Capitolo V

- Stai forse adottando una nuova tecnica di persuasione? -

- Scusate? - alzo lo sguardo dalla mia abituale raccolta d'indumenti, per posarlo sul Principe.

- Sono ormai quattro giorni che ti sei fatta stranamente mansueta e silenziosa. Quando prima eri petulante ed insistente, oltre che impicciona. - studia con attenzione il mio volto.

- Petula... - mi mordo l'interno del labbro, per contenermi.

- Uhm... quindi avevo ragione. Stai adoperando la tattica della psicologia inversa? Non credi però di aver sbagliato qualche passaggio? Di norma dovresti cercare di farmi fare quello che non voglio, dicendomi di non farlo. - puntella il mento sulle nocche, osservandomi curioso.

- Mi spiace informarvi che sbagliate. Non sto mettendo in atto nessun trucchetto del genere. Semplicemente mi sento più fiacca del solito, in questi giorni. - torno al mio lavoro - In ogni caso... non temete. Tornerò presto a pressarvi. Dopo essere riuscita a farvi salutare la vostra promessa sposa, mica posso rinunciare a farvi fare altri progressi. -

Ancora ricordo chiaramente gli scleri di Camille di quella sera.

Quasi sembrava sul punto di piangere, tanto era felice.

Ed il giorno dopo ho pure ricevuto le scuse, sorprese, del Principe Jordan.

- Ci mancherebbe, non sarebbe da te, no? - scuote il capo divertito.

- Decisamente. - termino di mettere i panni nella cesta - A tal proposito... se andaste in studio ogni tanto, invece di cospargere il pavimento di documenti, potrei occuparmi delle faccende in maniera più consona. Non è buona cosa sistemare una stanza dinanzi al proprietario. -

- Non preoccuparti, non mi disturbi. - torna a consultare le carte del giorno, facendomi intendere chiaramente che non ha la minima intenzione d'andare a lavorare nella stessa stanza dove stanno il padre ed il fratello.

- Volendo potreste andare anche in biblioteca, se lo studio non è di vostro gradimento. - gli faccio notare.

- Sto bene qua, grazie per l'interessamento. -

- Come desiderate. Sappiate però che al mio ritorno non sarò sola. - mi avvicino alla porta, sentendo il suo sguardo sulla mia schiena.

- Che intendi? - scatta infastidito.

- Porterò con me l'aspirapolvere, pertanto... farete bene a far qualcosa per i vostri importanti fogli sparsi a terra. Sarebbe un peccato venissero aspirati dall'apparecchio. -  mi sorge in volto il primo accenno di sorriso della giornata.

Senza guardarlo so perfettamente che espressione ha stampata in viso.

- Non oseresti mai. Quello sì che porterebbe al tuo licenziamento. -

- Dunque... le cose stanno così, giusto? Lasciare a terra i documenti, portandomi al licenziamento o raccoglierli per salvarli dalle mie grinfie? Ardua scelta, non vorrei essere in voi. - faccio spallucce, decidendo in fine di congedarmi.

Lasciandolo nel dubbio che io stia bluffando o meno.

Anche se a dirla tutta... nemmeno io so bene se stavo mentendo seriamente.

In questi giorni ho realmente valutato l'opzione licenziamento.

Tutto a causa di ciò che è accaduto quel giorno.

Quando mi sono trovata a parlare con la Marchesina Julienne.

Il suo discorso riguardante l'aura d'eleganza che ritiene mi circondi, mi ha agitata non poco.

Insomma... come diavolo può essere vero?

Una persona posata ed elegante non si sarebbe comportata come io ho fatto con lei.

Niente riverenza, formalità al minimo e noncuranza della differenza di status.

Perché capiamoci... ok che è stata lei la prima a non badarci, ma io non mi sarei dovuta far trascinare.

E vogliamo discutere di come sono col Principe?

La mia sfrontatezza non è certo in linea con le parole della ragazza.

Eppure... sembrava estremamente convinta della cosa.

Come, a quanto sembra, pare che il Principe Jordan sia dello stesso parere, ma...

Dai... non è possibile.

Io non sono più quella di una volta.

