1 - la nuova collega
Stanco. Dannatamente stanco.
La sveglia suonava implacabile, felice e trillante annunciava al mondo che erano le sei di mattina. L'alba di un fresco lunedì di aprile.
Mattia cercò la forza di alzarsi per spegnerla. Il solo pensiero di dover uscire dallo studio, attraversare il corridoio ed entrare in camera, con la visione del suo letto immacolato, gli serrava le palpebre.
Un'altra notte in bianco. Era a tre di fila, e tutto per quel maledetto progetto.
Se tutto andava per il verso giusto, cosa difficile, quel giorno avrebbe consegnato il materiale. E poi sarebbe stato il problema di qualche altro povero disgraziato.
Lui, il suo, l'aveva fatto.
Mentre scorreva i file sul computer, Mattia cercava le ennesime imperfezioni nel suo lavoro. Le foto erano perfette, ma come sempre andavano ritoccate, corrette, la luce aggiustata, gli sfondi modificati, aggiunti i loghi e le varie scritte.
Nella teoria era il lavoro di tre persone. Nella pratica, i suoi due colleghi stavano penando dietro la loro parte di materiale.
Il telefono squillò, e quello era abbastanza vicino perché lui potesse rispondere.
«Pronto?» le labbra fecero fatica a dischiudersi. Si era chiuso in casa a lavorare sabato dopo pranzo, e non aveva più parlato da allora.
«Ancora vivo, eroe?» Romeo rideva di prima mattina, fresco e riposato. Aveva già superato il suo inferno.
«Credo di sì» disse Mattia. Strusciò la sedia sul pavimento, e si sforzò di alzarsi; le gambe tremolarono per un momento.
«Il grande capo ha rimandato la riunione di due ore» fece l'altro. «Puoi venire con calma in ufficio»
«Che è successo?» Mattia fu colpito da un'ondata di panico. Se quella pendola svizzera del capo rimandava la riunione, e di due intere ore, o c'era un'emergenza in corso o c'era una catastrofe in arrivo.
Dall'altro lato del telefono, Romeo ridacchiò.
«Tranquillo, non ci scapperà il morto stavolta; pare che debbano arrivare i nuovi colleghi, quelli che hanno assunto il mese scorso».
Mattia provò a far mente locale.
Il mese scorso era stato dietro un video per una casa automobilistica, e non si era interessato più di tanto a cosa succedeva negli altri reparti. In particolare, lui non conosceva quasi nessuno all'ufficio assunzioni.
Da parte sua, Romeo sembrava ricordare tutti i dipendenti della ditta.
«Tanto meglio, mi faccio una doccia e arrivo in ufficio». Mattia ributtò indietro uno sbadiglio «consegno questa roba e ci vediamo al bar».
«Non annegare nella doccia». Romeo rise, chiudendo la telefonata.
Trascinando le gambe, Mattia riuscì in qualche modo ad arrivare al bagno e buttarsi sotto la doccia. Acqua fredda, gelida, gli tolse abbastanza sonno perché potesse lavarsi con cura.
Mentre si asciugava il cespuglio di capelli neri in testa, buttò fuori dall'armadio qualche vestito utile alla giornata.
Pantalone nero, camicia grigio chiaro, giacca scura, cravatta nera. Li elencò rapido mentre li indossava, finendo di allacciarsi le scarpe mentre prendeva il portatile e usciva di casa.
Adesso, gli rimaneva solo un ultimo ostacolo prima di arrivare in ufficio. Roma.
Secondo tutte le applicazioni di mappatura che aveva consultato, Mattia abitava a circa cinquanta minuti dal suo posto di lavoro.
Secondo il marasma di autobus, metro, macchine e pedoni che erano le strade della capitale, Mattia si trovava a circa un'ora e mezza dal suo ufficio. Se non c'erano scioperi, ingorghi o lavori in corso.
Varcò la porta del palazzo a passo di carica, piacevolmente soddisfatto d'essere sceso sotto il suo personale record dei settanta minuti.
«Benvenuto alla ViewStrategy, signor Rossini». Lo salutò Maria, sorridendo allegra dietro la reception al piano terra. La testolina mora della giovane segretaria svettava da dietro il monitor, aiutata da un'altissima coda di cavallo.
«Buongiorno a lei». Mattia finse di toccarsi un cappello immaginario, la segretaria sorrise.
Era un vecchio scherzo tra loro due. Maria lo aveva scambiato per un alto dirigente il primo giorno che si erano visti, dandogli del "lei" e trattandolo come un re per tre ore, prima che qualcuno avesse il cuore di dirle che stava servendo e riverendo un semplice impiegato.
Per farsi perdonare, da allora Mattia le portava sempre la colazione.
Consegnato cappuccino e cornetto a Maria, il ragazzo si infilò nell'ascensore.
Cinque piani più in alto c'erano gli uffici dell'agenzia di pubblicità dove lavorava. Era la sede distaccata di un'azienda molto più grande, con sole venti persone a mandare avanti la baracca. Di quelle venti, due in particolare erano riverse sui divanetti dell'area relax.
Giacomo e Luca fissavano il vuoto, il primo con una sigaretta accesa nella sinistra, ma senza la forza di portarsela alle labbra; il secondo con un impressionante paio di borse sotto gli occhi.
«Buongiorno». Disse Mattia.
I due colleghi mormorarono qualcosa.
«Buongiorno gente!» Romeo irruppe nella sala, alto, capelli castani che ondeggiavano dolci, occhi azzurri che parevano fatti proprio per essere presi a pugni in una mattina come quella.
Mattia si stravaccò sul divano libero, ignorandolo.
«Quanta vita qui...» commentò il fotografo, piccato. I tre non lo degnarono di una risposta.
