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«Smetti di suonare quel maledetto clacson? Vedi o no le auto incolonnate davanti a me? Guarda, ignorante! Non le noti dato che persisti!»

Che idiota! Idioti tutti coloro che suonano il clacson per sport, sono così numerosi che potrebbero inserirla come disciplina olimpica.

Il centro di Fucecchio è impraticabile quasi sempre, ma nell'ora di punta è una vera angoscia. Vivendo nel cuore di Firenze, zona Ponte Vecchio, dovrei essere avvezza, ma al traffico non ci si abitua mai.

Poche centinaia di metri e sono arrivata, adesso si pone il problema parcheggio.

La domanda sorge spontanea: per quale motivo nel garage mia nonna custodisce gelosamente la Mercedes Pagoda di nonno datata 1965? Lei non guida, lui è morto da quindici anni, potrei parcheggiare all'interno la mia Mini invece di vendere l'anima al diavolo per un posteggio ogni qualvolta decida di venirla a trovare.

«Vuole smetterla di schiacciare quell'insopportabile clacson?» Grido ormai esausta.

Calma e sangue freddo, ecco un posto. Ora mi affianco... Retromarcia... Ruoto lo sterzo e ... Din, din,din. Bingo! Parcheggio effettuato con successo.

Nonna arrivo.

Faccio un gentile gesto all'energumeno, clacson dipendente, impiegando due sole dita della mano e, fiera di me percorro il marciapiede che mi condurrà a casa di nonna.

Dieci minuti dopo sono davanti al suo palazzo, affamata come un lupo e con un sacco di cose da raccontarle.

Suono il campanello. Nessuna risposta. Provo nuovamente, ma niente. Rovisto nella borsa pregando di non aver lasciato le chiavi in auto. Eccole!

Apro.

Chissà per quale motivo non hanno sentito il campanello, la nonna è sicuramente indaffarata a combinarne una delle sue, ma quella santa donna di Fina, la domestica, dove sarà? Non è il suo giorno libero.

Salgo le scale due a due preoccupata ed entrando noto una decina di persone, almeno, che scorrazzano dall'ingresso alla sala, si introducono nella camera e successivamente in cucina, sembrano uno sciame di formiche indaffarate a stivare il cibo nel formicaio.

Rimango sulla porta cercando di scoprire cosa stia accadendo.

«Nonna». Nessuna risposta. «Nonna».

Fina si affaccia finalmente dalla cucina. «Ciao Carola. Nonna è in camera da letto» risponde tranquilla come se tutto fosse normale. «Saremo a tavola tra venti minuti. Antipasto misto, tortellini in brodo di cappone e pollo arrosto con le patate».

Un pranzo veloce. «Fina, Natale è passato da oltre quattro mesi. Magari nessuno ti ha avvertita!»

Rientra in cucina senza neppure degnarmi di risposta. Forse non ha percepito la vena di sarcasmo. Scruto stanza per stanza. In ognuna c'è qualche losco individuo con strane attrezzature e ombrelli bianchi in mano.

Un flash cattura la mia attenzione. Mi dirigo a grandi passi in camera da letto facendo capolino dalla porta. Non posso credere a quello che sto vedendo. Tre fotografi, con relativi assistenti muniti anche loro di ombrellini e bizzarri macchinari, lavorano indaffarati davanti a mia nonna. Musica classica in sottofondo e così tanta luce che lo stadio Artemio Franchi a confronto sembrerebbe buio.

La modella per un giorno è seduta sul letto tutta agghindata, truccata, con i capelli freschi di colore, acconciati in una piega anni venti. Ha un abito in raso color malva e una pelliccia di volpe bianca sulle spalle.

«Entra, tesoro». Mi ha vista. «Sto facendo un servizio fotografico. Questi baldi giovani sono lo staff». Indica uno per uno tutte le persone all'interno della stanza. Gesticola così tanto da far cadere la stola di volpe sul pavimento.

«Che sbadata. Cara mi dai una mano a tirarla su? Ti prego».

Come un automa, per lo sconcerto, l'aiuto a ricomporsi e, mentre sto raccogliendo l'animale, un malaugurato fotografo prova il flash proprio sui miei occhi. Non ci vedo più, non solo dalla fame, che ormai è a livelli di allerta, ma dall'irritazione che questo branco di persone mi scatena.

«Proprio oggi dovevi mettere in moto questa pantomima? Domani che avevi tutto il giorno per te, era troppo tardi?»

Dall'espressione di mia nonna capisco di essere stata molto indelicata. Dannata lingua!

