La confessione

Mycroft si svegliò. Vide la luce filtrare da sotto le finestre. Si rese conto di aver passato la notte sul divano. Era avvolto da una pesante coperta, che gli dava un piacevole tepore, rimase a goderselo sonnecchiando.

I suoi vestiti ormai erano irrimediabilmente sgualciti. Si accorse della manica arrotolata e capì che lei non si era dimenticata della sua cura.

Si rilassò. Era contento di non aver provato l'angoscia del farmaco che gli invadeva il corpo.

Rimase nel dormiveglia, guardando di tanto in tanto la stanza dove Molly dormiva tranquilla. Decise di stendersi vicino a lei.

Brontolò, il camino si era spento e cominciava a fare freddo. Sperò che Molly non si irritasse, lui era un gentleman, per Dio, non aveva altri fini, voleva soltanto stare al caldo.

Si alzò, e si infilò sotto le coperte. Rabbrividì e sentì il bisogno di starle vicino.

Lei dormiva serena, emanava un dolce calore. Mycroft si sistemò accanto a lei. Che avvertì la sua vicinanza, si voltò verso di lui, allungò le mani calde e le appoggiò sul suo petto. Il British Government sorrise per quel gesto inaspettato e con le sue mani nel cuore si riaddormentò. Si sentì bene e acquietato dopo tanto tempo.

Fu quando il vecchio orologio a colonna scandì le dieci del mattino che Molly si svegliò. E si ritrovò Mycroft nel letto che le dormiva vicino, infilato sotto le coperte vestito come la sera prima.

"Ehi, pigrone! Ti sei svegliato per primo, potevi chiamarmi! Mycroft, dobbiamo fare la spesa, ed è già tardi."

Molly lo scosse, ma lui non voleva saperne di scendere.

"Holmes, per piacere dobbiamo uscire, avanti alzati, sistemati fai una doccia." Molly quasi lo implorò, ma visto che non la ascoltava, lo tirò giù dal letto. Si stiracchiò e fece per scendere.

"Avanti Mycroft, hai dormito abbastanza! Va a cambiarti e dammi questi vestiti da portare in lavanderia."

"Hopper, Gesù, lasciami riprendere." La guardò di sbieco. "Sono l'ammalato, giusto? Ho i miei diritti!" Le sorrise ironico, appoggiato sbilenco sul letto. "Guardami, ho dormito vestito. Che barbarie ho rovinato la camicia e i calzoni."

Molly sogghignò. "Dai, stupido! Muoviti c'è da camminare. Sennò non mangi!" Si fece rapidamente la doccia, si rasò e si cambiò i vestiti. Ma era troppo tardi, Molly decise di andare a fare provviste con l'auto.

"Sei fortunato Holmes, oggi ti risparmi la camminata perché siamo in ritardo. Ma non farlo più, la prossima volta chiamami."

Mycroft annuì seccato, si era vestito con la solita cura. La dottoressa lo fissò sottecchi, lui era sempre così perfetto ed elegante. Al contrario di lei, che non era così curata nell'abbigliamento. Era per la comodità, l'opposto di Holmes. Ma la sua eleganza la attraeva, le piaceva vederlo composto e più sicuro di sé.

Salirono nell'auto e dopo aver guidato attenta, arrivarono in paese per acquistare cibo e il necessario per la casa.

Mycroft si era scurito in volto, pensò si fosse risentito per la sua sgridata sul ritardo, rimase sulle sue in modo patetico. Molly lo ignorò seccata, lo avrebbe picchiato volentieri. La esasperava, a volte finiva per essere capriccioso.

Non erano riusciti a fare un minimo di colazione, questo non piaceva a Molly che voleva che Mycroft si alimentasse in modo corretto.

Tornarono al cottage muti, con le borse della spesa colme. Lui sempre chiuso nel suo antipatico silenzio.

"Spero che la smetterai di fare il bambino, Holmes! Almeno aiutami a preparare il pranzo. Sei abituato a essere servito, British Government?"

