A Silent Voice - Comprendere il prossimo

Ciao a tutti, sono Lo scricciolo e userò questo capitolo per comunicare qualcosa. Come al solito dirò tante sciocchezze senza un filo logico, facendo un minestrone. Però con sentimento: un bel minestrone di cuore! Grimilde approva.
Spero di poter fare amicizia con tutti voi (non è vero, non me ne frega un cazzo).
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(non chiudete il capitolo pls ❤️)

"Il mio nome è Shoko Nishimiya. Piacere di conoscervi. Mi piacerebbe poter fare amicizia con tutti voi attraverso questo quaderno.
Per favore usatelo per parlarmi.
Sono sorda."

Introduzione e prime opinioni

Shoko (o Shouko) Nishimiya è una ragazza sorda fin dall'infanzia. Ciò la mette in difficoltà anche nel parlare, ma grazie alle esercitazioni nel vocalizzare riesce a esprimersi, seppur goffamente (che poi parlo peggio io quando sono mezzo addormentato). Shoya Ishida è un bambino che ama divertirsi e vuol combattere a tutti i costi la noia (prenditi un ds, cretino). Tutti lo reputano un tipo un po' strano ma interessante e divertente. Insomma, il compagno che ti fa ridere senza essere il pagliaccio della classe.
Quello che fa il bullo, ma non viene ripreso troppo duramente, perché in fin dei conti non è cattivo (non lo è davvero) e fa ciò che gli altri non farebbero mai... ma che sotto sotto approvano. Tipo gettare via o rompere l'apparecchio acustico di una ragazza sorda, urlarle nelle orecchie per capire quanto effettivamente non ci senta, scrivere insulti sulla lavagna... cose così. Va tutto bene, almeno finché qualcuno non viene a presentare il conto ed il ragazzo viene brutalmente messo di fronte a ciò che ha fatto. A quel punto la situazione di Ishida si ribalta. Non è uno spoiler, ma la premessa. (Primo volume, venti minuti iniziali del film)

I motivi che mi hanno spinto a scrivere questo capitolo sono due:
1- ho visto il video di Fear of Unknown (andate a seguirlo subbito su YouTube) sull'adattamento anime della storia;
2- il cofanetto del manga mi è arrivato (guarda tu i casi della vita) come regalo e ho approfittato per rileggerlo. Grazie, Babbo Natale.

In questo capitolo mi concentrerò quasi esclusivamente sui contenuti del fumetto di A Silent Voice/Koe no katachi. Dell'adattamento anime ho poco da dire: curato, animato davvero bene e graficamente adorabile, con una colonna sonora a dir poco emozionante, ma trovo sia molto vicino ad un riassunto della serie a fumetti. Approfondisce alcuni concetti già presenti e sicuramente colpisce di più a livello di impatto emotivo, (ho avuto il batticuore e pianto in molte scene) ma è anche più generico e molti personaggi risultano appena abbozzati. Ci sta, ma resta un bellissimo riassunto. A questo punto avrei preferito una pura reinterpretazione. Insomma, non voglio criticare il film, semplicemente credo non aggiunga nulla né a livello artistico (pensate ad anime come Devilman Crybaby) né contenutistico. La serie è meno impattante (anche se per nulla debole), ma più chiara e ampia a livello di contenuti. E può comunque commuovere.

Oltre le apparenze

Chiariamo da subito. A Silent Voice NON È una serie sul bullismo. Molti confondono gli eventi della storia col suo significato e si fermano agli abusi subiti dai personaggi. Per quanto ben sviscerato e descritto (credo che chiunque abbia subito atti di bullismo possa empatizzare coi personaggi), il maltrattamento è solo un mezzo della narrazione per mostrarci un altro problema, in apparenza insormontabile: l'enorme difficoltà che gli esseri umani hanno nel comunicare (🙋).
Parliamo, ci scambiamo informazioni, opinioni, pareri. La persona più loquace del mondo sarà sicuramente un asso nella comunicazione, no? No. O meglio, dipende a cosa ci si riferisce. Si può imparare a parlare a vanvera, fare discorsi di attualità, esprimersi in maniera didascalica o essere molto colloquiali, ma non è detto che si sarà altrettanto capaci di comunicare i propri sentimenti. C'è chi passa tutta la vita senza farlo, chi si apre soltanto con determinati individui, oppure chi è un libro aperto (ma può essere che non accetti i sentimenti altrui).
È estremamente difficile comunicare dal profondo del cuore e ascoltare, capire realmente una persona senza basarsi sulle proprie impressioni ma su quelle del diretto interessato. Questo è il punto focale di A Silent Voice: i protagonisti, Shoya e Shoko, sono estremamente simili ma non sanno comunicare tra loro. E così tutti i personaggi che li circondano.

