Capitolo 11. Stellina2168 E spechiodellanima

Capitolo 11

Qualche giorno dopo che la voce nella mia testa mi aveva detto che mio padre era libero, ricordo che fosse un sabato, effettivamente lui tornò a casa. Per tre giorni di quel mese avrei vissuto l'inferno. In effetti, si tornò alla vecchia routine: lui che si arrabbiava con la mamma, io che lo pregavo di smettere, io che piangevo. Non gli era servita a nulla la prigione. Non aveva messo la testa a posto. D'altronde: il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

La mia routine scolastica neanche cambiò: andavo bene e la mia mamma dimostrava di essere fiera di me, anche se non lo faceva con dimostrazioni di affetto. D'altronde se non era per me non si sarebbe dovuta sposare. Lui non cambiava, lei non cambiava, io dovevo cambiare. Dovevo far cambiare le cose. La mia vita sarebbe dovuta essere diversa. Magari lontana da loro, ma sarebbe dovuta essere migliore.

----------

Il martedì seguente, era per me un nuovo giorno, difatti mi sentivo diversa. Non ero diventata la più popolare della classe, né i bulli avevano finito di prendersela con me, ma mi sentivo energica e pronta per affrontare qualsiasi cosa. Dopo la nuova esperienza del ritorno di mio padre, mi sentivo meglio perché sapevo di dover cambiare la mia vita e il mio carattere per sopravvivere e trascorrere quel tempo in una scuola che sentivo non mi includesse. Dovevo essere forte e, anche se mi risultava difficile, dovevo affrontare tutti i miei problemi.

Per quanto il mio pensiero fosse cambiato,  l’abitudine di alzarmi tardi per andare a scuola no: quella non cambiava mai. Erano quasi le 8 e io ancora non ero pronta.

Scesi giù tanto per vedere se mia madre c’era  ma ovviamente ero a casa da sola. Presi il primo cornetto che trovai nella dispensa per poi correre per andare a scuola. Mi ero vestita casual: con una t-shirt semplice, un jeans a vita bassa e una felpa di sopra, eppure mi venne un’ansia improvvisa, una sensazione strana che cercavo di colmare autoconvincendomi che potevo superare tutto e potevo farmi rispettare se solo l’avessi voluto. L’unica cosa che potevo fare era consolarmi da sola. Avevo bisogno di una persona oltre kayla che mi ricordasse che potevo farcela, una persona magari dentro casa, magari mia madre, che ascoltasse i miei problemi e le mie preoccupazioni. Avere un altro appoggio sarebbe stato gradito, ma rimurginare e continuare a pensare a ciò che non era possibile che accadesse era inutile, tanto valeva non affrontare più questo discorso.

<<JOSIE!!>> sentii una voce squillante da dietro, e di chi poteva essere quella voce se non la sua?

<<ehy Kayla>> urlai quasi al settimo cielo, tanto che mi guardò stupita.

<<Come mai tutta questa felicità? Siamo sicuri che sei la mia Josie o si sono impossessati del tuo corpo?>> Scoppiammo entrambe a ridere ed ci incamminammo per andare a scuola, evitando di prendere il pullman.

<<Allora stai meglio per la situazione con tuo padre?>> chiese kayla con voce un po’ titubante.
Mi fermai un attimo e presi fiato, esclamando un SI deciso. Ovviamente non era così, ma stavo cercando solo di non pensarci.

<<Siamo arrivate, finalmente>> fortunatamente il professore della prima ora era assente per la sua partecipazione a uno sciopero e per questo facemmo un giro per i corridoi. Ci imbattemmo in Archie, che si trovava vicino i nostri armadietti.

<<Archie?>> disse Kayla un po’ sorpresa.

<<Ciao Josie, ciao Kayla >> disse Archie amichevolmente.

Dopotutto, però, avrei dovuto ringraziarlo: per merito suo quelli della squadra erano stati sospesi. Non so perché l’avesse fatto, ma poco importava in realtà.

<<Ehy! Ti devo ringraziare per quello che hai fatto, davvero>>

<<Di nulla, se non vi dispiace potremmo pranzare in mensa insieme?>> Mi sorrise subito dopo, arrossii leggermente, ma cercai di non darlo a vedere.

Una cosa che nessuno si sarebbe 7 aspettato era che Archie ci chiedesse di pranzare con lui in mensa. Che era successo, non lo sapevamo io e Kayla. Sembrava così gentile... quasi ripensavo che stava con Crystal che lo tradiva sempre... anche quella ragazza era quel che era.

<<Va bene, come vuoi>> disse subito, ma un po' titubante ed era d'accordo anche Kayla.