Molly sbottò senza freni. Non sopportava il suo atteggiamento di livore.

Il risultato fu che Mycroft si risentì ancora di più e fu cupo per tutto il tempo.

Hooper smise di interessarsi a lui, che comunque aiutò nei lavori di casa. Prepararono un pasticcio di patate e della carne. Mycroft lavorava in silenzio con le maniche della camicia arrotolate e finì per sporcarsi.

"Se continui così, non avrai più cambi. Ti infilo un grembiule spero che non ti dia fastidio." Si limitò a scuotere la testa, e lasciò che lo allacciasse. Era intento ad affettare le patate, Molly si preoccupò improvvisamente per il suo tremore.

"Sta attento a non tagliarti, altrimenti faccio io." Non fece in tempo a finire la frase che lui si piantò il coltello sul pollice. E sanguinò abbastanza da dover intervenire.

"Gesù, Myc! Nemmeno avvisandoti! Fa vedere." Si preoccupò ma era anche spazientita dal suo silenzio.

Tamponò la ferita. Lui imprecava sottovoce e malediva le sue mani insicure.

"Ne ho combinata un'altra! Si vede che oggi non è giornata." Era corrucciato, in più si era anche sporcato di sangue la camicia. Era esasperato dalla lentezza che i farmaci gli imponevano.

Molly gli mise un solido cerotto e lo fece sedere. Meglio non rischiare che facesse ulteriori danni.

"Almeno fammi fare qualcosa, Molly." La sua voce vacillò, non voleva essere un peso.

"Vai dal camino e vedi che non si spenga. Qui ci penso io."

Fu troppo irruente, quasi lo cacciò. A volte era pesante da gestire.

Holmes si accorse della sua irritazione, non replicò. Si sentì goffo e inutile. Lui che era stato segretamente manipolatore di un governo. Era fuori sincrono, incapace di aiutarla.

Ravvivò il camino, agitando la legna e visto che Molly era distratta, si infilò la giacca e uscì sconfortato.

La giornata gli sembrò greve. Era partito male. Si era lasciato andare alle sue cure e l'aveva irritata. Camminò senza allontanarsi troppo. Il vento lo fece trasalire, si alzò il bavero, rimase con le mani in tasca a guardare gli stormi che migravano. Almeno loro sapevano cosa fare, ma lui? Cosa ci faceva lì? Che vita lo aspettava?

Il cielo era terso e nell'aria si sentiva l'odore di muschio e di pioggia. Lo stesso inconfondibile sentore di quando pioveva a Musgrave e Sherlock voleva uscire per entrare nelle pozzanghere.

Finivano per essere sgridati dalla madre, anche se lui non ne aveva colpa.

Sherlock correva ovunque, lui aveva il suo daffare per calmarlo. Eurus li guardava dalla finestra, gli occhi sgranati.

La pioggia non le piaceva, la odiava, ma forse odiava tutti. Mycroft, lui così sagace, non l'aveva capito. Cercava di farla scendere con loro, ma lei alzava le spalle indispettita e se ne andava. Era una ragazzina difficile, e lui giovane e sprovveduto la lasciava sola, il risultato fu che si isolò sempre di più.

Eurus era la sorella troppo intelligente, che non era mai riuscito a comprendere, forse nemmeno ad amare. Il suo cruccio più grande.

Sentì la mano di Molly battergli sulla spalla, per appoggiarsi stretta a lui.

"Brutti ricordi Myc? Cosa fai qui? Mi hai fatto spaventare, non ti ho visto uscire."

Molly aveva percepito che i ricordi lo stavano agitando, i conflitti interiori, che non riusciva a sopportare. Il volto era teso e gli occhi acuti si erano spenti. Cercò di rassicurarlo, con frasi leggere finché Il suo volto tornò sereno.

"Scusami, non volevo impensierirti, oggi è la giornata dei danni. Volevo respirare un po'." Hooper gli si portò di fronte.

