Capitolo XVII

- Mélodie, stai bene? - la guardo confuso, mentre evita il mio sguardo come la peste.

- Certo, Principe. Perché lo chiedete? - risponde con tono troppo... professionale.

Quello che ho imparato essere il suo tono da arrabbiata od offesa.

- Se è così perché non mi guardi in faccia? - mi agito sul posto.

Da quando è arrivata qua non ha praticamente mai evitato i miei occhi, nemmeno quando la indispettivo pesantemente di proposito.

Eppure da ieri sera qualcosa è cambiato.

Solo... cosa?

Più ci penso più tutto converge su una sola ipotesi.

L'abbraccio.

Per quanto io le fossi grato, mi sono comportato in maniera assai inappropriata.

- Che state dicendo? Che sciocchezze. - scuote il capo, dandomi le spalle per recuperare la mia giacca - Piuttosto, siete pronto per l'incontro d'oggi? È la prima volta, da quando sono qui, che uscite con vostro padre e vostro fratello per lavoro. -

- Ma non è la mia, di prima volta. - sbuffo - Non credere comunque che non mi sia accorto del fatto che hai eluso la mia domanda. - puntualizzo.

Se davvero è colpa del mio gesto voglio sentirglielo dire, anche se... non so se davvero voglio scusarmi.

Appena l'ho vista entrare in stanza le sono andato contro istintivamente.

Il mio corpo si è mosso da solo, sinceramente grato d'essere stato finalmente liberato di un grande fardello.

- Quale domanda? - si posiziona dietro di me, per aiutarmi ad indossare la giacca.

- Perché eviti il mio sguardo? - mi volto di scatto, inchiodando i miei occhi nei suoi.

Che subito si sbarrano per la sorpresa.

Mostrandomi poi il suo viso tingersi di rosso imbarazzo, in pochi istanti.

- P-Principe, farete tardi. - mi spinge verso la porta - Villa Tulipe vi attende, come vi aspettano vostro fratello e vostro padre. -

- Ed eviti pure di rispondere, ottimo. - sospiro uscendo dalla mia stanza.

- Vi domando scusa, ho solo bisogno di un po' di tempo. - leva le mani dalla mia schiena, rispondendo con tono timido.

A cui non sono affatto abituato.

- Se è per ciò che ho fatto ieri mattina... - mi blocca - Quella cosa non ha certo aiutato, ma non è la causa del mio comportamento. Ora andate o finirete davvero per tardare. - la sua risposta mi confonde pure più di come già ero.

L'abbraccio non ha aiutato, ma non è ciò che ha scatenato il suo atteggiamento?

Che diamine significa?

Dopo quell'ardito gesto non ho fatto null'altro di strano, a parte ringraziarla, ma...

Andiamo.

Non può essere quello.

Sarebbe assurdo pure per una tipa fuori dal comune com'è lei.

Allora... cos'altro?

Davvero, dopo ciò che diamine potrei aver combinato?

Dubito dipenda dal mio ritrovato ordine in ambito vestiario, che non giace più vittima a terra.

Come non credo sia perché ho spostato parte dei documenti su scrivania e tavolo.

Alla vista di tali cambiamenti ha gioito molto, ieri pomeriggio, poi...

Non lo so.

Quando è tornata per portarmi la cena... l'ho notata subito strana.

Beh, più del solito.

Ah... che scatole.

Sono tutte così indecifrabili le donne?

Forse è lei ad esserlo più della norma. E dire che credevo di averla capita, almeno in parte.

Quanto mi sbagliavo.

Sospirando esco così dal portone principale del palazzo, dove fuori già mi attendono mio padre e Jordan.

Il quale mi lancia subito una strana occhiata.

Diversa dalle sue solite, piene di disgusto. Prima però che possa anche solo spiccicare mezza parola, è mio padre ad aprir bocca.

- Già sospiri? Non credi sia un po' presto? - inarca un sopracciglio.

- Quell'uomo non mi piace particolarmente, ma sospiravo per altro. - vediamo la macchina raggiungerci.

- Se non fosse che sei appena stato "liberato" da un fidanzamento che non desideravi... ti chiederei se sono sospiri d'amore. - sbuffa una mezza risata.

Facendomi sussultare.

Sospiri... d'amore?

Che sciocchezze.

- Quelli però sono, attualmente, prerogativa di tuo fratello. - gli lancia un'occhiata divertita - Avrei voluto vederlo urlare il suo amore a Julienne, davanti al padre. Nicolas mi ha detto d'essersi imbarazzato pure lui, per l'ardore dimostrato nei confronti della sua bambina. -

- Padre, vi prego... - Jordan si tinge di rosso vivo.

- È inutile che tu mi preghi. - scuote il capo, con sguardo più serio - Se foste stati onesti tra voi fin dall'inizio... bah, non ha nemmeno senso fare certi discorsi. Ciò che è fatto è fatto. - saliamo in macchina, tra i borbottii sommessi di mio fratello.

