Capitolo 14


Altri tre giorni di viaggio trascorsero tra una fastidiosa pioggerella e un flebile sole che di tanto in tanto osava emergere da in mezzo le nubi.

Larica tentava di non mostrare la sua stanchezza, nascondendola sotto al cappuccio ben calato sulla fronte e a uno spesso strato di lana che la balia le aveva legato al collo a coprire naso e bocca così che fosse più riparata dal freddo. Cavalcava ben dritta con la schiena, evitando di ascoltare il dolore che rimandavano con costante allarme le sue gambe. Avrebbe potuto chiedere di sedere su un carro, ma il suo  orgoglio di nordica glielo impediva.
       
Accanto a lei cavalcava ser Muynn, chiuso in un fastidioso silenzio. Era chiaro il suo timore di averla offesa, quando invece lei aveva apprezzato il suo complimento e sarebbe stata felice di godere di nuovo della sua compagnia, soprattutto quando il tempo era tutto fuorché rassicurante.
       
Ogni tanto sollevava lo sguardo per incontrare la folta coda del destriero del principe, poco più avanti. Non avevano più parlato e cominciava a pensare che forse, dopotutto, il suo iniziale sentimento di simpatia era solo frutto dell'ingenuità di una fanciulla ancora priva di esperienza.  Ferdinand non era simpatico e nemmeno galante nei suoi confronti. Quel languore che gli aveva riconosciuto sin dal primo incontro sembrava invece camminare passo dopo passo accanto a lui.

L'ultima volta che aveva incontrato il suo sguardo, durante la colazione mattutina, l'aveva trovato malinconico e assente. Aveva tentato un sorriso, ma lui si era limitato ad abbassare gli occhi sul suo tozzo di pane nero, svelando le sue bellissime ciglia nere.

Più lo guardava e più Larica era convinta ci fosse qualcosa di strano in lui e temeva che fosse colpito dalla misteriosa malattia di Endin, che nel suo caso però stava avendo un decorso molto lento. O forse era consunzione, le balzò in mente ripensandoci per l'ennesima volta e ricordando le sue scure occhiaie e il suo pallore degli ultimi giorni, che le ricordavano tanto il suo caro maestro.
       
Fosse quel che fosse, comunque avvertiva una certa dose d'angoscia al pensiero di perderlo. Dopotutto, a Calanthia sarebbe stato sola, senza contare donna Rubia, le ancelle e lui, il suo futuro marito; e inoltre sperava ancora che tra loro cominciasse a nascere simpatia, perché il suo distacco poteva essere causato dalle fatiche del viaggio, o da qualche suo gravoso pensiero.

Durante il pranzo ebbe la conferma di almeno un suo sospetto. Non molto distante il principe parlava con il fratello, ignorando il pezzo di formaggio e il pane raccolti dentro una ciotola. Non distingueva bene tutto quello che dicevano, ma celando il suo intento sotto al cappuccio e al gesto del mangiare colse qualche frase riuscendo a concentrarsi sulle loro uniche voci.
       
«È una brutta faccenda, fratello, ma è affar loro.»

«Tu non capisci, sono i miei uomini. Ho una responsabilità su di loro.» La voce di Ferdinand era pregna d'ansia, in contrasto con quella rilassata e un po' infastidita dell'altro.
     
«Inutile angosciarsi, tanto non puoi fare nulla. Dovranno cavarsela da soli. Dopotutto tu sei uno, loro sono quanti? Mille?»
       
«Dovrei comunque essere lì a combattere al loro fianco.»

Il principe lasciò andare il boccone di formaggio che aveva preso tra le dita. Tra i due calò il silenzio.

Larica comprese che lo stato emotivo di Ferdinand fosse dunque legato alla sua preoccupazione verso i suoi soldati, che combattevano contro chissà quale duro nemico.
       
«Tu sei il principe ereditario, non dovresti nemmeno combattere.» Il fratello spezzò il silenzio. Sorrideva tranquillo, quasi a volersi prender gioco di lui.
       
«Credi non lo sappia?» Il tono di Ferdinand mal celava una profonda ferita nel suo animo. Larica si intenerì, pensando a quanto probabilmente stesse soffrendo. Doveva tenere davvero ai suoi uomini, forse qualcuno di loro era anche suo amico. Un principe ereditario poteva davvero avere amici?
       
«Va bene, fà pure come vuoi fratello. Struggiti per loro, così nostro padre ti adorerà di più.»

Si stava davvero prendendo gioco di lui, comprese Larica odiandolo. Si alzò e si avvicinò a Ferdinand non appena l'altro se ne fu andato.
     
Lui sollevò lo sguardo. «Principessa.»
     
«Posso sedermi accanto a voi?»
     
«Se lo desiderate.»

Larica si sedette a terra, gambe incrociate come lui. Rimasero in silenzio per un po', finché lei ruppe il silenzio: «È sempre così... arrogante?»
       
«Rodric? Anche peggio.»
     
«Come fate a sopportarlo?»
     
«Puoi darmi del tu se vuoi, te l'ho già detto.»
       
Larica sorrise tra sé: «Non mi è sembrato che negli giorni abbiate gradito la mia presenza, perciò perché dovrei darvi confidenza?»
       
