2 - Meraviglie di Borgogna
Come prevedibile, l'arrivo della nuova collega, la prima vera ragazza nell'ufficio, calamitò l'attenzione di tutto il personale.
Mattia si sentì un poco in colpa per la povera Maria, ma lei era la receptionist al piano terra, quindi le sue visite agli uffici si limitavano a poche e rare occasioni, come la consegna di qualche pacco o documento, e si protraevano per una manciata di minuti al massimo.
Adesso, una ragazza in carne ed ossa sarebbe stata in ufficio con loro in pianta stabile, e chi più chi meno erano tutti elettrizzati per la novità.
Così intrigati, in effetti, che nel mezzo della riunione venne fuori che nessuno aveva capito come si chiamassero gli altri due, almeno fino a quando il signor Figliomeni non batté una mano sul tavolo, come un maestro davanti a una massa di scolari indisciplinati.
«Bene, con questo abbiamo perso metà mattina. Tutti voi sapete che significa». I "veterani" sentirono una pesante cappa di piombo sulle loro teste. Il capo continuò, senza preoccuparsene.
«Tommaso, prendi Clark e spiegagli che deve fare» il contabile si alzò, portandosi dietro il ragazzo allampanato. «Ciro, prendi Ferrucci e mostragli la sua scrivania». Il segretario più anziano sorrise e uscì, il biondo gli andò dietro, non prima che il suo sorriso si incurvasse un istante.
L'unica novellina rimasta era la ragazza.
Mattia poteva sentire la tensione nella sala.
Erano rimasti solo i fotografi, capitanati da Romeo, e gli editor. Ed era chiaro che entrambi i gruppi speravano lei fosse assegnata a loro.
Ad essere onesti, Francesco, l'altro fotografo, pareva pronto a saltare addosso a Luca. E Romeo scuoteva la coscia sotto al tavolo, frenetico come se un intero formicaio gli stesse mordendo la pelle.
Gli unici calmi, all'apparenza, erano Mattia e Giacomo.
Il ragazzo non aveva la forza di mostrarsi battagliero, ma non poteva negare che sotto sotto anche lui la volesse come collega.
Per nessun motivo specifico, ma dentro di lui la semplice attrattiva della nuova conoscenza era abbastanza per sperarci.
Per sfuggire alle occhiatacce di Romeo e Francesco, Mattia si concentrò un momento sulla ragazza.
Non era molto alta, e i bassi tacchi che indossava non la aiutavano di certo; indossava un tailleur blu scuro, con sotto una camicetta bianca e un cravattino azzurro. Sotto gli occhiali sottili, gli occhi le dardeggiavano intorno, cercando con poco successo di districarsi in quei duelli di sguardi che andavano avanti da un capo all'altro del tavolo.
Mattia poteva scorgerne gli zigomi arrossire, per nulla nascosti dai capelli neri acconciati in uno chignon.
«Mi ripeta un attimo come si chiama». Dal canto suo, il signor Figliomeni pareva ignorare cosa stesse accadendo attorno a lui.
«Hoshino Suzune». Rispose la ragazza, con un profondo inchino che fece sollevare un sopracciglio al grassoccio dirigente.
«Va bene... allora, ascoltate» alzò la voce di una tacca appena, ma attorno al tavolo tutti si immobilizzarono. «La qui presente Suzune è esperta di design, di editing, di marketing e in generale di tutte quelle cose inglesi che piacciono tanto in dirigenza; per ora, assisterà questi tre disperati con tutta la loro parte tecnica» .
Luca trattenne a stento un gesto di vittoria, mentre i due fotografi digrignavano i denti.
Mattia si volse un momento verso la ragazza, insicuro se rivolgerle o meno un sorriso di incoraggiamento.
La trovò ad arrossire di colpo, sussultando alle parole del capo.
Nella sua mente, schiarita di colpo dal sonno, si accese una lampadina.
Era chiaro perché la ragazza fosse così imbarazzata, ma non era il momento buono per spiegarlo al signor Figliomeni.
«Ranalli» le parole del capo riscossero sia Mattia che il povero Giacomo. «Mostra a Suzune la sua postazione, spiegale i programmi e inizia a farle vedere il genere di pubblicità che facciamo. Suzune» la ragazza sussultò di nuovo. «Buon lavoro, se c'è qualcosa che non capisci, dimmelo e farò una sciampata a questo perdigiorno».
«Certo signore». Fece la ragazza. Mattia poteva vedere con chiarezza l'imbarazzo dipinto sul suo volto.
Quando Figliomeni si alzò, accompagnato dai gemiti della poltrona, il ragazzo decise di chiarire subito la cosa con i colleghi.
«Rossini, nel mio ufficio. E porta pure Lerretti». Sconsolati, Mattia e Luca si avviarono dietro il capo, mentre Giacomo li salutava con la mano.
L'ufficio di Vincenzo Figliomeni era uno strano incrocio tra un archivio e un museo, almeno dal punto di vista di Mattia.
Sulla parete destra tre imponenti scaffalature si incurvavano sotto il peso di faldoni, libri, documenti vari che rappresentavano la prova cartacea di qualsiasi cosa accadesse nell'ufficio.
Alla parete sinistra, invece, foto e quadretti mostravano le pubblicità di maggior successo realizzate dal loro capo, come anche qualche evento importante della sua vita.
Al centro, davanti alla poltrona più imponente che Mattia avesse mai visto, un povera scrivania scricchiolava sotto il peso di due computer e di torri di documenti intenzionate a raggiungere il soffitto.
Per nulla interessato alla precarietà di tutte quelle carte, il signor Figliomeni aggirò la scrivania e si lanciò di peso sulla poltrona, sbuffando.
