05. Bollente come il ghiaccio

Entrai in casa sperando che Gabi fosse già a studiare in spiaggia; invece, la trovai in cucina, piegata sul bancone, con indosso solo un bikini striminzito e i suoi seni sodi in bella vista.

Avevo la gola improvvisamente secca. Annaspai per qualche istante, mentre altra irritazione si aggiungeva a tutta la rabbia accumulata durante la mattinata.

«Potresti vestirti, per cortesia?»

«Cosa ti infastidisce, Point Break?»

Le scoccai uno sguardo truce mentre mi dirigevo verso il dispenser dell'acqua incastonato nel frigo. Non soddisfatta della mia non reazione, si avvicinò sculettando con fare provocante e appoggiò la schiena, inarcandola contro l'anta del frigorifero.

«Non ti piace quello che vedi? O forse, ti piace troppo per ammetterlo?»

«Gabi, che cazzo stai facendo?» ringhiai tra i denti senza distogliere lo sguardo dal ghiaccio che stava cadendo nel mio bicchiere.

«Oh, avanti fratellone, mi avrai visto in spiaggia in costume centinaia di volte ormai. Qual è il problema ora?»

Si avvicinò ancora di più e fece scivolare le dita tra i miei capelli, mentre con l'altra mano prese un cubetto di ghiaccio portandolo alla bocca.

Il bicchiere che avevo in mano cadde a terra con un forte tonfo e un tintinnio di ghiaccio e vetri rotti che picchiettarono sul pavimento. Con uno scatto, le afferrai entrambi i polsi e glieli bloccai con una mano sopra la testa, contro l'anta fredda del frigorifero, mentre con l'altra puntavo il mio dito indice contro il suo viso sconvolto.

«Ascoltami bene, Signorina! I tuoi giochetti non funzionano con me. Dovresti solo vergognarti di quello che stai tentando di fare, fosse anche solo per punzecchiarmi, provocarmi o dimostrare Dio sa cosa!»

La vidi sussultare per essere stata smascherata e, con una punta di soddisfazione, continuai.

«Non ho nessuna intenzione di farti rovinare il mio weekend o di farlo rovinare ai nostri genitori, lasciandoti ficcare in qualche guaio. Quindi, apri bene le orecchie: niente feste, niente ragazzi e niente superalcolici qui in casa, oppure chiamerò la polizia e la spedirò dritta a casa della tua amichetta lesbica. Per tua informazione, so benissimo che spaccia!»

La mia bocca stava vomitando rabbiosamente tutte quelle minacce a pochi centimetri dalla sua. Mi resi conto un po' troppo tardi di stare fissando insistentemente le sue labbra carnose e inizia a sentire tirare il cavallo dei bermuda.

Alzai gli occhi incrociando il suo sguardo. La spavalderia e l'audacia di poco prima avevano lasciato posto a un misto di paura e smarrimento. Rimasi inebetito dai sensi di colpa per qualche istante, poi lasciai andare piano i suoi polsi. Rimasi ancora per qualche attimo davanti a lei senza arretrare. Avevamo entrambi il respiro molto accelerato. I miei occhi si stavano posando sul suo petto che si gonfiava e sgonfiava freneticamente. Anche il suo sguardo stava scivolando verso il basso; mi apprestai quindi a darle le spalle velocemente. Feci il giro dell'isola della cucina in modo da affrontarla nuovamente, nascondendo la mia erezione dietro il bancone.

«Gabi, mi dispiace, non volevo aggredirti così; è stata una brutta mattinata, ok?»

«Certo, e non volevi neanche dire tutte quelle bugie sulla migliore amica.»

Poteva insultarmi, e avrebbe avuto tutte le ragioni di questo mondo. Invece, quello che l'aveva più ferita era ciò che avevo detto della sua amica Micky.

«Gabrielle, non mi dirai che non ti sei mai accorta di nulla?»

«Smettila, Nate! Non è vero!»

«Vive in una catapecchia, non ha un lavoro, ma è sempre vestita con capi firmati. Dove pensi che trovi tutti quei soldi per le vostre serate così moderate? O spaccia o si prostituisce... E visto che è lesbica... Beh...»

«Non ti azzardare a parlare così di lei, Nathan! Non la conosci. I suoi le spediscono soldi dall'Europa ogni mese, anche se spesso non riescono a tornare a casa.»

«Mio Dio, Gabi, ma ti senti? Eppure non sei una ragazza ingenua. I suoi non si vedono da anni. Non vivono in Europa, ma in carcere a Rikers, per spaccio.»

