Capitolo II
Con un ultimo sospiro mi decido finalmente a bussare alla porta.
- Sì? - sento rispondere la voce, ovattata, del Principe.
- Vostra Altezza, sono la vostra nuova cameriera personale. - poggio la mano sulla maniglia - Posso entrare? -
- No. - ribatte senza un minimo di esitazione, lasciandomi di sasso.
Ah... già così?
Insomma, da ciò che mi era stato detto dovevo aspettarmelo, ma è stato comunque abbastanza spiazzante.
In ogni caso... non mi farò certo fermare da qualcosa del genere.
- Principe, vi domando scusa, ma devo avvertirvi che sto ugualmente per entrare. - inspiro profondamente, abbassando la maniglia - Mi auguro siate presentabile. -
Buon cielo...
Fa che non sia in mutande.
Già il fatto di star ad entrare in stanza senza il suo permesso mi mette parecchio a disagio, non vorrei quindi che la situazione peggiorasse ulteriormente.
Ma ecco che, prima ancora d'aprire uno spiraglio, sento la porta venir tirata d'improvviso.
Trovandomi così di fronte al Principe Lionel, che col cipiglio ha spalancato la porta trascinandomi con essa.
- Come, prego? - domanda, scrutandomi con due occhi cristallini come il ghiaccio. Che per assurdo non rispecchiano minimamente il loro colore.
- Senza entrare nella vostra stanza mi sarà impossibile cominciare a lavorare. - spiego, cercando di riprendermi dallo stato confusionale in cui ero piombata.
Sapevo già che il Principe era bello da togliere il fiato, ma trovarmelo così vicino mi ha comunque fatto un certo effetto.
Soprattutto considerando il suo attuale aspetto.
I capelli neri, di una tonalità più scura dei miei, arruffati come se ci avesse appena passato le mani in mezzo con vigore. Come desideroso di scacciare via dalla mente qualche fastidioso pensiero.
Gli occhi color ghiaccio intenti a studiarmi con attenzione, in un misto tra sgomento e divertimento. Che aggiunti alla strana piega delle sue labbra rendono il tutto ancora più enigmatico.
- Mi riferivo all'altra frase. - ribatte, mollando la presa sulla maniglia interna.
Solo per poter incrociare le braccia al petto.
- Scusate, quale... altra frase? - domando non riuscendo a capire il filo del suo discorso.
- Fai finta di non capire? Quindi sai essere coraggiosa solo se a separarci c'è qualcosa. - fa un passo indietro, schioccando la lingua infastidito e... deluso?
Ma che... diavolo?
Cosa mi sono persa?
Che gli prende?
È forse la prima prova di sopportazione?
Eppure... mi è parso davvero volesse sapere qualcosa di preciso.
- Non sto fingendo di non capire, Principe. - gli faccio un inchino - Davvero non ho compreso di cosa state parlando. Se foste così gentile da darmi qualche delucidazione, ve ne sarei grata. -
- Ok. - annuisce - Mi riferisco alla frase detta dopo il tuo avviso d'imminente effrazione. Le tue testuali parole sono state "Mi auguro siate presentabile". - mi accontenta, paralizzandomi sul posto.
- Io avrei... - alla mente mi torna la mia uscita, che credevo aver espresso nel privato della mia voce interiore.
Merda...
- Oh, quindi... non ti eri accorta di averlo detto. - le sue labbra s'increspano in un sorriso, mentre il sangue mi defluisce completamente dal viso.
Non posso crederci.
Davvero gli ho detto una cosa del genere?
Io?
Ok tener testa al soggetto, ma così...
Un tempo non mi sarei mai permessa di mancare di rispetto a qualcuno, soprattutto in un modo del genere.
Però in fondo... in passato non avrei nemmeno mai imprecato.
Sia ad alta voce che mentalmente.
- Ehi! Ci sei? - una mano sventola davanti alla mia faccia.
La mano del Principe, che curioso continua a valutarmi in silenzio.
Lui sì che è in grado di non farsi sfuggire i pensieri.
- Io... vi devo le mie scuse. - mi chino nuovamente - Credevo d'averlo solo pensato. Cioè... quello che volevo dire... - maledico la mia onestà - Mi scuso per la mia maleducazione. Non mi sarei mai dovuta permettere di dire qualcosa del genere. -
Resto china di fronte a lui.
Senza avere il coraggio d'alzare la testa.
- Sono curioso, temevi forse di trovarmi in mutande o... peggio? - percepisco il divertimento nella sua voce.
