PRIMO STEP
PERSONAGGIO: Pirata
LUOGO: Grotta
OGGETTO: Calice
Avevo deciso di venire qui da solo, ben sapendo dell'eventualità di agguati di altre navi e che, in caso fossero avvenuti, la mia ciurma sarebbe dovuta scappare subito.
Bagnato fradicio, giunsi sulla spiaggia e mi inoltrai subito nel fitto della giungla. Questo quasi cinque ore fa.
Adesso sono decisamente stanco morto. Quest'isola è davvero enorme e non ho la minima idea di dove sia quella stramaledetta grotta che vado cercando da ore.
Certo, una mappa aiuterebbe, ma si dà il caso che quel gentiluomo del mio primo ufficiale me l'abbia deliberatamente rubata. Così imparo a scegliermi questi compari.
Al momento non ho certo tempo per l'autocommiserazione; devo districarmi tra queste liane orribili, evitare i serpenti e scacciare gli insetti che mi si avventavano addosso come cani sulla spazzatura... Oltre a cercare quella grotta.
"La grotta, la grotta..." continuo a ripetermelo come se chiamarla con la mente me l'avvicinasse un po'. Che in effetti è proprio quello che spero. Io devo trovare quella grotta per poi trovare anche il dannato calice nascosto all'interno. O lei morirà.
La prospettiva della sua morte mi dà nuova forza sfruttando il dolore che mi ha provocato al solo pensiero e aumento il passo.
Quasi non mi sembra vero di averla finalmente raggiunta. Eccola qui, davanti a me. La Grotta del Passaggio.
La mia velocità né aumenta né diminuisce quando varco la soglia che sembra dividere due mondi opposti e penetro nei meandri oscuri di questa caverna maledetta.
Ne so davvero pochissimo di ciò che potrei trovare qui dentro, ma la paura per il mio fato non supera il terrore che ho di perderla, e quindi proseguo senza indugiare.
Purtroppo la prudenza ha la meglio sulla fretta, dunque rallento notevolmente il passo per studiare il terreno roccioso su cui poggiano i miei stivali. Solo quando sono completamente sicuro che non ci siano inneschi di trappole mi sento tranquillo a proseguire. Strisciando lungo le pareti cerco leve nascoste o una qualunque parvenza di presenza umana e meno ne trovo più cresce in me la consapevolezza che il peggio deve ancora venire.
Riesco appena ad abituarmi al buio quando un rombo improvviso segnala un pericolo davanti a me: scricchiolando fragorosamente sul terreno di fronte si è aperta una crepa in tutta la lunghezza orizzontale del corridoio roccioso e le due sponde che divide cominciano a piegarsi verso il centro, con me sopra di esse.
Mentre mi inclino pericolosamente in avanti ho giusto il tempo di mettermi seduto e lanciarmi verso l'altro pezzo di pietra che ormai è quasi del tutto verticale per aggrapparmi allo spesso bordo sconnesso.
Con l'adrenalina che fa da combustibile, mi isso dall'altra parte gettandomi sulla parte ferma di terreno e lì resto, con la pancia all'insù e il fiato corto.
Faccio passare diversi minuti durante i quali tento freneticamente di darmi una calmata prima di riuscirci e rialzarmi. All'improvviso realizzo che la trappola che ho fatto scattare si era attivata lentamente, quindi se percorro l'ultimo tratto correndo dovrei farcela. È un rischio, ma altrimenti non posso fare.
Senza ripensarci scatto in avanti con tutta la spinta che riesco a darmi. I suoni mi giungono ovattati e attutiti, però sono certo di aver fatto scattare almeno altre tre trappole.
Ancora correndo entro in una specie di stanza scavata nella pietra, ed eccolo lì, di fronte a me. Brilla di una luce pura quanto il canto degli angeli e le gocce che cadono a intervalli regolari al suo interno creano un piacevole rumore cristallino.
Lo afferro; lo alzo verso la buca sopra la mia testa dalla quale si vede il cielo. Ora sì che la sua vita è tra le mie mani.
