02. Un sogno da Hangover

Il mio fratellastro mi doveva decisamente un grosso, grossissimo favore. Susan non smetteva di inondarmi di entusiasmo mentre mi raccontava del precedente viaggio a Miami con mio padre. Di tanto in tanto annuivo, ma in realtà non la seguivo più da almeno cinque minuti. Mi girava sempre di più la testa, martoriata da continui e imbarazzanti flash back di ciò che avevo combinato la sera prima.

Avevo fatto sesso sulla spiaggia con un dottorando di Harvard, tutto muscoli e cervello. Uno sportivone dai capelli scuri e dalla carnagione abbronzata, con qualche bellissimo tratto orientale. Matt, se non ricordavo male. Un tipo che assomigliava per indole al mio bel fratellastro: affascinante, intelligente e soprattutto molto stronzo.

Inoltre era il migliore amico del proprietario della villa dove aveva avuto luogo la festa a bordo piscina. Io e Micky c'eravamo presentate già abbastanza su di giri e l'esotico morettone non aveva perso tempo a trascinarmi in spiaggia poco dopo il mio arrivo.

Si, ero fatta così. Praticavo sesso occasionale. Molti mi davano della poco di buono, ma a me piaceva. Almeno sul momento. Tutto quel contatto così fisico, profondo e istintivo, leniva, anche se per poco, quel vuoto insopportabile che mi accompagnava da più di sedici anni. In quei momenti mi sentivo viva e desiderata in modo viscerale. Qualcosa che assomigliava al sentirsi amata. O almeno così credevo. Chiariamoci, non ero mai stata una povera illusa. Sapevo benissimo che i miei partner occasionali non mi amavano. Così come io non mi innamoravo mai di loro e non mi aspettavo mazzi di fiori il giorno dopo.

Tuttavia quando non si degnavano di inviare nemmeno un misero messaggio di apprezzamento sull'incontro ravvicinato oppure non volevano ripetere l'esperienza senza impegno, ci rimanevo inevitabilmente male. Avrei tanto voluto essere in grado di non provare quel senso di umiliazione misto a vergogna e delusione. Ma non ci ero mai riuscita. E così, il giorno seguente mi sentivo sempre uno schifo, nonostante la mia amica Micky continuava a ripetermi che loro non contavano niente.

In preda a quei pensieri, d'un tratto la stanza aveva ricominciato a girarmi intorno mentre il ricordo della voce di "faccia da sushi" prese a turbinarmi nella mente.

«Gabrielle lasciami il tuo numero. Domani devo tornare a Boston, ma possiamo ripetere il match una sera al mio ritorno, se ti va.»

Wow, una proposta davvero romantica! I ricordi riapparvero tutti all'improvviso. Rammentai distintamente la paura dell'attesa che si era fatta strada nel mio petto, ancora prima di riallacciarmi il reggiseno. La mia mente aveva rifiutato categoricamente di passare l'intera settimana successiva ad aspettare un messaggio che probabilmente non sarebbe mai arrivato. Così avevo preso in mano il suo cellulare, avevo salvato un numero sbagliato sotto Gabi. Dopodiché mi ero rivestita in fretta ed ero corsa a cercare Micky.

«Ci vediamo Matt, grazie dei tre orgasmi.»

Mentii con gran disinvoltura. Faccia da sushi non mi aveva fatto raggiungere il paradiso neanche una volta, ma io avevo urlato come un'aquila tutto il tempo giusto per renderlo più focoso e irruento. Farli sentire come una pornostar era quello che più li mandava fuori di testa. E più erano gasati, più io mi sentivo desiderata.

Il suono del mio telefono, davvero letale per il mio mal di testa, mi strappò dai miei pensieri e mi offrì una perfetta via di fuga dalla mia mielosa matrigna.

«Scusami Susan, devo proprio rispondere.»

Corsi fuori sul portico di legno sbiancato e la luce del sole, ormai alto, mi colpì come una bastonata in faccia, ma la brezza estiva dell'oceano mi rianimò un poco.

«Micky!» Risposi al telefono mordendomi il labbro.

Dopo aver abbandonato Matt sulla spiaggia, ero tornata a cercarla alla festa, ma non l'avevo trovata. Mi ero quindi unita ad alcuni miei compagni di università, proseguendo la serata tra balli e diversi litri di alcol.

