25
«Carlo! - nessuna risposta - Carlo!» ripeto con un tono decisamente più alto.
«Dimmi Carola». Risponde una voce come dall'oltretomba.
«Raggiungimi immediatamente nella camera dei bambini al primo piano!»
«Ma devo...»
«Nessun "se" e nessun "ma", subito!»
Alzando teli, pennelli e spesse coperte cerco di trovare la cartella dei colori con i codici contrassegnati e attendo piuttosto alterata il suo arrivo. «Qua non c'è... Qui neppure... Eccola! - inizio nervosamente a scartabellare i numerosi cartoncini polverosi - 2538 e 3781».
«Ci sono». Finalmente è arrivato, rimane sulla porta timoroso e irriconoscibile, più che un uomo sembra una tela di Picasso.
«Verde acido e lilla, rispettivamente 2538 e 3781, righe verticali di quindici centimetri a partire dalla boiserie bianca. Non mi sembrava difficile! - lo guardo seccata - invece per te, che di professione fai l'imbianchino, complicato lo è stato! I colori sono diversi e le righe di dieci centimetri».
Poggiando le mani sui fianchi risponde titubante. «Ed è un... Problema vero?»
Sospiro profondamente serrando con una mano la bocca, ho quasi paura nel dar fiato alle trombe.
«É che Giovanni aveva invertito i codici, io non avevo segnato la larghezza...»
«Ti prego taci - comprimo le tempie con le mani e continuo - mi sembra di avertelo già ripetuto più volte, comunque lo faccio per l'ennesima volta: hai a disposizione tredici giorni di tempo per pitturare tutta la villa, all'esterno e all'interno, tredici, non uno di più! Magari uno in meno! - inspiro prima di pronunciare la fatidica parola - i committenti (eccola!) - sono estremamente pignoli e il termine pignolo nei loro confronti è solo un eufemismo». Apro la valigetta e, tirando fuori un pacchetto di carte, continuo. «Questi sono i codici delle pitture stanza per stanza con i relativi schemi, prendili, di nuovo, e fanne buon uso, ti rimangono otto giorni».
«Grazie - li sfoglia - scusa - voltandosi indica il corridoio - il resto?»
«Per fortuna va bene» abbozzo un sorriso, ricambiato all'istante.
«Quando chiami in quel modo fai venire i brividi».
Chiudo la valigetta, poi lo guardo mentre grattandosi la testa innalza una nuvoletta di polvere. «Tu non hai mai parlato con la committenza, io all'apice dell'incazzatura sono un angioletto paragonata al signor Safin - afferro la borsa e avvicinandomi alla soglia continuo - se oggi ci fosse stato lui al mio posto in questo momento passeresti guai molto seri!» Si scosta per farmi passare, sono al sesto mese, inizio a essere più ingombrante del solito e con lui sulla soglia mi rimane difficile il passaggio. «Scusa - lo oltrepasso - ci vediamo tra quattro giorni - voltandomi e con tono vagamente minaccioso - ti voglio alle finiture esterne, ok?»
Sull'attenti: «Sissignora».
«Non prendermi in giro Carlo, controlla piuttosto cosa sta combinando Giovanni, non vorrei altre sorprese». Mi volto incamminandomi verso la camera degli ospiti seguendo il vasto corridoio affrescato dai raggi solari che copiosi, pur essendo Dicembre, attraversano le enormi vetrate colorate. L'effetto scenico è stupefacente. Percepisco dei rumori, faccio quindi capolino nella camera, è Flavio il montatore dei pavimenti in legno. «Ultimi metri?»
Alza la testa. «Per fortuna sì e anche nei tempi stabiliti. Non ho potuto far a meno di ascoltare la lavata di capo che hai appena fatto a Carlo, di me non puoi lamentarti, sono stato ligio al dovere».
Sorrido. «Ottimo lavoro Flavio - rimanendo sulla soglia continuo - con l'occasione possiamo stabilire un giorno per un sopralluogo in un appartamento nel centro storico di Firenze?»
