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Libero, ma non risponde.

Sbuffando imposto la modalità silenzioso del cellulare scaraventandolo nella tasca della giacca.

«Peggio di un'adolescente – sospiro di nuovo – no, più incosciente».

A grandi passi raggiungo la biglietteria, fortunatamente non troppo affollata.

«Buonasera». La voce della ragazza è metallica.

«Un intero, grazie».

«Da sola?»

Robot insolente, non infierire.

«Ho appena detto un intero, quindi, si, sono sola». Seccata attendo con impazienza l'arrivo del biglietto dall'apposita macchinetta. Da quando è un reato venire al cinema da soli?

«Buona visione!»

«Grazie».

Prendo il biglietto, lo metto all'interno della tasca assieme al telefono ancora silente e, velocemente, arrivo al reparto schifezze, dove, complice la collera, acquisto una valanga di caramelle gommose, pop-corn al cioccolato e per concludere Coca Cola a volontà.

Ho così tante porcherie in mano che il ragazzo dello staff all'ingresso della sala è costretto a recuperare il biglietto direttamente dalla mia tasca. Lo ringrazio leggermente in imbarazzo mentre spedita come un razzo, raggiungo il mio posto.

La sala è buia, solo piccoli led illuminano le scale, fortunatamente grazie allo schermo riesco ad intravedere il numero posto sul retro della poltrona.

Diciassette, fortuna non sono superstiziosa.

Dispongo in maniera disordinata il cibo negli appositi contenitori, troppo piccoli per la quantità esosa di dolciumi.

Mentalmente faccio la conta per scegliere da quale vettovaglia iniziare.

«Pop-corn al cioccolato!»

«Shhhhhh.... Silenzio!» si lamenta una ragazza due file dietro.

Uffa, ci sono ancora le pubblicità. Odiosa!

Apro la confezione più piano che posso per evitare di essere sgridata nuovamente e attendendo impaziente l'inizio del film.

🎬🎬🎬🎬🎬🎬🎬🎬🎬🎬🎬🎬🎬🎬🎬🎬

Gradualmente si riaccendono le luci in sala e poco a poco il pubblico si dispone in lunghe file verso l'uscita, me compresa.

Impilo tutti i rifiuti per facilitarmi il trasporto e, lentamente, raggiungo l'uscita dove spero di trovare un cestino al più presto.

Niente.

Proseguo il lungo corridoio di moquette azzurra speranzosa.

Niente.

Sono nell'atrio del multisala letteralmente sommersa dai rifiuti e di cestini neanche l'ombra.

Finalmente, a poca distanza ne intravedo uno, parzialmente coperto da un ragazzo di spalle che sta gettando un pacchetto di sigarette.

Mi precipito gioiosa verso la pattumiera nel momento esatto in cui quest'ultimo si volta.

Gelo, è Lorenzo.

Rimango immobile molto vicina a lui, troppo.

Ho il cuore in gola, la salivazione assente e un incalzante istinto omicida. In un millesimo di secondo malvagi pensieri ruotando all'interno della mia testa. Inspiro lentamente per convogliare tutte le mie energie positive. L'unico proposito che ho in mente è quello di andarmene con tutte le cartacce ignorandolo totalmente, ma una voce stridula ci sorprende da dietro.

Non ci voleva.

«Carola, cosa ci fai tu qui? – è Cecilia che sarcastica prosegue – tutta sola».

Cosa faccio al cinema? Domanda intelligente!

Nell'esatto istante in cui le mie orecchie odono la sua voce, i neuroni disposti ordinati nel cervello, come piccoli soldati pronti alla battaglia, ricevono una precisa indicazione:

"Al mio segnale, scatenate l'inferno!"

In silenzio e molto lentamente faccio i cinque passi che mi permettono di gettare le cartacce e, scuotendo le mani, rispondo.

«Ho visto un film, credo si faccia questo al cinema. Sbaglio?» Lo sguardo è duro e le parole ancora di più.

Ride isterica, muovendo i due lampadari che indossa al posto degli orecchini. «Anche noi quattro al cinema, che coincidenza.» Con l'indice indica suo marito, Lorenzo e la sua nuova compagna. Poi continua con aria sostenuta. «Abbiamo visto un film del regista iraniano Frizzan Ozetek». Si interrompe, poi guarda in giro come per cercare qualcuno nella folla. «Non sei con la tua guardia del corpo?» Incrocia le braccia.