(609)
PERSONAGGIO: vampiro
LUOGO: giardino
OGGETTO: fiore
È una strana serata, questa. Tenebrosa perfino per me. Ho osservato il sole dalle sfumature ambrate, rosee e dorate calare lentamente all'orizzonte, fendendo il velo celeste che era il cielo chiaro e adesso altro non è rimasto che oscurità. Curioso quanto il sole che tutti amano e desiderano sia così egoista. Quando lui va a riposare, devono farlo tutti ed il pallido spicchio di luna nella notte non può né potrà mai sostituirlo, condannando chiunque sia rimasto privo della luce a fare esattamente come lui. A stendersi e riposare le proprie membra stanche.
Non importa se la luna illumina poco. Riesco a vedere come fosse giorno grazie ai miei occhi.
Un pensiero mi attraversa la mente sfociando in una fredda risata, di quelle che mi concedo raramente nei momenti di solitudine. Come possono gli stupidi umani paragonarci ai pipistrelli? Essi non vedono con gli occhi, bensì con gli ultrasuoni; capacità che a quelli come me è del tutto negata. Certo, bevono sangue anche loro, ma tutti gli umani volendo potrebbero fare lo stesso, quindi non vedo tutte queste somiglianze.
Sono un vampiro. Non un demone, non un pipistrello. Un vampiro.
La villa dove vivo e che si erge alle mie spalle ha le luci accese che si riflettono come spettri sul curatissimo prato verde dove poggiano i miei piedi. Continuo a camminare anche quando i bagliori gialli si interrompono e punto lo sguardo sulla mia meta: il roseto.
Il famigliare scroscio dell'acqua nella fontana di marmo al mio fianco mi invade le orecchie, rilassando i miei muscoli e causandomi una leggera pelle d'oca. Socchiudo gli occhi ascoltando ogni nota cristallina; più mi allontano da essa più il suono si attutisce fino a scomparire.
Le piante nude dei piedi sferzano i fili d'erba che fanno l'effetto di tante piccole fruste contro la pelle. Stendo un braccio verso una delle siepi e ne sfioro una piccola parte con le dita per tutta la sua lunghezza, senza rovinare le foglie delicate.
Finita la siepe lascio ricadere il braccio lungo il fianco e mi si apre davanti un largo spiazzo i cui confini sono formati da alberi di querce, mentre un delicato sorriso mi incurva le labbra. All'interno, su diverse file, ci sono i miei tesori più grandi.
Amo il mio roseto. Credo che il sentimento più forte che abbia mai provato sia rivolto proprio ad esso.
Ogni fila lunga un centinaio di metri è costituita da cespugli di rose tutte dello stesso colore. La prima sulla sinistra è di rose rosse; seguono le rose rosa, quelle bianche e quelle gialle.
Oggi la decisione mi è piuttosto ardua da prendere, lo devo ammettere...
Quale scelgo stasera?
Ripercorro con la mente le ore passate in cerca dell'ispirazione che potesse aiutarmi e mi ritrovo a pensare alla bellezza del sole e a quanto fossero splendide le sue sfumature dorate.
Quando riapro gli occhi non ho più dubbi. Voglio una rosa gialla.
Mi dirigo in fretta verso la fila più lontana e le sfilo accanto finché i miei occhi ormai esperti individuano quella che oggi sarà la rosa perfetta.
Socchiudo le palpebre osservandone i particolari e sì, è lei.
Rompo il gambo in modo che ne restino una ventina di centimetri attaccati al bocciolo chiaro. Dalla tasca della mia giacca rimuovo la fialetta trasparente piena di liquido cristallino e ne verso qualche goccia al centro della rosa.
Il profumo di fiore sovrasta quello del veleno che gli ho appena versato sopra.
Rivolgo un pensiero alla fortunata fanciulla che oggi riceverà questo dono e che avrà il piacere di addormentarsi dolcemente vicino a me. Cosa le accadrà lo scoprirà appena sarà sveglia.
