La preghiera delle anime semplici

Alfio era un bambino cattivo.

Cattivissimo.

Nel cortile dove abitava metteva soggezione a tutti i coetanei e non solo.

Anche agli adulti, in particolare quelli più timidi.

Sfruttava al meglio la sua corporatura massiccia per incutere timore.

Nessuno riusciva minimamente a contrastarlo.

La mamma e il papà erano davvero disperati.

Tuttavia il rendimento scolastico di Alfio era il migliore di tutto l'istituto che frequentava.

Si decise allora con le insegnanti di sottoporre il bambino a delle sedute con la psicologa della locale azienda ospedaliera per provare a capire perché Alfio fosse così violento.

Al termine del ciclo dei dieci incontri, la specialista un poco imbarazzata comunicò di non essere stata in grado di comprendere la causa di tanta aggressività.

L'aiuto insperato arrivò da Belinda, una delle signore addette alla pulizia della scuola.

Alfio le voleva molto bene e si sentiva pienamente ricambiato dalla donna.

Nel corso dei lunghissimi dialoghi con il ragazzo e tenendolo d'occhio, notò che egli era completamente insofferente alle regole e che voleva solamente fare di testa sua.

Tutti erano al corrente di quest'aspetto, ma inspiegabilmente nessuno ci dava peso più di tanto pensando che la maggior parte dei bambini aveva quel problema.

Era vero ribadì Belinda, ma costei invitava a riflettere sul fatto che solo lui alzava le mani in quel modo esagerato.

Allora il corpo docente d'accordo con la famiglia, decise di far riprendere al ragazzino i cicli di incontri con la dottoressa della scuola che, a differenza di prima, poteva contare su ottimi elementi su cui lavorare.

Intanto Belinda continuava a pregare la Madonna che potesse almeno lei calmare la grande tensione di Alfio; la donna recitava durante la giornata tantissime coroncine del Rosario e faceva vari fioretti; l'intenzione che metteva sempre poteva risultare sconcertante:

"Per quella violenza, perché possa essere messa a disposizione del prossimo, per fare del bene e non del male."

E arrivava addirittura a immaginarlo sacerdote, perché era convinta che, nonostante tutto, nel petto di quella persona rissosa e violenta, battesse un grande cuore generoso e pronto a farsi tutto a tutti.

Per queste sue affermazioni nella parrocchia da lei abitualmente frequentata, veniva spesso derisa e addirittura offesa.

La psicologa della scuola comprese che il ragazzino veniva costretto tutte le sere a pregare per almeno mezz'ora; questo perché la famiglia migliorasse la difficile situazione economica e per la nonna gravemente ammalata.

Nonostante tanta fede e devozione verso Dio, il papà venne licenziato e l'adorata madre della madre venne a mancare.

A quel punto l'irrequieto Alfio prese la drastica decisione di scappare di casa e cercare fortuna altrove perché "con una famiglia così non si può realizzare nessun sogno" disse all'amica bidella della sua scuola.

Belinda cercò di fargli cambiare idea nella sera in cui l'ospitò a cena presso il suo appartamento, ma a nulla servirono le sue suppliche.

Il ragazzino portò con se poche cose e una di queste fu l'immagine della Vergine regalata dalla docente di Religione della scuola.

Più che un oggetto di devozione, Alfio la definiva un porta fortuna; tuttavia decise di tenerla sempre in tasca.

Oltre a questo, una coroncina del Rosario.

Non osava ammetterlo ma subiva il fascino tutto quello che riguardava Dio.

Passarono alcuni anni da quando era immigrato all'estero.

Spesso gli capitava di pensare a quando, per attraversare il confine, venne nascosto in un grosso camion in compagnia di vari animali da fattoria.

Nel frattempo si era fatto adolescente e aveva vissuto, o meglio sopravissuto, di lavori di fortuna e nella miseria più totale.

Nel corso di quel lungo periodo Alfio non contattò mai la famiglia d'origine, che invece, a causa della fuga del primogenito era sprofondata nella più cupa disperazione.

Una sera Alfio venne coinvolto in una violentissima rissa da tipi loschi; al termine dello scontro fu avvicinato da un tale rimasto sorpreso dalla precisione con cui il ragazzo colpiva gli avversari e come reagiva dopo un colpo ricevuto.

Dopo avergli offerto alcuni fazzoletti per fermare l'emorragia dal naso, il distinto signore si presentò dicendo di essere il presidente di una Polisportiva che si occupava anche di boxe.

