🎃La morte non è niente - 1 [prima parte]

Un gelo pungente sferza i campi incolti intorno alla scuola dove insegna da un anno e mezzo. Le cornacchie zampettano sulla terra dura. Sotto la terra i semi sono addormentati e aspettano l'arrivo della primavera. 

La donna, con lunghi capelli neri e occhi verdi, alza lo sguardo verso il cielo, che le ricorda una lama affilata. 

Sa già che nevicherà.

Preferirebbe la pioggia; per lei, è la benedizione che il cielo versa sulla terra, che avvolge tutto in un incantesimo antico e primordiale. Ma cadrà la neve, copiosa e devastante, trasformandosi in ghiaccio e distruggendo ogni forma di vita. 

Questo pensiero si accumula nel petto della donna come un macigno. Non ama l'inverno, non porta solo freddo, amplifica solo la sua solitudine.

Risale la collina, attraversando il ponte di pietra con aria piccata, quando una vocina la chiama.

«Maestra!» esclama una bambina tutta rosa e treccine. Si chiama Lila, è affannata, segno che l'ha rincorsa per un bel pezzo prima che si accorgesse di lei.

 
«Maestra, ha dimenticato questo in classe» dice la piccola, porgendole un piccolo libro nero.

La donna lo prende, trattenendo già due volumi ben più grossi, e non riesce a trattenere un sorriso.

 
«Grazie, cara» risponde chinandosi leggermente. 

Il gesto ha un significato importante. Quella mattina, l'ha rimproverata per aver interrotto una compagna, ma ora si rende conto che il rimprovero è servito.

«Mamma mi ha detto di lasciarlo a scuola, ma volevo riportarglielo» mormora, sollevando il mento con aria di sfida.

Il sorriso della donna si allarga; è impossibile non farlo di fronte a quella tenerezza.


«Hai fatto bene, sei stata molto gentile» risponde dolcemente.

Nonostante la serietà, Lila annuisce solenne.


«Ora vado, mamma mi aspetta» mormora. «Ciao, maestra! E buon Halloween!»

Con i libri stretti al petto, la donna la osserva allontanarsi verso la madre. Saluta anche la madre, che la guarda con aria annoiata.

Poi la donna riprende il cammino.

Un'altra folata di vento la investe. Simula un brivido per non destare sospetti. Indossa un trench di lana, ma non ne ha realmente bisogno, come di mangiare né bere. È solo un'altra maschera che ha indossato, la donna con i capelli neri e gli occhi verdi è un costume, un modo per muoversi sulla Terra.

Attraversa il boschetto che precede il suo alloggio temporaneo, assegnatole dalla scuola. Vicino ai pioppi piantati in fila, scorge un pettirosso agonizzante. 

Si avvicina all'uccellino, che sembra implorarla di salvarlo, per poi lasciarlo andare. Ma non può dargli ciò che chiede. La sua fragilità le ricorda tutte le vite che ha visto scivolare via dal giorno della sua creazione.

Poggia i libri sulla panca fuori dal portico e prende la penna che tiene in tasca. Gira il tappo con un movimento solenne, e sulla punta della stilografica si forma una goccia di bile giallo-verde. Il liquido scivola giù e cade sul becco del pettirosso. L'animale esala il suo ultimo respiro, e la donna vede la sua anima, un'energia sottile, scivolare via. Poi si disperde nel vento, tra i campi e la foresta circostante.

In quel momento, sente un legame profondo tra il dolore della vita e la fragilità della Fine. Lei, che dispensa questa bile a chi è giunto al termine, incarnando il volto del Grande Mietitore dietro l'ennesima maschera. Lei, che è l'Angelo dalle dodici ali, coperto di occhi, che brandisce la lama da cui gocciola il fiele della Morte. 

* * 

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