Sempre se si sveglierà mai...
(610)
PERSONAGGIO: sirena
LUOGO: nave
OGGETTO: giocattolo
Oggi c'è parecchio fermento nell'oceano. È molto strano; di solito tutto è tranquillo ma fin dall'alba sembra che la tempesta in superficie si stia riflettendo anche qua sotto da come tutti sono agitati.
Mi allontano da quella confusione che rischia solo di mandarmi in pappa il cervello e nuoto verso la pianura di alghe, dove la pace regna sovrana. Per quanto odi quel posto, è l'unico dove nessuno viene mai a disturbarmi, quindi il migliore dove possa andare.
Nuoto veloce, lasciandomi aiutare dalla corrente sottomarina e mischiandomi in un gruppo di acciughe che mi accoglie senza problemi.
"Ma che...?" penso intontita volgendo lo sguardo indietro.
Neanche ho fatto in tempo a superare il centro del fitto groviglio di alghe che una di loro mi si avvolge intorno alla coda facendomi prendere un brusco strattone.
Sbuffo roteando gli occhi, mi avvicino in fretta all'alga e la strappo via dalla mia coda che comincia a pizzicare fastidiosamente. Ecco perché nessuno viene mai qui; questi cosi sono urticanti.
Riprendo a nuotare come non fosse mai accaduto. In fondo, ultimamente sono stata qui così tante volte che l'effetto del contatto con la superficie ruvida che provoca il pizzicore non mi fa quasi più effetto rispetto alle prime volte.
Superata la valle delle alghe non c'è più nulla davanti a me. O almeno, non riesco a vedere nulla.
Tutta la sabbia del fondale sembra essersi sparsa tra le correnti e aver creato come un immenso muro oltre al quale non si vede nulla.
Sono molto spaventata da cosa possa aver provocato questo strano avvenimento... È del tutto anormale. Deglutisco a fatica davanti a ciò che mi si presenta di fronte, per l'immensità di quel vuoto scuro e tenebroso, ma quel po' di curiosità che mi si è insinuata dentro fin da subito mi spinge ad avanzare per scoprire di cosa possa trattarsi.
Attraverso la fitta nebbia di sabbia che cerco di spostare con le braccia per aumentare la scarsissima visibilità e mi accorgo che lentamente sta calando da sola. Tempo pochi minuti e si sarebbe riappoggiata tutta sul fondale.
Attendo, con l'ansia che mi preme dentro e in alto comincio a vedere qualcosa. È grande, grigio e spaventoso.
Poi riconosco di cosa di tratta: è una nave.
È strano vederne una qui sotto, visto che di solito sono sopra all'acqua. Alzo gli occhi sulla superficie e vedo delle ombre scure riflettersi sotto. Sembrano navi anche quelle, ma molto più piccole.
Ho sempre voluto vedere l'interno di una nave come questa. Cosa può accadermi?
Ci sono tanti buchi rotondi sul fianco e uno è aperto. Riesco a passarci a malapena e finalmente entro nella nave.
È incredibile quante cose strane siano qua dentro. Al centro di quel piccolo spazio c'era una cosa rettangolare che, appena la sfiorai, risultò molto morbida.
In alto c'era quello che sembrava un polipo dorato con delle sfere strane e trasparenti al termine dei "tentacoli" e davanti alla cosa morbida vedo un grosso oggetto di legno scuro. Sopra vedo una cosa molto strana, mai vista prima. È poco più grande della mia mano, gialla e conica, come le stalagmiti delle caverne. Ci sono tanti strani disegni sopra e ha un piccolo manico cilindrico. Lo sposto con curiosità tra le dita e noto la punta di ferro. Se tiro il piccolo manico si sposta e viene fori come una spirale grigia. Allora riporto il manico dov'era prima e la parte conica comincia a girare, producendo alcune bolle.