Costui tirava su le nuove leve sia dal punto di vista sportivo ma anche da quello lavorativo; infatti i ragazzi ospiti venivano messi nella condizione di trovarsi un lavoro di tipo manuale da svolgersi durante il giorno.

Se poi il neo assunto non avesse avuto una casa dove dormire, l'organizzazione prevedeva un alloggio dignitoso e condiviso con altre persone.

Il costo di tutto era direttamente proporzionale al guadagno dell'atleta; se prendeva pochi soldi l'affitto era basso e viceversa.

Il giovane si trovava a meraviglia in quel contesto e s'irrigidiva solo quando gli proponevano di contattare la famiglia d'origine; lui non ne voleva sapere e continuava il suo lavoro di falegname con grande impegno e tenacia, dopo tutto la forza non gli mancava certo.

Una sera nella sua stanza prese l'immaginetta, che nonostante tutto non abbandonò mai e disse: "Mi hai davvero portato fortuna, grazie !!!"

E baciò l'immagine della Madonna con sincero affetto.

Subito dopo si addormentò quietamente sulla sua branda.

Nei giorni successivi venne proposto ad Alfio di ricominciare gli studi e intanto continuare la pratica della boxe a livello amatoriale dopo la scuola e il lavoretto.

L'impegno era davvero gravoso, tuttavia egli accettò di buon grado, e per questo al suo impiego di falegname vennero tolte alcune ore nell'arco della settimana.

Dopo alcuni mesi di pratica sportiva il giovane davvero eccelleva nei vari incontri che veniva invitato a sostenere e così per un discreto lasso di tempo fu considerato il migliore della Polisportiva.

Intanto però comprese perfettamente che la boxe non sarebbe stata l'attività della sua vita, e a questa conclusione ci arrivò con Amelia, la ragazza che aveva incontrato una sera in un ristorante e che di cui si era innamorato.

O almeno così gli sembrava.

Di sicuro Amelia non l'era del tutto indifferente.

Ma parlare di amore gli sembrava troppo, nonostante la giovane non mancava certo di fargli capire che per lei era amore quello che provava per lui.

Dopo un po' di mesi i giovani giunsero alla conclusione di essere fatti l'uno per l'altra.

Alfio aveva deciso di mettere su famiglia sul serio, lui che la sua l'aveva cancellata dalla sua vita senza farsi troppi problemi.

Ne parlò senza vergogna alla famiglia di Amelia.

Alfio riusciva ad affascinare tantissimo i genitori della compagna per la forte personalità.

Decisero in seguito di mandarlo a vivere con una coppia di amici senza figli, in modo che Alfio potesse in parte respirare l'aria di famiglia assente nella sua vita per troppo tempo.

Dopo un anno i due fidanzati decise di trovarsi un lavoro stabile per poi comprare una casetta e coronare il loro sogno d'amore con il matrimonio.

Amelia trovò impiego nella comunità che aveva accolto il suo promesso sposo ma per Alfio si dovette ancora attendere un paio d'anni che passò, ospitato e trattato come un figlio, dalla famiglia adottiva.

In questo periodo i due giovani resero salda più che mai la loro storia d'amore.

Per Alfio non furono due anni di ozio.

Il suo carattere non lo permetteva.

Egli era sempre alla ricerca di un posto compatibile con il suo diploma di Addetto all'Ufficio e s'impegnò in tante piccole attività per non gravare troppo sulla mamma e papà adottivi che arrivarono ad adorarlo.

Intanto le Ferrovie nazionali offrirono, tramite concorso, la possibilità di diventare, dopo una breve gavetta, Capo Stazione.

Alfio in un primo momento non se la sentiva di mandare il suo curriculum vitae ma poi prese coraggio e mandò la sua domanda.

Venne chiamato subito al colloquio e dopo una settimana era già nella Stazione Centrale della sua città a imparare il lavoro e a prepararsi alla prova d'esame.

In breve tempo fu messo ad aiutare il capo stazione della struttura ferroviaria non distante da casa; in caso di riscontro positivo di quest'ultimo, la conduzione sarebbe

passata a lui.

Arrivò il giorno dell'esame.

Ovviamente, trattandosi di una carica pubblica, c'erano altri candidati.

Quindici giorni dopo ci sarebbe stata la proclamazione del candidato vincitore del concorso.

La sera prima di sapere l'esito, prese in mano la coroncina del Rosario.

Lo strumento per pregare dava i primi segni del tempo, ma proprio quest'aspetto lo rendeva più mistico che mai.