«Scusa nonna, è solo che ho una fame bestiale e il solito tempo misurato». Centro, sorride, ho rattoppato il danno.

«Su ragazzi da bravi, avete sentito? Mia nipote ha appetito, gli ultimi scatti e poi tutti fuori». Si rimette in posa e io, osservando dalla porta le sue smorfie, non posso trattenermi dal ridacchiare.

«Strega, ti sento! Sono anziana ma Amplifon mi aiuta». Con un dito indica il sottile filo trasparente all'orecchio destro.

«Ti aspetto in cucina, muoviti Naomi o il pollo si raffredda».

«Ancora pollo?» ribatte con tono polemico. «Prima o poi mi spunteranno le ali!»

«Meglio, così diventerai un angelo di Victoria's Secret».

Non riesco a smettere di punzecchiarla. Nonostante ogni giorno ne combini una delle sue, questa vecchietta è avanti anni luce.

Con una nonna bizzarra come lei e una madre altamente fuori dal comune dovevo per forza essere una ragazza ordinaria, con la testa sulle spalle.

Tamburellando le dita sul tavolo sto pazientemente attendendo che mia nonna termini il piatto e dall'occhiata che mi ha appena lanciato, forse ha intuito la mia premura.

«Carola cara, se intendi ingozzarti come un mastino napoletano davanti alla sua ciotola fa pure, ma non pretendere che anche i tuoi commensali facciano lo stesso». Abbassa nuovamente lo sguardo verso il pollo. Poggiando delicatamente le posate nel piatto mi ammonisce. «Non ho più fame. Sono trent'anni che ti vedo mangiare con questa voracità, ma credimi, ancora non mi sono abituata. Sei quasi affogata. Santo cielo. Per fortuna c'era Andrea con te o Dio solo sa cosa sarebbe potuto accadere se fossi stata a pranzo con Lorenzo».

Con innata eleganza passa il tovagliolo sulle labbra sottili e si alza. Prende il suo bastone e fa cenno con la mano di seguirla.

«Andiamo in sala, a questo punto dovrebbero averla liberata da ogni attrezzatura».

Mi alzo incredula, non è possibile che sbandieri così tranquillamente l'antipatia verso il mio compagno, senza preoccuparsi dei sentimenti che provo per lui. Afferro la borsa stizzita, saluto Fina che già sta sparecchiando e la seguo, facendo finta di non aver udito le sue parole: l'indifferenza è l'arma migliore.

«Nonna, a proposito dei fotografi, per quale motivo hai fatto questo servizio? Non mi avevi detto niente».

Mentre sto parlando, la nonna è entrata nel salotto e si è seduta nella sua poltrona preferita, sotto l'enorme finestra.

«Per la foto della lapide».

Non credo alle mie orecchie, mia nonna ha fatto un servizio fotografico per il suo funerale.

«Mi prendi in giro». Ancora incredula, accenno un sorriso e osservo attentamente il suo sguardo. Non scherza, è serissima.

«Dici sul serio? Hai veramente fatto la foto per la lapide?»

Con irreale naturalezza continua. «É quello che ti ho appena detto, mi sembra. Sei tu che hai problemi di udito, non io». Si sistema il vestito e, porgendomi il bastone, prosegue l'esposizione delle sue motivazioni. «Ho superato gli ottanta, non che mi senta con un piede nella fossa, lo sai bene».

«Si, la parola morte non credevo fosse neppure nel tuo vocabolario».

«Appunto. Ma una settimana fa è morta la mia amica Ludovica. Sono andata al funerale e non puoi capire lo sgomento nel vedere quella povera donna». Mette le mani davanti agli occhi. «Non potevo credere che i disgraziati dei suoi figli potessero farle uno sgarbo tanto grave».

Non se ne fa una ragione, cosa le avranno fatto mai?

«Tanto sono state quelle tre streghe delle nuore. Maligne, sono tutte uguali!»

«Parli per esperienza personale deduco - scuoto la testa - vorrei ricordarti che hai una figlia».

Ho appena ricevuto un'occhiata di fuoco, zampillano saette, non deve aver colto il sarcasmo «Se tua madre mi avesse fatto conoscere quel deficiente, nullafacente di tuo padre probabilmente lo avrei trasformato in una guardia svizzera, ma non addentriamoci in strade lunghe e tortuose. Stavamo parlando della morte di Ludovica».

«Appunto nonna, conversazione allegra, prosegui». Le faccio cenno con la mano.

«Sono andata alla celebrazione, ma, appena entrata in chiesa ho avuto un mancamento. Era sulla bara».

