Mr. Fantasia

Sono qua in camera mia con gli occhi talmente spalancati che non riesco più a vedere. La porta è socchiusa e attorno a me vi è il vuoto. Dimentico e smetto di percepire il mio corpo e i suoi confini. Divento un tutt'uno con il letto e mi dissolvo nel nulla. Vorrei muovermi per riottenere la percezione del mio corpo, ma non voglio davvero farlo. Vorrei solo volere di volerlo. L'aria comincia ad avere sapore e i suoni diventano colorati ma intorno a me c'è solo il silenzio. Un silenzio grigio, non bianco e rilassante, ma grigio e vacuo. Mentre rimango così, pensando che forse è il caso di dormire, sento un suono color acero:
qualcuno sta bussando. Ora, chiunque si chiederebbe chi è che bussa in camera propria alle tre di notte, ma io purtroppo so benissimo chi è. I colori dei suoi picchietti sulla mia porta umbratile non mi lasciano alcun dubbio.

Si presenta sempre ad orari improponibili come questi. Durante il giorno è sempre tranquillo e io non lo vedo e nemmeno lo sento se non di rado. La cosa peggiore di una visita di questo tipo è che sai già come andrà a finire e sai già come si svolgerà. Rimango in silenzio ancora qualche secondo sperando che se ne vada e che mi lasci dormire o, semplicemente, da solo. L'aria diventa ferrosa lasciandomi un brutto sapore sul corpo e tenendomi in ansia. Trattengo il respiro e rimango immobile. Ritiro la mia esistenza al minimo indispensabile, ma dopo qualche secondo sento picchiettare nuovamente alla porta. Non posso evitarlo.

"Chi è?"

"Sono io!", risponde lui con tono serioso.

" 'io' chi?"

"Suvvia, sapete già chi sono."

"Fanculo! Resta fuori. Fammi dormire.", sbotto irritato.

"Certo, certo, certo. Come no."

"Non ti apro."

A quel punto, dopo pochi relativi istanti, lo vedo oltrepassare il legno della porta come uno spettro e avvicinarsi al mio letto lentamente.

"Dovevi proprio fare la scena vero?"

"Non potevo mica aprire la porta."

Arrivato da me mi si mette praticamente a fianco e guardandolo in faccia mi fisso sulle sue rughe. Essendo che sono sdraiato lui sembra ancora più slanciato, e lo smoking rendeva la sua figura ancora più snella e sinuosa. Non c'è dubbio: è Mister Fantasia.

"Sei un pessimo maggiordomo sai?"

"E anche l'unico che avete."

Mi concentro su ciò che tiene in mano e a giudicare dalla dimensione del vassoio la portata sembra essere veramente grossa.

"Ti prego. Lasciami dormire.", farfuglio supplicante.

"Non sono io a decidere!"

"E chi allora?"

"Ma è lei, signore mio."

"Certo."

Mentre mi guarda comincia a sfilarsi un guanto, preparandosi a mostrarmi ciò che intendeva farmi vedere.

"Che cos'abbiamo? Che mi hai portato?"

"Sono sicuro che le novità di oggi le piaceranno. Sono quelle storie fantasiosamente reali che lei ama."

Comincia a vantarsi e a vagheggiare su quanto mirabolanti siano le cose che intende mostrarmi, ma tutto a un tratto si ferma.

"Penso di aver dimenticato qualcosa."

"Forse hai dimenticato che sono già strapieno di idee e di racconti da realizzare? No, ma così per dire. Mica vieni a rompermi le scatole tipo tre volte a settimana."

Contrae tutti i muscoli facciali in suo possesso e, di getto, corre via senza dir nulla. Sono sinceramente sbigottito ma ho il serio dubbio e la forte impressione che tornerà. Forse la cosa migliore sarebbe chiudere gli occhi e provare a dormire ora che se n'è andato; ma so per certo che non riuscirei ad addormentarmi. Dopo pochi secondi lo vedo tornare da me correndo e, tutto affannato, si ferma di botto sul lato del mio letto, nello stesso identico posto di prima. In un istante si ricompone e torna ad avere la sua solita aria seriosa, elegante e composta. Poi, dopo un breve colpo di tosse con cui darsi un tono, riprende il vassoio di prima, ma noto un piccola differenza: ora è più grande.

"Che è successo? Perché sei scappato via in fretta e furia? Ti sei reso conto che ti odio?"

"Mi ero reso conto di ciò lungo tempo addietro.", risponde ponendosi una mano sul petto in segno di afflizione.

"Quindi?"

"Quindi ne abbiamo uno nuovo."