«Sentite, verrò al sodo» il capo intrecciò le dita davanti alla faccia. «Stiamo per fare un grosso balzo d'importanza, scavalcando un paio di sedi periferiche come noi. È per questo che ci hanno tolto il progetto attuale e ci hanno mandato altra gente».
Mattia annuì.
Da un lato, quelle parole erano una sorta di lode sperticata, provenienti dalla bocca del loro capo; dall'altro, erano il chiaro preludio a qualche notizia devastante.
«Quindi... avremo un nuovo progetto a breve?» tentò Mattia, preparato alla catastrofe.
Luca, accanto a lui, incrociava le dita dietro la schiena.
Vincenzo Figliomeni sollevò lentamente la testa.
«Lo abbiamo già» prese una cartellina e la spinse verso di loro. «Una linea di moda, dobbiamo fare le foto, pensare agli slogan, impaginare e mandare tutto alla rivista che ci ha commissionato la cosa».
«E la fregatura é...» Mattia non si trattenne più. Il capo sorrise triste.
«La rivista è Merveilles, e tutta questa roba ci è stata commissionata dalla sua direttrice in persona, Miranda Dubois».
Luca divenne pallido come un cencio, mentre Mattia sperimentò un profondo brivido di terrificata eccitazione lungo la spina dorsale.
«E questa era una... l'altra notizia è il nome della stilista» il capo fece un ghigno. «Camille Louise de Bourgogne».
Stavolta, invece, Mattia ebbe una vera e propria ondata di panico in tutto il corpo, dalla punta dei capelli a quella dei piedi.
«Merda...» sussurrò Luca accanto a lui. Il capo annuì.
Già fare i conti con la direttrice di una delle riviste di moda più importanti del settore, e ben nota per essere una dittatrice fatta e finita, era atroce.
Doverci aggiungere una stilista arrogante, scorbutica e maledettamente perfezionista era tremendo.
Le storie di poveri disgraziati, finiti in rovina dopo aver fatto il minimo sgarro con una sola delle due, erano troppe per contarle tutte.
Doverle affrontare entrambe allo stesso tempo pareva una sfida ben oltre le loro competenze.
«Bene, quando saprò qualcosa di più, vi chiamerò; adesso andate a dare la bella notizia a Giacomo e Romeo».
Congedati, i due tornarono alle loro postazioni. Come prevedibile, Alfredo stava facendo del suo meglio per attirare l'attenzione della novellina, mentre Giacomo lottava per spiegarle qualcosa.
«Bene, e questo è il programma che abbiamo qui in sede». Diceva l'editor, la faccia puntata verso lo schermo per non incrociare quella di Romeo.
Il biondo sedeva appoggiato alla scrivania, dondolando molle una gamba mentre sorrideva smielato a Hoshino.
Mattia sospirò, e si avvicinò in tempo per sentire il fotografo interrompere il collega, ed iniziare ad elencare i vari formati usabili col programma.
Arrivato lì vicino, le orecchie di Mattia sentirono la ragazza sussurrare.
«Urusai...».*
Romeo non colse la sfumatura d'irritazione che le lampeggiò negli occhi, anzi allargò il suo sorriso.
Dall'altra parte, Giacomo si limitò a socchiudere le palpebre, senza capire.
«Luca, perché non spieghi a Romeo quanto è bella la Borgogna?»
Mattia accennò col capo al fotografo, e il collega editor fu ben felice di afferrare il moro per le spalle, trascinandolo via.
Giacomo colse l'occasione per svignarsela. Rimasti soli, Mattia sentì Hoshino sospirare.
«Owarimashita...».*
Il ragazzo trattenne una risata. Tese la mano verso la collega.
«Molto piacere, sono Mattia». L'altra gli strinse la mano con una piccola esitazione.
«Hoshino Suzune» la ragazza si schiarì la gola. «Mi scusi ma... ecco...»
«Non ti preoccupare, usate prima il cognome e poi il nome, giusto? A pranzo lo spiegherò anche al capo».
Hoshino sussultò un istante, ma senza trattenere un velocissimo sorriso.
Per un attimo, parve illuminarsi come se una lampada le si fosse accesa dietro gli occhi; ma in un battito di ciglia tornò seria e composta.
«Grazie, lo apprezzo molto».
«Ottimo, passiamo alle cose importanti: già fatto colazione?» chiese Mattia.
«Sì, perché?» Hoshino inclinò la testa di lato.
«Al bar qui sotto?» l'altra scosse il capo. «Allora non hai fatto davvero colazione, io vado a prendere un caffè, ti porto qualcosa?»
«Ah, no grazie, non c'è bisogno». Hoshino agitò le mani davanti al corpo, come a voler scacciare la stessa domanda.
«Credimi, tra poco ti servirà tanta caffeina, e tanto zucchero». sorridendo, Mattia sentì le prime reazioni di Romeo alla notizia del loro nuovo incarico.
Nello specifico, una lunga combinazione di santi e animali.
L'angolo delle cose inutili:
Per non scocciare troppo durante la lettura, metterò qui in fondo qualche notizia, informazione e soprattutto le traduzioni di cosa dice la povera Suzune, ma che il grosso dei nostri italiani non capisce
Ovviamente, se qualche lettore conoscesse il giapponese, e vedesse qualche errore, me lo faccia sapere e correggerò subito!
*Urusai: うるさい, "rumoroso"; non credo serva specificare a chi si stia riferendo la poveretta
*Owarimashita: 終わりました: "è finita, è terminata"; ovviamente, col sottinteso che finalmente Romeo si è tolto dale scatole
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