In quest'ultimo anno sono cambiata sotto molti aspetti.

La mia vita è stata stravolta.

Ho vissuto esperienze che non mi sarei nemmeno mai lontanamente potuta immaginare.

Vicende che mi hanno allontanata dalla mia casa, che mi hanno resa diversa... più dura e disillusa.

Realtà che, in fine, per assurdo mi hanno condotta qua.

Dentro queste mura.

In un ambiente che, tutto sommato, non mi dispiace.

Anzi, quasi mi ci sto affezionando.

E dire che, all'inizio, avrei fatto di tutto per evitare di finire a lavorare in questo posto.

Davvero qualunque cosa.

Proprio a causa di ciò che ora è motivo del mio turbamento.

Il timore di farmi scoprire.

La paura che capiscano chi sono.

Quando mi è stato assegnato questo incarico, dalla Diligence, ho tentato di rifiutarlo, ma a causa del mio passato sono stata l'unica scelta da loro presa in considerazione.

Tutto... per il mio passato...

Era un giorno come un altro quando la mia quotidianità è mutata.

Il sole splendeva e in giardino c'era uno scoiattolo intento a rubare il cibo del mio cane. Che dormiva poco più in là.

Dalla finestra osservavo la scena divertita, ignorando le spiegazioni della mia insegnante quando... d'un tratto è entrata di corsa Lena.

La capo cameriera di casa.

La donna più composta che io conosca.

Che, però, quel giorno era tutto fuorché tale.

Con occhi lucidi ed espressione grave si è avvicinata a me, per afferrarmi saldamente le mani.

Come tentando di non spezzarsi e, nel mentre, di dar forza a me.

"Signorina, i vostri genitori..." sono state le sue parole, prima che tutto cominciasse a farsi nebuloso.

Stavano andando all'isola di Mefus, per contrattare coi residenti riguardo una possibile esportazione di un loro prodotto tipico.

Mi avevano salutata come al solito, prima di partire. Tutti ignari del fatto che non ci saremmo più rivisti.

Questo a causa di una nave di mercenari che, attaccata quella dei miei genitori, ha poi affondato il veliero dopo averlo depredato.

Le loro ricerche, in mare, sono durate giorni... settimane, ma nulla.

Ad essere recuperati sono stati solo il corpo del capitano e di un marinaio.

Mentre per ciò che riguarda i miei genitori? O il resto delle persone presenti sulla nave?

Quello che mi venne detto fu "Ci dispiace informarvi che, probabilmente, sono sul fondo del mare. Il quale non è detto ce li restituirà per dar loro degna sepoltura."

Costringendomi così a seppellire due bare vuote.

In uno degli ultimi gesti che ho potuto compiere come unica figlia del Duca e della Duchessa Doupont.

Al tempo però, per quanto già a terra, non immaginavo minimamente di poter finire ancora più in fondo.

Due giorni dopo l'intimo funerale sono finita col ricevere un'inaspettata visita.

Con fare falsamente cordiale si è presentato a casa mia il fratello del mio defunto nonno paterno, porgendomi le sue condoglianze con l'aggiunta di un'offerta d'aiuto.

Aiuto per la gestione degli affari di famiglia, che fino a quel momento avevo trattato solo sommariamente con mio padre.

Anche se un po' dubbiosa finii con l'accettare la sua proposta, sopraffatta com'ero dalle scartoffie e dal dolore.

E... insomma...

Non l'avessi mai fatto.

In men che non si dica è riuscito ad impossessarsi di tutto.

Della mia casa.

Dei terreni affidati alle cure di mio padre.

Degli affari suoi e di mia madre.

Con maestria è riuscito a convincere il Re a farsi nominare mio tutore fino ai venticinque anni. Affinché io avessi modo di prendere le redini del patrimonio di famiglia con calma.

In teoria...

In pratica, dopo aver ottenuto ufficialmente tale titolo, mi ha venduta.

Alla Diligence. La ditta per cui attualmente "lavoro".

Facendomi promettere, in aggiunta, di non rivelare mai a nessuno le mie origini.

Altrimenti...