«Gabs, che diavolo di fine hai fatto ieri sera? Non dirmi che ti sei scopata faccia da sushi!»

«Bhe, io... hmmm...»

«Dio mio Gabi, ma non puoi semplicemente ballare e bere come fanno tutti per una volta? È sempre la solita storia! Ogni volta mi molli da sola come una stupida per correre dietro a qualche cazzo!»

«Ma se eri circondata da mezza squadra di football di Harvard quando sono andata in spiaggia con Matt?»

«Gabi, lo sai bene che non me ne frega niente di quei decerebrati tutti muscoli capaci di ragionare solo con le parti basse. Io esco con te e vorrei divertirmi con te, non con degli sconosciuti!»

Micky era l'unica persona che mi voleva davvero bene. Era sempre piena di attenzioni nei miei confronti. Mi conosceva alla perfezione e sapeva sempre cosa mi piaceva fare e come mi piaceva divertirmi. Alle volte però, sapeva essere davvero morbosa. Non riuscivo a capire se fosse segretamente gelosa di me e del tempo che non dedicavo alla nostra amicizia, oppure era invidiosa del mio essere disinibita con il sesso maschile. Era una bellissima ragazza dagli occhi di ghiaccio, messi ancora più in evidenza dai capelli corvini. Era alta tanto quanto me, ma leggermente più magra e con qualche curva in meno. Ad ogni festa era sempre attorniata da diversi ragazzi attratti probabilmente dai suoi modi sfacciati. Non faceva altro che istigarli ogni volta che scendevamo in pista. Facevamo sempre le sceme, attirando l'attenzione con chiare allusioni saffiche. Ballavamo strusciandoci l'una sull'altra e più di una volta avevamo finto di baciarci. In alcuni casi, in preda ai fumi dell'alcol e di qualche droga che procurava lei occasionalmente, il bacio non era stato poi così finto. Era stato addirittura coinvolgente, intimo e pieno di tenerezza.

Era proprio così che avrei voluto essere baciata da un uomo, invece delle solite lingue che invadevano con arroganza e urgenza la mia bocca.

Sì, mi era piaciuto davvero. Ma ancora di più era piaciuto alle folle di ragazzi arrapati che ci circondavano sempre in quelle situazioni. Occasioni perfette di rimorchio, in cui mi bastava guardarmi attorno e selezionare il prescelto che avrebbe colmato i miei vuoti almeno per una mezz'oretta, nella migliore delle ipotesi. Ma per Micky non era così. Non concludeva mai nulla. Era stata tradita dal fidanzato quando eravamo al liceo e da allora era diventata cinica e molto distaccata con i ragazzi. Ogni volta che mi appartavo con qualcuno, il giorno dopo mi faceva sentire in colpa, come se l'avessi tradita e abbandonata.

«Dai Micky, non te la prendere. Sai come vanno certe cose... Sarò stata via quanto? Una mezz'ora? Poi sono corsa a cercarti, ma non ti ho trovato.»

«Un'ora bella e buona, Gabi! Me ne sono tornata a casa da sola. A piedi!»

«Senti, mi dispiace davvero. Non so cosa mi sia preso. E quello di cui ci siamo fatte ieri, non mi aiuta di certo. Mi manda troppo su di giri. Ti prometto che non lo farò più. Però ti prego, aiutami a non esagerare!»

«Quindi la colpa ora sarebbe mia perché ogni tanto porto 'Bianca'? Come se non ti piacesse la sua compagnia.»

«No, non sto dicendo questo. Volevo solo dire che dovremmo andarci piano, se vogliamo avere serate più sottotono.»

«Sei tu che esageri Gabs, non io! E non voglio serate normali, così come non le vuoi tu. Voglio solo un'amica che non si volatilizzi a ogni festa che andiamo!»

'Bianca', assieme a 'Mary', erano dei nomi in codice per riferirsi rispettivamente alla cocaina e all'erba, che di tanto in tanto Micky recuperava per le serate particolarmente movimentate.

Io non ne sentivo mai l'esigenza e non gliel'avevo mai chiesto, ma quando la portava di certo non mi tiravo indietro, sapendo che la serata avrebbe preso pieghe abbastanza esilaranti, colmando i miei vuoti con divertimenti estremi.

«Micky, mi spiace davvero. Come posso farmi perdonare?»