Le si rivolse così:

"Anche se non vado più a Messa da anni, io so che tu puoi fare molto per domani più di quello che io umanamente possa pensare"

E la baciò con grande fiducia.

Il giorno seguente, dopo l'annuncio che il posto di Capo Stazione era stato assegnato ad un'altra persona, Alfio fu aggredito dal più vivo sconforto e qualche lacrima gli uscì dagli occhi; nessuno prima ad ora l'aveva visto piangere.

Un giorno, mentre passeggiava nelle vicinanze della stazione dove avrebbe dovuto lavorare, senti pronunciare da colui che gli aveva strappato il posto le testuali parole: - Mamma se sapessero che all'esame ho copiato, mi toglierebbero subito il posto.

Non perse tempo e si recò presso l'ufficio del personale dove lavorava dove diede quella sconvolgente notizia.

Ovviamente all'inizio fu deriso e accusato di essere solo invidioso del candidato vincitore.

Tuttavia la sorte giocò a suo favore.

In quel momento era presente in ufficio un membro della commissione d'esame che sin dall'inizio sospettava parecchio del candidato che poi vinse la prova.

Allora si decise di ripetere l'esame e questa volta a differenza di prima, la commissione non avrebbe abbandonato l'aula un solo momento anche perché decisero di controllare con la massima attenzione il candidato precedentemente uscito vincitore.

Questa volta Alfio uscì vincitore e così riuscì a iniziare l'attività che tanto desiderava fare.

Nonostante il meritato successo ottenuto al concorso, dentro di se sentiva un profondo senso d'inquietudine e di sconforto.

Questo soprattutto quando rientrava a casa dopo aver passato una serata in compagnia della sua fidanzata, che lo amava davvero così profondamente al punto da dimenticarsi di andare a vedere la discussione della tesi di laurea di un'amica.

Amelia era troppo impegnata a parlare con il suo bello, che evidentemente aveva altresì scordato l'importantissimo appuntamento della compagna, nonostante fosse stato anch'egli invitato.

Alfio fece parecchie autoanalisi per cercare di capire cosa lo rendesse inquieto e alla fine arrivò alla conclusione che per lui Amelia rappresentava la sorellina più piccola abbandonata anni prima.

I suoi sentimenti per lei non potevano certo chiamarsi amore ma solo grande affetto.

Allora una sera la invitò a cena nel solito ristorante dove passavano le loro serate. Insieme fecero il punto della situazione dal quale emerse quanto detto.

Amelia, benché sconvolta e piena di rancore, augurò all'ex fidanzato ogni bene possibile e di contare sempre su di lei e sulla sua famiglia.

Se ne andò dal locale piangendo silenziosamente con la morte nel cuore.

In realtà aveva deciso di chiudere definitivamente con lui.

Troppo dolore nel suo cuore.

Il giovane non si sentiva affatto turbato della sua scelta e così il giorno dopo si recò pieno di gioia al lavoro.

Si sentiva tanto lieto perché aveva capito la causa della sua inquietudine.

Essere single lo faceva stare veramente bene e sereno come non mai.

Pensava, mentre passavano i treni sotto il suo sguardo, che non sarebbe mai stato in grado di gestire una famiglia; del resto non ebbe mai avuto un grande esempio a casa, e nel frattempo cadde addormentato sul tavolo da lavoro anche per la piega decisamente monotona che stava prendendo quella giornata.

Venne svegliato da un ragazzino vestito piuttosto male, che gli chiese di potergli pulire le scarpe.

Alfio, che detestava essere svegliato di soprassalto, lo mandò via a malo modo fino a farlo piangere e minacciando addirittura di chiamare la Polizia Ferroviaria.

Poi all'improvviso ebbe un rimorso tremendo.

Lo cercò per tutta la stazione fino a trovarlo nei bagni ancora mortificato.

Quando il piccolo mendicante rivide Alfio scoppiò a piangere a dirotto perché impaurito.

Invece l'uomo lo prese in braccio, lo accarezzò dolcemente e lo strinse forte a se come per scusarsi.

A quel punto le lacrime del ragazzino erano solo di gioia e anche dagli occhi di Alfio ne uscirono copiose.

Un fulmine passò davanti a lui.

Aveva capito la sua vocazione.

Si sarebbe dovuto occupare di ragazzi poveri.

Subito dopo gli cadde dalla tasca l'immagine della Madonna, che mai aveva abbandonato durante gli anni dopo la sua fuga dalla casa d'origine.

