7.

Me ne sto seduto sui sedili posteriori dell'auto di Claudio, con Clara tra le mie braccia che dorme beata. Posso vedere il leggero sorriso che abita le sue labbra e questo mi scalda il cuore. Lascio scivolare le mie dita tra i suoi capelli setosi e ripenso al momento che abbiamo condiviso solo pochi minuti fa.

«Allora è lei quella che dobbiamo ringraziare per la tua guarigione?» Claudio mi guarda dallo specchietto retrovisore e accenna un sorriso.

Davvero non capisco questa sua continua insistenza. Mi pare che io abbia evitato di fare altre domande sulla situazione con Serena. Perché non può semplicemente accompagnarci a casa mia? Rivolgo lo sguardo verso la strada che scorre fuori dal finestrino. «Non sapevo di essere malato.»

«Scherzi? Daniele, tua madre...»

«Smettila di tirare sempre in ballo mia madre!» sbotto, cercando di tenere un tono basso per non svegliare Clara. «Dio! Solo perché non ho la stessa ragazza da anni e non mi sono sposato, non vuol dire che io abbia dei problemi. Io non sono come te. Posso scegliere di vivere come mi pare, oppure devo farlo nel modo che vada bene agli altri?» mi passo una mano nei capelli e faccio un respiro profondo.

Claudio si è ammutolito, ma riesco, senza difficoltà, a vedere quanto la mia risposta lo abbia infastidito. Il silenzio diventa un grosso drappo che divide le nostre postazioni e sento un macigno sullo stomaco. Mi chiedo se arriverà mai il giorno in cui riuscirà ad accettare le mie scelte senza tirare in ballo mia madre. Questa storia si ripete dai tempi dell'università. Ogni volta che conoscevo una ragazza, per lui era quella che avrebbe fatto in modo che la nostra amicizia si legasse per sempre. Vedeva già noi quattro, con bambini al seguito, mentre passavamo le vacanze insieme. Prima di conoscere lui, credevo che solo le donne facessero pensieri di questo genere. Poi la storia andava a rotoli e quasi sembrava ne soffrisse più di me. Ed era vero. I "suoi" progetti andavano in fumo, perché io sono sempre stato chiaro con le donne che frequento. È colpa sua se non è stato mai in grado di accettarlo, di accettare "me" così come sono. «Mi dispiace. Volevo solo che sapessi che sono contento che tu abbia qualcuno con te.»

«Già. E comunque non sappiamo ancora cos'è, quindi non ti eccitare troppo.»

«Ma ti piace. Altrimenti non l'avresti seguita come un matto, per poi portarla via con te», mi rivolge un sorrisetto malizioso. «E, da quando mi hai mandato il messaggio per informarmi di averla trovata, a quando siete scesi giù, è passata più di mezz'ora.»

«Sì beh, avevamo delle cose da chiarire.» Possibile che non afferri il concetto di "tagliare il discorso"? Eppure, dalle mie risposte è così ovvio!

Mi guarda ancora. «Anche se non lo ammetti, si vede che sei preso da lei. Anche Serena si è accorta di questo tuo cambiamento», sorride.

Mi accerto che Clara dorma ancora. Ci siamo appena riappacificati e non voglio che sparisca di nuovo. Rialzo lo sguardo per incrociare quello di Claudio nello specchietto retrovisore. Questa sua frase mi ha lasciato perplesso. «Serena? E cosa ne sa lei?»

«Andiamo Daniele, è una donna! Certe cose le intuisce.»

Io non le ho mai parlato di Clara e non mi sono mai mostrato disinteressato nei suoi confronti, mio malgrado. È che proprio non ci riesco. Da cosa ha potuto dedurre una cosa simile? Diciamocelo, le donne hanno un intuito fuori dal comune, ma di certo non hanno il dono della chiaroveggenza. «Per l'esattezza, cosa ti avrebbe detto?»

Lui ride, divertito dal fatto che ora sembro essere più interessato alla conversazione.
«Nulla di grosso. Dice che sei schivo con le altre donne, che eviti i contatti più ravvicinati. Capito cosa intendo?»