- Principe, non sta bene parlare di certe cose. - tento di far ricorso al suo buon senso.
- Quindi la tua è un'ammissione per vie traverse? - ribatte ancor più allegramente.
Maledetto...
Nemmeno posso negare, essendo la verità.
- Vi prego ancora di perdonare la mia maleducazione. - decido in fine di non dargli corda, limitandomi a rispondere con pacatezza.
Farmi destabilizzare dalle sue prese in giro lo farà solamente diventare ancor più spavaldo.
- Alza la testa. - esordisce in fine, dopo attimi di assoluto silenzio. E seppur non del tutto pronta... eseguo.
Senza però incrociare il suo sguardo.
- Ho detto... - due dita sollevano il mio volto, costringendomi a guardarlo negli occhi - Alza... la testa. -
- Desiderate? - domando, costringendomi a non cedere all'imbarazzo.
Al che la sua espressione muta d'un tratto.
Per un istante mi era sembrato piuttosto pensieroso, ma ora è come aver di fronte un muro.
- Nulla, se non che tu te ne vada. - si allontana - Avevo detto di non voler più alcun maggiordomo o cameriera, attorno. - sbuffa, andando a sedersi sul bordo del letto.
Dandomi così modo di poter osservare la stanza per la prima volta, per davvero.
A parte all'ingresso il pavimento è quasi completamente sparso di documenti e vestiti. Mentre tutte le superfici dei mobili bassi come cassettiera, scrivania, tavolo... sono senza un centimetro libero.
Colme di tutto fuorché quello che dovrebbe starci sopra.
Anche perché... buona parte di ciò è a terra.
Santo cielo...
Come cavolo è possibile che la stanza sia in queste condizioni?
È come se fosse passato un ladro a mettere tutto a soqquadro, in cerca di qualcosa di preciso.
Mi era stato detto che era disordinato, ma... sono certa che questa camera sia stata sistemata ieri sera.
Anche se sprovvisto di un servitore personale, non permetterebbero mai di lasciare un lavoro del genere senza copertura.
Pertanto... non posso non domandarmi come abbia fatto a far tutto questo in... quanto?
Poche ore?
O si è impegnato a ribaltare tutto durante la nottata?
Che soffra di sonnambulismo?
- Sei forse sorda? - con tono affilato mi riporta a lui, che ora stringe tra le mani un foglio di quelli che erano al suolo - Ti ho detto d'andartene. -
- Vi devo chiedere scusa, ma non posso assecondare la vostra richiesta. Sono stata assegnata a questo incarico direttamente dai vostri genitori. Motivo per cui ho tutta l'intenzione di svolgere le mie mansioni con dovizia. - accompagno le mie scuse con un rapido inchino.
- M'interessa poco chi ti ha assunta, non ti voglio tra i piedi. - mi lincia con lo sguardo.
- Farò il possibile per essere impalpabile come l'aria. - costringo le mie labbra ad incurvarsi in un sorriso, mentre mi appresto a raccogliere gli abiti a terra.
In un certo senso posso comprendere il suo nervoso.
Considerando il suo status è probabile non stia praticamente mai solo e, a causa del suo atteggiamento, la stretta sorveglianza su di lui certo non si deve essere allentata, negli anni.
Anche così, però, non posso assecondare la sua richiesta.
Soprattutto non con la stanza in queste condizioni pietose.
Nemmeno un bambino riuscirebbe...
Un attimo.
Ma questi documenti...
- Ferma lì. Questi fogli non sono carta straccia, guai a te se li getti. - mi leva di mano quello che avevo raccolto.
Il volto sempre più imbronciato.
- Non mi permetterei mai di fare una cosa del genere, volevo solo... - le mie parole vengono bloccate, dalle sue - Metterli a posto? No, grazie. Stanno bene dove sono, come i vestiti. -
- Veramente sbagliate. - scuoto il capo - Almeno, per ciò che riguarda i documenti a terra. - gli impedisco di rubarmi gli indumenti che ho tra le braccia.
Poco, ma sicuro finirebbero di nuovo a terra, se riuscisse a prenderli.
- Riguardo cosa avrei sbagliato? - posiziona il foglio dov'era, dandomi la conferma di quello che avevo intuito.
- Non avevo alcuna intenzione di scombinare il vostro lavoro, Principe. Anche se questa modalità di organizzazione è piuttosto confusionaria, a primo impatto. - spiego, allontanandomi per recuperare gli abiti appallottolati su una delle poltrone.
Diamine...