Le motivazioni sono tante:
- la disabilità della ragazza, altro elemento importante ma non facente parte dei concetti base: si tratta ancora di un mezzo;
- il comportamento infantile di Shoya, che del resto è un bambino. Non è giustificato nelle sue azioni, ma lo si può comprendere. È un pischelletto scalmanato: vede una fonte di divertimento e ci si attacca. Inoltre la presenza di Nishimiya rallenta la classe, che deve star dietro alle esigenze di una non udente pur senza avere professori capaci di gestirla o anche solo di esprimersi nel linguaggio dei segni (è una scuola per normoudenti, priva di attrezzature e personale specializzato a seguire le persone con disabilità). Shoya vede un elemento di disturbo nella ragazzina e non capendola, vedendo che lei non reagisce e anzi sorride, egli si convince che le sue molestie siano giustificate. Non fraintendetemi, l'ho odiato anch'io, ma Shoya non è uno stronzo. Fa delle stronzate e ne paga le conseguenze... e, capiti i suoi errori, prova a cambiare;
- i personaggi sono distanti, hanno dei problemi e molti limiti, ma soprattutto sono prima bambini e poi in pubertà. Provate a comunicare SUL SERIO con un adolescente. Un qualsiasi ragazzo in crescita è un turbine emotivo, chiuso ed aperto al tempo stesso.
Beh, i protagonisti e i loro compagni stanno crescendo, formandosi. Non è facile, anzi è estremamente difficile capirli per noi lettori. Pensate quanto può esserlo tra di loro;
- i traumi del passato bruciano ancora, le convinzioni ed i pareri soggettivi sono difficili a morire;
- come ho già detto, difficilmente noi umani comunichiamo "di cuore" con chi ci sta intorno. Spesso parliamo per convenzione e diciamo soltanto ciò che è richiesto dalla situazione o dal contesto.

Come fare? Esiste un modo per imparare a comunicare? Chissà. Di sicuro non uno solo. Le relazioni profonde non nascono di colpo.

Impressioni e tematiche (farò spoiler, ma resterò sul vago.)

Perché ho amato Koe no katachi/A Silent Voice? In primo luogo, non lo negherò, il bullismo mi è familiare. Vero, non è il fulcro della storia, ma viene trattato in maniera intelligente, senza esagerazioni o influenze (e stereotipi del cazzo). Non esiste una parte. Tutti hanno le proprie colpe e motivazioni e ripeto: ciò non giustifica le azioni, ma va tenuto a mente. Shoya è un personaggio molto grigio, in partenza. Non è per nulla cattivo, anzi ispira simpatia, è carismatico e fondamentalmente di indole buona, ma non ha ancora costruito una morale e la sua visione del mondo è influenzata dalle opinioni personali e dai commenti buttati lì con leggerezza degli adulti.

Un professore che sgrida solo bonariamente, non prende provvedimenti seri e che nel profondo non ha interesse ad aiutare l'alunna disabile. Un genitore poco presente per il lavoro come la madre di Shoya, o troppo severo come quella di Nishimiya (che tratta la figlia con durezza nella speranza di renderla forte). Gli adulti sono i primi colpevoli, ma non i soli. La classe accetta passivamente, il bullismo e lo condanna solo a cose fatte. Gli amici del protagonista non approvano ciò che fa, ma lasciano correre. E poi lo allontanano, quasi a voler cancellare l'evento spiacevole.
Ho amato questo realismo disilluso, che non parteggia per nessuno ma nemmeno punta il dito.

Mi è caro anche il tema dell'accettazione e del perdono di sé stessi. I protagonisti di questa storia, dopo essere stati feriti, dovranno crescere e imparare ad accettarsi.
Shoya fa e farà per molto tempo i conti con i suoi errori. Essere lasciato e ostracizzato lo renderà praticamente asociale, tanto da non guardare in faccia praticamente nessuno.
L'incontro con Nishimiya, alle soglie del diploma, gli darà quella ragione per vivere che il ragazzo non trovava da troppo tempo: redimersi e rendere felice qualcuno.
Shoko deve accettare la sua disabilità e soprattutto, amarsi. Non viene specificato subito, ma per chi prova empatia e chi ha passato ciò che lei ha passato è evidente: la ragazza odia sé stessa. Si incolpa di tutti i problemi, convinta di essere la causa di quelli altrui. Nishimiya non è schiva e timida. È silenziosa a causa della sordità, ma la difficoltà nell'esprimersi riguarda la sua stabilità emotiva: lei crede di far male alle persone e distruggere ogni cosa.

È sempre colpa tua, sei debole, non reagisci. Diversa, stramba. Rallenti tutti. Sorridi e accetta la punizione. Sorridi e chiedi scusa.
È colpa tua.
Non scriverò sul tuo stupido quadernetto.
Sembrerà cringe (lo è) ma mi sto commuovendo mentre scrivo. Ho dei buoni motivi per capire ciò che prova Shoko e comprendere quello stupido e ingenuo desiderio di morire, allo scopo di non fare più danni o non soffrire più.
È quando questo desiderio si radica in Shoko, che la ragazza abbandona il suo quaderno per comunicare. Ci rinuncia. Nessuno vuole sforzarsi di parlare con lei. Nemmeno lei si sforzerà più. Vuole solo morire, come confesserà alla sorella.
Alla fine anche Shoya affronta questi sentimenti, viene messo alla berlina per i suoi errori e inizia comprendere cosa si prova dalla parte della vittima. I suoi compagni, disgustati da lui, lo gettano in una fontana. Nell'acqua dove aveva gettato le cose della compagna, Ishida troverà un quaderno, pieno di ringraziamenti, scuse, minacce e insulti.

Comunicazione

Shoko e Shoya si ritrovano. Tra loro si crea un rapporto, tentano di avvicinarsi: lui vuole rimediare alle crudeltà del passato, in lei si riaccende la speranza di poter creare qualcosa ed il fatto di avere a che fare con più normoudenti la fa sentire bene. Però ancora non comunicano. I due sono uguali ma opposti, sia nei nomi che nel modo di approcciarsi egocentrico, spesso provano e dicono le stesse cose, hanno pensieri differenti, diverse esperienze e la distanza che può esserci tra due sconosciuti. In più, aggiungiamo un vecchio rapporto di vittima e carnefice.
Non si capiscono, nemmeno personalmente ed è questo il punto.
Non comprendono il loro io personale, o meglio, non lo accettano. Imparare a convivere con sé stessi prima che con gli altri. Non si può creare un rapporto, non è possibile costruire qualcosa altrimenti. Per comunicare bisogna averne l'intenzione e chi soffre e si odia, di solito lo tiene per sé. Di solito.
A Silent Voice ci racconta come provare a capire e capirsi sia difficile, ma fattibile: con intenzione, col tempo, a fronte di tanto lavoro. Bisogna saper ascoltare. Accettarsi e aprirsi. Saper perdonare, anche sé stessi.

Non c'è una via facile o una sola risposta.

Personaggi (spoiler soprattutto sui background)

Una parentesi doverosa va fatta sui personaggi che danno vita a questa storia. Non solo Shoko e Shoya, ma tutti i loro amici e compagni hanno un approfondimento emotivo e psicologico meraviglioso. Altro motivo per cui preferisco il manga: viene dato loro spazio.
Nulla di trascendentale o complesso, solo dei comprimari scritti bene e caratterizzati come Satana comanda (forse non si diceva così).
Ogniuno di loro simboleggia qualcosa nella vita dei protagonisti, pur essendo una persona a sé. Può essere il migliore amico, che con te condivide tutto, assieme al quale puoi essere strano e fragile o testardo quanto ti pare. Un'amica che vuole sempre e solo crescere e puntare in alto. La ragazza senza peli sulla lingua, impulsiva ed impetuosa che segretamente ti ama fin dall'infanzi... aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaveterottoh.
...
Questo cliché c'è sempre. SEMPRE.
L'amica con tanto amor proprio da essere spontaneamente sia adorabile che disgustosa. Madó, che odio. La sorella fedele e protettiva, che cerca di risolvere i tuoi problemi anche se non sa farlo coi suoi. Un estraneo, distante e schivo, desideroso di mantenere avere i suoi spazi, ma che comunque vuole conoscerti. Ognuno di loro, anche il più stereotipato, è fondamentale e vivo in questa storia. Per quanto possano avere un ruolo enorme o minuscolo, non sono macchiette.

No, sta volta niente trama. Vi ho già raccontato l'incipit e ho dovuto fare necessariamente qualche spoiler, inoltre questa vorrebbe essere un ulteriore esortazione a leggere/guardare quello che io ritengo un piccolo, grande capolavoro. Una storia che senza eventi eclatanti o temi troppo struggenti, eroi o malvagi, tocca l'anima.
Sul serio: provate ad ascoltare e sono certo che lo farà.
























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