a losanga che toccavano terra. Dopo questa andava una veste verde smeraldo senza maniche, più corta di due spanne e aperta dalla vita in giù per lasciare scoperto un pezzo di tunica e così anche il colore bronzeo della casa Calan.

Poi balia Rubia, esperta nella lavorazione delle maniche, ne legò un paio allacciandole alla veste. Le maniche erano il pezzo migliore. Verdi, con splendidi ricami color ghiaccio fatti dalla balia, si aprivano da metà braccio scivolando sulle altre maniche di bronzo. Il contrasto tra i due colori era strano agli occhi di Larica, ma risultava piacevole per la delicatezza del bronzo e la forza del verde. Si rimirò compiaciuta allo specchio.

«Principessa, non dovreste vantarvi in questo modo di portare un simile colore» disse la balia.

«E perché mai donna Rubia? Non è poi così male il bronzo, dopotutto.»

«È il colore di un'altra casa, per di più del sud» ribatté contrariata la balia lanciandole uno sguardo severo.

«Suvvia balia, è pur sempre la casa a cui presto apparterrò! E tu dovresti abituartici, dato che verrai con me.» Larica le restituì lo sguardo duro, mettendola così a tacere.

Ci fu silenzio assoluto per tutto il tempo che donna Rubia impiegò ad acconciarle i capelli, poi Larica cominciò a sentirsi in colpa. «Mi dispiace» disse solamente.

La donna le sorrise dallo specchio. Era di nuovo tutto apposto. Rubia era sempre stata un'educatrice severa e intransigente, nondimeno per lei era come una seconda madre, e spesso si era chiesta come avrebbe fatto senza di lei. Si sentiva sollevata a sapere che almeno la balia l'avrebbe accompagnata nella sua nuova casa, e quando sarebbe giunto il momento di affrontare il suo destino non sarebbe stata sola.

Nella sala dei banchetti la famiglia Calan era già presente. Appena fu annunciata, esattamente come a pranzo, Larica poté entrare e subito buttò l'occhio verso il principe Ferdinand. Lo individuò subito; sedeva accanto al fratello dall'aria scocciata,
e a Endin, favoloso nella tunica color ghiaccio con ricami d'argento e i capelli biondi ben pettinati.

Ferdinand Calan certo non poteva reggere il confronto, ma Larica dovette ammettere che faceva la sua figura, con il cerchio color bronzo a cingere i capelli neri, la giubba di velluto ricamata d'oro e le maniche ampie, ramate, che si chiudevano sui polsi dandogli un'aria molto regale. Abiti così ricchi in un uomo non li aveva mai visti.

Dopo aver salutato cortesemente il padre e gli ospiti, Larica prese posto accanto a re Hartas, come a pranzo. Da lì vedeva bene il principe, seduto nel lato sinistro del tavolo a ferro di cavallo. Da quel posto d'onore, Larica dominava tutto.

La cena fu persino più ricca del pranzo e venne servito persino il pesce, probabilmente portato loro dai Calan. Mille salse accompagnarono diversi arrosti, tra cui cigno, cervo, fagiano, cinghiale, coniglio e pernice. Poi numerose focacce, zuppe dagli ortaggi più raffinati, formaggi tipici del nord e frutta secca importata dal sud di Varasia.
Buffoni e musicanti allietarono il banchetto con i loro canti e i giochi più divertenti.

Larica però non mangiò molto e nemmeno degnò di uno sguardo i buffoni che saltellavano tra i tavoli rincorrendosi. La sua attenzione era focalizzata sul principe di Calanthia. Lo vide assaggiare qualche boccone di alcune pietanze, senza tuttavia eccedere. Bevve vino rosso, non toccò la birra, forse di sapore troppo rozzo per un principe del sud, e quando a fine cena furono serviti dolci, paste e confetti non toccò nulla.