Ecco il segnale.

«Non è la mia guardia del corpo, è solo un amico, un grande amico, ma dubito che tu conosca il significato della parola amicizia, perché è qualcosa che si ottiene donando a un'altra persona rispetto, dedizione e affetto incondizionati, non ha prezzo e non si compra».

Le sorrido soddisfatta, prima dell'attacco finale. «Vi auguro una piacevole serata ragazzi, ci terrei solo a precisare un dettaglio: il regista si chiama Ferzan Ozpetek ed è turco, non iraniano».

Faccio un mezzo giro sui talloni voltandomi. «Buon proseguimento». Scuoto la mano destra come ulteriore saluto ed esco dal cinema, noncurante dei commenti e delle occhiate al vetriolo.

Ben fatto!

Carola 1, quartetto di stronzi 0.

🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥

00:30.

Compongo il numero di mia nonna per l'ennesima volta.

Libero, come sempre.

Squilla diverse volte poi finalmente nel trambusto risponde.

«Pronto».

Sembra tranquilla e piacevolmente divertita, mentre sua nipote è preoccupata a morte.

«E lo dici così?» Sono furiosa.

«Così come, cosa?»

«Primo, sei partita senza dirmi niente».

«Non è vero ti ho chiamata sull'autobus» ribatte.

«Fai silenzio, non aggravare ulteriormente la tua condizione già precaria».

Mutismo assoluto.

«Ho provato a chiamarti un'infinità di volte e non hai mai risposto, dov'eri?»

«Probabilmente non ho sentito lo squillo». Dal tono di voce sembra dispiaciuta, ma non riuscirà ad impietosirmi.

«Sono io la nipote che può permettersi qualche cavolata, non tu! Vuoi ficcartelo nella testa, si o no? – mi fermo un attimo per riprendere fiato e calmarmi un secondo – non azzardarti a farlo mai più altrimenti ti strozzo».

«Ricevuto».

Cambio intonazione, sperando abbia capito il rimprovero. «Ti stai divertendo?»

«Fino a cinque minuti fa si, poi hai chiamato...» dà l'impressione di essere scocciata.

Non posso crederci, ho parlato a vanvera.

«Prima che ricominci con la ramanzina, sappi che sto scherzando – ride – non preoccuparti per me, tutto bene e scusami per non aver chiamato prima».

«Scuse accettate». Mi siedo sul divano.

«Cosa hai fatto oggi di bello oltre ad avermi cercata disperatamente?» Sorride di nuovo.

«Non c'è niente da ridere se mi preoccupo per te. Avresti fatto lo stesso al mio posto. Almeno spero – appoggio la testa sullo schienale del divano – mamma mi ha chiamata all'alba per dirmi di stare attenta per tre giorni».

Nonna mi interrompe urlando. «Aspetta, non ti capisco, indosso la mantella ed esco dalla sala da ballo».

Sala da ballo? Meglio non indagare. Dal telefono non odo più schiamazzi, forse è già uscita.

«Parla pure tesoro».

«Mamma mi ha chiamata all'alba per dirmi di portare attenzione per tre giorni, potrebbero accadermi cose strane».

«Credi a queste stupidaggini?» Soffia nel telefono come un vecchio treno a vapore.

«Dopo la sua telefonata non ho sentito la sveglia».

«Non farti condizionare» la risposta è piuttosto infastidita.

«All'uscita dal cinema ho incontrato Lorenzo... in compagnia». Non voglio veramente credere alle congiunzioni astrali, oroscopi vari o fandonie del genere, ma oggi è stata veramente una giornata pesante.

«Carola, mi devi ascoltare – con voce grossa cerca di tagliare corto – ti stai facendo suggestionare, una giornata storta capita a tutti».

«Sai nonna che non credo a queste cose» il mio tono risulta poco convincente ai suoi orecchi.

«Ascoltami bene – scatta la ramanzina – adesso fai una bella dormita, così domani ti sveglierai lucida e ben riposata, dopo una sana colazione, va subito al salone di bellezza per una coccola quotidiana e, sul far della sera, divertiti. Ci siamo capiti? – sbuffa – devo insegnarti tutto io?»

Ridendo. «Sissignora!»

«Mi ascoltassi qualche volta!» In sottofondo qualcuno grida il suo nome. «Arrivo, sono al telefono con mia nipote – riprendendo la cornetta prosegue – ...invece di far sempre come credi meglio tu!»

