Neve
La neve cade lieve. Candida. Leggera. Ne sono letteralmente incantato. La seguo con gli occhi mentre ricopre ogni cosa.
Gli alberi, adornati da quella coltre bianca, sono stupendi: il verde oscuro degli aghi contro il candore perfetto e quasi accecante della neve. Anche Sofia osserva i piccoli fiocchi coi suoi occhi ancora colmi di preoccupazione.
...no aspetta! Ho detto piccoli? Ormai sono enormi e dappertutto! Come ho fatto non accorgermene?! Come ha fatto a non accorgersene Sofia, sempre così attenta a tutto?!
Pian piano, quasi sotto un magico torpore, realizzo che a questo punto non riesco più a vedermi neppure il naso!
Devo pensare in fretta. Devo pensare in fretta... Il mio fiato si trasforma in nuvolette. Sento il freddo pungente sulla faccia.
Senza riflettere troppo prendo lo zaino con il cibo, le bacchette e chissà-che-altro. Stringo forte la manina di mia sorella e salto in piedi.
Mi guardo intorno qualche secondo poi corro nella direzione dove mi pare si trovasse il sentiero quando lo abbiamo abbandonato per sederci su questa roccia.
Riesco ancora a scorgere i segni rossi sugli alberi che indicano la strada giusta, ma solamente quando ci sbatto il naso contro.
Sofia continua ad arrancare poco dietro di me ma sembra sempre più stanca... Devo trovare subito un riparo! Oddio, solo un riparo per favore!
La neve cade sempre più fitta. La vedrei crescere ad occhio nudo probabilmente se non fosse che in questo momento "vedere" non è esattamente il verbo che si adatta di più alla mia situazione. Continuo a correre nel vano tentativo di ritrovare la giusta via. Corro e incespico. Giro da una parte, poi dall'altra, perdendomi sempre più inesorabilmente.
Sentendo che la mano di Sofia mi sta scivolando fermo la mia pazza corsa di colpo: prima non mi ero accorto di come la bimba sia gelida. Tremo anche io, sia per il freddo sia per il terrore: non solo la solitudine ma pure la sensazione che la mia mente si stia quasi atrofizzando mi fanno battere il cuore a una velocità esorbitante.
Mi guardo intorno alla disperata di un riparo tanto il sentiero se n'è andato in tanta malora penso, arrabbiato con qualcuno a cui vorrei dare la colpa per tutto questo. Qualcuno che non esiste, però. Qualcuno che può rispecchiarsi solo in me stesso.
Mi scendono delle lacrime mentre sfioro con gli occhi quello che abbiamo intorno: solo neve, neve e neve!
...no aspetta, aspetta! Una speranza. Alla nostra destra c'è una caverna. Non so bene in che modo ma i fiocchi si aprono come delle tende sulla cupa entrata. Mi fiondo immediatamente verso quella luce nel buio.
Quando mi trovo davanti all'entrata, però, indugio: di solito grotta uguale animali pericolosi e animali pericolosi uguale morte certa per due ragazzini sperduti. Mi volto verso Sofia per sondare la situazione e vedo mia sorella con uno sguardo vuoto. Un braccino attorno al corpo magro nel tentativo di scaldarsi. È sempre più distante da me ogni minuto che passa: le sue ditina gelate e i bei riccioli coperti da un soffice strato bianco sono la mia ultima spinta verso il nero ingresso: del resto gli animali pericolosi almeno sono qualcosa da combattere mentre il freddo ti entra nelle ossa senza che tu possa fare niente. Mi infilo nel buio trascinando mia sorella.
L'oscurità mi dona quasi tranquillità: sento già il cambiamento di temperatura.
Mi lascio cadere a terra e abbraccio Sofia passando la mia mano sul suo corpo per farle caldo.
"Ci rintaneremo qui fino alla fine della bufera, poi arriveranno i soccorsi" mormoro più a me stesso che alla bambina fra le mie braccia.
Sì, certamente non può andare che così! Mi rincuoro anche se pure a me quelle parole e pensieri suonano vuoti e privi di realtà.
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