L'oscurità
"Togliersi la vita. Interessante espressione: toglierla a chi? Non è certo al morto che mancherà. La nostra morte è qualcosa che capita a chi resta. ~Sherlock~.
La vecchia casa a Pall Mall era immersa nella penombra. Era quasi l'imbrunire, Mycroft Holmes era seduto davanti al camino spento, l'unica luce era quella che filtrava dalle finestre coperte da spesse tende di cotone damascato.
Fissava un punto davanti a lui senza in realtà vedere oltre. Il suo elegante portamento era solo un ricordo. Il bel completo blu appariva sgualcito. Si era tolto la giacca sistemandola ben piegata sulla sedia, la cravatta giaceva abbandonata sul tavolo. La bianca camicia, a cui teneva tanto, era arrotolata fino ai gomiti.
Quella casa antica, ereditata dallo zio Rudy, assomigliava sempre di più a un sepolcro, aveva preso l'odore stantio della mancanza d'aria. Non gli dava più calore e conforto.
La trovò decadente come si sentiva dentro anche lui.
Si versò due dita di liquore che gli bruciò in gola facendolo tossire. Appoggiò il bicchiere, i gomiti sul tavolo, le mani bianche strette sul volto.
E la sua mente volò a Sherrinford. Era passato quasi un anno da quell' inferno.
Mycroft non era riuscito a superare il dramma della sorella, rivedeva le vittime di Eurus, in un loop temporale continuo. Si sentiva colpevole, angosciato, pieno di rimorsi, per non averla fermata prima. Sapeva della sua pericolosità, ma essendo sua sorella, aveva tergiversato troppo spesso. E fu un errore madornale.
Si spezzò quando fu costretto a rivelare l'esistenza di Eurus ai suoi genitori. Le parole sferzanti della madre lo scarnificarono. Quel "idiota", che Violet gli aveva gettato in faccia, lo ferì più di tutti gli anni passati a mentire.
Si era rotto qualcosa, che non era più riuscito ad aggiustare. Benché Sherlock gli avesse dato il suo appoggio, il vaso di pandora si era aperto e le emozioni lo avevano pervaso. Incapace di gestirle aveva perso il controllo di sé stesso. Lentamente il rimorso, gli aveva scavato dentro, la giusta punizione per aver taciuto.
Sussultò ai ritocchi del vecchio orologio. L'angoscia lo prese, come se i morti di Sherrinford fossero tutti lì presenti. Inghiottì a vuoto, deciso di non recedere di un passo.
I ricordi lo mettevano a nudo. Fu quell'isola maledetta la sua condanna. All'inizio era riuscito a mascherare bene il disagio, ma più il tempo passava, più faticava a resistere.
Si allontanò dai legami familiari che lo circondavano, rimase a lungo solo, si sforzò di trovare scuse per non andare al lavoro.
Placò le domande di Anthea preoccupata, frequentò poco Baker Street, e si isolò consapevolmente sempre di più. Si finse preso da chissà quale progetto di governo. E sparì lentamente senza rumore.
Il corpo e la sua mente reclamavano silenzio, stilava classifiche e brutali analisi di coscienza. Una vita spesa inutilmente, lo pensò con atroce dolore.
Si accorse che il sole lentamente tramontava, ci sarebbe stata poca luce tra poco, ma non gli importò molto.
Sul tavolo di noce dove era seduto, c'era un foglio bianco con la sua calligrafia impressa.
Appoggiata vicino, una penna stilografica che gli era stata regalata per Natale, e poco più in là c'era inquietante il revolver del suo ombrello, con un colpo in canna.
Mycroft lo guardò, tremò, si sentì irrimediabilmente perduto, incapace di reagire, schiacciato dai rimorsi.
Voleva finirla quel giorno, voleva chiudere il suo viaggio. Si sentiva vuoto.
Si prese il volto fra le mani e rimase così per alcuni minuti.
La vecchia casa sembrava vegliarlo, piena di rumori minacciosi. Pensò a tutti gli sbagli fatti, alla vita che avrebbe potuto avere se non si fosse arroccato in quel suo modo di essere fuori dagli schemi, manipolatore, freddo e solo.
Sostanzialmente solo.
Adesso che le emozioni lo prendevano, lo divoravano dentro, la sua incapacità di richiuderle, di affossarle come aveva sempre fatto, lo torturavano in modo atroce.
Ora provava la mancanza di affetti stabili, di sentimenti umani, di calore, di un bacio dato con passione. Avvertiva gli stessi desideri dei suoi detestati lenti pesci rossi. Ma lui era il peggiore della specie.
Per anni la sua vita era stata tutta rivolta a proteggere la sua famiglia, a rafforzare il suo potere alla governance. Aveva acquisito la sicurezza di un posto ambito che gli dava una autorità appagante. E spesso non gli bastava.
Ma alla fine la cosa che lo addolorava di più era di non essere riuscito a ricucire il rapporto con Sherlock, che dall'adolescenza si era irrimediabilmente interrotto. Il lavoro lo aveva portato via da casa e il piccolo fratello non glielo aveva mai perdonato. Si era sentito abbandonato e avevano preso strade opposte.
Così era cominciato quel continuo prendersi e lasciarsi, quelle frasi dolorose che col tempo Mycroft non riuscì più a reggere. Quel sentirsi in difetto per qualsiasi cosa facesse il fratello minore.
E ora che Sherlock viveva sereno con la sua strana famiglia, si era accorto che il suo compito era terminato.
Lui non ne faceva parte.
Mycroft sentiva, costantemente, ogni volta, che la colpa era sua.
L'allontanamento che Sherlock gli impose, lo avevano fatto chiudere in un atteggiamento altezzoso nei suoi confronti. Il rapporto tra loro, si era chiuso nei meandri di frasi svilenti e offensive da entrambe le parti.
Non esisteva fra loro nessun gesto affettuoso. Quegli abbracci che Sherlock gli aveva donato da piccolo erano spariti, come non li avesse mai ricevuti, ne dati. Il rimpianto lo prese più forte, strinse la mano tremante sulla camicia appena sopra al cuore, dovette fermarsi, ansimava pesantemente.
Sollevò la testa, prese la stilografica per lasciare ancora due righe al fratello. Scrisse quello che aveva appena provato, si scusò per il dolore di chi restava e non certo di chi se ne andava.
Fece una breve pausa, aveva la gola secca, si versò dell'altro liquore, lo bevve in un fiato. Si lasciò sfuggire un debole lamento.
Chiese a Sherlock di perdonarlo per il male che stava per fargli, di continuare senza di lui, ma con vicino John e la piccola Rosie.
Non poteva più proteggerlo, era troppo stanco. Aveva portato a termine il suo compito.
La vecchia casa sembrava stringersi insieme a lui, riprese la stilografica e firmò il foglio scritto con tanto dolore.
Esitò mentre prendeva il revolver, respirò incerto, in affanno. Resettò la mente, portò la canna sulla tempia. E chiuse gli occhi.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top