"Scusami tu, invece. Sono stata stupida, non dovevo arrabbiarmi. Non ti ho aiutato molto oggi."

Molly gli accarezzò la guancia infreddolita. Lo prese sottobraccio e lo guidò verso casa.

"Vieni a mangiare? Mi fai compagnia?"

Mycroft abbassò il capo e le sorrise. "Va bene, rientriamo." Tolse il cappotto, ravvivò il fuoco e si sedette con Molly a pranzare. Trovò tutto buono e appetitoso, forse era anche il freddo che doveva sopportare. Ogni tanto sollevava la testa e la guardava timoroso, lei gli sorrideva, capì che l'aveva perdonato.

Guardando il suo dito fasciato si schernì. "Molly sono riuscito a distruggermi il pollice! Sono un emerito cretino."

"Non lo sei, semmai avrei dovuto capire che tremare non ti aiutava a usare un coltello. Mycroft, basta sentirti in colpa."

Il vecchio Holmes abbassò lo sguardo, Molly capì che non era una giornata buona per lui. Provò a farlo parlare, ma fu reticente, non gli uscì alcuna parola.

"Mycroft Holmes, che ti succede? Sei taciturno oggi. Non ti va di dirmi il perché? So ascoltare se vuoi." Cercava di spronarlo ad aprirsi, tenere tutto dentro non lo aiutava.

Un sorriso apparve sulle sue labbra, chiuse gli occhi con un sospiro. Che utilità poteva avere raccontargli i suoi dolori e le sue angosce. Li riaprì e fisso Molly con l'aria di chi non sapeva bene cosa fare.

"Mi dispiace di averti trascinato nella mia depressione. Non ci siamo frequentati molto. Forse sfiorati a casa di Sherlock, eppure mi sopporti, non mi fai mancare nulla. Hai cura di me." Si versò un po' d'acqua e la mandò giù di fretta.

Molly si convinse che era il momento giusto per capire le sue motivazioni. Gli prese la mano per calmare la sua inquietudine, lo vedeva affaticato.

"Mycroft, sei mesi fa ho provato anch'io le tue stesse sensazioni. Fu tuo fratello ad aiutarmi, insieme a John. Non fu facile accettare il cambiamento di vita di Sherlock. E devo dire che sbandai."

Gli strinse più forte la mano. Mycroft la ricambiò con delicatezza.

"Eri venuto a scusarti, ma io ero molto arrabbiata con Sherlock, perché non aveva avuto il coraggio di venire di persona. E me la presi con te, quando mi offristi il tuo sostegno lo rifiutai." Le loro mani si intrecciavano e si confortavano a vicenda. "Commisi un errore, perché tu centravi poco nelle sue scelte."

Mycroft comprese e si sentì risarcito dal suo passato rifiuto. Molly capì e fu dolce.

"Quando John mi chiese aiuto, accettai per riparare a quel torto, ma anche perché sapevo quello che stavi passando."

Molly si staccò dalla sua mano calda, si alzò, andò dietro a Mycroft iniziò un delicato massaggio sulle sue spalle tese. Fu gentile e visto che non protestava, cercò di farlo rilassare. Si fece coraggio e si avventurò nel suo vissuto.

"E tu, mio caro Mycroft Holmes, quali fantasmi si agitavano dentro la tua testa per arrivare a decidere di farla finita. Adesso vedi di quanto amore ti circonda Sherlock, non sei mai stato solo."

Mycroft protestò mormorando alcune frasi incomprensibili, ma prese a sciogliersi.

Ma non resse molto, non riusciva a parlarne. Provava una rabbia sorda. Si levò in piedi così rapidamente che lei si scostò sorpresa.

Camminò verso il camino. Prese a torturarsi le mani che iniziarono a tremare, passò un lungo minuto, poi si girò, la fissò in tono di sfida.

"Sei curiosa Hopper? Ti diverti a vedere come sono diventato! Scommetto che anche tu mi sopportavi appena. Come del resto tutti quelli che mi stavano intorno. Certo, ero arrogante, troppo supponente. Ero quello a cui si chiedeva di risolvere i problemi, senza che nessuno si accorgesse quanto mi costasse. Invece sotto la giacca avevo un cuore anch'io."