Parlò solo con il fratello e re Hartas quando gli rivolgeva qualche domanda, e ben di rado poiché suo padre era piuttosto impegnato ad abbuffarsi e scolare birra.

Ferdinand era silenzioso, gli occhi spesso persi nel vuoto, manteneva un contegno e una postura impeccabili; forse per i suoi gusti era anche un po' troppo rigido.

Nonostante ciò il suo sguardo quando i loro occhi si incontravano era gentile, il sorriso accennato ma dolce, e non vide mai in lui una sola sfumatura di noia, arroganza o vera freddezza, ma solo una permanente traccia di malinconia.

Ancora non sentiva di essere innamorata, come avrebbe tanto voluto, ma nemmeno il principe le dispiaceva. L'aveva osservato molto e non trovava ci fosse nulla di tanto terribile in lui.

Al termine della cena vi furono parecchi brindisi, a Varasia, a Calanthia, all'unione tra i due regni, ai re Hartas e Ferdinand, a lei e al principe. Dopodiché furono aperte le danze. I tavoli furono subito sparecchiati dalla numerosa servitù e spinti ai lati, poi smontati e portati via a braccia.

Intanto molti signori avevano invitato le rispettive dame a ballare. Tutti però rimanevano fermi, in attesa di qualcosa, gli sguardi puntati verso il principe Ferdinand.

Per un attimo lui rimase immobile, poi si mosse verso di lei. Con un inchino le porse una mano: «Principessa, potrei avere l'onore di ballare con voi?»

Larica rimase impietrita. Si era completamente scordata del tradizionale primo ballo di fidanzamento. Per un attimo restò immobile con il fiato mozzato. Quella mano protesa verso di lei, quegli occhi dolci e il mezzo sorriso rassicurante le facevano tremare le gambe.

Fu un'occhiata incoraggiante da parte di sua madre la regina a smuoverla dal suo stato catatonico. Rispose al sorriso del principe, e senza riuscire a dire una sola parola appoggiò la mano destra sopra il suo palmo ancora proteso.


Distesa nel suo letto, tra le coperte calde e morbide, Larica ascoltava il battito del suo cuore ancora accelerato.

Aveva ballato con il principe Ferdinand per tutto il resto della serata, senza quasi mai cambiare cavaliere. Non si erano scambiati che poche parole di circostanza, confuse tra la musica di flauti, liuti e le voci dei menestrelli. Eppure Larica era felice, si sentiva stranamente bene nonostante tutta la preoccupazione che ancora la tormentava.

Ferdinand era stato gentile; quando tutti avevano cominciato ad abbandonare la sala, e Larica ormai era stanca, le aveva proposto di accompagnarla nei suoi appartamenti da bravo cavaliere. Suo fratello però si era avvicinato, con quei suoi occhi seriosi e arroganti, e l'aveva trascinato via.

Quello non le piaceva proprio; era felice che le fosse toccato Ferdinand, con la sua gentilezza e il sorriso dolce.

«Principessa, ancora non dormite?» Donna Rubia si avvicinò al letto con sguardo inquisitore.

«Spegni pure la candela, cara balia. Ora mi metterò a dormire» disse Larica, ma in realtà rimase sveglia anche al buio, a pensare al fatto che presto sarebbe dovuta partire, e lasciare quella che per tutti quegli anni era stata la sua casa.

Gioia e tristezza mi mescolarono e nel suo animo luce e ombra si fusero insieme creando in lei un umore strano. Si sentiva contenta perché il principe a cui era promessa non era tanto male, ma era anche terrorizzata e triste al pensiero di lasciare non solo il castello e la città, ma addirittura Varasia. Come sarebbe stato il sud per una ragazza del nord? Le sarebbe piaciuto vivere a Calanthia?

Molte domande le frullavano in testa torturandola. Infine, raggomitolata nelle coperte di lana e pelliccia, scivolò in un sonno cupo e tormentato, dove la gioia della serata non riuscì a raggiungerla.


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