9.
Claudio ha fatto riportare la mia auto, che avevo lasciato nei pressi del bar. Sono più lucido e riesco a stare in piedi senza problemi. Posso sicuramente guidare fino a casa, ma il mal di testa che ho non mi permetterà di recarmi a lavoro.
Claudio è già uscito, mentre Serena gira per casa, in tailleur e tacchi alti, recuperando i suoi documenti di lavoro. I nostri sguardi si incrociano e lei si blocca a metà strada, tra la porta del bagno e quella dell'ingresso, alla fine del corridoio. «Claudio ti ha lasciato la colazione in cucina.»
«Non doveva disturbarsi.» Indosso la giacca e mi avvicino. «Ci vediamo domani in tribunale.»
I suoi occhi cercano di evitare i miei, ma nei pochi centimetri che ci separano, non è una cosa facile. «Daniele, io...»
«Non c'è alcun bisogno di parlarne. È stato un momento di debolezza. Buona giornata.» Esco dall'appartamento e mi chiudo la porta alle spalle, senza lasciarle alcuna possibilità di rispondere. In fondo, cosa potrebbe dire che non ha già detto stanotte? Come ho potuto pensare di essere migliore di lui? Entro in auto e parto, tra mille pensieri.
Il rumore delle ruote, che si bloccano sulla ghiaia davanti al mio garage, sono il segnale del mio arrivo a casa. Vedo Clara precipitarsi all'ingresso e attendere che la raggiunga. Non sembra arrabbiata, nonostante io non le abbia mai risposto. Mi avvicino e mi abbraccia. «Sono stata così in pensiero per te.» Mi stringe forte, quasi non mi fa respirare. Il calore che mi dimostra ogni volta è così bello, ma anche così doloroso. Perché io non mi merito i suoi sentimenti.
Le afferro le braccia e la allontano da me «Dobbiamo parlare.»
Mi guarda disorientata e sento lo stomaco che si annoda in un groviglio stretto. «Se è per stanotte, non sono arrabbiata con te. Certo, vorrei che me ne avessi parlato, invece di andare a ubriacarti da solo. Claudio però mi ha detto cosa ti è successo e sappi che, quando ti sentirai pronto, potrai raccontarmi tutto.» Posa una mano sul mio viso e io chiudo gli occhi per godermi le sue ultime carezze.
Ci ho pensato su tutta la notte e ho deciso di dirle la verità. Mi odierà e non vorrà più vedermi, ma con il tempo starà meglio. Senza di me avrà di sicuro una vita più felice. Tutto quello che so fare è ferire le persone e devo smetterla di incolpare mio padre per essere uno stronzo. La colpa è solo mia.
«Io e Serena abbiamo fatto sesso, stanotte.»
Clara deglutisce a fatica e si allontana da me, come se avesse appena visto un mostro.
Ed è esattamente così che mi sento. L'unico modo per spingerla via da me e andare avanti è farmi odiare. Sputare fuori la verità, senza girarci intorno, è il modo più veloce per farlo. Prima comincia a odiarmi, prima andrà avanti per la propria strada.
Ma c'è qualcosa di strano in lei. Mi aspettavo un ceffone, una sfuriata; invece è di fronte a me, immobile. Non è la solita Clara, quella che con le sue reazioni mi fa venire voglia di baciarla e fare l'amore con lei per tutta la notte.
«Clara», provo a riconettermi con lei, «lo so che non è quello che ti aspettavi, ma Claudio non sa tutta la verità. Per ovvie ragioni.» Fa scivolare la mano sul mio braccio, fino a lasciarla ciondolare lungo il fianco. Le sue spalle si sono abbassate e l'espressione che ha assunto è indecifrabile. Non riesco a capire a cosa sta pensando.
«Devo andare», annuisce distratta e mi da le spalle per rientrare in casa.
Mi porto le mani alla testa. L'emicrania sta decisamente peggiorando e la lucidità tende a venir sempre meno. Ho bisogno di dormire, ma non so se riuscirò a farlo.
Entro in casa e mi dirigo in cucina. Nella fretta di andare via dall'appartamento di Claudio, non ho preso la colazione dalla tavola. Pensavo solo a come scappare dagli sguardi di Serena. È ancora fresco il ricordo del mio corpo schiacciato contro il suo, mentre prendo da lei ciò che desideravo da mesi. Sempre più forte, compulsivamente. I suoi gemiti sussurrati all'orecchio. Lo volevo, anche se non in questo modo, ma ora non riesco a fare altro che paragonarlo a quello che ho condiviso con Clara. Lei è l'unica che riesce a farmi sentire su un altro livello. Il sesso con lei è qualcosa di indescrivibile. Dovrò farmene una ragione, perché non resterà con me, dopo quello che le ho fatto. Prendo del succo dal frigo e ne riempio un bel bicchiere grande. Ci butto dentro anche del ghiaccio, con la speranza che i miei postumi della sbornia comincino a sparire.
Butto giù mezzo bicchiere e vedo passare Clara davanti all'ingresso della cucina, con il borsone che pende da una mano. Lascio il bicchiere sull'isola della cucina e le corro dietro. «Clara.» Lei si volta a guardarmi e sento il mondo crollarmi addosso. I suoi grandi occhi verdi sono pieni di lacrime e le sue guance rigate. Sapevo sarebbe stata dura, ma così sembra impossibile. Impossibile che io riesca ad andare avanti con la mia vita.