«Quando vuoi - dice estraendo dalla tasca del gilet una minuscola agendina - non so, venerdì subito dopo pranzo?»
Scelgo dal menù del cellulare l'icona "note". «Venerdì 11 ore 15:00».
«Perfetto! - afferma rimettendo il coriandolo di agenda nella tasca - di cosa si tratta? Così vengo preparato».
«Levigatura e verniciatura di un vecchio pavimento in massello di quercia».
«Posso solo immaginare quanto sia bello».
«Spettacolare, ma ha disperatamente bisogno del tuo aiuto, questo appartamento fino a poco tempo fa veniva affittato a studenti stranieri e non puoi immaginare il trattamento che ha ricevuto quel pavimento».
Improvvisamente squilla il telefono, lo tolgo dalla tasca del cappotto e un enorme sorriso mi si stampa sul volto, è Andrea. «Flavio, ti richiamo per l'indirizzo».
Annuisce chinandosi nuovamente mentre mi volto e impaziente rispondo. «Pronto amore»
«Buongiorno bellezza». La sua voce è rauca, non dovrebbe essersi svegliato molto tempo fa. «Sei uscita di soppiatto, non ho sentito il minimo rumore».
«Sgattaiolare via in silenzio è una mia specialità - sorridendo continuo - preferivo lasciarti riposare, hai lavorato fino a notte fonda al portatile, mi dispiaceva svegliarti».
Stiracchiandosi obietta. «Si, ma quando sono venuto a letto non mi sono addormentato subito».
«Beh diciamo che, al contrario di me, non ti sei fatto scrupoli a svegliarmi anche nel cuore della notte». Ribatto ammiccante scendendo le imponenti scale in marmo bianco.
«Non dovevo?»
«Puoi farlo quando vuoi!»
«Ricordare la tua pelle morbida e il profumo dei tuoi capelli mi fa tornare in mente strane idee, se fossi qui in questo momento chiederei il bis - sospira per poi continuare - hai da fare ancora molto?»
«Massimo mezz'ora, non di più».
«Il tempo di una doccia e sono lì, ok?»
«Va bene». Rispondo mentre l'architetto paesaggista mi viene incontro per gli ultimi dettagli del giardino.
«Vorrei averti, nuda, sotto l'acqua» sussurra con voce suadente l'ammaliatore.
Sorridendo all'architetto, chiedo con un cenno un attimo di pazienza, annuisce, mi volto per poter rispondere senza imbarazzo. «Mezz'ora di tempo per vedermi mentre per avermi dovrai attendere tutto il giorno».
«Questa è una tortura».
«Oggi sono impegnata per lavoro e a cena... ti ricorda niente la parola Miria?»
«La cena! Dannazione ho appena confermato la mia presenza in una videoconferenza per le 19:00, non durerà molto, posso farcela».
«Tranquillo, faremo a meno di te» rido per celare la preoccupazione.
«Sopravviveremo - o almeno spero - piuttosto, riuscirai a resistere?»
«E tu?» Chiude la comunicazione mentre sorridendo, faccio altrettanto. Mi volto verso l'architetto assorto nell'estrazione di ingombranti planimetrie dalla borsa in cuoio marrone; lo osservo distratta, la mente è altrove e, pensandoci bene, anche il corpo vorrebbe esserlo.
🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼
Partecipare a questa cena senza la presenza di Andrea è stato come condannarmi a una serata di lungo e lento martirio, non che sia esente dal dovermelo meritare, ma varcare la gabbia del leone con l'assoluta certezza di essere assaliti è a dir poco angosciante.
Come da previsione sono stata attaccata dalla belva, beh non propriamente assalita diciamo lentamente consumata:
un boccone appena entrata, uno all'antipasto, uno al secondo, un morso al dolce per poi essere definitivamente accoppata in sala durante il caffè.
"Una cena deliziosa."
«Come puoi pensare di basare la tua relazione su una menzogna?!» In due ore ho ascoltato questa frase un'infinità di volte.
«La nostra relazione non è basata su una menzogna, quante volte hai intenzione di farmelo ripetere?»