Lui lasciò in parte la sua ciotola e la guardò fisso negli occhi. I suoi erano così grandi e scuri da potervici sprofondare. Quelle lunghe ciglia nere che li contornavano li rendevano ancora più belli. «Se vi ho in qualche modo arrecato offesa, principessa, vi prego di perdonarmi. Purtroppo ho pensieri sgradevoli per la testa, al momento, ma prometto che...»
       
«No, non promettete per favore.» Larica odiava le promesse, da quando era morto Endin. Lui era stato l'ultimo a fargliene una di importante. Erano nel loro posto privato, nella radura nel bosco, e quando lei aveva manifestato la sua tristezza nel dover lasciare presto la sua casa, il fratello le aveva promesso che ci sarebbe sempre stato, nonostante la lontananza. Invece era bruciato in una pira solo poche settimane prima.
       
Ferdinand, zittito, rimase chiuso nei suoi pensieri. Sguardo basso, riprese la sua ciotola e ricominciò a piluccare il cibo con grazia. Larica gli rimase accanto, senza dire una parola.


La grande foresta di Var'dron si aprì davanti a loro al settimo giorno di viaggio.
Il sole era tornato a mostrarsi, anche se pallido, nel cielo, ma le nuvole promettevano altra fredda pioggia.

Il re aveva inviato in avanguardia un gruppo di soldati a controllare l'imboccatura della foresta, mentre
Tutti attendevano ai piedi di una dolce collinetta poco lontano.

Larica osservava Il principe Ferdinand, che discuteva in modo sommesso con il cugino ser Muynn. Di tanto in tanto gettavano uno sguardo verso di lei, dettaglio che la incuriosiva oltremodo. Di cosa stessero parlando non ne aveva idea, ma era certa di essere inclusa nell'argomento.

«Palliduccio il principe ques'oggi, non credete?» donna Rubia le si accostò, placida. Il suo sguardo, rivolto alla foresta, era sereno. Eppure si parlava di quanto fosse un luogo pericoloso e tutti erano tesi. Come poteva Rubia essere tanto tranquilla?

«Pallido? Non l'ho notato a dire il vero.»

«Eppure non fate che guardarlo.»

«No, io...» Larica si sentì arrossire. Non lo guardava per interesse nei suoi confronti, ma questo la balia non poteva saperlo. Era solo curiosa di sapere cosa si stessero dicendo lui e ser Muynn, se l'argomento di conversazione fosse lei.

«Mia cara, vi conosco, so che il principe vi piace.»

«Donna Rubia, vi sbagliate, il principe è...» Troppo taciturno? Troppo strano? Non avrebbe saputo cosa dire.

In quel momento qualcuno urlò qualcosa da lontano. Larica rivolse lo sguardo da quella parte, dimenticando Donna Rubia che aveva appena ribattuto.

Il gruppo di soldati stava facendo ritorno e il principe Ferdinand stava andando loro incontro. Qualcosa non andava, lo capì dalla frenesia con cui ser Muynn seguì il principe, così come altri soldati. Senza sapere cosa stesse facendo, Larica diede di sprone e Edna raggiunse il gruppo.

«Fermo, rosso!»

«Giuro che ti sgozziamo se non stai fermo!»

I soldati sembravano aver catturato qualcuno, comprese Larica avvicinandosi. Il principe la guardò di sottecchi, fulminandola. Non sarebbe dovuta intervenire in alcun modo, questo era il messaggio. Eppure già si sentiva che non ce l'avrebbe fatta. Aveva già conosciuto i modi del sovrano di Calanthia e non ci teneva a rivederli.

Il gruppo di soldati si fece avanti verso re Ferdinand e il principe. Due di loro, a piedi, trascinavano un corpo sanguinante vestito di stracci. «Sire, l'abbiamo trovato all'inizio della foresta. Ci ha chiesto di portarlo con noi.»

«E voi l'avete riempito di botte?»

«Taci, figlio» intervenne il re. «Fatemi vedere costui.»

Uno dei soldati prese il volto, coperto da un cappuccio e lo liberò sollevandolo poi per mostrarlo al sovrano. Il cuore di Larica ebbe un tuffo. Dal cappuccio erano emersi una cascata di ribelli ricci rossi. Sul volto del ragazzo la stessa espressione che l'aveva incantata l'altra volta. Era lui, era il ragazzo del villaggio che re Ferdinand aveva frustato. Le ferite sul volto non erano ancora guarite.

Il re lo riconobbe: «Ci hai seguito per ricevere il resto, ragazzo?»

«Sono qui per venire con voi» ribattè con voce arrochita da un paio di colpi di tosse.

«Con noi» Il re scoppiò in una contenuta risata. «E chi saresti, sentiamo, per avere il diritto di viaggiare con noi?»

«Nessuno, signore.»
I soldati ridevano, tutti ridevano a parte Larica e il principe.

«E perché poi vorresti unirti al nostro viaggio? Godi del bacio della frusta?» A parlare era stato il principe Rodric, avanzato in quel momento in sella al suo destriero bianco. «Padre, facciamolo rimanere. Potrebbe essere divertente.»

«Taci, Rodric. Non senti quanto suonano stupide le tue parole? Costui vuole qualcosa e ora me lo dirà.»

«Non voglio nulla, signore, solo unirmi a voi.»

«E perché mai dovrei acconsentire?»

Il ragazzo osò sollevare di più la testa, scrollandosi per tentare di liberarsi dalla stretta del soldato. «Perché posso farvi attraversare la foresta vivi.»

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