Tutta questa è roba pulita.
Fresca di bucato e che, fino a poco fa, era certamente tutta bella inamidata. Stirata di tutto punto.
- Scombinare... il mio lavoro? - ripete, come soppesando la mia frase.
- Sì, tutti questi fogli sono disposti in un preciso ordine, no? - lo osservo appena, mentre si siede nuovamente sul letto - Sembrano messi alla rinfusa, ma così non è. Ogni zona è dedicata a documenti che trattano tematiche simili. -
A quanto pare il Principe è meno inaffidabile di quel che la gente crede.
Semplicemente... ha un modo molto particolare per sistemare le sue cose di lavoro.
- Ti rendi conto d'aver appena ammesso d'aver letto carte che trattano di argomenti assai riservati? Fogli con informazioni che non dovresti conoscere nemmeno di striscio. - domanda, con tono... divertito.
Facendomi sussultare.
Che diamine.
Che fosse tutto un suo folle piano per mandarmi via?
Che abbia già fatto così con altri dipendenti?
Eppure Camille di questo non mi aveva avvertita.
Uhm...
Maledizione.
Non posso farmi mandare via ancor prima di cominciare sul serio a far qualcosa.
Devo... devo rispondere.
- Probabilmente non mi crederete, utilizzando comunque la vicenda come monito per farmi licenziare, ma non ho letto nulla di compromettente. Ho solamente notato che i fogli a destra parlavano di esportazioni di materiali di vario genere, mentre quelli vicino al comodino di importazioni alimentari. Ho espressamente evitato di soffermarmi sui luoghi nominati sui fogli, limitandomi a capire se tutto questo fosse solo caos o singolare metodo d'organizzazione. - stavolta sostengo il suo sguardo con fierezza.
Non ho fatto nulla di male.
Davvero non ho letto niente di troppo.
Nemmeno ricordo più i prodotti soggetti alle importazioni ed esportazioni.
Anche perché... la realizzazione della sua disposizione è capitata per caso, spostando accidentalmente uno dei fogli. A causa dell'aria generata dalla raccolta degli indumenti.
- Quanta premura, da parte di una donna. - mantiene il contatto visivo, alzandosi in piedi.
- Che volete dire? - lo vedo avvicinarsi.
- Siete conosciute per essere estremamente curiose. Per questo... mi risulta sì difficile credere alle tue parole. - è praticamente ad un passo da me.
Vuole intimidirmi, eh?
Peccato per lui che non ci riesca.
Non sono io in difetto, stavolta.
- Non vi obbligo a credermi, infatti. Anche se ribadisco d'essere stata completamente onesta con voi. - alzo il capo, per incrociare nuovamente i nostri occhi.
- Uhm... - incrocia le braccia, tornando ad osservarmi con curiosità. Come quando sono entrata in camera.
- Dite pure. - annuisco.
Preparandomi a tutto tranne alla sua successiva uscita.
- Come fai ad essere così sicura che ci sia un senso in questa "disposizione"? Potrebbe essere solo un caso, il fatto che più documenti dello stesso genere siano vicini. Dopotutto è normale pensare mi siano stati consegnati per argomento, no? -
- Beh... - mi guardo attorno - Non c'è mezzo foglio stropicciato. E tutti i documenti sono sparsi per la stanza, tranne che davanti all'ingresso. Come a voler limitare il più possibile il rischio di rovinarli. -
Dubito quindi d'essermi sbagliata, ma... perché questa domanda?
Credevo volesse parlare del da farsi.
Propormi di dimettermi spontaneamente, per evitare di farlo fare ai suoi genitori.
Così da portarli a mettere in difficoltà la Diligence, e me nei casini più totali.
- Interessante. - esordisce in fine, sollevando nuovamente il mio mento - Qual è il tuo nome? -
- Mélodie. - rispondo, sentendo le mie guance tingersi di rosso a causa del sorriso che gli sta spuntando in volto.
- Che nome raffinato. - china il capo su di me, portando i nostri sguardi alla stessa altezza.
- Voi dite? Il vostro lo è molto di più. - arretro d'un passo, sfuggendo dalla sua presa.
Questo comportamento non è per nulla appropriato per un Principe.
Nessun gentiluomo dovrebbe atteggiarsi in maniera così farfallona.
Tanto più uno fidanzato ufficialmente.
- Dico e confermo. Un nome delicato e raffinato, in forte contrasto con la tenacia che leggo nei tuoi occhi color tempesta. - mi sento sempre più esposta, di parola in parola.
