15
Trentatré gradi e sono solo le undici del mattino! La giornata giusta da trascorrere sdraiata al sole o a bagno nell'acqua salata, ma, c'è sempre un "ma", da qualche giorno il mio stomaco fa i capricci. Mi sono svegliata abbastanza presto per riuscire a preparare la valigia in tempo, Andrea sarebbe passato alle 9 per trascorrere un week end insieme ai suoi fratelli, nella loro casa al mare. Dopo una ricca colazione, ma non più abbondante del solito, ho iniziato ad avvertire uno strano senso di malessere che tutt'ora persiste.
Pertanto, invece di crogiolarmi al sole, mi ritrovo sul divano con in mano una tazza di tristissimo tè osservando irritata, una Firenze completamente deserta. Perfino le numerose frotte di Giapponesi che per tutto l'anno invadono la città, in questo sabato di fine Giugno, hanno preferito scattare fotografie ai castelli di sabbia.
Bip. Un messaggio.
«Passato?» E' Andrea.
«Non tanto» rispondo.
Pochi istanti.
«Bloccata da un banale mal di stomaco? Non è da te! Cielo terso, mare calmo e una temperatura ideale ti aspettano».
Mette pure il dito nella piaga, come se la mia massima aspirazione per un sabato da leoni fosse poltrire sul divano rimirando paesaggi fantasma.
Bevo un sorso di tè, è veramente disgustoso. Mi alzo per rovesciarlo nel lavello della cucina quando il cellulare inizia a squillare.
Rispondo in modalità viva voce mentre il liquido giallognolo gorgoglia nello scarico.
«Se hai telefonato solo per continuare a infierire, riattacco subito».
«No, vorrei farti cambiare idea visto il fallimento di stamani». In effetti, questa mattina ci aveva provato, invano.
«In questo momento il dolore ha lasciato posto ad una forte acidità, non credo sia il caso».
«Devi smettere di mangiare tutte quelle schifezze».
Lo interrompo. «Non ho bisogno della predica, per quello ho già mia mamma. Grazie».
«Sai come la penso in merito, ma credo che il tuo stomaco oggi sia d'accordo con me».
Odio sentirmi in torto e ancora di più ammetterlo, ma sono certa che mai e poi mai riusciranno a farmi ingurgitare germogli di soia, tofu, seitan o altri intrugli verdognoli. Per adesso potrei limitarmi a un solo cornetto al mattino, addirittura senza panna, mi sembra già uno sforzo immane.
«Dai vieni!» In sottofondo sento i bambini giocare, le onde del mare incresparsi sulla battigia e il resto della compagnia pregarmi di raggiungerli. La mia già precaria perseveranza sta iniziando a vacillare. In fin dei conti è solo un banale mal di stomaco causato da cibi scorretti e in quantità esagerate, senza considerare i miei orari, del tutto sballati.
«Metto le ultime cose nel borsone e parto - guardo l'orologio, poi continuo - alle tre sono da voi».
«Ok, ci vediamo dopo pranzo»
«Ti prego! Odio quella parola. Non voglio toccare cibo fino a tempo indeterminato».
Ride. «E io dovrei crederci?»
«Certamente!»
Ride nuovamente. «Muoviti invece di parlare a vanvera!»
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Sleight of hand and twist of fate
On a bed of nails she makes me wait
And I wait without you
Sono comodamente sdraiata sul lettino in riva al mare a godere del sole pomeridiano con la voce di Bono Vox sparata nelle orecchie. Avevo bisogno di relax dopo due settimane di stress fisico e mentale, anche lo stomaco ha deposto le armi, mi sento bene considerando com'era iniziata la giornata. Al mio fianco ho tre lettini vuoti, rispettivamente di Andrea, Gianni e Pietro che, come bambini, non riuscendo a stare fermi si sono messi a giocare a pallone poco distanti, mentre nella prima sdraio occupata riposa Giulia.
Canticchio a bassa voce il ritornello.
With or without you
With or without you
I can't live
With or without you
Improvvisamente un'ombra mi abbuia la vista, apro gli occhi. E' Giulia che, in questo istante, si sta sedendo nella sdraio di fianco alla mia.
«Disturbo?»
Togliendo gli auricolari: «No, siediti pure».
«É sabato e sarai stufa di parlare di lavoro vero?»
Ne avrei fatto a meno. «Dimmi pure». Spengo l'i-pod e mi siedo di fronte a lei in attesa della conversazione.
