20
Tutt'ora dispersa nel labirinto di pensieri, la differenza sta nel fatto che, invece di essere seduta o sdraiata sul letto di un ospedale come nei trascorsi tre giorni, sono sul divano di mia nonna. Si, questa mattina è piombata in ospedale munita di taxi, una valigia di persuasione e, nell'eventualità, un guinzaglio per costringermi a trascorrere del tempo di assoluto riposo a casa sua.
Infatti adesso sono praticamente relegata in questa sala da più di dieci ore, con il solo permesso di alzarmi per andare in bagno, ho perfino un campanellino in caso di tragedia. L'assurdità è che ha proprio usato questo termine quando, con le proprie mani, lo ha poggiato sul tavolino e, a parte la tragicità della mia stessa condizione, nessuna sventura potrà essere peggiore del dover trascorrere del tempo con l'unica persona al corrente della verità.
Con la coda dell'occhio l'ho vista attraversare il corridoio un centinaio di volte per soffermarsi sotto l'arco in pietra, ma fortunatamente ancora non è entrata a tartassarmi di domande cercando di carpire motivazioni intrinseche praticamente inesistenti. In ospedale ha rispettato a fatica la richiesta delle infermiere di non farmi agitare, per fortuna un paio di volte dormivo mentre altre fingevo, quindi nei giorni addietro me la sono sempre cavata. Adesso un terzo grado alla Tenente Colombo non me lo toglie nessuno.
In lontananza, ma in progressivo aumento di intensità, sento i tacchi delle sue scarpe sbattere sul pavimento in marmo verde, sta arrivando.
«Posso entrare?»
«No».
Entra lo stesso sedendosi nella sedia in pelle a metà strada tra me ed il televisore accesso su un canale di televendite.
«Ho detto di no. Preferirei rimanere sola».
«Carola, sei abbastanza grande da capire che alle cicogne e all'orto di cavoli non crede più nessuno».
La interrompo bruscamente e, senza neppure guardarla in volto, rispondo sarcastica: «Come nascono i bambini me lo ha già spiegato mamma quando avevo solo cinque anni, lo ricordo come un momento drammatico, forse è nata proprio lì la mia avversione per i neonati. Quindi sei in ritardo di venticinque anni o almeno di un paio di mesi».
«Posso credere che tu sia turbata, ma non comprendo il tuo astio nei miei confronti».
«Mi odio nonna, non odio te e neppure sono arrabbiata con te, solo che preferirei non venir tartassata da una moltitudine di domande e... - congiungendo le mani come una preghiera - vorrei solo stare sola. Te l'ho ripetuto più volte anche in ospedale, venire qui non era e non è tutt'ora una buona idea».
«Ti farebbe bene parlarne, invece di nascondere tutto dentro come al tuo solito. Potrei consigliarti».
Nego silenziosa.
«Sono vecchia, non scema, ho capito che il bambino è di Andrea».
Ci guardiamo mentre annuisco.
«Tesoro, impara a vedere la situazione dal lato positivo. Se avessi avuto un figlio da quel bamboccio di Lorenzo, beh, in quel caso avresti dovuto piangere per davvero, non certo adesso, Andrea è intelligente, ti vuole bene ed è decisamente un bel pezzo di figliolo».
«Nonna! - dico alzando la voce - non è il momento per dire certe cose, dai!»
«É un dato di fatto, non ho mica detto un'eresia. Bello è, intelligente pure e se ti sopporta da vent'anni ti vuole pure bene».
«Basta, ti prego. Secondo te se le cose fossero così semplici come dici mi deprimerei tanto?»
Il suo volto lentamente si è incupito. «Perché, c'è altro?»
Annuisco. «Restane fuori, non voglio parlarne e, anche se lo facessi, non potresti aiutarmi».
«Dammi una possibilità, cerca di aprirti».
«Ho detto no!» dico alzando, anche troppo il tono di voce.
Fa una smorfia scuotendo la testa mentre cinge le mani sopra le ginocchia magre.
L'ho veramente aggredita anche se la colpa non è sua, anzi, ha cercato più volte di mettermi sulla giusta strada ed io, nascondendo la verità, sono l'unica responsabile degli eventi a seguire. «É pesante da spiegare nonna - mi gratto la testa sbuffando - con tutta franchezza, mi vergogno pure!»
«Almeno provaci, sono più giovane di quanto pensi».
«Inoltre sai che odio parlare dei fatti miei, perché sei così ostinata?»
«Perché ti voglio bene e detesto vederti in questo stato».
Sospiro titubante.