È come se mi stesse sezionando con lo sguardo, nel tentativo di scoprire tutto ciò che sono.
E questo... mi terrorizza non poco.
Non voglio che mi legga dentro.
- Capisco. - mi sforzo di non far tremare la voce, stringendomi al petto i suoi abiti - Ora, se volete scusarmi, è il caso vada a lavare i vostri indumenti. -
- Prego, non ti trattengo. - allunga una mano verso la porta, sorridendo divertito.
- Sarò di ritorno per ora di pranzo, per scortarvi dalla vostra famiglia. - lo avverto, desiderando d'allontanarmi il prima possibile.
- Non serve, non pranzo quasi mai con loro quattro. - il suo tono cambia, mentre la mano ricade lungo il fianco.
- Mi è stato espressamente chiesto di condurvi da loro e, come vi ho già detto, sono intenzionata ad adempiere ai miei compiti. -
- Come desideri, ma io sono pienamente intenzionato a fare come mi pare e piace. - ribatte con decisione.
Mostrando la testardaggine di cui avevo sentito parlare.
- Questo l'avevo notato. - bofonchio, dandogli le spalle per uscire.
- Come, prego? - domanda, facendomi sussultare.
- N-Nulla. - sistemo i panni tra le mie braccia - Sarò di ritorno il prima possibile. - gli faccio un cenno del capo, uscendo in corridoio.
Realizzando solo in quel momento di non aver modo di chiudere la porta.
Se Camille non mi avesse trascinata qui di corsa mi sarei portata dietro una cesta, così da non caricarmi le braccia in questo modo.
- Problemi? - mi schernisce il Principe, notandomi ferma davanti all'ingresso.
Che... che dispettoso!
- Affatto. - sollevo il mento con orgoglio, mettendomi su un fianco. Tentando poi di afferrare la maniglia col gomito.
Tutto ciò è molto poco elegante e per nulla professionale o signorile, ma... non gli darò la soddisfazione di chiedergli aiuto.
È palese che sta aspettando proprio questo, per potersi divertire ancor di più.
Per tale motivo... ce la farò da...
Diamine!
Sto perdendo la presa sui vestiti.
Se mi muovo di un altro millimetro... li vedrò franare inesorabilmente a terra.
Forse avrei dovuto fare due viaggi.
O domandare a qualcuno di portarmi una cesta.
A pensarci devo pure chiedere di tenerlo d'occhio fino al mio ritorno.
Anche se attualmente non è il mio primo pensiero.
Quello va di certo alla mia prossima mossa, che non so minimamente quale dovrebbe essere.
- Sei una persona fuori dal comune, sai? - una grande mano si poggia sugli abiti pendenti, mettendoli in maniera molto più stabile.
Il gomito che mi viene allontanato dall'altra, costringendomi ad assumere una postura più composta.
Per poi poggiarsi sulla maniglia interna.
- Vi domando scusa, Principe. - nascondo lo sguardo dietro la pila di panni.
- Chiudo io la porta. - si limita a dire, senza prendermi in giro ulteriormente.
Gli occhi puntati su di me, che percepisco chiaramente anche senza vederli in maniera diretta.
- Grazie. - annuisco, intravedendolo in fine arretrare. Per chiudersi nelle sue stanze.
Questa persona... è strana.
Proprio non riesco a capirlo.
In parte ciò che mi è stato detto rispecchia la realtà, ma... c'è molto di più.
Non è inaffidabile come viene descritto.
È meno dispettoso e capriccioso di quel che mi aspettavo.
Ed è pure... gentile?
Insomma, forse mi ha aiutata con la porta solo per poter tornare a star tranquillo e solo in camera, ma...
Non ha minimamente accennato al fatto di voler raccontare la storia dei documenti ai sovrani.
Se lo facesse verrei di certo licenziata in tronco, portandolo ad ottenere la pace che desiderava.
Certo, momentaneamente, però...
Da come si comporta sembrava intenzionato a proseguire con la sua tattica di licenziamenti.
Eppure...
Qualcosa mi dice che non mi pugnalerà nemmeno alle spalle.
Non andrà a parlare coi suoi genitori di nascosto.
Forse il mio strano atteggiamento lo diverte, al punto da volermi con sé ancora per un po'.
Dopotutto mi ha chiaramente detto che mi ritiene fuori dal comune.
Il che però non sono sicura sia un bene.
Anzi...
Ciò mi porta solo a pormi una domanda.
Che ne sarà di me, d'ora in poi?
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