Sì, che ho capito. Lei parla del bacio che mi ha dato. Col cazzo che non si ricorda di averlo fatto! «Sono felice che vi parliate di nuovo», fingo un sorriso.

«Simpatico. Cerchiamo di superare insieme questo momento delicato.» La sua espressione diventa seria e capisco che è arrivato il momento di cambiare discorso.

Per fortuna siamo arrivati a casa e posso rilassarmi. Sollevo Clara tra le braccia e, dopo aver salutato Claudio, vado dritto nella mia camera da letto.

Riguardo l'ora sul mio orologio. Sono le dieci e Serena non è ancora arrivata. Dobbiamo preparare le domande per la causa e non so neanche dove sia finita. Il cellulare è staccato e la sua segretaria mi ha detto che non è in ufficio. Sistemo per l'ennesima volta i fogli che ho davanti. Chiamo Federica e le chiedo di ordinare altri due caffè, perché quelli che ho sulla scrivania saranno gelidi con quest'aria condizionata. La ringrazio e spero che Serena arrivi prima che si freddino anche questi altri.
La mia gamba comincia a fare su e giù; riguardo l'orologio e alzo gli occhi al cielo.
Provo a chiamarla di nuovo e sento la suoneria del suo cellulare fuori dalla mia porta. Mi alzo e vado ad aprire. «Era ora!» Me la ritrovo davanti, con il pugno pronto a bussare «Ma dov'eri finita? È un'ora che ti aspetto.»

«Ero con una mia cliente. Scusami tanto se anch'io ho un lavoro», sbatte la borsa sulla sedia e sfila via la giacca.

Prendo un bel respiro. «Hai ragione, ti chiedo scusa. Ero solo preoccupato.»

«Ma davvero?» mi guarda ancora con aria di sfida e capisco che non è dell'umore, ma ormai è fatta e non ho intenzione di lasciar perdere.

«Cosa vuoi dire?»

«Niente», prende posto e incrocia le dita delle mani sulla scrivania.

«Niente?» punto i palmi sulla scrivania, torreggiando su di lei. «Parla chiaro.»

«Lascia stare.»

«Io non lascio stare un bel niente.» Voglio spingerla al limite, per portarla a tradirsi sul nostro bacio. Ora so che lei ricorda. Le parole che ha usato con Claudio sono state illuminanti. «Se hai qualcosa da dire, fallo.»

«Bene!» punta anche lei i palmi sulla scrivania e si alza in piedi. «Mi risulta strano che ti preoccupi per qualcun'altro che non sia te stesso.»

Resto basito. Non mi aspettavo queste parole da lei. Non sarò la persona più altruista del mondo, ma di certo "egoista" non è un aggettivo che mi appartiene. «E sentiamo, quand'è che io avrei pensato solo ai miei interessi?» Vedo chiaramente che si trattiene. Qualunque sia la risposta che vorrebbe darmi, la sta facendo tentennare. Probabilmente perché sa che ci riporterebbe direttamente a quella sera. Ci guardiamo negli occhi, a mezzo metro l'uno dall'altra e sento che sta per crollare.

«Prendi ciò che vuoi e non badi alle conseguenze che ha sugli altri», alla fine esplode.

«Quindi, per capirci, tu mi baci e sono io a prendermi ciò che voglio? È di te che stai parlando, Serena, non di me. È la giusta frase che descrive il "tuo" comportamento.»

Scuote la testa, cercando di negare alla sua mente il ricordo di quella sera. È combattuta, lo so, come lo sono io da mesi ormai. Cerco di avvicinarmi a lei, ma mi tiene a debita distanza. «Non ti avvicinare. Io... io non voglio... non voglio ferire Claudio in questo modo. È stato solo un errore e tu non puoi rinfacciarmelo.»

«Oh, intendi dire come hai appena fatto tu? Quindi, se io sono egoista, tu sei ipocrita?» mi piego nelle spalle.

«È stato solo un errore, Daniele.» Ribadisce con le lacrime agli occhi. Non sa quanto questo mi faccia stare male.