Sorrido davanti a quell'oggetto meraviglioso e lo porto con me quando esco da quel mostro di ferro per tornare a casa.
(601)
PERSONAGGIO: sirena
LUOGO: nave
OGGETTO: giocattolo
Oggi c'è parecchio fermento nell'oceano. È molto strano; di solito tutto è tranquillo ma fin dall'alba sembra che la tempesta in superficie si stia riflettendo anche qua sotto da come tutti sono agitati.
Mi allontano da quella confusione che rischia solo di mandarmi in pappa il cervello e nuoto verso la pianura di alghe, dove la pace regna sovrana. Per quanto odi quel posto, è l'unico dove nessuno viene mai a disturbarmi, quindi il migliore dove possa andare.
Nuoto veloce, lasciandomi aiutare dalla corrente sottomarina e mischiandomi in un gruppo di acciughe che mi accoglie senza problemi.
"Ma che...?" penso intontita volgendo lo sguardo indietro.
Neanche ho fatto in tempo a superare il centro del fitto groviglio di alghe che una di loro mi si avvolge intorno alla coda facendomi prendere un brusco strattone.
Sbuffo roteando gli occhi, mi avvicino in fretta all'alga e la strappo via dalla mia coda che comincia a pizzicare fastidiosamente. Ecco perché nessuno viene mai qui; questi cosi sono urticanti.
Riprendo a nuotare come non fosse mai accaduto. In fondo, ultimamente sono stata qui così tante volte che l'effetto del contatto con la superficie ruvida che provoca il pizzicore non mi fa quasi più effetto rispetto alle prime volte.
Superata la valle delle alghe non c'è più nulla davanti a me. O almeno, non riesco a vedere nulla.
Tutta la sabbia del fondale sembra essersi sparsa tra le correnti e aver creato come un immenso muro oltre al quale non si vede nulla.
Sono molto spaventata da cosa possa aver provocato questo strano avvenimento... È del tutto anormale. Deglutisco a fatica davanti a ciò che mi si presenta di fronte, per l'immensità di quel vuoto scuro e tenebroso, ma quel po' di curiosità che mi si è insinuata dentro fin da subito mi spinge ad avanzare per scoprire di cosa possa trattarsi.
Attraverso la fitta nebbia di sabbia che cerco di spostare con le braccia per aumentare la scarsissima visibilità e mi accorgo che lentamente sta calando da sola. Tempo pochi minuti e si sarebbe riappoggiata tutta sul fondale.
Attendo, con l'ansia che mi preme dentro e in alto comincio a vedere qualcosa. È grande, grigio e spaventoso.
Poi riconosco di cosa di tratta: è una nave.
È strano vederne una qui sotto, visto che di solito sono sopra all'acqua. Alzo gli occhi sulla superficie e vedo delle ombre scure riflettersi sotto. Sembrano navi anche quelle, ma molto più piccole.
Ho sempre voluto vedere l'interno di una nave come questa. Cosa può accadermi?
Ci sono tanti buchi rotondi sul fianco e uno è aperto. Riesco a passarci a malapena e finalmente entro nella nave.
È incredibile quante cose strane siano qua dentro. Al centro di quel piccolo spazio c'era una cosa rettangolare che, appena la sfiorai, risultò molto morbida.
In alto c'era quello che sembrava un polipo dorato con delle sfere strane e trasparenti al termine dei "tentacoli" e davanti alla cosa morbida vedo un grosso oggetto di legno scuro. Sopra vedo una cosa molto strana, mai vista prima. È poco più grande della mia mano, gialla e conica, come le stalagmiti delle caverne. Ci sono tanti strani disegni sopra e ha un piccolo manico cilindrico. Lo sposto con curiosità tra le dita e noto la punta di ferro. Se tiro il piccolo manico si sposta e viene fori come una spirale grigia. Allora riporto il manico dov'era prima e la parte conica comincia a girare, producendo alcune bolle.
Sorrido davanti a quell'oggetto meraviglioso e lo porto con me quando esco da quel mostro di ferro per tornare a casa.