«Al South&Sound alle due e mezza in punto!»

«Ok, stronzetta. Ci vediamo lì! Se arrivi prima di me prendi i lettini in prima fila.»

Riattaccai. Avevo finto entusiasmo, ma dentro di me la stavo maledicendo. Anche il solo rumore delle onde mi trapanava il cervello e l'ultima cosa che volevo era andare in un locale sulla spiaggia, sotto il sole cocente, dove si ballava e si beveva alle tre del pomeriggio. Tuttavia dovevo farmi perdonare dalla mia amica.

Rientrata in cucina, notai che Susan aveva già pulito e riordinato tutto. Mi diressi verso il pensile dei medicinali, ingurgitai un'aspirina seguita da un bicchierone di acqua e mi trascinai al piano superiore.

«Non svegliatemi per il pranzo!» urlai a Susan e mio padre, i quali erano intenti a ridere e scherzare in camera loro.

Una colazione, una conversazione e una telefonata mi avevano già sfinito in poco meno di un'ora. Impostai la sveglia per non deludere per un'altra volta la mia amica. Tirai le tende oscuranti e mi gettai sul letto, piombando subito in un sonno profondo.

Ero sotto la doccia. L'acqua bollente mi scivolava sulla schiena per poi inarcarsi sulle curve del sedere. Sentivo i rivoli d'acqua stimolarmi i capezzoli e scendere giù sotto la mia pancia. I miei sensi erano accentuati come non mi era mai successo prima. Stavo ansimando, quando sentii il suo corpo spingermi contro la superficie materica delle piastrelle della doccia. Mi prese i polsi e me li portò sopra la testa, bloccandoli entrambi con una sola mano, mentre l'altra mi percorreva il fianco sfiorandomi il seno. La sua bocca mi stava ricoprendo l'incavo del collo di baci, sensuali come quelli di Micky, ma il corpo che sentivo imprigionarmi era decisamente maschile. Sentivo la durezza del suo membro premermi sulle natiche, mentre dei pettorali granitici mi aderivano alla schiena. Ansimai ancora e mi voltai per cercare quella bocca che mi stava eccitando oltre ogni limite.

Ed eccolo lì, farsi strada tra i capelli biondi gocciolanti, l'odiato ghigno maledettamente sensuale del mio fratellastro.

«La stai dando a tutti, Gabi. Puoi darne un po' anche a me?»

«No, no, no!»

Mi svegliai urlando, completamente sudata e sconvolta. Mi umettai le labbra in cerca del bicchiere d'acqua che avevo appoggiato sul comodino.

Ero ancora eccitata, ma ancora di più, inorridita. Non era la prima volta che lo sognavo. Non avevo mai dato molto peso alla cosa. Dopotutto non facevo altro che incrociarlo per casa seminudo. E Nate era attraente almeno quanto odioso. Quindi molto.

Tuttavia la sensazione lasciatami addosso da quel sogno, così reale e intenso, mi aveva stordita. Trascorse qualche istante prima che il respiro riprese a riempirmi i polmoni. Ritrovata la calma, mi distesi nuovamente, con la speranza di poter dormire ancora qualche minuto. Tuttavia la sveglia fu di tutt'altro avviso, decretando con il suo strillo acuto che era l'ora di prepararsi per uscire.

Mi avviai verso il bagno per farmi un'altra doccia e mi soffermai a guardare l'immagine riflessa dallo specchio con rassegnazione.
I capelli erano ridotti a un groviglio di ciocche rosse annodate tra loro. Non c'era più traccia delle morbide onde lucenti della sera prima. La pelle sembrava aver perso tutta l'abbronzatura che ero solita alimentare ogni giorno in spiaggia. Le labbra invece erano inspiegabilmente arrossate.

Sospirai avvilita all'idea di dover trascorrere del tempo in più sotto la doccia tra balsamo e spazzola per districare quel disastro.

Tesi l'orecchio per capire in che punto della casa fosse Nate. Delle risate provenivano dalla veranda comunicante con la cucina. Il che significava che erano tutti giù a pranzo e che il bagno era tutto mio.

Ben ritrovate!

Allora avete visto che bel peperino Gabi?

Cosa ne pensate del modo in cui colma i suoi vuoti affettivi?

E Micky come la vedete?

Il sogno bollente vi è piaciuto?

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