«Fina, il caffè sei andata a prenderlo in Colombia? - direzionando lo sguardo verso la cucina prosegue - sono curiosa di sapere cosa stia facendo».
«Nonna calmati, starà sistemando» dico invitandola a sedersi di nuovo.
«Le avevo chiesto il caffè!»
La sua voce, a tratti stridula, mi spaventa.
«Siediti per favore o ti verrà un colpo».
Seccata torna verso la poltrona. «Tu mi fai innervosire e sempre tu un giorno mi farai tirare le cuoia - abbassando improvvisamente il tono della voce, come se le sue parole avessero risvolti catastrofici, conclude - sembri tua madre, cocciuta come lei!»
Ha toccato il tasto dolente, mia madre è un argomento off limits e sa benissimo di non doverne parlare, mai.
«Con questo atteggiamento non otterrai niente, abbandona questa strada - scuote la testa - siete due muli, testarde all'inverosimile ed è impossibile farvi ragionare, prima agite e poi pensate».
«Basta!» Una vampata di calore mi percorre tutto il corpo, prendo un volantino dal tavolino e inizio a sventolarmi.
La nonna intanto si siede accavallando le gambe e incrocia le mani come se di quello che ho appena detto non le importasse niente, infatti. «Scappò di casa per andare in quel covo di tossici senza riflettere, si fece mettere incinta da quel balordo di tuo padre senza badare alle conseguenze e partì per il Brasile così su due piedi sprovvista di tutto solo con te nella pancia come bagaglio. Sono atteggiamenti da persone ragionevoli questi?»
La osservo silenziosa percorsa da una vena di ostilità.
Poi non contenta prosegue. «E tu - sbuffa - pensavo fossi diversa, addirittura troppo affidabile, a tratti rigida, almeno me lo avevi dimostrato fino a questo episodio - si volta per osservare il televisore acceso senza volume - non giudico il fatto di aver fatto l'amore con Andrea quando eravate ubriachi, sapevo sarebbe successo prima o dopo, nasconderglielo invece è stato da sciocchi, mentre tacere la sua paternità è da codardi - con una mano si scosta un ciuffo di capelli dalla fronte poi continua - e siccome non intendi ascoltarmi sei pure cocciuta».
«Dio nonna, dove vuoi arrivare?»
«Voglio farti capire che procedere su questa strada, in questo momento sembra facile, a lungo termine non porterà a niente di buono, per diamine Carola quanto intendi aspettare? - dopo dieci secondi di silenzio interminabile continua - vuoi che glielo dica suo figlio quando inizierà a farfugliare le prime parole? Oppure mossa a compassione e con un po' di sale in zucca intendi parlarci tu prima possibile? Vi amate, ma la fiducia è importantissima».
Silenzio.
Sento gli occhi pungere, alzo lo sguardo, non voglio per nessuna ragione far scendere neppure una lacrima.
Dio santo se ha ragione, questa vecchietta l'ha sempre avuta, sono una codarda egoista e più passa il tempo più diventa difficile vuotare il sacco, che dico sacco, da qualche tempo si è trasformato in guardaroba quattro stagioni.
Sospirando pronuncio l'unica frase che ormai ripeto in continuazione quasi come un automa «Ho intenzione di farlo, prestissimo, devo solo trovare il momento giusto».
Irritata ribatte. «Dio mio Carola! Ancora con questo momento giusto?»
Una cappa di silenzio aleggia in tutta la sala, siamo l'una di fronte all'altra, immobili, senza guardarci, in sottofondo solo il lento vagabondare delle auto.
«So che adesso tu hai tutto e credi di poter gestire la tua relazione perché vi amate - con voce greve tuona - ma se un giorno lui scoprisse tutto potresti perderlo per sempre!»
«Santo cielo nonna è difficile, lo capisci?» Scuoto la testa estenuata.
«Si, sono vecchia e forse non conosco bene gli affari dei giovani, ma sto leggendo un libro di cui già conosco il finale».
Visibilmente stremata mi alzo. «Ne ho abbastanza! Fina potrei avere il mio cappotto?»