«Io e Gianni abbiamo acquistato una casa in centro, piuttosto nuova, che non vorremmo ristrutturare più di tanto. Dato che al matrimonio non manca molto potresti farci un salto per vedere il da farsi?»
Annuisco. «Volentieri».
«Quando potresti venire? - china la testa di lato - sono pedante, lo so, Gianni invece è tranquillo di riuscire a fare tutto quanto nei tempi giusti mentre io, ansiosa per natura, sono terrorizzata all'idea di arrivare all'ultimo istante con una miriade di cose a metà».
Rifletto mentalmente sugli impegni che potrei avere nella settimana.
Lunedì mattina appuntamento alla villa dei Safin, martedì ho un impegno, momentaneamente mi sfugge con chi, ma sono sicura di averlo. Sul tardi sono libera.
«Avete appuntamenti martedì sera, non so, verso le 18? Minuto più minuto meno».
«Giulia, mi avevi promesso che non l'avresti disturbata oggi» tuona Gianni dietro le mie spalle mentre si avvicina a noi in compagnia di Andrea e, poco distante da loro, anche Pietro con bambina al seguito.
Mi volto verso di loro e, schermando la vista con la mano, rispondo: «Non mi ha disturbato affatto, tranquillo. Poi sai benissimo che parlare di lavoro a me non dispiace - si siede al fianco di Giulia - comunque, se siete disponibili martedì sera verrei volentieri per dare un'occhiata, così, giusto per qualche suggerimento».
«Suggerimento? - sobbalza Giulia - forse non hai capito, noi ti diamo le chiavi e tu ce le rendi con il vaso di fiori sul tavolo - alza le mani in segno di resa - un commercialista e un avvocato cosa pensi capiscano di piantine, pittura, piastrelle e arredi?»
Continua Gianni. «Sono d'accordo con lei, avrai carta bianca. Conosciamo il frutto del tuo lavoro e non chiediamo di meglio».
Sorrido lusingata.
Da dietro Andrea, che rovista all'interno della mia borsa alla ricerca dell'acqua, conferma: «Dopo una sviolinata del genere non puoi che accettare». Afferra la bottiglia, beve un po' del contenuto e rovescia il resto sulla testa scrollandosi e bagnando tutti i presenti. «Come fai a bere l'acqua calda?»
«Tutti i medici consigliano di bere acqua gelata con il mal di stomaco - agguanto la bottiglia vuota dalle sue mani - stai tranquillo non lo farò, è finita, qualcuno l'ha seccata». Cerco di sbattere la bottiglia vuota sulla sua gamba, ma riesce a scansarla facilmente.
«Ragazzi ceniamo insieme stasera?» urla Marina poco distante da noi mentre prende Sofia in braccio.
«Per noi va bene» dice Giulia dopo un'occhiata complice di Gianni.
«Io ci sto, tu? - Andrea attende la mia risposta che tarda ad arrivare - se preferisci stare a casa, ti faccio compagnia».
«Scherzi?! Sto benissimo adesso. Ceniamo tutti insieme stasera». Non sono certo al cento per cento, ma odio fare la guastafeste.
Andrea estrae il cellulare e compone il numero del ristorante. «Ciao Guido, sono Andrea. Come stai? - rimane in attesa - non c'è male. Hai un tavolo per sei persone attorno alle... - ci osserva, mentre ognuno di noi segnala un orario diverso con le dita. Io le 21, Giulia e Gianni le 21 e 30 mentre Marina e Pietro le 22 - dimmi tu - un attimo di silenzio - vada per le 22 e 30, ma preparaci un aperitivo o due, veniamo un po' prima almeno facciamo due chiacchiere». Ridono e poi aggancia. «Osteria del pesce, l'orario l'avete capito». Lancia il cellulare dentro la mia borsa e si sdraia usando la mia gamba come cuscino.
«Stai comodo?» Dico sarcastica.
«Se ti sposti leggermente più indietro evito di avere il tuo femore conficcato nella nuca». Appoggia la mano sul fianco indicando l'osso che preme sulla sua testa, provocandomi volutamente il solletico.
Mi contorco per istinto. «Smettila Andrea - non cede - ti prego....» Per bloccarlo gli do un pizzicotto sul tendine della spalla.
«Ahi!»
«Ben ti sta!» ribatto massaggiandomi la gamba e il fianco arrossati.
«Certo che voi due siete proprio una bella coppia» dice Giulia in tutta tranquillità.