(601)
PERSONAGGIO: folletto
LUOGO: radura
OGGETTO: ali
Devo sbrigarmi, o sarà tutto inutile. Il tramonto è vicino e devo assolutamente trovarmi al centro della radura prima di esso. È questo che mi ha detto la strega.
Se ripenso a quanto sono stato stupido... Ho creduto ai suoi inganni, le ho dato la mia fiducia, ma mi ha mentito. Col senno del poi non avrei mai neanche lontanamente pensato che in cambio delle mie ali mi avrebbe restituito la mia Nyrmes... E appunto non l'ha fatto.
Le ha usate per una pozione che le ha dissolte nell'aria. Temevo di averle perdute per sempre, come ho perduto Nyrmes, ma quando l'ho minacciata di denunciarla al mio Re mi ha rivelato come avrei potuto riaverle.
Mi sarebbero apparse al centro della Radura di Cristallo nell'istante in cui il sole sarebbe sparito oltre l'orizzonte, ma solo il primo giorno di luna piena da quando le ho perse, così mi sto dirigendo lì di corsa.
Per quanto mi abbia già ampiamente ingannato non riesco a considerare la possibilità che lo stia facendo anche ora. Da quando Nyrmes se n'è andata sono cambiato completamente. Insieme a lei ho perso me stesso e queste sono le conseguenze.
Aumento il passo attraversando la foresta rumorosa che va diradandosi e tra gli alberi riesco a intravedere il confine tra essa e la Radura.
L'ho sempre trovato un posto magnifico. L'erba è verde e sempre imperlata dalla rugiada cristallina e il prato immenso contrasta con il cielo che sembra sempre essere blu cobalto e privo di nuvole a oscurare il sole.
Avverto subito il calore sulla pelle e, quasi mi avesse dato nuova forza, aumento il passo verso nord, dove si trova il centro della Radura.
Ho viaggiato parecchio per giungere fino a qui e non intendo mollare proprio ora. Dopo Nyrmes non posso permettermi di perdere anche le mie ali. Ora sono loro la cosa più preziosa che ho. Che avevo.
Intravedo in lontananza qualcosa che non è erba e mi dirigo con decisione verso di essa. Non manca molto al tramonto.
Corro velocemente e rimango decisamente sorpreso oltre che confuso nel trovarmi davanti una piattaforma di marmo circolare. Il sole è proprio di fronte a me.
Mi posiziono esattamente al centro del cerchio e attendo, fissando il sole con gli occhi che mi lacrimano per la forte luce.
Piano piano la sfera di luce cala oltre l'orizzonte, mentre un doloroso senso di ansia mi stringe lo stomaco in una morsa. È il momento della verità.
Un ultimo, forte, lampo di luce viene emanato facendomi strizzare gli occhi per l'impatto con le mie iridi chiare, e quando li riapro dove prima c'era il sole vedo, sospese nell'aria, le mie ali.
Lancio un urlo di gioia e scatto a correre verso di esse.
Finalmente! Non riesco a credere che la strega abbia detto la verità, anche se lo desideravo con tutto il cuore. Loro sono li, lievemente mosse da una leggera brezza che non intacca affatto la pura trasparenza delle membrane sottili, e mi aspettano.
Corro e corro ancora senza sentire fatica né sforzo, guardandole avvicinandosi lentamente.
Luccicano alla luce della luna appena giunta nel cielo chiamandomi, attirandomi a loro.
Continuo a sferzare l'aria senza guardare altro che le mie ali.
Cinquanta metri.
Aumento il passo.
Venti metri.
Sento un leggero dolore alle gambe, ma continuo.
Dieci metri.
Manca poco.
Tendo un braccio in avanti per afferrarle, ma stringo nel pugno solo aria e aria è quello che trovo sotto ai miei piedi appena smetto di correre.
"Arrivo da te, Nyrmes" è il mio ultimo pensiero prima di precipitare nel vuoto.
(600)
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