Kill la Kill - Vèstiti come ti piace

E niente, si torna a parlare di anime. Anche perché da bravo nerd non posso quietare il mio lato fanboy per troppo tempo.

Come descrivere Kill la Kill? Se dovessi riassumere il mio pensiero in una frase, direi più o meno così: la più bella cazzata che io abbia mai visto.
Ok, forse questo potrebbe fuorviarvi, ma tale è l'anime di cui andrò a parlarvi oggi. Un Guardiani della Galassia nipponico.
Kill la Kill non fa assolutamente nulla per sembrare serio, impegnato o altri aggettivi da anime figo. Non ne ha bisogno. È una serie dalla tamarraggine epica, divertente, intrigante, piena di esagerazioni ed iperboli... e con un messaggio d'amore e di follia per tutti noi, tanto semplice quanto universale.
Dai, venite che ve lo racconto.

Contesto e incipit

La storia ha inizio in un epoca molto vicina alla nostra, ma mai definita del tutto. Di questo mondo conosciamo notizie interessanti ma sparse: innanzitutto il nazismo ha vinto. Viene fatto intendere come la società non sia di fatto cambiata enormemente, ma valori come la forza sulla debolezza, i soldi e il fanatismo siano diventati via via assoluti. In questo ambiente che ha del distopico, la Revocs Corporation si impone diffondendo i suoi prodotti tessili in tutto il mondo: dagli abiti comuni alle potenti vesti da guerra, abiti intessuti con fibre incredibilmente resistenti e dalle doti speciali conformi alle caratteristiche dell'indossatore (es: Cicciobombo Cannoniere avrà una veste ignifuga, che ricrea armi o micce. Insomma, degli abiti da lavoro ma più fighi).

Sfruttando l'immenso potere economico e l'influenza politica della Revocs, Satsuki Kiryūin sottomette la maggior parte delle regioni giapponesi e fonda il fascistissimo istituto Honnōji, una scuola superiore che comanderà personalmente insieme ai suoi quattro sottoposti.
Al liceo Honnōji la gerarchia è tutto, la posizione negli studi e nei club determina lo stato sociale della propria famiglia e il numero di stelle presenti sulle uniformi fa da indicatore dello status (zero stelle: derelitto, una stella: proletario-benestante, due stelle: alta borghesia, tre stelle: élite, status riservato ai sottoposti di Satsuki).

L'ordine stabilito dalla giovane Kiryūin verrà però messo alla prova dall'arrivo di una nuova studentessa: una diciassettenne piantagrane e focosa di nome Ryūko Matoi. La ragazza ha indosso una veste da guerra, senza stelle e diversa da tutte le altre perché con una propria personalità. Tra le mani, tiene metà di una forbice gigante, usata a mo' di spada. L'altra metà ce l'ha la persona che Ryūko sta cercando: l'assassino di suo padre.

Un primo splendido lavoro

Prima serie completamente prodotta dallo studio Trigger (Ninja Slayer, Little Witch Academia, Darling in the Franxx, BNA ecc.), nata dalle menti che già avevano regalato al mondo Sfondamento dei cieli Gurren Lagann, Kill la Kill è una serie anime di ventiquattro episodi (più un OVA come epilogo) che ha stupito tutti con le sue caratteristiche:

- una componente grafica eccezionale, grazie all'animazione ben sfruttata, gli splendidi sfondi e i character design azzeccati dei personaggi. A ciò si aggiunge un uso furbo e capace delle animazioni. Come di norma, le migliori sono riservate agli scontri più epici e ai momenti concitati, ma quando l'anime va al risparmio lo fa prendendosi in giro e trovando soluzioni buffe che strizzano l'occhio agli spettatori;