Ultimo scambio verbale prima di calare tutti in un rigoroso silenzio.

Silenzio che viene rotto da mio padre, dopo una quindicina di minuti, che comincia a chiacchierare con Denis, l'autista.

- Come mai sospiravi, prima? - sussulto, sentendo Jordan rivolgermi la parola.

In maniera... quasi amichevole.

- Nulla di che. Ero sovrappensiero. -

- Colpa di Mélodie? È una ragazza piuttosto... energica. In grado di spiazzarti. - ridacchia.

- Non si può mai abbassare la guardia con lei, questo è vero. - ne convengo, immaginando l'espressione di disappunto che le sorgerebbe in volto sentendomi dire certe cose.

- È una brava persona. Ancora mi sento in colpa per ciò che ho detto su di lei. - mi guarda di sottecchi.

- È già passata oltre. Fidati. - non so se sono più felice od a disagio.

Da quant'è che non avevamo un dialogo così normale tra noi?

Sono talmente abituato alle sue frecciate sprezzanti che... mi trovo quasi in difficoltà a parlare in toni tanto pacifici.

Ed il fatto che Mélodie sia l'argomento non aiuta.

Soprattutto considerando che mi ero deciso di concentrarmi sull'imminente incontro, non potendo risolvere il rompicapo della mora enigmatica.

- Sono comunque stato oltremodo sgarbato. - sospira, lanciando ogni tanto un'occhiata a nostro padre - E non solo con lei. - mi spiazza.

- Che vuoi dire? Hai detto cattiverie anche a Julienne? -

- Che?! - scatta verso di me - Certo che no. Mi riferivo a te. -

- Ah. -

- Ma che reazione è? - aggrotta la fronte, per poi sospirare pesantemente - Io... ti devo le mie scuse. -

- Perché mai? Sono irresponsabile, capriccioso, una vergogna per la famiglia... il tuo atteggiamento è sempre stato dettato dal tuo amore per la famiglia e Julienne. Non vedo per quale motivo dovresti scusarti, io sono ancora... - la sua mano si stringe sulla mia spalla, zittendomi.

Gli occhi sofferenti che mi fissano.

- Adesso basta. Sono stato stupido per anni, ma alla fine ci sono arrivato. -

- Arrivato a cosa? - serro le labbra, sentendomi alle strette.

- Dopo la mia improvvisata a casa di Julienne... suo padre ci ha concesso un po' di tempo per parlare da soli. Lì, dopo ulteriori chiarimenti tra noi, abbiamo parlato di te. - guarda il vuoto, davanti a sé - Julienne mi ha parlato di un suo sospetto su di te, che le frullava per la testa da parecchio... un sospetto che, se reale, renderebbe tutta questa faccenda sensata. -

- Mi avete scoperto, sono il clone del vero Lionel Maxime. - mi poggio al finestrino, sperando di farla franca con una battuta.

- Non è divertente. - nostro padre si volta per un istante verso di noi, confuso, prima di tornare alle sue chiacchiere.

- A me non sembrava male. - percepisco chiaramente il suono del mio castello crollare, mattone dopo mattone.

Il castello che ho costruito tre anni fa.

Per mantenere quella che Mélodie chiama con l'appellativo di maschera.

Prima è arrivata lei, facendone vacillare le fondamenta.

Poi, con la sua insistenza, ha creato dei buchi dove in precedenza non c'era nemmeno mezza finestra.

Con tenacia ha condotto ad esso Liliane che col suo tenero atteggiamento ha fatto crollare un'intera torre.

Seguita dal disgregamento di altri importanti pezzi, alla resa che mi ha portato a confidarmi con la ragazza.

Dopo ciò non molto era rimasto in piedi, tanto che Jordan ha avuto vita facile a lanciare le sue bombe d'ira sui muri già mal messi.

Lasciando così poco niente a reggere la mia farsa.

A darmi la forza per proseguire con sta cosa, almeno quanto basta per non far comprendere al Marchese il mio piano. Che lo porterebbe ad offendersi a morte, sentendosi macchiato nell'onore.

Quasi con disperazione mi sono aggrappato ai pezzi ancora integri del mio palazzo, ma a quanto pare...

Jordan vuole dare il ben servito pure a loro.

Stavolta non con urla e mani al collo, ma con... delle scuse.

- Ho passato molto tempo a cercare di trovare un perché, ma... non potevo trovarlo. Non prima di comprendere i veri sentimenti di Julienne. Quante te ne ho dette in questi anni... - il tono di voce cambia, facendosi più spezzato - Senza rendermi conto che tu, più di tutti, stavi agendo per amore. -

- È questo che crede d'aver capito Julienne? È sempre stata troppo fiduciosa. - stringo forte a me l'ultimo mattone.