"Myc, non mi diverto affatto a vederti così! Questo mi dispiace detto da te." Molly era distante da lui, ma ne sentiva la sofferenza.

Holmes tradì un'angoscia profonda, i suoi pensieri corsero a tutto l'impegno che aveva profuso per salvare suo fratello, senza mai ricevere un grazie.

Quante volte aveva agito quando le cose gli erano sfuggite di mano? Che utilità aveva veramente per suo fratello, se non quella di intervenire in caso di bisogno. Ma Eurus era stata la sua totale disfatta. Lei lo aveva accartocciato in sé stesso.

Mycroft era logorato, ficcò le mani in tasca con le labbra strette, il volto solcato da rughe profonde. Molly non disse nulla lo lasciò sfogare. Camminava avanti e indietro nervoso. E diede volto alle sue paure.

"Dopo quello che successe a Sherrinford con la mia disastrosa gestione di Eurus, il rapporto con Sherlock non fu idilliaco.

Poco alla volta lo persi e ci allontanammo. Mi resi conto di non sopportare più il suo sarcasmo, compreso quello di John. Sherlock aveva una certa stabilità con lui. Una nuova famiglia. Io non ne facevo parte. Avevo capito che il mio compito di fratello maggiore era finito.

Perfino Eurus non aveva più bisogno di me. E i miei genitori, ancora arrabbiati per la bugia su di lei, si erano defilati."

Mycroft prese ad ansimare, si fermò a toccare con le dita sottili il tavolo, come se stesse ripercorrendo le sue azioni.

"Non sopportavo più nulla, Molly, non riuscivo a governare le mie emozioni, odiai l'apatia di Eurus e la difesa incondizionata che i miei genitori le davano.

Lei era un'assassina patologica, ma era mia sorella. Mi sentii un fallito per non essere riuscito a proteggere i miei fratelli, e andai sempre più giù. Nemmeno il lavoro mi aiutava.

Alla fine pensai di avere perso tutto. La mia vita era stata inutile. Non avevo affetti, nessuno di loro mi cercava, non ero riuscito a farmi amare."

Mycroft si era fermato al centro della piccola sala, respirando affannato. Molly lo avvicinò lentamente, le appoggiò la mano sulla schiena e cercò di sostenerlo.

"Provavo una sofferenza che mai avevo sentito prima. Non volevo vivere una emotività che non mi apparteneva, piena di rimpianti e solitudine, pensai di chiudere la mia vita. E sarebbe bastato poco."

Mycroft chiuse gli occhi. Era stato stupido, testardo e in un certo senso ridicolo. Si interruppe aspro, guardò Molly dritta negli occhi. Boccheggiò.

"Avevo già la pistola alla tempia, quando chiamò Sherlock. Fui curioso, lo ammetto, risposi, mi salvai per la sua chiamata. Molly, quattro settimane fa, sarei stato tuo cliente all'obitorio."

Mycroft Holmes, il governo britannico, l'uomo di ghiaccio si paralizzò pieno di disperazione. Piantò le mani sul tavolo sorreggendosi. Molly contratta dalla sua disperazione aveva il volto percorso da lacrime cocenti. Non gli importò di come avrebbe reagito, lo abbracciò con tutta la forza che aveva. E decise di rivelargli i suoi sentimenti.

"Ora ascoltami uomo di ghiaccio. Non so come e perché sia accaduto, ma sento delle sensazioni che vanno oltre l'amicizia e l'affetto. Io ti amo. Mycroft." Lo fissò con decisione e lo vide vibrare alle sue parole. "Amo la tua attuale insicurezza, la tua dolcezza, quel essere a volte tagliente, ma mai violento. Sei gentile e sai essere premuroso. Prendila come vuoi mio dolce Holmes, ma è questo che provo per te."