Non solo si sarebbe dovuto occupare di ragazzi poveri ma anche da sacerdote.

Per questo non esitò a correre nella cattedrale della sua città per chiedere perdono a quel Dio per troppo tempo assente nella sua vita.

Alfio ebbe la fortuna di imbattersi proprio nel responsabile della pastorale vocazionale della sua Diocesi, il famoso don Aurelio Tazzi.

Il presbitero comprese da subito che la chiamata al sacerdozio di Alfio non era basata una fuga dal mondo del lavoro, ma che poggiava su solide basi di coerenza, sia umana, sia cristiana.

Tuttavia gli propose di aspettare ancora un anno durante il quale, attraverso vari incontri con animatori vocazionali, Alfio avrebbe potuto approfondire la sua scelta al meglio e seguito da persone idonee.

Alla fine di quel periodo, venne ammesso al seminario diocesano dove studiò sette lunghi anni non certo privi di difficoltà; è noto che imparare certi concetti Filo-Teologici a una certa età non è come impararli a venti.

Alfio ne aveva oramai quaranta.

Alla fine del periodo di formazione venne ordinato sacerdote nella cattedrale dove otto anni prima aveva ritrovato il perdono e la grazia di Dio per mezzo di don Aurelio.

L'anziano sacerdote fu il primo che il prete novello abbracciò al termine del rito di Ordinazione.

L'unico neo di quel meraviglioso giorno fu quello di non avere vicina la propria famiglia d'origine, che nonostante ricerche durate svariati mesi non si riuscì a rintracciarla.

Don Alfio si convinse che solo una disgrazia poteva avergli tolto i suoi genitori oppure l'avanzata età degli stessi.

Circa la sorella Cora invece non riusciva a capacitarsi di non essere riuscita a rintracciarla.

Mentre nella preghiera personale nella piccola cappella del seminario pensava e

pregava per tutto ciò, entrò e gli si accostò una signora molto vecchia.

Quando don Alfio se ne accorse le sorrise e spontaneamente chiese alla donna se avesse bisogno che le fosse sommistrato il sacramento della Confessione.

L'anziana signora non gli rispose e continuava a fissarlo sorridendo e due lacrime uscirono dai suoi dolcissimi occhi.

Era Belinda, la signora delle pulizie della sua scuola di quand'era piccolo.

Appena la riconobbe l'abbracciò come fosse stata la sua mamma, quindi una volta liberata dall'affettuosa stretta la donna disse sottovoce:

- Simeone prima di morire vide il Signore, io prima di morire vedo te sacerdote e sono felice perché davvero la mia preghiera per te è stata esaudita. Io ero sicura che anche se eri molto violento, dentro di te batteva un cuore da degno pastore di Cristo e come vedi non mi sbagliavo. Tutte le sere nel mio Rosario non ho mai smesso di chiedere a Maria Santissima tutto ciò.

E di nuovo abbracciò l'uomo di Dio che commosso pianse anche lui perché davvero ebbe la conferma che il Signore ascolta la preghiera di tutti ma soprattutto quella delle anime semplici.

Insieme recitarono un santo Rosario e vista la grande forza di Belinda, che non dimostrava affatto i suoi ottantacinque anni, venne invitata da don Alfio a fargli da

perpetua.

L'anziana donna non aspettava altro.

Svolse il suo prezioso incarico per quattro anni pieni.

Sia di gioia, sia evidentemente di fatica.

Non era più una ragazzina.

Una sera, finita la cena, invitò il suo sacerdote preferito a prendere l'olio santo perché sentiva che era giunta la sua ora.

Dopo aver ricevuto l'unzione degli infermi intonò con un filo di voce la preghiera di Simeone scritta nel Vangelo di Luca e che tutti i giorni aveva recitato nella compieta: "Ora lascia Signore che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele".

Dopo di che accarezzò le mani a don Alfio e chiuse gli occhi per sempre nella gioia di aver visto la sua preghiera più insistente esaudirsi.

L'ultima immagine di questo mondo, fu la il destinatario di tante sue orazioni e fioretti.

Immediatamente il sacerdote le tracciò una croce sulla fronte con l'olio santo.

Gesto ripetuto più volte ma in quell'occasione don Alfio era comprensibilmente emozionato.

Ora Belinda era davvero pronta all'incontro con il suo Signore, che aveva tanto amato ininterrottamente per ottantanove anni.

Un amore intenso ma semplice,

Semplice come era stata lei nel corso di tutta la sua vita.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top

Tags: