4 - Piano di Battaglia

«Allora? Che si fa?» chiese Romeo, girando e rigirando il caffè nella tazzina.

Solo a vederlo, a Mattia veniva il mal di mare.

«Non è che possiamo fare molto» sbuffò Giacomo. «Proviamo a vedere cosa hanno fatto l'anno scorso, magari partiamo da lì»

«Giusto, possiamo elaborare due proposte» Mattia soppesò le sue stesse idee. «Una che riprenda la loro ultima campagna, e l'altra che vada in tutta un'altra direzione»

Giacomo annuì, afferrò la tazzina e buttò giù tutto d'un sorso il caffè, amaro e bollente. Non c'era da invidiare la sua gola.

Si erano rifugiati nel bar sotto il palazzo per una parvenza di riunione strategica, ma in un'ora si era parlato della partita di domenica, che Mattia aveva ignorato ma che Giacomo voleva conoscere minuto per minuto, di quanto fossero infami quelli della sede centrale, argomento che aveva scaldato un po' gli animi, e infine stavano cercano di portare i loro discordi verso il compito titanico che li attendeva.

Miranda Dubois era conosciuta per essere uno squalo, una vera mangiatrice di uomini e donne. Forse le storie venivano esagerate, ma si diceva che nessuno potesse lavorare per la sua rivista per più di un mese; e quei pochi che ci riuscivano diventavano firme irraggiungibili del mondo della moda e del giornalismo in generale.

Era pur vero, Mattia lo aveva controllato un paio di volte, che Merveilles pubblicava annunci di ingaggio ogni mese, ed era difficile che non cercassero almeno una ventina tra giornalisti, editor e fotografi. Una tale richiesta di personale non era giustificabile solo con la fama della rivista.

Ad ogni modo, lavorare per Merveilles poteva aprire un numero spropositato di porte; anche una campagna "fallimentare", e, se si dava credito alle voci, la Dubois definiva così tutte le campagne pubblicitarie degli ultimi dieci anni, voleva dire milioni nelle tasche dell'azienda che la realizzava.

Da lì, se si riusciva davvero a far accettare la propria proposta, qualsiasi altra azienda avrebbe fatto carte false per commissionare loro qualcosa.

La loro piccola sede poteva scavalcarne molte altre, e Mattia era certo che il signor Figliomeni già si vedesse tra le dieci migliori filiali della società.

«Il grosso problema è de Bourgogne». Sbuffò il ragazzo. Il caffè nella sua tazzina sembrava più chiaro del loro futuro.

«Dicono sia intrattabile, pretende le foto fatte esattamente come vuole lei; ho sentito che una volta ha bocciato cento proposte perché la luminosità non le piaceva». Giacomo chiamò il barista con una mano, per un altro caffè.

«Scusate, non è per fermare il vostro disfattismo» di intromise Romeo. «Ma io pensavo di parlare di qualcosa di molto più importante»

«Più importante del nostro incarico impossibile?» domandò Mattia, anche se sapeva bene dove l'altro voleva andare a parare.

«La nostra nuova collega». Il fotografo si diede un tono solenne. Giacomo alzò gli occhi al cielo.

«Ma almeno ti ricordi come si chiama?» chiese Mattia, per nascondere un sorrisetto finse di bere dalla tazzina.

«Cose che si possono ricordare dopo, non è questo il problema» Romeo scacciò la domanda con la mano. «Voglio dire, siamo tutti amici qui, no? E non sarebbe bello se le nostre amicizie finissero per una donna»

I due si limitarono a guardarlo, dubbiosi su come insultarlo.

«Io me ne tiro fuori, vi ricordo che sono fidanzato». Disse Giacomo, buttando giù il terzo caffè da che erano entrati al bar.

Se Mattia ricordava bene, Eleonora, la fidanzata in questione, era leggermente gelosa.

Non che non ne avesse motivo, visto l'episodio di due anni fa, anche se metà della colpa era di Romeo. E metà sua, ma alla fine a farne le spese era stato Giacomo.

«Che mi dici degli altri?» chiese ad Romeo, tanto per sentire un po' i suoi deliri.

Il fotografo si fermò a pensare un momento, poi sollevò un dito.

«Allora... togliamo i più vecchi, tipo il capo, Tommaso e Ciro, che sono sposati; quell'americano, Clark, è fidanzato pure lui, ma la sua ragazza sta in America».

«Tu come lo sai?» chiese Mattia, già pronto alla risposta.

«Gliel'ho chiesto, e ti posso dire che non se ne vanta abbastanza: una texana alta, bionda, con due...»

«Abbiamo capito». Lo fermò Mattia, mentre Giacomo si scusava con un vicino tavolino di incartapecorite signore di mezza età.

Le tre cariatidi li fissavano da dietro grosse tazze di tisana, con gli occhi infossati nei volti rugosi, pieni di interesse e giudizio.

«Quell'altro nuovo arrivato mi preoccupa, ma non troppo... alla fine rimango la miglior scelta del nostro ufficio».

Mattia rise. Forse si sarebbe dovuto offendere per non essere nemmeno stato contato, oltre che per la leggerissima arroganza con cui Romeo lo aveva liquidato.

Ci voleva tanta calma e tanta conoscenza per passar sopra quel suo finto narcisismo, ma dopo vent'anni sapeva riconoscere le sue parole come le simpatiche fanfaronate che erano.

«Ferrucci dici? Non lo so, ho sentito Giulio poco fa, non è proprio un collega modello». Giacomo continuava a giocare con il cucchiaino nella tazza.

«Arrampicatore?» fece Mattia. Il sonno stava tornando all'attacco contro il caffè.

«Pare di sì, è stato trasferito altre due volte; sembra il classico tizio che fa un errore e da la colpa agli altri».

«Casca male allora» Romeo rise. «Ciro e il capo hanno archivi al posto della testa, al primo scherzetto lo incateneranno alla fotocopiatrice»

«O lo faranno finire nel Tevere». Aggiunse Mattia.

«Speriamo con la fotocopiatrice dietro». Ridacchiarono tutti alla battuta di Giacomo.

La macchina in questione era un modello secolare, progettato apposta per incepparsi tre volte ogni due stampe, con i cassetti della carta perennemente incastrati e complessi meccanismi a tempo per cambiare i toner.

Essere assegnati alle fotocopie era tra le peggiori punizioni dell'ufficio.

Dopo qualche altra chiacchiera, decisero di tornare all'argomento centrale dei loro discorsi.

«E Lorena?» chiese Giacomo. Il sorriso di Romeo si incrinò appena.

Era un segreto di pulcinella dell'ufficio, anche se entrambi i diretti interessati facevano tutto ciò che potevano per negarlo.

L'avvocata in particolare, se si sollevava la questione, diventava davvero intrattabile.

«Beh... chi non apprezza non merita». Romeo si ravvivò i ricci castani, giusto per farsi vedere meglio da un paio di ragazze lì vicino.

E farsi criticare di nuovo dalle vecchiette.

«Il tuo piano è farla ingelosire? Ti ricordi come è finita con Maria?» continuò Giacomo.

«Ti sei disperato per un mese intero, e te ne è servito un altro per riuscire a farti "salutare" di nuovo». Mattia mimò con le dita le virgolette, visto che con "salutarsi" si intendeva Lorena che scoccava occhiate omicide al fotografo.

Non trovando come ribattere, Romeo si limitò a trangugiare ciò che restava del suo cappuccino, borbottando.

«Comunque, davvero, come si chiama la ragazza nuova? "Suzu" qualcosa?» l'altro editor decise di tornare a parlare di cose più importanti.

«Suzune» fece Mattia. «Però meglio se la chiami "Hoshino", il cognome è quello, e per i Giapponesi è... sconveniente se qualcuno li chiama per nome».

«Cioè?» chiese Giacomo, un sopracciglio levato e gli occhi semichiusi in confusione.

«Usano il cognome come noi, ti verrebbe mai in mente di chiamare il capo solo "Gennaro"?»

«E va beh, ma quello è un superiore; io ti chiamo "Mattia", mica "Rossini"»

«Loro son fatti così» spiegò Mattia. «Il nome proprio lo usano solo tra amici stretti; per esempio... io conosco questa mina vagante dall'asilo, quindi potrei chiamarlo "Romeo"» indicò il fotografo, che sottolineò la cosa con un inchino. «Ma conosco te da tre anni appena, quindi dovrei chiamarti ancora "Ranalli", come tu dovresti chiamarmi "Rossini"».

Giacomo sollevò le spalle, sul volto un poco di confusione. Alla fine scrollò la testa.

«L'esperto sei tu, se mi confondo ditemelo».

«Quindi, quando mi chiamerà "Romeo" l'avrò conquistata?» il fotografo richiamò a sé l'attenzione generale.

«E Lorena ti avrà sotterrato...» lo prese in giro Giacomo.

Finito l'argomento, i due tornarono a parlare della partita della sera prima.

Mattia, che già aveva poco interesse, venne distratto anche da un messaggio sul cellulare.

"Porto la nuova ragazza a pranzo, Maria viene con noi. Se scopro che avete già fatto i cafoni, sai cosa ti aspetta" l'emoticon di un cuore chiudeva il messaggio.

Mattia sorrise, e valutò se consigliare a Romeo di iniziare a nascondersi. Alla fine si limitò a rispondere.

"Va bene, non maltrattarla troppo".

"Per chi m'hai preso? Io maltratto solo voi". Scrisse l'altra. Poi arrivò una seconda notifica.

"Mamma ti vorrebbe a cena stasera, passi? Ha fatto le lasagne!"

"Don't Lorry!" Rispose Mattia, già leccandosi i baffi. "Certo che passo!"

Dall'altra parte, Lorena gli rispose con una faccina esasperata.

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