Raggelo mentre Andrea sta ruotando la spalla per riprendere sensibilità dopo il mio pizzicotto.
«Si, io e lei dopo venticinque anni insieme siamo diventati una coppia di fatto - poi aggiunge tranquillo - sembriamo una coppia, ma di fatto non lo siamo». Si volta verso di me in cerca di assenso. Annuisco intontita, con addosso un'inconsueta e fastidiosa sensazione. Per fortuna Marina cambia argomento.
«Scusate ragazzi, io e Pietro dobbiamo andare un'oretta in centro al Forte per cambiare una camicia - sbuffa verso il marito - non sai neppure comprarti una camicia da solo».
«É perfetta». Scuote la testa.
«Si, se non starnutisci, altrimenti saltano tutti i bottoni con questa pancia». Schiaffeggia simpaticamente la pancetta di Pietro che, prontamente la ritrae.
«Di quale pancetta parli? - paonazzo continua - non vedo un filo di grasso, solo un fisico perfetto».
«Pietro afferra al volo! Mia sorella ha i bollenti spiriti». Andrea gli assesta una sonora pacca sulla spalla spingendolo con gran facilità verso la moglie. «Vai a cambiare questa camicia - rivolgendosi alla sorella - almeno mi fate un altro nipotino».
«Che scemo sei! - ride - potreste tenere Sofia? Altrimenti nel negozio combina un macello».
«Si, si. Lei combina un macello...» sogghigniamo tutti.
«Vieni da zio che babbo e mamma hanno un appuntamento» dice chinandosi verso la nipote che, a sua volta, gli corre incontro felice.
«Io 'to co zio». La prende in braccio stringendola a sé.
«Buca!» Con un ditino indica la barba incolta.
«Tuo zio deve fare il bello e dannato, non può rasarsi la faccia». Avvicinandosi cerca di pizzicargli una guancia, ma prontamente Andrea schiva. «Non darle schifezze, ok?» puntualizza Marina.
Andrea annuisce serio mentre saluta sua sorella e il cognato che insieme si allontanano dalla battigia.
Nel frattempo Giulia e Gianni si sono alzati dai lettini rigorosamente mano nella mano. «Noi due facciamo una passeggiata - dice lei sorridendo - ci vediamo dopo».
«21:30 pronti, Ok?» chiede Gianni.
«Andiamo con le biciclette, almeno non dobbiamo sbatterci per parcheggiare» precisa Andrea.
«Ci vediamo a casa» rispondono all'unisono.
Saluto e, con me, anche Sofia agitando la mano cicciottella.
Andrea mette giù la bambina e cerca di allontanarsi quando, prontamente, lo blocco afferrandolo per il polso sinistro. «Dove stai andando?»
Pacatamente risponde. «Al bar da Franco per una birra e dell'acqua, rigorosamente, calda».
Sbarro gli occhi. «Al bar? - indico la piccola che nel frattempo sta giocando con le conchiglie - e lei?»
«Rimane qui con te» risponde divertito.
«Non sei simpatico, da sola non sono in grado - mi alzo agitata - se dovesse mangiare una conchiglia, sbattere la testa nella sdraio o, peggio ancora, iniziasse a piangere perché vuole sua madre? - ho già l'affanno - cosa farei?»
«É una bambina, non un diavolo della Tasmania - ride - guarda e impara, potrebbe esserti utile un giorno».
Osservo Sofia che mi fissa a sua volta sospettosa. «Vedi? Tutti i bambini mi odiano!»
«Ti ho detto guarda, in silenzio - si volta sorridendo alla piccola - tesoro dai la mano a zia Carola che andiamo tutti insieme a prendere un gelato enorme?»
«Siiiiiiiii!» strilla euforica mentre corre verso di noi afferrandoci le mani. «Andamo, andamo, andamo»
«A loro basta poco per essere felici...»
«Marina ha detto niente schifezze!»
«Mia sorella non è qui!» Sorride beffardo mentre tutti e tre assieme, per mano, ci dirigiamo verso il bar con in sottofondo la gioiosa cantilena di Sofia.
«Gilato... Gilato... Gilato...»
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Toc. Toc.
«Sei pronta?»
«Quasi, devo solo legarmi i capelli. Entra pure».
Apre la porta rimanendo in silenzio con la nuca appoggiata allo stipite destro.
