Interludio
Olga assottigliò lo sguardo e lo fece scorrere sulle sue Pupille con fare inquisitorio. Puntare un dito contro una di loro e accusarla di tradimento non era facile. Sia il suo cuore che la sua mente le stavano rendendo il compito impossibile: erano come dei vecchi generali che passavano dal detestarsi al diventare improbabili alleati per sconfiggere un nemico comune.
Olga temeva che sarebbe stata l'unica sconfitta su quel campo di battaglia. Ma se quelle disgraziate credevano che se ne sarebbe andata senza lottare, si sbagliavano.
Fra le sue protette si trovava un'assassina ed era necessario capire chi fosse. Andava stanata con un lavoro attento e minuzioso, come quello di una setacciatrice che separa il grano dalla pula o quello di un segugio che annusa l'aria con fare smanioso, in cerca della sua prossima preda.
Da qualche parte si doveva pur cominciare.
«Sei stata tu, piccola Sonechka?» domandò.
«Perché avrei dovuto farlo?» rispose la diretta interessata. Ci fu un tremore nella sua voce che non passò inosservato alle orecchie di Olga.
«Hai ragione. Forse sei troppo giovane per pensare all'omicidio» acconsentì la Madrina. «Ma l'audacia non ti manca e mi hanno informata che sei andata dall'erborista la scorsa settimana.»
Sonechka tacque. Raggomitolata tra Amaliya e Galina, sembrava più piccola di quanto non fosse. Aveva i capelli arruffati – corti, troppo corti – e il naso arrossato, ma i suoi occhi erano attenti, pronti a scorgere il minimo cambiamento nella baita. C'era qualcosa di snervante in quelle iridi verdi, una sfida che andava ben oltre l'arguzia che tanto divertiva la Madrina. Non erano le battute arroganti a darle fastidio; le parole, per quanto strafottenti, rimanevano innocue fino a quando non si trasformavano in fatti.
Se esisteva un modo per impedire a Sonechka di compiere quel salto, Olga non lo aveva ancora trovato – e non si poteva dire che non avesse tentato.
«Come mai?» incalzò quando la Pupilla non diede alcun segno di voler collaborare.
Sonechka si inumidì le labbra. «Cercavo un unguento che aiutasse le mie cicatrici a guarire, Madrina.»
Olga annuì. Se fosse stata un'altra persona, forse avrebbe mostrato un briciolo di dispiacere. Depositato in fondo al suo stomaco, però, c'era solo un giacimento di amarezza nera e bollente.
È quello che ti meriti, avrebbe voluto gridare. Ti sei rovinata con le tue stesse mani.
Le cicatrici erano ciò che rimaneva dell'unica punizione che Sonechka si fosse guadagnata da quando era stata accolta nella famiglia Krasnova. Era una punizione periodica, perché periodico era lo sbaglio compiuto dalla ragazza: la disubbidienza.
Non ricavava nulla dal fustigare la sua protetta, ma cosa avrebbe dovuto fare quando le aveva proibito di incontrarsi con la figlia del guardaboschi e Sonechka si era rifiutata di darle ascolto?
Sonechka era intelligente, di questo bisognava darle atto. Tuttavia, l'intelligenza non rendeva automaticamente le persone furbe, e la furbizia era una qualità da cui la Pupilla avrebbe potuto trarre giovamento. Gliene sarebbe bastata una stilla per rendere a Olga più difficile il compito di smascherare le sue menzogne.
Sin dall'inizio, il problema non era stato che Sonechka sgattaiolasse fuori dall'izba per visitare il villaggio: Olga aveva saputo di quell'iniziativa nello stesso momento in cui l'aveva vietata e, per quanto ne fosse infastidita, aveva permesso ai suoi sentimenti di giustificarla. Si era chiesta se, nel caso in cui fossero state Amaliya e Galina a compierla, sarebbe stata altrettanto permissiva e la risposta l'aveva fatta un po' vergognare. Aveva sempre avuto un debole per Sonechka, rivedendosi nella sua innata curiosità, perciò l'aveva assecondata e non aveva interferito con i suoi piani. Aveva lasciato che alcune persone al suo servizio le riferissero le mosse della giovane, cosa facesse, dove andasse, cosa comprasse, in quale locale passasse la serata. L'aveva controllata discretamente per tutto il tempo, tenendosi occupata con il lavoro per placare l'apprensione e la rabbia. L'aveva rassicurata la consapevolezza che, qualunque cosa accadesse in casa sua, non le sarebbe passata inosservata. Una piuma sarebbe potuta cadere sul tappeto del soggiorno e lei l'avrebbe sentita e vista dalla camera da letto.