Non capisco cosa voglia dire, chi ha visto, il fantasma della sua amica? Ci manca solo questa. Se vede anche i morti sono rovinata, chi la regge più?! Lascio proseguire il racconto, preferisco evitare troppe domande, ho paura delle risposte.

«Proprio sopra la bara c'era una fotografia di Ludovica, enorme, grande quanto questo giornale». Brandisce Diva e donna come fosse un'arma.

«Ho i brividi al solo ricordo. Le avevano messo la foto della carta d'identità, dell'ultimo rinnovo, neppure quando era giovane e bella - alza gli occhi al cielo - un fiore non è mai stata, comunque dieci anni fa era più gradevole. In quell'immagine aveva addirittura un occhio più chiuso dell'altro, tutta piena di rughe, capelli sfatti e trucco assente». E' molto agitata. «Capisci? Niente trucco!»

Non so cosa rispondere, è terribilmente seria e io dannatamente confusa.

«Tu quindi, non ti preoccupi della morte in sé, ma della foto che potrei scegliere per esporre in chiesa ed affiggere sulla lapide?» Annuisce.

«Moriremo tutti».

Faccio le corna per scaramanzia, non si sa mai.

«Prima o poi toccherà anche a me. Ma vuoi paragonare gli scatti appena realizzati con quella orrenda foto di Ludovica con l'occhio guercio? Per evitare che tu scelga un'immagine misera e triste, ho giocato d'anticipo e mi sono fatta un servizio. Tra qualche giorno andrò nel loro studio, vedrò i provini e vaglierò con attenzione l'immagine adeguata per il mio funerale. Tutto qui».

Mi butto sul divano di pelle marrone. «Ok. Quando avrai fatto la tua scelta, riponi tutto in una busta con su scritto, "foto mortuaria", così non potrò sbagliare. Altrimenti la tua anima non avrà pace e verrai a importunarmi ogni notte di luna piena. Uh, uh, uh!»

«Sapevo che non avresti capito! Al momento opportuno eseguirai le mie disposizioni. Tutto qui». Si scrolla di dosso l'aria greve e intavola come se niente fosse un altro discorso. «Il lavoro come va tesoro?»

«Bene, corro come una matta assecondando le follie più impensabili. Ma per queste stranezze mi pagano e anche profumatamente, quindi va divinamente. Ho appena acquisito la ristrutturazione di una villa a Forte dei Marmi per due russi. Dovrò cimentarmi anche in un bagno effetto pitone... Che ne pensi nonna?»

Scrolla la testa. «Auguri!»

«A proposito di Auguri, Gianni si sposa, a luglio. Sono felicissima per loro. Andrea un po' meno». Ripenso alla lunga conversazione che abbiamo avuto in merito, che matto, non sa cosa si perde. «Non vuole essere lo zitello di famiglia».

«Lo sposo io».

Anche mia nonna fa parte del fun club "Andrea, il coniuge perfetto", non voglio indagare oltre, ma potrebbe essere iscritta anche su "Andrea amante focoso". Noncurante prosegue. «Anzi, se avessi un po' di sale in zucca lo sposeresti te. Bello e intelligente. Cosa vuoi di più dalla vita?»

Analizzando la nostra conversazione, io e mia nonna, come al solito, siamo riuscite a toccare argomenti disparati dal funerale al matrimonio, discutendo due o tre secondi di lavoro per poi arrivare a tessere le lodi di Andrea. Non siamo ancora arrivate alle critiche di Lorenzo, per adesso, ma secondo i miei calcoli manca davvero poco.

«Dimenticavo, hai già un fidanzato».

Posso spuntare l'ultima voce. Siamo arrivate alla parte finale. Ci ride pure, la vecchia.

«Prenditi pure gioco di me, ascolterò solo il lato positivo dello scherno. Almeno ti sei ricordata di lui, di solito o lo ignori o lo insulti».

«Tutti i giorni mi chiedo come faccia mia nipote a essere fidanzata con "quello"». L'espressione facciale tutta corrucciata la dice lunga e, non contenta, continua il palese beffeggio «Il suo quoziente intellettivo è abbondantemente sotto la media, non conosce l'esistenza delle buone maniere e sfortunatamente per quel poco che ho visto prova per te lo stesso sentimento che un essere umano nutre per una scatoletta di tonno».

Ormai le sue illazioni non mi toccano più, ci ho fatto l'abitudine.