Mi allontano, cercando di riprendere tutta la rabbia che stava per liberarsi e metterla di nuovo in quel cassetto che preferirei non si aprisse mai. Mi risiedo al mio posto. «Prepariamo queste domande, così potremo tornare ognuno ai propri impegni.»

Si siede e prende taccuino e penna, pronta a cominciare.

Sono trascorse due ore e sembra che Serena si sia preparata a sufficienza. Resiste benissimo a ogni colpo che le infliggo con le mie parole, mentre fingo di essere l'avvocato della controparte. Le sue risposte sono esemplari, nonostante io non le dia il tempo di argomentarle, come d'altronde farebbero davvero in un'aula di tribunale. Sarò di parte, anche se risentito per le sue parole, ma credo che con quelle labbra lei possa incantare chiunque. Mi liscio il mento. «Domani metti un rossetto chiaro. Darà più risalto alla forma delle tue labbra. E lascia i capelli sciolti.» Mi guarda come se fossi diventato matto e si immobilizza. «Non è per me. Conosco l'avvocato della controparte ed è un tipo influenzabile. Subisce il fascino delle belle donne.» Lei mi guarda negli occhi e quella frase sembra restare sospesa tra di noi, riecheggiando nell'aria. «Ma comunque, lo suggerirei a chiunque. Non si può mai sapere.» Faccio spallucce e ritorno al mio posto. «Abbiamo finito per oggi. Sei preparata», rimetto in ordine la scrivania. «Sei libera di andare da tuo marito. Spero di non essere stato troppo egoista a tenerti qui con me fino a quest'ora.» Accenno un sorriso e mi dirigo alla porta. «Federica, accompagna la signora all'ascensore.»

«Prego», la mia segretaria le fa segno di seguirla e insieme vanno via dal mio ufficio.
Serena si volta a guardarmi di nuovo, prima di girare l'angolo ed entrare in ascensore.
Chiudo la porta e finalmente posso respirare a pieni polmoni. Perché stare nelle stessa stanza con lei, mi rende così faticoso respirare? Guardo ancora il mio orologio. Avevo promesso a Clara di passare un po' di tempo insieme e non voglio deluderla, dopo ieri sera.

Scappo da lei per portarla a pranzo fuori.

«Questa piscina è fantastica.» Clara mi butta le braccia al collo e mi bacia. I lunghi capelli corvini, raccolti con una forcina, le lasciano il collo e le spalle in vista. Dedico a loro l'attenzione dei miei baci, assaporandone ogni centimetro. «Sai cos'altro non ho mai fatto?» sorride maliziosa, prendendo il labbro tra i denti.

Non c'è bisogno che dica altro. Con le mani sotto al suo sedere, l'aiuto ad aggrapparsi a me. Le sue rotondità sono così carnose che potrei passare ore a tenere le mie mani su di lei, senza stancarmi mai. Mi fa impazzire il modo sinuoso che ha di muoversi, lasciandomi esterrefatto ogni volta. Perdo l'ultima briciola di autocontrollo e tutto diventa più coinvolgente.
Sono fuori controllo e il mio sguardo, scappato oltre il giardino, incrocia quello di Serena dall'altro lato del recinto. Ma non posso fermarmi, non ci riuscirei a questo punto e lei è lì, proprio nel momento dell'apice. Clara prende il mio viso tra le mani per baciarmi e mi perdo tra le sue carezze, mentre mi raggiunge al traguardo.
Mi sento così appagato, che quasi ho dimenticato che Serena è a pochi metri da noi. Alzo lo sguardo, ma lei non c'è più.

«Chi c'è?» Clara si volta a guardare verso l'entrata del recinto.

«Nessuno. Credevo di aver visto il vicino.» La bacio, stringendola a me.

«Daniele?» un sorriso malizioso le illumina il volto di sorpresa e desiderio. Non so se sia stato il fatto che Serena ci guardasse, ma sono già pronto per il secondo round.

«Ti ho detto che mi sarei dedicato solo a te», prendo famelico la sua bocca, tra i respiri affannati.



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