Non aveva considerato che, tra i sussurri delle sue spie, il "con chi si vedesse Sonechka" fosse un'opzione, ma quando era entrata a far parte della lista, Olga aveva strappato a mani nude il centrotavola che Amaliya aveva intrecciato per lei con tanta cura.
Quello era il problema. La figlia del tagliaboschi. Una sconosciuta che minava la tranquillità delle loro vite, che si insinuava nella mente della sua Pupilla e le prometteva... Cosa esattamente? Un amore che Olga da sola era stata in grado di fornirle prima che quella svampita si presentasse? O il divertimento nei boschi, in cui uno degli uomini di Olga si era avventurato per pedinare le ragazze e si era perso, senza fare mai più ritorno?
La parte peggiore, era che Sonechka sembrava non capire la gravità dei suoi errori. Li inseguiva e perseverava nel commetterli. Olga sospettava che, se avesse minacciato di spezzarle le gambe, la giovane avrebbe imparato a camminare con le mani pur di vedersi con la sua Motya.
Che Sonechka continuasse pure a rubare baci nei vicoli, dunque. Olga avrebbe ripagato la sua disubbidienza con la giusta moneta.
La Madrina studiò la più giovane delle sue protette per qualche altro istante, annotando la rigidezza della sua postura e la cicatrice arrossata che le spuntava da sotto la camicia da notte e si ramificava sul suo collo. Insoddisfatta, riconobbe che forse la sua Pupilla avesse bisogno di un unguento che la aiutasse nella guarigione.
Sono così fragili, le mie bambine, pensò.
«Allora devi essere stata tu, bella Galina» ritentò, concentrando la sua attenzione sulla ragazza alla destra di Sonechka.
«Perché... Perché avrei dovuto farlo?» chiese la ragazza, arricciandosi una ciocca di capelli attorno a un dito. I suoi occhi annacquati si mossero tra Olga e Myshka un paio di volte, soffermandosi sul corpo del gatto come se quella vista continuasse a sorprenderla.
Olga soppesò quel gesto nervoso. Infine, alzò le spalle con noncuranza. «Perché il tuo gatto non è stato l'unico compagno che ti ho tolto. Dopotutto, la vendetta ha un sapore migliore se lasciata fermentare. Come il kvas.»
Per un attimo, un guizzo attraversò lo sguardo di Galina, come l'increspatura che si formava sulla superficie dell'acqua dopo avervi gettato dentro un sasso. Galina serrò la mascella, un misero tentativo di nascondere quella bruttura che mal si incastrava con i suoi lineamenti delicati.
Se Olga fosse stata più onesta con sé stessa, avrebbe ammesso di esserne inquietata.
Cos'era?
Qualunque cosa fosse, Olga immaginò di essersela cercata, dato che era stata così sfacciata da menzionare il fratello di Galina.
Nota dell'autrice
Come promesso, DOPPIO AGGIORNAMENTO (o quasi, ma fate finta di niente).
Godiamocela finché dura. Comunque, non c'è molto da dire su questo capitolo. Come dice il titolo, è un interludio. Rallegratevi sapendo che, nonostante tutto, Sonechka e Motya si continuino a vedere. Non c'è di che, I guess.
Le tempistiche di pubblicazione aumenteranno un po' per i prossimi capitoli: ho sottovalutato il lavoro che c'è da fare con la revisione e sicuramente dovrò aggiungere/togliere dei pezzi. Ma state tranquillx, che piano piano arriva tutto.
Cosa vi aspettate dai prossimi capitoli? Fatemelo sapere nei commenti.
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