"Non può essere. È fisicamente impossibile come cosa. Io mi rifiuto di credere che tutto ciò sia vero. Tu stai mentendo."

"Aaah, eccome se è possibile. È possibilissimo bambolina bella!"

"Eh?"

"Cosa?"

"Hai citato Jed Mosly?"

"Chi?"

"Tu."

"Quando?"

"Muori. Ti prego."

"E se morissi io non morirebbe forse una parte di lei?"

"Senti, dimmi solo le novità e facciamola finita."

"Certamente."

Così, finalmente, alza il coperchio che copriva il vassoio e una miriade di foglietti e fogliettini esplodono per la stanza ricoprendo quasi ogni cosa, ma pochi millesimi di secondo dopo cominciano ad evaporare. Scompaiono, lasciando nell'aria una parvenza di nostalgia, nullità e tepore. A quel punto comincio ad assimilare parti e idee da tutti quei fogli ma l'insieme delle cose mi causa un terribile mal di testa.
Metto le mani sulla testa, spingo le palpebre verso il basso e provo a concentrarmi per scacciarlo via.

"Fa' qualcosa per il mio mal di testa, cavolo! Riporta tutto su scritto e spiegami tu quello che la mia malsana mente ha partorito!"

"Subito!"

Allento la tensione sulle palpebre e comincio a schiudere gli occhi. Faccio un respiro profondo, riporto le mani sul letto e sento la morsa che gravava sulla mia testa allentarsi progressivamente. È un sollievo poter sentire di nuovo la testa vuota. Vuota e leggera come sempre, anzi come mai prima d'ora. Faccio scorrere la lingua sui denti e non sento nessun sapore. La mia pelle è neutra e la mia vista non è deformata. Nessun colore o sensazione, in questo momento, mi circonda o mi percepisce, e io non percepisco loro.

"È stato strano.", farfuglio balbettante.

"Lo so. È stato quasi drammatico, ma al contempo interessante."

"Comunque, questa volta per davvero, dimmi tutto."

"In che ordine vuole sapere le novità?"

"Frega 'n cazzo. Vai. Spara. Parla."

"Perfetto. Abbiamo in mente la storia di un uomo a cui muore la figlia e che per non dover sopportare il dolore della morte della figlia, decide di dedicarsi tutto il giorno ad un unico hobby. Tutto il giorno dalla mattina alla sera fino a dormire."

"Quanti anni ha l'uomo? E quale sarebbe l'hobby in questione?"

"Glielo presento."

Mr. Fantasia comincia a dissolversi, e questo può voler dire una sola cosa: da adesso ogni mia idea mi si sarebbe posta davanti con tutte le sue forme e storie e avrebbe lottato e avrebbe provato a persuadermi per ottenere la tanto agognata vita.
Così davanti la porta appare un vecchietto bassino e dallo sguardo dolce. Leggermente ingobbito e vestito tutto di nero come uno iettatore.
Zoppicante mi si avvicina poggiandosi goffamente sul suo bastone.

"Non sono uno iettatore."

"Ti credo."

"Ma lo hai pensato."

"Ho pensato che sei vestito come uno iettatore."

"È perché sono a lutto."

"Mi dispiace. Ma adesso dimmi cosa vuoi."

"E non lascia a un anziano come me il tempo di sedersi e mettersi comodo?"

"Fallo, ma sii lesto che è tardi."

Tutt'altro che lesto si dirige verso la sedia vicino la scrivania e, dopo qualche secondo perso per trovare il giusto appoggio lombare, comincia a parlare.

"Mia figlia, Rebecca, è morta. Era una bambina, anzi, una ragazza gioiosa. La luce dei miei occhi era lei; e ora è morta. Io non voglio, non voglio dover affrontare tutto quel dolore. Da poco tempo morì la moglie mia... E ora lei. Sono solo e non sono pronto. E che potevo fare? Che potevo fare se non soffrire o morire?"

"E cos'hai fatto?"

Lo guardo qualche istante e noto una lacrima scendere sulla sua guancia, e mentre si asciuga il liquido oculare sulla manica noto la sporcizia sulle sue scarpe. Il suo vestito è pulitissimo ma le sue scarpe hanno un lieve sentore di terra.

"Hai deciso di scappare via dai tuoi problemi? Una fuga folle e corridora alla Forest Gump?"

"No, non ho più l'età per correre.", risponde quasi sorridente.
"Ho cominciato a leggere. Ho deciso che avrei letto per tutto il giorno. Per tutto il giorno avrei letto storia. Ogni libro, resoconto, fonte e biografia storica. Ogni punto di vista di ogni evento pur di cogliere la soggettività umana e pur di non pensare alla figlia mia. Il materiale storico leggibile è infinito e così avrei potuto morire senza soffrire per lei. Purtroppo però non si può scappare da qualcosa che è una parte di sé per sempre. Prima o poi dovrò affrontare la realtà e forse morire..."