«La sfacciataggine invece è la tua qualità innata, senza considerate l'assenza di riguardo verso i miei sentimenti». Guardo l'orologio, è ora di andare. D'ora in poi la conversazione non può che essere paragonabile a un campo minato. Dove mi muovo mi fulmina. «Cosa ci vuoi fare nonna, lo amo».

«Tu». La risposta è secca e gelida. Mi alzo dal divano e stringo forte la nonna, nonostante in certi momenti sia dannatamente odiosa, le voglio un bene smisurato.

«Te ne vai?»

«Sì, come ti ho detto ho i minuti contati, due appuntamenti nel pomeriggio e uno con la parrucchiera stasera». Raccolgo i lunghi capelli castani in una coda di cavallo. Nel salone ci sono troppi specchi e la mia acconciatura reclama aiuto.

«Dimenticavo, domani hai il compleanno del fratellino?» Sorride sarcasticamente. Inutile precisare che tutta la famiglia di Lorenzo le risulta piuttosto indigesta.

«Sì, ceniamo in un nuovo ristorante dove, al posto dei tavoli ci sono i materassi, dopo cena abbassano le luci e quel che succede succede».

Colgo un misto di ripugnanza e terrore nei suoi occhi. «Scherzo nonna, non fare quella faccia, mangiamo davvero sui materassi e dopo cena il ristorante si trasforma in Lounge bar». Non è convinta.

«Sesso di gruppo!»

«Nonna!» Spalanco gli occhi allibita.

«Cosa credi che con due o tre parole in inglese riesci a confondere la nonna rincoglionita? Fossi in te, da quello mi aspetterei di tutto!»

«Nonna, è un locale tranquillo, ci sono i materassi, ma non c'entra niente il sesso. Sei convinta adesso?» Mi siedo sul bracciolo della poltrona, la strizzo forte e con una mano le arruffo l'acconciatura. Si scosta rapidamente, non sopporta quando la scompiglio, ma se lo merita così smette di tormentarmi su Lorenzo.

«Va pure a lavoro, hai già fatto troppi danni» cerca in qualche modo di sistemare l'acconciatura. «Vai sola con "quello" o viene anche Andrea?»

Sbuffo, si ricomincia. «"Quello" ha un nome, Lorenzo. Sì, vado con lui e no, Andrea non c'è, non gradisce i soggetti».

«Ci credo, non lo biasimo». Alzo spalle e occhi al cielo, non la sopporto. Mi avvicino, le stampo un bacio in fronte e mi avvio alla porta.

«Ti chiamo stasera quando torno a casa, non fare niente di azzardato e ricorda sempre che hai ottant'anni». Mi volto. «Ti volevo far pensare che io e "quello" ci vogliamo bene e un giorno o l'altro ci sposeremo».

«Contenta te, felici tutti!» conclude la frase dirigendosi rassegnata verso il telecomando del televisore.

Proseguo verso la cucina, saluto Fina, apro il portone indugiando qualche secondo prima di chiudermelo alle spalle. «Ciao vecchia».

«Ciao nipote ingenua. Stasera chiamami prima delle nove o dopo le undici, torneo di burraco».

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Primo squillo... Secondo squillo... Terzo squillo... Quarto squillo. Perché non risponde? Quinto squillo.

«Pronto?» Finalmente.

«Andrea, mia nonna non mi manda al compleanno di Cristiano domani se non mi accompagni».

L'ho ammutolito, sento solo le auto che passano.

«Hai trent'anni».

«Lo so» rispondo seccata.

«Appunto, questa scusa reggeva quando ne avevi la metà o forse meno».

Con un filo di voce: «Ti prego, ti prego, ti prego».

«Vai con Lorenzo, perché vuoi impantanarmi in questa situazione?»

Silenzio.

«Credi di romperti le palle vero?»

Altro silenzio. Parlare con lui non serve, mi legge nel pensiero.

«Come accompagnatore prendo cinquecento euro l'ora».

«Caro il mio accompagnatore». Ridiamo.

«Scherzi a parte per cena non riesco, ma sarò lì intorno alle undici. Il tuo principe azzurro di solito collassa poco dopo mezzanotte, quindi ce la faccio senza problemi».

Sospiro, ripensando alla cena del calcetto in cui Lorenzo ha dato il meglio di sé. Consumati due aperitivi era allegro, dopo cena euforico, alle undici ubriaco e allo scoccare della mezzanotte un cadavere.

«Grazie Andrea, sei un tesoro, ti voglio bene».

«Anch'io».

Carola e Lorenzo? Quanto durerà?

E se volete seguirmi su instagram @Vintage_612_ e ci becchiamo pure lì!!!

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