«Addio, Daniele», dice con voce spezzata.
Resto impalato, incapace di mettere insieme le parole per dirle qualcosa, qualunque cosa che abbia un senso. Ma a cosa servirebbe? Ormai ho rovinato tutto. La guardo mentre lascia la mia villa e sale su un taxi, fuori dal mio cancello. Sento una stretta nel petto. È l'ultima volta che la vedrò e mi sento come se la mia vita fosse diventata improvvisamente vuota.
Ho trascorso l'intera mattinata e buona parte del pomeriggio a letto. Avevo intenzione di dormire, ma con la testa colma di pensieri proprio non ci sono riuscito. Per tanti anni ho lottato per non diventare come mio padre, ho vietato a me stesso di intraprendere relazioni con aspettative che sapevo di non poter rispettare. Eppure, lui ha ragione, sono diventato lo stesso come lui, intrattenendomi con relazioni di solo sesso. Avevo paura che qualcuna potesse soffrire a causa mia, per la mia innata propensione a pensare solo al divertimento e al lavoro. Poi una sera ho conosciuto Clara.
Non potrò mai dimenticare il nostro incontro...
"Sei di queste parti? Perché non mi sembra di averti mai visto prima." Una bellissima mora, tutta curve, si avvicina e si appoggia al bancone del bar.
Prendo un sorso del mio drink e sono subito pronto a seguirla ovunque voglia portarmi. "Nemmeno io ho mai visto te."
"Forse, semplicemente non ti ricordi", mi sorride.
Rispondo sorridendo a mia volta. "Fidati, mi ricorderei se ti avessi già vista."
"Allora siamo in due."
"Posso offrirti da bere?"
"In realtà, ti osservavo da un po'. Che ne dici se andiamo a fare un giro?"
Flirtare le riesce facile quanto respirare e non me lo faccio ripetere due volte. Accetto volentieri la sua proposta e la seguo fuori dal bar.
Restiamo in silenzio per i primi minuti; imbarazzati, ma molto attratti l'uno dall'altra.
"Allora, cosa mi racconti di te?", rompe per prima il silenzio.
"Sono un noioso avvocato. Tu?"
"Lavoro come indossatrice presso un atelier della zona."
"Mi sembra ovvio" sottolineo, alludendo al suo corpo.
"E non hai ancora visto niente!" Sorride divertita e maliziosa allo stesso tempo, spingendo la mia curiosità verso un punto di non ritorno.
Spero di non sbagliarmi, perché presto non potrò più tornare indietro. È la prima volta che una ragazza mi rimorchia. Di solito sono io quello che le punzecchia. Ci guardiamo negli occhi. I suoi sono di un verde brillante, bellissimi. "Io sono Daniele, comunque." Le porgo la mano. Se passiamo allo step successivo già questa sera, vale la pena conoscere almeno i nostri nomi.
Mi stringe la mano "Clara." La sua presa è avvolgente e continua a guardarmi con i suoi occhi da cerbiatta. Schiude appena le labbra r non riesco più a trattenere la voglia di baciarla, che mi perseguita da quando siamo usciti dal bar. Ma con mia sorpresa, mentre io ancora ci ragiono su, lei mi bacia e tutto diventa chiaro. Mi vuole almeno quanto la voglio io. "Devo dirti una cosa", mi da un altro bacio, poi si ferma, "sarà solo una notte."
Come posso dirle di no. Annuisco in silenzio, mentre riprendo a baciarla e sento le sue mani scivolare lungo il mio petto. "Andiamo da me?" Lei sembra rifletterci per qualche istante, poi accetta.
Siamo stati in giro per circa un'ora, parlando del più e del meno e conoscendoci un po' meglio. E ora finalmente siamo a casa mia. Mi lancia delle occhiate esplicite e io non posso fare altro che stare al suo gioco.
"Wow!" fa un giro su se stessa e osserva meravigliata il soffitto del mio salone. Qualche parete di vetro fa da arredamento alla mia villa in stile moderno, con mobili lisci e lucidi, tra varie sfumature di grigio, nero e bianco, con qualche piccolo dettaglio in oro. Le luci riflesse sulla superficie dell'acqua della piscina in giardino, ondeggiano sulle pareti della camera da letto, a pochi metri da noi. Sembra una bimba al luna park. Il suo viso è più luminoso di prima.
Le prendo la mano e l'attiro a me, baciandola con ardore. La mia mano, dietro la sua schiena, fa scorrere la lampo del vestito fino al sedere. Lascia scivolare giù la stoffa blu e io rimango senza parole.
"Solo una notte, allora?" ripeto le sue stesse parole.
"Sì", risponde in fretta, continuando a baciarmi.
Riapro gli occhi. Pensare a lei ora non mi aiuta. Scendo dal letto, mi libero dei vestiti e mi tuffo in piscina. Se non altro, l'acqua fredda mi aiuterà a rinfrescare le idee.
L'ovvia conclusione è che già mi manca. Davvero.
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