Subito dopo lo vedemmo dirigersi in classe, Kayla rimase per qualche secondo a fissarlo e si voltò subito verso di me incredula. <<Quello, invece, siamo sicuri che fosse Archie?>> mi domandò subito, in effetti mi aveva stupito e anche molto.

Non avevo intenzione di farmi film mentali sul fatto che avesse cambiato personalità. Faceva comunque parte della squadra di rugby e il fatto che stava con quei bulli non era molto rassicurante, quindi era sempre meglio tenere gli occhi aperti.

<<Ascolta Josie, vado un attimo nell’aula di sopra devo chiedere una cosa al professore del mio corso di teatro, ci vediamo direttamente in aula?>> Annuii e la salutai.

Ero per il corridoio, da sola, senza Kayla e non sapevo dove andare o cosa fare per il resto della prima ora.

<<Ehi cara! >> sentii una voce provenire da dietro.

Era Jayla, l’amica e spalla di Crystal, tanto perfida quanto lei, che odiavo solo a vederla. Mi veniva voglia di prenderla a pugni... non le ho mai dato molta retta, ma si vedeva che lei e Crystal non avessero una vita sufficientemente interessante dato che il loro principale hobby era darmi noie.

<<Mhh...>> sbuffai. <<Ti serve qualcosa?>>

Alzò gli occhi al cielo mentre masticava le sue 800 gomme. Che voglia di picchiarla. <<Non starei nemmeno qui a perdere tempo con te cara semplicemente volevo avvertirti di non farti venire tante idee in testa, ti ho visto prima parlare con Archie>>.

La guardai per un attimo, stavo cercando di capire dove volesse arrivare a parare con questa affermazione. <<E quindi?>>

<<E quindi cerca di tenere i piedi per terra. Lui sta con Crystal quindi vedi di spostarti e non farti illusioni>>.

Mi diede una gomitata e si girò nuovamente guardandomi con disprezzo, dalla testa ai piedi per poi andarsene con i suoi tacchi chilometrici. Perché non potevo dirle quello che avevo visto? Tutte le volte in cui avevo visto Crystal fare la stupida con altri ragazzi. Una volta ci ha provato anche con Duncan, il mio amico, anche se lui l'aveva rifiutata. E se lo sapeva perché non le diceva di stare lontano dagli altri, visto che era fidanzata?

Avevamo solo tre ore di lezione. Alcuni nostri professori erano assenti. Quando l’ora di pranzo finalmente arrivò, non avevo intenzione di non mangiare nulla così da non sentirmi dire dalle ochette come Crystal “Se mangi così tanto non avrai mai le gambe slanciate e perfette come le mie”. E allora? Non c'era alcun problema per me. Poi avrei dovuto incontrare Kayla e Archie, quindi mi affrettai.

E mentre camminavo, riflettevo e non capivo l’affermazione di Jayla: per lei scambiare 4 parole con Archie è provarci? Per quanto non mi sia potuta andare a genio Crystal non avrei fatto mai una cosa simile e non per lei, ma perché ho una coscienza.

Mi diressi in mensa per poi accomodarmi dove c’era Archie. Kayla ancora non era arrivata. Solitamente andare in mensa mi agitava perché c’erano anche i tavoli dove mangiavano i bulli e le loro “fidanzate” snob, ma mi ero stancata di temere i loro commenti.

Ero così abituata ad essere picchiata da mio padre che sentirmi dire quelle cose non poteva più ferirmi o almeno non cosi tanto.

C’eravamo solo io ed Archie a quel tavolo e, nonostante tutti i ragazzi chiacchierassero nella mensa, tra noi c’era un silenzio assillante. Mi sentivo un po’ in soggezione dato che ero seduta lì da 5 minuti e nessuno dei due parlava.

Beh Archie di molte parole vedo, dovrei iniziare io? D'accordo. <<Ehm...>> dubitai un attimo. <<Allora Archie, come va con Crystal?>> Ci pensai un attimo dopo a quello che avevo detto. E pensai di essere stata una stupida a chiedergli di lei. D'altronde neanche mi importava.

Alzò gli occhi al cielo e si mise a ridere. <<Beh... non credevo ti interessasse, comunque credo bene>>

Annuii e, in imbarazzo, girai gli occhi dalla parte della porta e finalmente vidi Kayla venire verso di noi.

<<Ciao ragazzi!>> esclamò Kayla per poi sedersi vicino a me.

Per quanto fosse strano, alcuni ragazzi popolari della scuola si voltarono verso noi e Archie. Forse erano stupiti che un giocatore di rugby tanto popolare come Archie potesse pranzare con noi.

Ad Archie quegli occhi puntati non davano fastidio, anzi era molto tranquillo. Non durarono molto quei minuti di pausa: parlammo molto. Per tutto il tempo Archie cercava il mio sguardo.