- Ogni volta che veniva da noi chiedeva di te, voleva vederti per poterti parlare... io credevo lo desiderasse perché ti amava, ma in realtà era perché sperava di poterne discutere. Per farti trovare un'altra via. Tu, però, non hai mai voluto incontrarla. Se non con la presenza d'altri e... tutto ora ha un senso. In cuor tuo avevi messo in conto l'eventualità che lei potesse capire che stavi facendo. - sospira - Mi sento così idiota... sono tuo fratello. Io avrei dovuto capire, più di lei. Invece di farmi guidare da rabbia, frustrazione ed invidia. E come se non bastasse... pure Mélodie, arrivata due mesi fa, c'è arrivata prima di me. Il che... beh... è avvilente. Soprattutto considerando che ero, in effettivo, l'unico ad aver perso completamente le speranze. Riguardo un tuo possibile rinsavimento. - conclude, chiudendosi in un pesante silenzio.

Pieno di sensi di colpa.

Diamine...

Non so... non so che dire.

Tentare di rimettere in sesto il castello sarebbe inutile, ma principalmente... c'è da dire che nemmeno voglio rimetterlo in sesto.

Ogni mattone d'esso era pesante come non mai e scuro come la pece.

Certo, al suo interno c'era quello che stavo disperatamente tentando di proteggere, ma... ora l'amore di Jordan e Julienne è salvo.

Non necessita più d'essere difeso da me.

Ok, ancora non posso ritenermi completamente libero, ma...

Prendere in giro Jordan, dopo il suo discorso sincero, farebbe solo male.

A me quanto a lui.

- Non dovresti sentirti così in colpa. - vedo Villa Tulipe di fronte a noi - Non sei responsabile delle mie scelte, tantomeno dei miei comportamenti. -

- Non sono d'accordo. Come ha detto papà, se fossi stato più onesto... - lo blocco - Come da lui detto: non ha senso fare certi discorsi. - sospiro - Piuttosto, concentriamoci sul futuro. -

- Solo se mi permetti di fare ammenda. -

Mi volto verso di lui, confuso - Mi hai già chiesto scusa. -

- Non mi riterrò soddisfatto finché non mi avrai tirato un pugno. - i suoi occhi seri mi trapassano.

- Che?! - scatto, in coro con mio padre.

Il quale, ovviamente, ha sentito la frase di Jordan.

- Non vorrai mica litigare con tuo fratello adesso, spero. Siamo arrivati ed il Duca ci attende. -

- No, io... - viene zittito, mentre un vassallo ci apre la portiera.

- Rimandiamo il discorso, ora c'è da lavorare. - sussurra a me, scendendo dall'auto.

- Non c'è nulla da rimandare. Io un pugno non te lo tiro. - lo affianco, all'ingresso della villa.

- Perché? Preferisci un calcio? Per me è ok, mi meriterei molto di più. - ribatte, con tono quasi infantile.

- Non scherzare. -

- E chi è che scherza? Sono serissimo. -

- Questo è pure peggio! -

- Lionel. Jordan. - ci fulmina nostro padre, facendoci zittire di colpo.

Nemmeno fossimo ancora bambini, che sotto lo sguardo severo dei genitori si intimoriscono.

- Scusa. - rispondiamo in coro, scambiandoci di conseguenza un'occhiata complice.

D'intesa.

Di quelle che non avevamo da troppo, troppo tempo.

Donandomi così, di nuovo, un fratello.

Non più ostile.

Ah... quando Mélodie lo verrà a sapere... non mi permetterà più di mangiare nella mia camera.

Oramai avevo preso l'abitudine di prenderla in giro durante i pasti, mi mancherà la cosa.

Anche se posso comunque...

Uhm...?

Un attimo...

- Lionel, tutto ok? - Jordan mi tira una gomitata.

- Ehm, sì. Perché? - non sono completamente convinto della mia risposta.

- D'un tratto sei diventato rosso in viso. È perché papà ci ha ripresi? Eppure negli ultimi anni sei stato rimproverato per comportamenti ben peggiori. - inarca un sopracciglio.

- Sono diventato... rosso in viso? - ripeto sorpreso.

- Ti senti bene? Ora la tua faccia è pure peggio. -

- Io... - mi copro il volto con una mano, sollevando verso di lui l'altra. Nel tentativo di zittirlo.

Ho bisogno di un momento.

- Non siamo qui per divertirci e scherzare. Dobbiamo concentrarci su ciò che ci sta davanti. - tiro un profondo respiro, indicandogli l'uomo di fronte a noi.

Il nobile che ci ha invitati nella sua seconda residenza, nel paese vicino alla capitale. Per parlarci di chissà cosa.

Questo... non è proprio il momento di pensare ad altro.

Già mi sono distratto abbastanza a causa della mia riappacificazione con Jordan.

Ora è il caso mi concentri.

Dopotutto... ne va di quella poca di sanità mentale che ancora mi resta.

- Sire, Principi! Quale onore, benvenuti. -

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