«Tieni...» dice porgendomi una bellissima pezzola ricamata.
«Grazie - sbuffo - È rimasto questo - apro la mano per mostrare una piccola pallina di carta - dell'intero pacco di fazzoletti».
«Appunto! Questa volta ascoltami, posso solo aiutarti, ormai il danno è stato fatto».
«Inizi già con il piede sbagliato».
«Ho detto un'inesattezza?»
«No». Ribatto ormai rassegnata.
Ci scrutiamo per qualche minuto, ambedue in silenzio, fino a che, per liberazione inizio il racconto. «Lo scorso fine settimana, al mare... Di notte...»
«Sei andata sulla spiaggia di notte?»
«No».
«Allora non ho capito».
«Se mi lasciassi parlare... - cerco di impormi calma, invano - smetto?»
Alza le mani al cielo ed annuendo mi fa cenno di proseguire.
«Eravamo a casa di Andrea, la spiaggia non c'entra niente».
«Ok, vai pure avanti».
Proseguo. «Eravamo rimasti soli, parenti ed amici se n'erano andati nel pomeriggio... Eravamo soli... Io ... Lui e... Nessuno».
«Soli. Concetto assimilato, puoi continuare».
«Ognuno nella propria camera, fino a che... - sospendo la narrazione per qualche istante, ripensare a quella notte mi provoca ancora sussulti. Ingoio - durante la notte sono uscita dalla stanza per andare in bagno e, rientrando in camera, l'ho visto immobile, dannatamente vicino. Era lui nonna, Andrea, ma non so come spiegarlo, sembrava diverso! Ci siamo guardati e...» Ho il cuore in gola e gli occhi sbarrati per la vergogna.
«Non ci credo».
«Credici!» Copro il volto per eludere il suo sguardo inquisitorio.
Spalanca la bocca e sgrana gli occhi come se al mio fianco si fosse materializzato un vampiro.
«Mi ha baciata e poi... Poi abbiamo... Hai capito... In camera sua - gesticolando nervosamente continuo - eravamo sobri e consenzienti, ed è proprio questo il dramma. Non riesco a farmene una ragione, perché sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico... E noi abbiamo perseverato nonna, più e più volte durante la notte». Con una mano premo sul petto per evitare che il cuore schizzi fuori.
La nonna sorpresa inghiottisce provocando uno strano suono. «E... - tossisce imbarazzata - insomma al mattino vi sarete detti qualcosa!»
«Al mattino non c'era più alcuna traccia di me in quella casa».
«Una delle tue migliori qualità. L'innata arte della fuga». Scuote la testa disapprovando il mio gesto.
Annuisco. Tirando su con il naso. «Ed ora eccomi qua, sul tuo divano, con un vecchio problema da dipanare, la nostra notte assieme e un altro ancora da digerire, la mia gravidanza, completamente incapace di capire quale strada dovrei intraprendere in ambedue i casi - alzo le spalle - vedi? Sono riuscita ad ammutolire anche te! Tua nipote, la ragazza modello che tutti credono esemplare non esiste più, forse non è mai esistita. Sono un bluff, un colossale bluff - tamburello le dita sulle ginocchia incrociate - dimmi tu, adesso che ne abbiamo parlato, come dovrei risolvere i miei problemi?»
Dopo qualche istante di silenzio, servito per lo più ad assimilare le ultime notizie, schiarendosi la voce risponde. «Mi ero preparata un bel discorso da farti su te, Andrea e il bambino che, in parte, rimane valido. Anche se alla luce dei nuovi aggiornamenti dovrebbe essere ritoccato qua e là... in effetti non ero preparata a sentirmi dire che avevate fatto l'amore di nuovo».
«Fatto l'amore... Come sei antica».
«Sarò anche un pezzo da museo, ma certe cose le capisco molto meglio di te!» dice irritata.
«Scusa...»
Sedendosi al mio fianco. «Sai cosa penso in merito alla vostra amicizia vero?»
«Biologicamente impossibile. L'ho imparato a memoria da quante volte me lo hai ripetuto».
«Appunto! Mi sono aspettata per tutta la vita che un giorno, tornando a casa, mi dicessi che eri innamorata di lui».
«Io non sono innamorata di lui».
Sorride, stranamente ironica. «Ok...»
Alzo la voce. «Ho detto che non sono innamorata di lui».
«Non agitarti, ho capito». Sorride di nuovo e la cosa sta iniziando a darmi sui nervi.
«Leva quel sorrisetto beffardo, so cosa stai pensando».