-la sua velocità e le continue iperboli. Tutto in Kill la Kill è esagerato e enorme, dalla spada forbice di Ryūko all'istituto Honnōji, fino alle gigantesche scritte rosse che appaiono a schermo per presentare i personaggi, le tecniche o i luoghi. Si arriva a livelli oltre i quali l'esagerazione diventa cifra stilistica. Lo stesso vale per il ritmo, mai stagnante nonostante le pause di riflessione, quasi sempre concitato e incalzante. Non dico che l'anime non si prenda i suoi tempi, ma lo fa sempre rispettando lo spettatore e cercando di strappargli una risata, per esempio con un riassunto che non si limita alla mera sintesi fatta di spezzoni e frasi d'effetto, ma che diventa un monologo divertente;

-una gran bella colonna sonora che, tra le righe, racconta la storia dell'anime;

-fanservice. Di norma io "ci piscio sopra" come direbbe Joe Bastianich: un po di ecchi non fa mai male, ma non alza o abbassa la qualità. È un esca (squallida o elegante, dipende) per attrarre più pubblico.
Non che Kill la Kill faccia eccezione, occhio,

però anche qui... lo contestualizza molto bene. Diciamo solo che vestiario e nudità hanno delle motivazioni seriamente legate alla trama dell'anime, ma sulle quali non farò spoiler.

Sì, ma di che parla sta cafonata?

L'anime ha varie tematiche superficiali. Ne citerò solo due, quelle che mi hanno colpito di più, per poi parlare del messaggio centrale.

Primo tra tutti, il tema degli obbiettivi: cosa ci spinge a crescere? Una meta, un fine, un qualcosa, qualsiasi cosa, che ci spinga a proseguire. Lì davanti a noi, vicini o lontani non importa. Bisogna seguire i propri obbiettivi... stando attenti a non farsi divorare da essi.

Secondo, il tema dell'amicizia. Scontato, palloso, quello che vi pare, ma per me è sempre ben accetto.
Ho adorato lo svilupparsi dell'amicizia tra Ryūko e Mako Mankanshoku. È dolcissimo vedere come due personaggi tanto diversi si facciano sempre più vicini e affini tra loro, come il bene che si vogliono diventi sempre più palese e profondo (e forse si trasformi in qualcos'altro?).

Mako l'idiota della serie: una ragazza pigra, scemotta, incapace e fastidiosa, sempre a gridare, protagonista delle scene più demenziali e da palmface di tutta la serie.
Mako, che cerca sempre la sua amica, standole sempre appiccicata e Ryūko che impara pian piano a capirla e a farsi capire (che pure lei è una bella testa calda eh...).
Mako che sostiene la protagonista con parole scontate e magari poco utili, ma gentili e comprensive. Non è lei a risolvere i problemi (non sempre) ma quanto è bello sapere di aver qualcuno che ci sostiene e su cui contare, quando siamo in difficoltà? Ryūko lo sa.
Mako che non teme di farsi male, se si tratta di correre in soccorso di Ryūko.
Non riesco a odiarla... Perché del resto, Mankanshoku è come l'amica/o che tutti vorremmo o che già abbiamo e non vorremmo mai abbandonare. Una sorella o un fratello, non di sangue ma di spirito.

Vestiti e libertà

Oltre a partire con una metafora militaresca e fascista, per poi distruggerla, Kill la Kill parla sostanzialmente di libertà espressiva.
Non importa cosa pensano gli altri dei tuoi vestiti. Se ti piace indossarli, fallo e basta. Sii come preferisci, fai "quello che ti fa stare bene" (cit. Caparezza). E no, non intendo che dovremmo ammazzare la gente perché ci piace farlo (purtroppo).

Kill la kill mette al centro la libertà di essere e di esprimersi. Non ci dice che il mondo è meraviglioso: lo definisce strano e incomprensibile, pieno di differenze, di cose terribili e bellissime. E noi dovremmo appiattire tutto? Vestire tutti allo stesso modo, annullarci dentro a dei blocchi? No.
Mostriamo agli altri chi siamo, nel bene e nel male.
Vestiamoci come ci piace.

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