Per qualche bellissimo minuto, tutto nella sala fu calmo e silenzioso; al punto che Mattia accarezzò l'idea di farsi un sonnellino.
«Ah, giusto» Romeo schioccò le dita. «Lorena ci vuole in sala tra due minuti».
I tre tirarono su le teste, guardandosi l'un l'altro per capire chi avesse abbastanza forza per mandare Romeo al diavolo.
«Dirlo prima?» borbottò Luca.
«Vi stavo facendo riposare». Si difese Romeo. Seguendo la sua risata, i tre si incamminarono dietro il fotografo.
Mentre trascinava i piedi, Mattia provò senza troppo successo a capire il motivo di quella convocazione.
Lorena era un'avvocata, consulente legale del loro studio, ed era il genere di persona che tutti imparavano a non far arrabbiare. In particolare, Mattia era un vero esperto in quello.
«Tre frasi». Mormorò Giacomo.
«Quattro». Gli rispose Luca. Mattia ci pensò su, mentre entravano nella saletta riunioni. Diede uno sguardo veloce a Lorena.
«Una...». Sussurrò ai due colleghi.
Romeo fece un sorriso a trentadue denti, bello e luminoso come un modello.
«Buongiorno!»
Per tutta risposta, Lorena gli rivolse uno sguardo capace di gelare un incendio.
La giovane donna stava rigida accanto a una sedia, le braccia incrociate al petto, con le unghie curate che picchiettavano sulle maniche del tailleur nero.
Da sotto al tavolo, incessante, si sentiva il ticchettio del tacco.
Congelato sul posto, Romeo si fece da parte, sempre sorridente. Giacomo e Luca rivolsero uno sguardo a Mattia, sia per complimentarsi d'aver vinto la scommessa, sia per mandarlo avanti. Era uno dei pochi nell'ufficio che Lorena non avrebbe sbranato all'istante. Forse.
«Buongiorno». Disse Mattia, trattenendo a stento uno sbadiglio.
«Buongiorno». La voce dell'avvocata grondava ira e fastidio. Mattia ebbe l'impressione che artigli cercassero di strappargli le orecchie.
Rimasero lì a guardarsi, fino a quando Lorena non decise che li aveva tenuti abbastanza sulle spine. Almeno, quella era l'idea di Mattia.
«Sono qui per dirvi che il vostro progetto è momentaneamente sospeso» i tre ingoiarono a forza le loro lamentele. «Ad ogni modo, il materiale verrà visionato e inviato alla sede centrale. Speriamo di riprendere questo lavoro il prima possibile»
Mattia, come anche gli altri tre, si limitò ad annuire con educazione. Non dipendeva da Lorena, ma era comunque snervante vedere tutto quell'impegno accantonato in un battito di ciglia.
«Detto questo, vi lascio alla vostra riunione» disse l'avvocata. Recuperò la sua cartellina e si avviò fuori dalla porta. Il rumore dei suoi tacchi scomparve in lontananza.
Giacomo aveva già aperto bocca per lamentarsi, quando il capo entrò nella sala riunioni.
«Non rompete, sono incazzato io e siete incazzati voi. Farci friggere il fegato non serve a nulla. Adesso, piazzate i culi sulle sedie e aprite le orecchie»
Per rimarcare il concetto, Vincenzo Figliomeni, capo della loro sezione, afferrò una povera poltrona e la fece scricchiolare sotto la sua mole. Sotto la barba e i capelli ingrigiti, la pelle arrossata segnalava quanto anche a lui non facesse piacere quella situazione.
Mattia prese posto, seguito dagli altri. Il resto dello staff, due segretari, un contabile, e un secondo fotografo presero posto quando il signor Figliomeni fece loro un irritato cenno di entrare.
«Iniziamo la sagra della salsiccia...» commentò Romeo, in modo che tutti lo sentissero. Figliomeni si limitò a sbuffare, il contabile, l'attempato signor Albirri, ad alzare gli occhi al cielo dietro gli occhiali. Un segretario e l'altro fotografo sorrisero.
«Bene, non perdiamo tempo». Disse il capo, agitando un dito verso il responsabile delle assunzioni. Il tizio veniva dritto dalla sede centrale, e aveva messo tutto sé stesso nell'apparire quanto più formale e dignitoso possibile, con un completo blu scuro e una camicia immacolata, la cravatta, in tinta col completo, aveva il suo bel fermacravatta argentato.
«Buongiorno a tutti, inizio col dire che la sede centrale è estremamente soddisfatta del vostro rendimento, e che con questi nuovi elementi ci auguriamo...»
«Quale parte di "non perdiamo tempo" non t'era chiara?» fece Figliomeni, per bloccare la tiritera.
Il povero impiegato ricontrollò le carte, scorse nervoso gli appunti, e in generale fece qualsiasi cosa perché il volto del capo diventasse ancora più color porpora.
«Beh... ecco i tre nuovi membri del vostro staff!» provando a sorridere in maniera teatrale, il responsabile delle assunzioni si fece da parte.
«Salsiccia uno». Sussurrò Romeo, accanto a Mattia, quando entrò un bellimbusto dal capello color oro, corredato dal più brillante paio di occhi verdi che lui avesse mai visto. Mattia voleva andare a casa.
«Salsiccia due...» fece il fotografo, mentre un altissimo e allampanato giovane varcava la soglia, sorridendo a tutti e perfino salutando con la mano. Mattia scacciò l'immagine del suo letto dalla mente.
«E...» Romeo si zittì, e anche Mattia per un momento ebbe un briciolo di interesse per la riunione.
«Piacere di conoscervi, spero di poter imparare tanto da voi tutti». Stava dicendo una ragazza dagli occhi a mandorla, inchinandosi a fondo.
Mattia pensò che forse valesse la pena spendere un po' di tempo in ufficio.
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