Non credevo in quel senso... Forse pensai che volesse dirmi qualcosa. Interruppi il discorso di cui stavamo parlando per aprirne subito un altro.

<<Ehm... Archie, scusa per la domanda. Come mai ci hai invitate?>>

Kayla mi diede un calcio da sotto il tavolo.

<<Ahi>>. Mi aveva fatto parecchio male.

<<Perdonala. È una ragazza ingrata. Non sa quello che dice>> disse subito Kayla.

E invece no. Avevo iniziato il discorso e volevo continuarlo. Da un giorno all'altro, Archie si comportava così? C’era qualcosa di strano.

<<Non sono ingrata, ma non ho così tanta fiducia in te e nei tuoi “amici”, se così si possono definire, quindi se vuoi qualcosa, dillo adesso!>>

Ero stata io a parlare? Da quando ero così sfacciata?

Passò qualche secondo, girai lo sguardo nuovamente verso Archie che mi diede le spiegazioni che volevo. <<Vedo che hai un bel caratterino>> Sembrava interdetto. <<Volevo solo scusarmi anche da parte dei miei compagni di squadra, tutto qui... e scusami la sfacciataggine, ma credo che nonostante non ti fidi, vorresti. Mi stai guardando con uno sguardo così puntato da quando abbiamo iniziato a mangiare e sinceramente non mi dispiace>>.

Quasi rimasi stupita, ma quanto è sfacciato questo ragazzo? <<Ehi senti...>>>

Mi prese la mano e mi mise a tacere per poi guardarmi dritto negli occhi <<Se vuoi fidarti di me sarò felice altrimenti non posso farci nulla>>.

Sentii qualche risata dal tavolo davanti al nostro, dove c’era anche Sebastian che non mi toglieva gli occhi di dosso... Non capivo se fosse arrabbiato o geloso. Continuò a fissare sia me che Archie, fino a quando lui non se ne andò per raggiungere la classe.

Kayla mi diede qualche gomitata e mi sorrise ed entrambe andammo in classe per finire le ultime ore.

Per tutto il tempo non feci altro che pensare a Sebastian e ai suoi occhi puntati verso di me. Kayla continuava a chiedermi di quei momenti che avevo passato a guardare così profondamente Archie, aspettandosi qualche scoop.

Ma ero così concentrata a pensare a Sebastian, che stupida.

Per tornare a casa decisi di prendere l'autobus. Una volta arrivate vicino al pullman salutai Kayla e salii. Ero al settimo cielo. Mi sentivo felice per quella giornata trascorsa, non feci in tempo a parlare che arrivarono gli stessi bulli che mi prendevano in giro in passato per il mio taglio di capelli. Spesso li incontravo sul pullman.

Strinsi le mani così forte da far diventare le nocche bianche e da farmi lasciare i segni dalle unghie. Stavo ribbollendo dalla rabbia per il mio essere codarda. Arrivò lo stesso tizio che voleva “continuare quello che aveva iniziato”.

Cercai di allontanarmi e avvicinarmi il più possibile al finestrino. <<Ehi checca ci rincontriamo>>.

Non avevo neanche intenzione di ascoltarlo infatti fermai subito il suo discorso. <<Toccami un’altra volta e ti denuncio>>.

Rise fragorosamente. <<Ma senti la checca, che fai mi minacci? Io non ho paura di te>> Tutto il suo gruppo si mise a ridere insieme a lui, ma io ero decisa su quello che stavo dicendo e quindi continuai a parlare.

<<Se fosse per me ti avrei messo già le mani addosso ma così non risolvo nulla. Se non hai paura allora toccami, provaci solamente e vedi che succede, mio zio è poliziotto non ci mette nulla a sbatterti al fresco>>.

Mi guardò per un istante dritto negli occhi fingendo di non essere preoccupato anche se un po’ lo era. A nessuno piace finire in carcere. Anche perché i brutti vizi non si perdono mai. Ma alla fine si decise. <<Coraggio andiamocene via. Non serve a nulla stare a perdere tempo con questa checca impertinente>. Dopo qualche secondo se ne andò con il suo gruppo negli ultimi posti.

Dire che ero fiera di me era poco, per la prima volta ero felice di tornare a casa. Misi le cuffie e iniziai ad ascoltare un po’ di musica guardando fuori dal finestrino la stessa via che percorrevo ogni giorno per tornare a casa, ma per cui non mi ero mai soffermata più di tanto. Per la prima volta dopo tanto tempo, sorrisi: mi sentivo felice anche se in alcuni momenti mi venivano in mente i periodi bui che avevo vissuto a causa di mio padre. Quando il pullman andava su qualche dosso, urtavo sul sedile sentendo il dolore che mi portavano quei lividi da lui procurati, che ormai avevo ovunque e che mi avevano procurato sia un dolore fisico che psicologico.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top