- Mélodie, stai andando alla lavanderia? Pure io. Facciamo la strada assieme. - Aline interrompe il flusso dei miei tristi ricordi, riportandomi al mio dubbio iniziale.

Il timore di essere sul punto di venir scoperta.

- Senti Aline... posso farti una domanda? - colgo la palla al balzo.

Forse lei può aiutarmi.

- Certo, dimmi. - mi sorride.

- Che impressione ti ho dato la prima volta che mi hai vista? -

- Di che parli? - inclina il capo confusa.

- Ti sono sembrata strana? Sai... ho avuto modo di parlare con la Marchesina Julienne l'altro giorno e... mi ha detto una cosa curiosa. -

- Cosa, di preciso? -

- A detta sua le sono parsa una persona elegante e posata, ma... è assurdo, no? - la butto in ridere, senza però ricevere la reazione sperata.

Invece di spanciarsi dalle risate, Aline si fa pensierosa, prima di rispondermi con ciò che mi auguravo di non sentire.

- In effetti ha ragione. Il tuo modo di muoverti e, a volte, di parlare mi ha fatta pensare spesso a te come ad una signorina di buona famiglia. - annuisce - A tal proposito, volevo giusto chiederti... hai per caso lavorato per altre famiglie altolocate? È per questo che sei così? -

- Così come? - tento di tenere per me la frustrazione che sento.

- Così. - mi indica con un cenno, come dovesse significare qualcosa.

- Non capisco. Che ho di diverso da te o da Camille? Facciamo tutte e tre lo stesso lavoro, le nostre divise sono uguali, sottostiamo allo stesso regolamento... -

- Non potevi scegliere qualcun altro per il tuo paragone? - si trattiene dal ridere - Camille non è come noi. È il nostro superiore e, come tale, non apprezzerebbe affatto il tuo discorso. Anzi. -

- Ok, ok. Però non hai risposto alla mia domanda. - serro le labbra, sempre più a disagio.

Aline la pensa come la Marchesina.

Questo è un male.

Un grosso casino.

Credevo che il rischio più grande di lavorare qui fosse quello di poter venir riconosciuta dalla famiglia reale, pur avendoli visti tre volte in croce, ma...

Mai avrei immaginato sarei stata io il problema.

A causa del mio modo di muovermi, poi!

- Perché sembri turbata? Non ti fa piacere sapere che dai quest'impressione? Io per quanto mi sforzi non riesco ancora a fare una riverenza come si deve. E sono quattro anni che lavoro qua. - sbuffa.

- Io... non vorrei pensassero che mi sto dando delle arie. - mento - O che stia cercando di attirare le loro simpatie atteggiandomi come loro. -

- Non credo arriverebbero mai a pensare a qualcosa di così vile. - mi batte una mano sulla spalla - Non temere e comportati come hai fatto fin'ora. -

- Ovvero? - insisto.

Vorrei capire con precisione cosa mi tradisce.

Anche se un punto l'ho afferrato.

Le mie riverenze sono troppo precise, composte.

Per anni sono stata rimproverata dall'insegnante d'etichetta affinché mi abbassassi quanto serviva, inclinando il capo di tot gradi per il giusto quantitativo di tempo. Sguardo, posa, tono di voce...

Ogni cosa doveva essere in un determinato modo. Mentre, da adesso, dovrò sforzarmi per eseguirla in maniera meno corretta ed aggraziata.

- Oggi sei proprio strana. - scoppia a ridere - Non vedo dove stia il problema, tanto l'abbiamo capito tutti che ti hanno dato lezioni di etichetta. I tuoi precedenti datori di lavoro erano tipi esigenti, eh? - domanda, facendomi realizzare una cosa a cui non avevo pensato.

Io sono una cameriera.

Tutti qua sanno che lavoro svolgo e, a nessuno, potrebbe mai passare per l'anticamera del cervello che in realtà sono una nobile che è stata venduta da un suo familiare.

La verità è troppo assurda perché qualcuno possa anche solo intuirla dal mio atteggiamento o dalle mie movenze.

Motivo per cui... credo d'essermi agitata troppo per sciocchezze.