Fa lo stesso anche la nonna. «Non fare così, pensa a quel che è giusto». Nel frattempo, come un lampo, è arrivata Fina con in mano il mio cappotto verde acido. «Mezz'ora per un caffè e due secondi per il cappotto? - insorge - tempismo perfetto Fina».
Afferro il soprabito e lentamente mi volto. «Buonanotte nonna, ci sentiamo - lo indosso - grazie Fina». Proseguo lungo il corridoio fino alla porta e lentamente afferro la pesante maniglia in ottone.
«Non fare gli stessi errori di tua madre, te ne pentirai».
Giro la testa, mia nonna è in fondo al corridoio in attesa della mia risposta.
«Forse la colpa non è nostra sai, siamo state cresciute entrambe dalla stessa persona, tu sei il nostro comune denominatore - varcando la soglia concludo - prova a farti un analisi di coscienza».
Chiudo il portone e, con lui, la conversazione.
🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼🍼
Seduta al tavolo in cucina non ho ancora avuto la forza di togliere il cappotto, sono moralmente a pezzi, ho solo gettato le chiavi sul divano e sbattuto la borsa sul pavimento. Dal tavolo il cellulare mi osserva da più di un'ora.
"Non rientrerò prima di mezzanotte credo, la committenza ha ritardato e la riunione è più lunga del previsto! Vi amo!"
Il display illuminato nel buio pesto della sala mette ancora più in evidenza le parole di Andrea. Lui ci ama mentre io sto mentendo da tempo indeterminato, questo è amore?
Sono una persona spregevole, una vigliacca che non merita né affetto né compassione da nessuno, negli ultimi tempi ho tirato fuori il peggio di me stessa, non pensavo neppure di avere un Io così ripugnante, ma i fatti lo dimostrano.
Come ho potuto?
Lo squillo del cellulare lascia la domanda aleggiare nell'aria senza una risposta.
É mia nonna.
«Ciao, prima che tu dica anche solo una parola volevo scusarmi per il comportamento indecente non solo di questa sera».
Interrompendomi. «Taci tesoro. Vorrei dirti poche parole, ma importanti e preferirei non essere interrotta».
Annuisco.
«Così ho perso tua madre, comportandomi da madre opprimente e profondamente esigente. Tu eri la mia seconda possibilità. Da quando ti ha lasciata ho fatto una promessa al nonno e prima di tutto a me stessa, sarei cambiata, volevo trasformarmi, completamente diversa dal passato, più tollerante, condiscendente, disponibile e se vuoi anche insolita nei modi per una donna della mia età. Non è stato facile - inghiottisce a fatica, sento molta commozione nelle sue parole - con il tempo mi è venuto naturale, anche perché tu non mi hai mai dato problemi, a dieci anni eri giudiziosa come una trentenne e crescendo, come per sorreggere tutti come un titano, lo sei stata ancora di più».
«Nonna ti prego...»
«Fammi finire, non manca molto - sospira profondamente - fino a qualche mese fa, quando è successo tutto questo...»
«Problema, macello, puoi chiamarlo come credi» asserisco sconfitta.
«Sta di fatto che non ti riconosco più, perfino stasera, credevo di avere davanti tua madre, avevo come la sensazione di parlare con un muro di gomma, più tempo passa e meno ragionevole sei».
«Lo so nonna, ma adesso ho....»
«Carola, ho paura, ho paura per te. Temo tu perda tutto - si interrompe per raccogliere i pensieri, poi continua - sicuramente è colpa mia, ma non so come riuscire a farti capire che il tempo stringe. Lo perderai, continuando su questa strada prima o dopo lo perderai, per quanto ancora riuscirai a mentire ad Andrea? Non so cosa ti spinga a comportarti così».
«Smetti di piangere - ribatto - aprirò i rubinetti anch'io». Troppo tardi. «Io lo sapevo, mi rendevo conto di poter solo rimandare e non dimenticare, ma... - inghiottisco e con un filo di voce proseguo - adesso sono felice, lui mi rende felice ed è sempre stato lì, ad un passo da me - singhiozzo - per la prima volta ho capito cosa rappresenta Andrea per me e, nello stesso istante, ho veramente temuto di perderlo, il solo pensiero non mi rendeva razionale e come hai potuto constatare i casini si sono susseguiti e ingarbugliati».