Mi volto verso di lui cercando di appuntare i capelli in una crocchia. «Un secondo... - metto l'ultima forcina - fatto!» Agguanto al volo la borsa avvicinandomi alla porta.
«Prendi una giacca, in bici avrai freddo». Indica un cumulo di stoffa buttata sulla poltrona in fondo al letto.
«Hai ragione, non ci avevo pensato - la prendo cercando di stiracchiarla e continuo - per il dopo cena non preoccuparti per me, se vuoi proseguire la serata fa pure, io tornerò qui a casa, ok?»
Annuisce.
«Non me la sento di azzardare troppo, ho ancora qualche postumo».
«Visto l'ultima serata alla disfatta preferisci contenerti!» Lui sorride, mentre io mi raggelo al solo ricordo.
«No, è che... Lo stomaco... Preferisco così...» farfuglio qualcosa in totale confusione.
«Capito!»
Chiude la porta alle mie spalle e scendiamo insieme la grande scalinata in legno.
«Domani sera tu e i tuoi fratelli rimanete qua a dormire e partite Lunedì mattina?»
«Io sì mentre il resto della banda se ne va».
«Ho un appuntamento di lavoro dai Safin, potendo rimarrei qui anche domenica notte».
«E lo domandi?» Fa spallucce mentre sgancia i lucchetti prima della mia e poi della sua bici.
«Andiamo ragazzi? - appare Marina da dietro l'angolo della casa con Pietro al seguito - scusate il ritardo, ma Sofia non voleva mangiare e dalla macchia di cioccolato sul costume ho intuito il motivo». Guarda sospettosa Andrea che prontamente si giustifica.
«Sai benissimo che alle donne io non dico mai di no... - mette le mani avanti - sono un gentiluomo!»
In questo istante sono arrivati anche Gianni e Giulia. «Eccoci!»
«Come fate a concordare il momento esatto in cui iniziate la frase?»
Gianni commenta la battuta di Andrea scuotendo la testa.
«É una domanda lecita! Parlate quasi sempre all'unisono - mi guarda in cerca di approvazione - É difficile!»
Lo spingo. «Sei proprio un eremita rude e brontolone!»
«Ti chiudo fuori domani sera!» Mi guarda divertito mentre cerca di liberare la sua bici da quella del cognato.
«Per fortuna domani ci sei anche tu! Controllalo!» dice Marina alle mie spalle.
«Per quale motivo?» ribatte Andrea.
«La domenica sera sei sempre solo qui, non voglio immaginare cosa possono aver visto e sentito queste mura!»
Andrea annuisce sornione mentre tutti, me compresa, ridiamo.
«Comunque - ci interrompe Gianni - non so quanto Carola sia in grado di controllare Andrea perché durante la nostra festa si sono dati allo stravizio entrambi - ci indica - insieme».
«Non è vero!» grido istintivamente, forse in tono troppo alto e veemente.
«Vorresti dire che tu e Andrea non avete bevuto come due spugne e poi vi siete dileguati?» insiste.
Sono veramente in imbarazzo, con il fiatone e letteralmente senza parole. Abbasso lo sguardo verso le mie mani così saldamente strette al manubrio da provocarmi dolore.
Improvvisamente il gomito di Giulia, inavvertitamente, si fa per dire, sbatte contro il fianco di Gianni così forte da farlo sobbalzare. «Perché l'integerrimo avvocato Gianni Lamberti non era così distrutto da non ricordarsi neppure dove fosse al mattino successivo?» Lo guarda sbattendo gli occhi da cerbiatta con un sottinteso velo di sarcasmo.
Alzo lo sguardo, caro Gianni allora eravamo in tre completamente ubriachi, spero solo che al tuo fianco avessi Giulia e non, come me, un'inaspettata sorpresa.
Irrompe Andrea nella conversazione. «Fratellino sposati pure, ma non rosicare del fatto che io e Carola possiamo fare quello che ci pare, con chi ci pare e quando ci piace». Mi fa l'occhiolino sorridendo, poi afferra la bici pedalando in direzione del cancello.
«Andiamo chiacchieroni, pancia o non pancia, ho una fame da lupo». Anche Pietro se ne va.
Salgo in sella anch'io mentre Marina si avvicina. «Scusa, non intendevo... La mia era una battuta». Intanto la coppietta ci passa di fianco.
Scuoto la testa. «Tranquilla, lo so - sospiro e le sorrido - andiamo a mangiare altrimenti tuo marito sviene».
Iniziamo a pedalare anche noi verso l'uscita.
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