«Oh, basta adesso! Ti diverti ad atteggiarti da grande uomo arrivato, come se tu fossi stato un santo in passato? Sai, le ascolto anche io le voci in giro. E alcune dicono che non eri un ragazzo così tranquillo fino a cinque anni fa, come vuoi farmi credere. Non mi interessa cosa dicono di Michaela. È una mia amica e mi vuole bene. Forse è l'unica persona al mondo che me ne vuole! Quindi smettila di giocare a fare il fratello maggiore e lasciami in pace per una buona volta.»

Calò il silenzio tra di noi. Impiegai qualche istante per incassare il colpo mentre la mia mente tornò per un lungo attimo a quel molo immerso nel buio. Non sapeva quello che stava dicendo. Quello che aveva portato a galla e quello che mi ostinavo a fare finta non fosse mai successo. Gabrielle non aveva la più pallida idea di quale fosse stato l'evento che mi aveva cambiato così profondamente.

«Hai ragione, Gabi. Non sono stato uno stinco di santo in passato. Io e mia mamma abbiamo avuto i nostri momenti di difficoltà. Ma non ho mai spacciato e men che meno ho mai manipolato nessuno per un mio tornaconto personale. Io e la tua amichetta lesbica non abbiamo proprio niente in comune.»

«Non è lesbica!»

Ignorai le sue urla e mi diressi verso lo studio per prendere il mio portatile. Non potevo lavorare da casa. Non dopo quello che era successo. Avevo perso nuovamente il controllo e non capivo cosa mi stava succedendo.

Mi ero sforzato di vederla come una sorella, ma il mio corpo si era decisamente ribellato. La verità era che ogni cosa riguardasse Gabi mi destabilizzava, in un modo o nell'altro. Non eravamo fratelli, ma mi rivedevo in lei, nel modo completamente autodistruttivo in cui affrontava le sue ferite. La stessa autodistruzione che avevo incontrato su quel pontile di Fort Pond Bay cinque anni prima e che mi aveva profondamente sconvolto. Mi aveva portato a chiedermi che direzione stesse prendendo la mia vita. Se un giorno sarei finito anche io strafatto su quel pontile a non desiderare altro che soffocare me stesso e il mio dolore nelle fredde acque della baia.

Mentre ripercorrevo a ritroso la stessa identica strada che avevo fatto mezz'ora prima, cercai invano di scacciare tutte quelle brutte sensazioni e i ricordi angoscianti.

Tornai da Marien, la quale mi accolse con lo stesso sguardo truce di quella mattina, come se la sua faccia si fosse congelata in quella espressione per tutte quelle ore. Ordinai un club sandwich, una birra, e mi gettai a capofitto nel lavoro, tenendo la mente lontana da casa, lontana da Gabi e lontana da quella notte di cinque anni fa.


Quello che non capivo era perché volesse distruggere l'unica relazione che per me contasse davvero, quella con Michaela. Lei mi accettava per quella che ero, con tutti i miei pregi e tutti miei difetti. Certo, ogni tanto si arrabbiava quando la lasciavo sola, ma forse anche io avrei provato lo stesso, se si fosse presentato il caso.

Cosa che per altro non era mai successa, perché lei era sempre attenta e premurosa nei miei riguardi.

Era esigente, è vero, ma solo perché lei era la prima a dare tanto nel nostro rapporto di amicizia. Io ero la sua famiglia e lei era la mia. Tutto il resto non contava.

Mi aveva insegnato a essere forte e a non piangermi addosso; a non rimuginare sui problemi e a vivere la vita sempre al massimo; a godermi ogni singolo giorno senza sprecare nemmeno un istante. Per queste ragioni temevo di farmi vedere da lei in quello stato. Non potevo raccontarle che Nate mi aveva bloccato i polsi, proprio come avevo sognato pochi giorni prima.

Non potevo spiegarle che avevo sentito il cuore esplodermi nel petto, che avevo sentito un calore liquido percorrermi tutto il corpo, fino a diventare sempre più incandescente man mano che le sue labbra si avvicinavano alle mie, ignorando per giunta il fatto che quella bocca stesse sputando solo veleno.

No, erano sensazioni che non avrei mai dovuto provare e quindi nemmeno raccontare. Nate non era altro che un lurido bastardo ipocrita. Fingeva di essere un perbenista, quando il vero Point Break, fino a poco tempo prima, se la spassava tutte le sere peggio di me e Michaela messe insieme. La cosa peggiore era fingere di essere disgustato dalla mia vita sessuale, quando in realtà si eccitava come qualsiasi altro suo amichetto di Harvard che mi ero fatta.