«La vita è complicata e, se anche non lo fosse, noi facciamo in modo di renderla tale».
«Più tortuosa di così è veramente difficile, anche se...» tamburello nervosa le dita sul tavolo bianco.
«Adesso arriva il difficile» replica concisa.
Mi legge nel pensiero. «Non sono riuscita a dirglielo nonna, sapevo benissimo di doverlo fare, ma accantonavo scuse su scuse per rimandare». Una vampata di calore mi percorre e alzandomi in piedi per togliermi il cappotto continuo. «Avrei dovuto ascoltarti - sorride sbuffando in sottofondo - ricorda bene queste tre parole, non le pronuncerò mai più capito vecchietta?»
«Lo so bene, cocciuta».
«Sarebbe stato tutto molto più semplice - sospiro - la prima volta non avevo capito che cosa c'era tra noi, per me era stato un errore, un colpo di testa o chissà cosa».
«Solo amici». Mi interrompe.
«Si - ribatto - non ti approfittare della mia magnanimità notturna». Mi scosto dal tavolo dirigendomi verso la finestra della cucina, osservo distratta il ponte mentre in lontananza scorgo il netturbino che flemmatico ondeggia la sua scopa, attorno solo nebbia arancione e una leggera pioggerellina invernale. Respiro profondamente annebbiando il vetro, mentre un nodo mi impedisce di parlare.
«Ci sei ancora?»
«Si - asciugo una lacrima che lentamente scivola lungo lo zigomo - lo perderò nonna, so già cosa accadrà, egoisticamente attendevo solo per godermi gli ultimi attimi insieme, conosco l'epilogo».
«Carola non puoi saperlo. Lui ti ama!»
«Ho mentito sul bambino... Come puoi esserne così sicura? - appoggiando la testa sul vetro gelido ripercorro gli ultimi mesi - abbiamo fatto l'amore ubriachi, e ho fatto finta di niente. É accaduto di nuovo e io?»
«Te ne sei andata».
«Ciliegina sulla torta! Ho scoperto di aspettare un bambino».
«Suo figlio».
«Appunto! Da quel momento ti giuro ciò provato, ma i suoi atteggiamenti molte volte mi hanno fatto desistere, altre... Ho avuto paura! - sospiro - o Dio! Come potrà reagire?»
Silenzio.
«Con il tuo mutismo hai già risposto»
«Sei nuovamente al punto di partenza»
«No nonna sono passati troppi mesi e ho fatto soffrire già troppe persone che mi stanno attorno. Io lo amo nonna, non puoi capire quanto e... non volevo... non doveva finire così».
«Cerca di trovare i modi e le parole giuste e vedrai che lui...» risponde debolmente, sa benissimo anche lei che non sarà facile.
Riprendo sarcastica. «Certamente non lo aspetterò fino all'una di notte e, telegrafica, confesserò tutti i miei peccati: "sai amore, dovrei dirti due cosette di poco conto, avrei voluto farlo mesi fa ma non ci sono mai state le circostanze giuste. Questo bambino è tuo, lo abbiamo concepito nella notte della festa di tuo fratello, ma eravamo troppo ubriachi per ricordarcelo. Tu sei l'uomo del mistero.»
Inaspettatamente alle mie spalle un tonfo metallico riecheggia nel buio, un mazzo di chiavi caduto sul pavimento, mi volto terrorizzata e ciò che vedo nella penombra mi raggela ancor di più.
É Andrea.
Guardo le chiavi per terra molto vicine al suo piede, poi lentamente alzo lo sguardo verso di lui che, immobile come una statua di pietra, mi osserva silenzioso.
Il suo sguardo di ghiaccio dice tutto.
"Ho sentito ogni tua singola parola."
«Nonna ho appena rivelato tutto... - ingoio - nel peggior modo possibile».
Ora sì che la situazione si fa complicata!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top