- Uhm... non proprio, ma tenevano molto a certe cose. - mento, detestando ogni singola bugia pronunciata dalle mie labbra.

So di doverlo fare, per proteggere ciò che mi è caro, ma...

Anche così non sopporto di dover mentire a persone che mi sono amiche.

- Capisco. - annuisce - Già che ci sono, posso domandarti d'insegnarmi a fare un saluto decente? Camille mi rimprovera sempre dicendo che sembro una papera in procinto di cadere. -

- Oh, io... certo. - le sorrido.

Devo cominciare a rilassarmi.

Rimanere eternamente in allerta mi renderà solo più sospetta.

Ed è con questo atteggiamento più tranquillo che torno dal Principe. Con la tanto temuta aspirapolvere.

Varcata la soglia cosa troverò?

Andiamo, lo so che ha raccolto tutto.

Ancora non ho capito a cosa è dovuto il suo comportamento, ma ho ben compreso che tiene alla sua famiglia come ai doveri nei confronti del suo popolo.

Tiene tutto a terra, ma svolge sempre diligentemente ogni lavoro che gli viene assegnato.

Quando cerco di farlo preparare per incontri d'affari, o visite di nobili, si lagna fino all'ultimo, però non manca mai d'andare dove deve.

Mette costantemente a soqquadro i suoi abiti, ma non è mai andato oltre distruggendoli o macchiandoli irreparabilmente.

Non vuole avere a che fare con la sua famiglia, però se li vede da lontano segue con lo sguardo gli spostamenti. Senza rendersene conto.

Insomma... in sostanza sta seriamente cercando di sembrare ciò che non è.

Un po' come me.

E, sicuramente, come me ha le sue motivazioni.

Sospirando decido dunque di bussare, per poi aprire la porta - Oh, vedo che avete scelto di salvare i documenti. - sorrido soddisfatta d'averci preso - Credo sia la prima volta che li vedo sulla scrivania, con voi seduto di fronte. -

- Non farci l'abitudine. - non stacca gli occhi dalle righe scritte nero su bianco.

- Tale sistemazione gioverebbe pure alla vostra schiena, sapete? -

- Uhm... deduco che la fiacchezza sia passata, ho ragione? - mi lancia una rapida occhiata.

- Abbastanza. - sorrido, decidendo di domandare pure a lui ciò che ho chiesto ad Aline - Principe, scusate se interrompo il vostro lavoro, ma posso farvi una domanda? -

- Se stai per chiedermi perché non voglio andare a lavorare in studio con mio padre e mio fratello, no. -

- Non si tratta di nulla del genere. - scuoto il capo - Mi domandavo... che impressione vi ho dato, la prima volta che mi avete vista? -

- Come? - ora ho tutta la sua attenzione.

- Sì, che avete pensato quando sono arrivata dinnanzi a voi? -

- "Questa non è normale". - risponde senza alcuna esitazione.

Dandomi la conferma delle conferme.

Mi stavo proprio preoccupando troppo.

Che bisogno c'è di cambiare ciò che sono od il mio modo di fare?

Ognuno avrà comunque la sua personale impressione di me.

E nessuno riuscirà a capire cosa nascondo del mio passato.

La mia storia è troppo folle pure per me che ne sono la protagonista.

Pertanto... è bene cominci a vivere più serenamente.

Dopo tanto male subito ho finalmente trovato un posto che mi fa sentire tranquilla.

Mangio buon cibo, ho un alloggio di tutto rispetto, mi diverto a punzecchiare il mio capriccioso capo, sto cominciando a farmi qualche amicizia...

Nulla a confronto con i primi incarichi che mi hanno fatto svolgere.

Quelli che ancora affollano, delle volte, i miei incubi.

Io qua sto bene, motivo per cui ho intenzione di tenermi stretto questo lavoro.

Senza però rinunciare a me stessa, mentendo agli altri più di come sono obbligata a fare.

E proprio per questo... mi volto verso il Principe Lionel, con un sorriso assai sincero e sereno.

Chinandomi in una riverenza impeccabile, degna delle lodi della mia vecchia insegnante - Vi ringrazio, Principe. -

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top