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Anna non riusciva a credere ai suoi occhi. Se glielo avessero raccontato quando aveva cinque anni e la sua fantasia galoppava ancora fervida tra storie di cavalieri e dame e di avventure mirabolanti che si consumavano attorno al cortile di casa sua, probabilmente non ci avrebbe creduto ugualmente, tanto risultava assurda quella situazione. Si trovavano seduti a gambe larghe su un soffice prato viola, lei e quello strano signore che era comparso dal nulla nella grotta qualche minuto prima. Il cielo sopra di loro era di un rosa soffuso e sembrava profondo e concreto, come se l'aria che li circondasse fosse solida; ma, soprattutto, era ciò che galleggiava pigramente dentro quel cielo a destare maggior meraviglia: non un sole, bensì tre. Una sfera azzurra e una verde ruotavano descrivendo un'orbita e quasi inseguendosi, circondando in questo modo il sole centrale, nero e splendente. Ma quello era solo il contorno: da una rapida osservazione Anna dedusse che dovessero trovarsi seduti in una piccola radura nel bel mezzo di un villaggio; un villaggio sotto attacco. Una cinquantina di casette colorate erano disposte in file ordinate: sembravano costituite da tanti pezzi diversi incastrati l'uno all'altro in sequenze particolari, come fossero dei mattoncini lego. Ogni pezzo era di un colore diverso, e sembravano differire anche per la loro consistenza: alcuni più soffici, altri più duri. A gli occhi di Anna apparivano come case fatte di marshmallow e torroncini colorati. Il villaggio era avvolto nel caos: tra le abitazioni, innumerevoli figure correvano gridando in qua e in là, alcuni nascondendosi dietro le superfici, altri cercando di difendersi lanciando pietre con le mani o con l'aiuto di strumenti rudimentali che assomigliavano molto alle balestre. Anna non aveva mai visto, né mai immaginato, nulla del genere in vita sua: quelle creature non rientravano in nessuna delle categorie di esseri fantastici di cui avesse letto o sentito parlare o visto nei film. Erano piccoli, alti al massimo un metro, eppure non assomigliavano agli gnomi che era abituata ad immaginarsi: erano sottili, con i lineamenti aggraziati che decoravano la loro pelle viola come il prato e che sembrava quasi di gomma. Il naso era affilato e le orecchie erano a punta; gli occhi grandi a forma di palla emergevano dal volto senza il supporto delle palpebre, e i loro capelli ricci e fini spuntavano sparsi in ciocche da sotto voluminosi copricapo colorati che quasi tutti indossavano. I loro corpi erano coperti da vesti rudimentali, realizzate con pezzi di legno e foglie allacciati l'uno all'altro a creare motivetti e forme particolari. Senza comprenderne bene il motivo, Anna si sentì totalmente rapita dalla loro eleganza modesta: sembravano sprigionare un'aura quasi magica ad ogni movimento, così esili eppure così aggraziati; erano magnifici in un modo che non avrebbe mai saputo spiegare.

-Sono bellissimi – mormorò, in un sussurro estasiato.

-Sì, ma stanno morendo – replicò Antonio con tono lugubre, mentre osservava le figurine viola gridare, correre e soccombere sotto i colpi di un'enorme creatura massiccia e grigiastra, dall'aspetto simile a un troll, alta quasi una decina di metri. Il volto era grosso e ripugnante, con il naso tozzo sporco di quello che sembrava muco giallastro e le labbra spalancate che circondavano un antro pieno di saliva e denti aguzzi; una delle sue due braccia robuste come tronchi agitava una clava altrettanto grossa in ogni direzione: questa colpiva i tetti delle case, sfasciandoli, abbatteva gli alberi dalla corteccia blu e schiacciava i piccoli esseri dalla pelle viola. Essi cercavano di difendersi come potevano, ma inutilmente: erano in netto svantaggio.

-Dobbiamo fare qualcosa! - gemette Anna, disperata; ma in quel momento vide Antonio gettarsi su di lei con espressione terrorizzata.

-Attenta! - gridò, buttandola a terra e rotolando con lei in mezzo all'erba, mentre Anna sentiva qualcosa di enormemente pesante colpire con un frastuono il terreno proprio a pochi centimetri dal suo volto e quasi strapparle una ciocca di capelli. Strisciarono confusamente sull'erba fino a ritrovarsi dietro ad un grosso tronco blu crollato a terra. Si appoggiarono alla sua superficie ruvida per restare al riparo, ansimando.

-Grazie – bofonchiò Anna, ancora scossa, tossicchiando e sputando un pezzo di terra che aveva inghiottito per sbaglio.

-Figurati – Antonio osservava attonito le sue stesse braccia, come se fosse più stupito per la sua azione che per il fatto di trovarsi in un villaggio di creature viola ed essere appena stato quasi colpito dalla grossa clava di un troll arrabbiato.

-Senta, dobbiamo fare qualcosa! - continuò Anna, sollevandosi sui calcagni di scatto, ma quel movimento improvviso le causò un giramento di testa e la sua vista si annebbiò per un istante.

-Tutto bene? - l'uomo di fianco a lei la stava osservando preoccupato, con quegli occhi grigi spenti e slavati -Anna... Da quanto tempo è che non mangi? -

-E lei da quanto tempo è che non è più felice? - rispose tagliente: ne aveva avuto abbastanza di adulti che cercavano di controllarla, di imbottigliarla nel loro stampino preconfezionato senza cercare di capire cosa volesse davvero, cosa provasse davvero, cosa fosse davvero. Del suo corpo d'ora in poi avrebbe deciso lei: almeno su quella piccola parte di se stessa, almeno per una volta.

-Da quando ho iniziato a bere per la prima volta, probabilmente – replicò Antonio con un sorriso triste. Poi le mise delicatamente una mano sulla spalla.

-Forza, aiutiamo questi gnometti viola -

-Non credo siano gnomi -

-Va bene, ma aiutiamoli lo stesso -

Anna annuì, decisa, e insieme iniziarono a discutere di un possibile piano, mentre attorno a loro le urla della popolazione e i grugniti del troll imperversavano.

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