Scuote la testa e poi prosegue senza dar peso alle mie parole. «Mi aspettavo che avreste fatto l'amore o sesso, come dite voi giovani. Sinceramente un figlio dopo qualche tempo, ma sicuramente anche quello».
«Ti stai sbagliando su tutta la linea - la interrompo alzando gli occhi al cielo - siamo diversi. Io e Andrea abbiamo aspettative diametralmente opposte in materia di affetti. Io vorrei un principe azzurro in sella ad un cavallo bianco, mentre lui Biancaneve al mattino, Cenerentola alla sera, per proseguire il giorno seguente con la bella addormentata nel bosco e la principessa sul pisello - alzando in modo smisurato il tono della voce- forse anche tutte assieme nonna. Io e lui siamo sempre stati attratti da persone diverse».
«A quanto pare l'attrazione è venuta fuori! Dopo vent'anni, ma è venuta fuori».
«É questo che non riesco a comprendere nonna! Siamo stati in centinaia di occasioni nella stessa camera, nello stesso letto, abbiamo condiviso la nostra vita così tante volte da non ricordarlo quasi e non è mai accaduto niente tra di noi. E ora...»
«Alcune volte capita e basta, una scintilla ed ecco fatto».
«Un bambino! - scuoto la testa - io avrò un bambino... Non posso crederci! Dovevo ancora abituarmi all'idea di aver fatto l'amore con lui - ammutolisco - sesso - colpo di tosse - di aver fatto sesso con lui e lo ritrovo già padre di mio figlio. Non so come gestire questa cosa. Dannazione, non sono pronta!»
«Ti ci vorrà sicuramente del tempo mia cara, non pretendere di fare tutto e subito, anche se considerato il tuo stato non ne hai moltissimo per prendere decisioni. Come hai appena detto tu quel ragazzo è il padre di tuo figlio e proprio nel rispetto della vostra amicizia dovresti parlare con lui al più presto. Prima sistemerai le cose con Andrea, prima riuscirai a cacciare quel rospo dallo stomaco. Per quanto lo ritenga difficile è altrettanto necessario».
«Andrea non è pronto, non ha mai avuto una donna per più di qualche mese».
«Invece si».
«Chi?»
«Tu! Per circa vent'anni. Mi sembra un rapporto duraturo».
«Eravamo amici nonna».
«Ho capito - dice alzando le mani al cielo in segno di resa - adesso negare è più conveniente, ma sappi che Andrea non merita le menzogne».
«Intendo dirglielo! - dico nuovamente alterata - non insistere! Devo trovare il momento giusto. Non è facile». Cambiando tono affermo sarcastica. «Scusa se ti disturbo Andrea, ma questo bambino è tuo, sono rimasta incinta quando abbiamo fatto sesso da ubriachi la notte della festa sulla spiaggia. Il mattino seguente mi sono svegliata prima di te e, dedotto ciò che avevamo fatto, ho preferito far finta di niente per un paio di mesi nell'intento di evitare conseguenze, anche se la conseguenza stessa dell'episodio fra sette mesi vorrà nascere - scuoto la testa - non suona tanto bene come confessione».
«Avresti dovuto...»
La interrompo. «So cosa vuoi dire».
«Se qualche volta mi ascoltassi, invece di fare sempre di testa tua. Ci sono momenti in cui è necessario fermarsi e parlare invece di voltarsi e proseguire. Questo lo era!»
«Lo farò. Devo solo metabolizzare gli eventi e poi ci parlerò».
«Prima che questo bambino vada a scuola».
«Fare del sarcasmo non mi aiuta. Grazie».
«Ti conosco troppo bene per non aver paura di quanto tempo farai trascorrere prima di parlare con lui».
Voltandomi nella sua direzione le rispondo stizzita. «Ho detto che lo farò. Lo f-a-r-ò».
«Insisto solo perché ti voglio bene, anzi vi voglio bene».
Sorrido. «Insisti perché sei insopportabile».
Contraccambia mentre con le esili braccia mi cinge le spalle per baciarmi la fronte. «Andiamo, è ora di cena».
Annuisco alzandomi dal divano, spengo la tv e ci dirigiamo verso la cucina.
«Grazie».
«E di cosa?» risponde.
«Per poco fa».
«Non ringraziarmi ancora, so che avrai bisogno di qualche altra strigliata prima di fare il passo giusto - sorride mentre a piccoli passi si dirige verso la sala da pranzo - ti conosco troppo bene».
Scuoto la testa sospirando. É veramente insopportabile, ma le voglio bene.
Nonna Motoa sarà riuscita a persuadere Carola?
Potete trovarmi su instagram @Elenina_1983
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