Molly lo baciò sulla guancia. Mycroft non era troppo sorpreso, sapeva e aveva visto nei suoi occhi il sentimento crescere, era troppo protettiva nei suoi confronti.

Quell'attrazione tra loro era maturata lentamente, come se un filo sottile si fosse fatto più robusto e ora li legasse stretti. Si decise di dirle quanto quel sentimento fosse reciproco, quanto lui fosse innamorato della sua dolcezza.

"Molly, provo lo stesso per te. Ma la mia situazione è difficile, temo che i farmaci offuschino la mia mente rendendomi debole e incapace di capire quello che provo veramente per te. L'ultima cosa che voglio è farti del male."

Mycroft ricambiò il suo abbraccio. Aveva paura, tutta la sua insicurezza si manifestò in quella stretta. Non voleva perderla.

"Gesù, Molly, sono così confuso, ti desidero così tanto. Dammi del tempo, voglio uscire da questa condizione, voglio stare bene e dirti che ti amo con assoluta sicurezza."

Mycroft pallido, sconfortato, tremava e vacillava mentre cercava di tenere Molly vicino. Lei lo sorresse con quell'amore incondizionato che sapeva donargli, lo fece sedere sul divano, mentre gli parlava dolcemente rassicurandolo che avrebbe aspettato la sua guarigione.

Holmes sentiva la necessità del suo contatto fisico. La voleva sua. " Un bacio, Molly Hooper, vorrei un tuo bacio, ne sento il bisogno."

Molly si intenerì, gli prese delicatamente il volto fra le mani e lo baciò sulle labbra tremanti.

Mycroft sentì il suo sapore così dolce e un brivido lo attraversò. Tutto il suo complicato mondo costruito in quegli anni, cessò di esistere. Sentì che niente poteva più addolorarlo, nemmeno tutte le sofferenze e tutte le angosce passate.

"Mia piccola dottoressa, sei la persona più amorevole che abbia mai conosciuto. Spero di non deluderti, non sai quanti problemi ti porterò. Ancora non te ne rendi conto. Sono complicato. Ti sei innamorata della persona sbagliata."

Mycroft si alzò dal divano barcollando un po'. Molly lo prese per le braccia e lo sostenne, lo fece girare verso di lei.

"Prendo tutto il pacchetto Myc, i problemi, la depressione, la tua rabbia, il tuo dolore. Prendo Mycroft Holmes. E ne avrò cura. Ora lasciati aiutare, ne usciremo insieme, non respingermi."

Lo fece stendere sul divano, vicino al camino. Era stanco, pallido, il farmaco lo debilitava e gli sottraeva le forze. Lo fece mettere comodo, lo coprì.

"Riposa, ne hai bisogno, io sono qua."

Stremato si lasciò andare. Non aveva né la forza, né la voglia di opporsi, si sentiva svuotato.

Gli bastò poco e dopo due calde carezze di Molly si assopì. Erano le tre, del primo pomeriggio passato insieme.

Molly si occupò della cucina in silenzio, poi si sistemò vicino a lui col portatile a finire del lavoro.

A volte si agitava, ma lo calmava stringendogli il braccio o dandogli una carezza leggera. Il volto tirato del maggiore degli Holmes si distese a poco a poco e lo vide dormire profondamente come se si fosse liberato di un peso.

Non era facile da gestire Holmes, la sua fama e la costruzione meticolosa della sua persona lo avevano portato lontano dagli affetti. Poche volte lo aveva visto cedere ai sentimenti e ora Molly si chiedeva se uscito da quel periodo difficile sarebbe ritornato, il vecchio Mycroft, freddo e manipolatore.

Inoltre Molly era consapevole che poteva ricadere nel suo folle gesto, ma sperava che l'amore che gli aveva dichiarato lo salvasse e salvasse anche lei.

Sospirò piano e si mise a lavorare. Il tempo avrebbe deciso di loro, ma lei avrebbe combattuto fino all'ultimo, fino a che Mycroft non fosse stato salvo, con lei o senza di lei. 

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