Il rigonfiamento nei suoi pantaloni mi aveva dato la prova definitiva, nonostante avesse fatto di tutto per nasconderlo durante il nostro ultimo scontro in cucina.

Aveva reagito in modo esagerato alle mie provocazioni. Questo voleva dire solo una cosa: il mio corpo non gli era così indifferente come voleva farmi credere. Dentro di me iniziò a serpeggiare un piano davvero poco ortodosso per togliermi il mio fratellastro dai piedi, una volta per tutte. Metterlo di fronte al fatto che non era poi così diverso da tutti gli stronzi con cui andavo a letto, gli avrebbe sicuramente tappato la bocca.

Rinvigorita dal mio piano, presi il telefono in mano per chiamare Micky.

«Ehi, stronzetta! Non sai cosa è successo stamattina! Ti devo raccontare!»

«Ciao, Micky. Hai la mia completa attenzione. Avanti! Spara!»

«Matt, il dottorando di Harvard che ti sei scopata il weekend scorso mollandomi da sola alla festa dai Petersons...»

«Ok, Micky, questa parte la conosco, vai al punto.»

«Beh, si è picchiato con quel rompiscatole del tuo fratellastro.»

«Che cosa?»

Ero scioccata. Il buon surfista tutto peace & love era caduto davvero in basso. Sentivo Micky gracchiare una risata divertita.

«Pare che Point Break gli abbia spaccato il setto nasale e che Matt sia finito al pronto soccorso.»

«Oh, porca vacca!» Scoppiai a ridere incredula.

C'era qualcosa in quella situazione che mi rendeva felice. Mi spiaceva per faccia da sushi, senza contare che il suo grazioso naso era sufficientemente schiacciato così di suo. Ma la possibilità che qualcuno avesse fatto a pugni per me mi faceva sentire importante. Era una sensazione mai provata.

«Non ci posso credere, Micky, mi hai risollevato la giornata con questa notizia!»

«Perché? Era iniziata male?»

«Oh, no, niente, non ti preoccupare. Mio padre e la mielosa Susy sono partiti e Point Break ha subito ricominciato a fare lo stronzo.»

«Beh, ora hai materiale per tappargli la bocca alla sua prossima ramanzina.»

«Cosa c'è di bello da fare stasera sulla costa?»

«Gabi, ma dove vivi? Non hai visto le previsioni? È in arrivo una tempesta stasera.»

Guardai fuori dalla finestra e il cielo all'orizzonte sembrava già tutto plumbeo.

«Uhm, già. Non me ne ero accorta.»

«Che dici, vengo a trovarti tra un'oretta con Bianca o Mary? O con entrambe?»

«Non credo sia il caso, Micky. Ne approfitto per studiare un po' oggi.»

«Oddio, che noia mortale! Come vuoi! Allora facciamo per le otto? Solo io, te e Mary. Passo a prendere due pizze da Jack's prima di venire. Così le mangeremo di sfregio sul divano color panna andata a male di Susy!»

«Andata! A più tardi, Micky!»

«A più tardi, stronzetta!»

Cercando di ignorare quello strano senso di irritazione, mi richiusi in camera a studiare. Le parole di Nate del weekend precedente mi avevano segnato più di quanto volessi ammettere. Per tutta la settimana avevo davvero cercato di studiare in spiaggia invece di fare finta come tutti gli altri giorni precedenti. Tutto a un tratto, passare un pomeriggio ad assumere droghe mentre fuori pioveva mi sembrava un grande spreco di tempo. I commenti di Michaela mi avevano infastidito, ma dopotutto era sempre lei che mi ripeteva di fare quello che volevo, senza badare a quello che pensavano gli altri. Avevamo tutta la sera per stare assieme; un po' di ore di studio non avrebbero guastato.

Una serata tranquilla ci voleva ogni tanto. Peccato che proprio quella serata invece sarebbe stata la più movimentata della mia vita...

Ben ritrovare nell'angolo del caffè !

In questo capitolo da elettrici, siamo diventati piuttosto bollenti. Non pensate?

Vi è piaciuta la tensione di questo capitolo?

Pensate che Gabi stia scherzando con il fuoco ?

Secondo voi Micky può avere un ruolo positivo nella vita di Gabi?

Fatemi sapere con una stellina o un commento se vi è piaciuto!

A presto!

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