«Dite sempre così!» sbotto.

«Chi altro?»

«Andrea» affermo a bassa voce.

«Allora fallo! Ascoltaci e divertiti». Dal brusio penso sia tornata in sala da ballo.

«Domani sera usciamo insieme, Giulia e Gianni hanno organizzato la festa di addio al nubilato e celibato».

«Bene!» urla compiaciuta.

«Rientriamo tardi o addirittura, se la festa va per le lunghe, rimaniamo a dormire al mare».

«Ancora meglio!» gracchia divertita.

«Quindi se non mi senti domenica mattina aspetta un po' prima di chiamare la Guardia Nazionale».

«Sei con Andrea, sono tranquilla».

Sento in sottofondo chiamare a gran voce il suo nome decido così di liberarla dalla telefonata.

«Buonanotte nonna e, per cortesia, non fare tardi». E' veramente buffo, per l'ennesima volta abbiamo invertito i ruoli.

«Buonanotte tesoro, ti voglio bene».

«Anch'io».

Schiaccio il tasto rosso e serena poggio il cellulare sul comodino quando, con distrazione, noto una busta lampeggiare sullo schermo.

Un messaggio.

Chi sarà a quest'ora? Ma non dorme più nessuno?!

Sfrego con l'indice lo schermo per aprire la busta.

Gelo. Lorenzo.

"Sei sempre più bella... I tuoi occhi verdi mi hanno incantato... La tua bocca ipnotizzato."

Le mani tremano e le gambe pure.

Agguanto con foga il cellulare per chiamare Andrea.

Libero.

«Rispondi». Squilla ancora.

«Ti prego rispondi». Spero che nonostante l'ora tarda alzi la cornetta.

«Ho bisogno di parlarti... Ti prego, ti prego ti prego».

«Pronto...» è una voce femminile.

Guardo il display aggrottando la fronte. Sì, è il numero giusto.

«Desidera?» è la sportiva! Nella foga del momento mi ero proprio scordata. Ormai pienamente invischiata nei loro affari continuo.

«C'è Andrea?»

«Tesoro... C'è una al telefono».

Tesoro? Vedrai che tesoro di ragazzo diventerà fra poche ore quando sparirà nel nulla per non farsi sentire mai più.

«Tutto bene Carola?»

«Come fai a sapere che sono io?»

«All'una di notte puoi chiamarmi solo tu»

«Scusami» sussurro.

«Non fa niente. Spara».

«Magari potessi, mi toglierei un sacco di problemi».

«Cosa stai dicendo?»

«Tranquillo, scherzo... Ma vorrei farlo – mi sento dannatamente idiota ad aver composto il suo numero – lascia perdere Andrea, è una cazzata, non avrei dovuto chiamarti!»

«Dimmi cos'è successo».

«Ok – rispondo con un filo di voce – al cinema ho incontrato Lorenzo».

Annuisce mugugnando.

«Era con la nuova fiamma e la solita compagnia, e io ho tirato fuori il peggio di me. Non mi pento assolutamente. Giuro!»

Silenzio in sottofondo, solo i suoi sospiri, poi. «Lo ha fatto di nuovo?»

Con voce rotta. «Perché ha deciso di torturarmi così?»

«I suoi soliti messaggi – mi blocca come se ne conoscesse a memoria il contenuto  – è una storia vecchia Carola. Lo conosci. Per anni si è preso gioco di te facendoti del male per poi tornare con i suoi cazzo di messaggi adulatori».

«Lo so».

«Non lo sai, altrimenti non mi avresti chiamato». É infastidito ed ha ragione.

«E' che... – espiro ed inspiro profondamente – avevo bisogno di sentirmelo ripetere per l'ennesima volta e... che fossi tu a farlo».

In sottofondo i miagolii della nuova conquista iniziano a farsi sentire. «Ora scusa ma... Avrei...»

«Non aggiungere altro. A domani».

«A domani Carola».

«Grazie».

«Di cosa?!»

Chiudo la conversazione per rispondere di getto al messaggio.

"Sei sempre più stronzo. La tua stupidità mi ha imbarazzato, la tua ipocrisia stancata. Ti auguro una buona vita... Senza di me."

Invio.

La busta naviga nell'etere e il cellulare vola sul letto mentre io, soddisfatta e con un bel sorriso sulle labbra, cerco di addormentarmi.

Domani è un altro giorno.




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