"Interessante, interessante. Molto convincente. Ti metterò tra i "probabili". No, forse ti metterò addirittura tra i prossimi"

Lo iettatore così si alza dalla sedia e mi scruta con riguardo e severa serenità.

"Grazie mille. Un vecchio come me non può aspirare ad altro che alla vita; in un modo o in un altro. Anche se vita vuol dire morte."

Non ho nemmeno il tempo di guardarlo dileguarsi che un'altra figura prende il suo posto. È un altro signore anziano, anche se diversissimo da quello di prima. Non capisco perché oggi così tanti anziani vogliano farmi visita. Perlopiù sono ragazzi o ragazze, al massimo sulla trentina, a volermi visitare ma oggi, non so perché, non è così.

"Allora, bando alle ciance!", quasi mi sgrida mentre mi guarda furioso.

"Stai calmo però. Non prendertela con me."

A passi grossi si addossa contro di me e furioso mi punta il dito contro.

"Non sto calmo proprio per nulla!", impreca mentre la sua faccia diventa rossa come l'attesa prima di una di una finale. "Io sono vittima di una forte, anzi di una fortissima ingiustizia solo per colpa tua! È solo tua la colpa di ciò che mi è successo."

"Spiegati. Spiegami cosa ti è successo e perché vuoi la vita se odi ciò che ti è successo."

"Una disgrazia mi è successa!", urla con le mani al vento. "Sono stato violentato, stuprato, e pure ingiustamente incolpato."

"Violentato? Ma chi mai vorrebbe farsi un sessantenne?"

"Nessuno."

"Eh?"

"Almeno così pensavo. Eppure sono stato violentato da una bambina."

"Aspetta: come? Tu m'interessi moltissimo quindi non deludermi con qualcosa sul fantasy."

"Ma quale fantasy! Io ho subito eppure sono stato incolpato. E la colpa di ciò è solo tua. Tu mi hai creato e tu mi hai rovinato."

Non so quasi rispondere. Forse dovrei restare in silenzio. Ma non vorrei farlo innervosire ancora di più.

"È vero. Credo. Ma dimmi qualcosa in più. Quanti anni ha la bambina? La tua è una storia simil-realistica o qualcosa di molto stupido e astruso con in mezzo gente tipo Ninja o associazioni? No perché odio quel genere di cose."

"Nulla di ciò. Quello che mi è capitato potrebbe capitare a tutti un giorno. La realtà è molto più orribile della fantasia, proprio perché è qualcosa di verificabile."

"Non dirmi altro. Sei preso. Ma non mi hai ancora detto perché vuoi la vita."

"Voglio la vita solo per morire. Condannato nel limbo dell'immaginazione non posso far altro che rivivere la mia storia. Realizzami e dammi pace!"

"Lo farò il prima possibile. Te lo sei meritato. Anzi sarai il primo che vivizzerò non appena finirò con la ragazza con cui mi sto indaffarando ultimamente."

Non appena finita la frase però, ecco che compare affannato, e veloce come un insetto, lo iettatore.
"Fermi! Fermi!"

"Cosa vuoi?", chiedo dubbioso al losco figuro.

"Tu vuoi mettere questo vecchiaccio prima di me?"

L'altro vecchietto in preda all'ira, si gira gli toglie il bastone dalla mano e lo lancia.
"Vecchiaccio a chi? Chi sei tu e cosa vuoi? Vuoi una patente?"

Cominciano ad azzuffarsi e a discutere su chi debba avere il primato tra i due. E fanno tutto ciò senza nemmeno consultarmi. Il che è ridicolo visto che sono io il loro creatore.

"Fermatevi! Ascoltatemi. Tutti e due."

Si fermano e si rivolgono verso di me. Mi sarei aspettato contestazioni o altro ma sono rimasti in silenzio. Forse hanno capito di non dovermi indispettire.

"Iettatore."

"Ma se avevi scelto me!", sbotta il vecchietto.

"Zitto. Iettatore, ora ti spiego perché ho dato il primato al vecchietto e non a te. Tu sei un estraneo. Sei come il blu sull'odore della pizza. Sei sicuramente interessante, ma non sei mio."

Lui mi guarda stranito e poco dopo inizia a camminare, riprende il suo bastone e inizia un avanti e indietro per la stanza.

"Che vuol dire che non sono tuo?"

"Vuol dire che non sono stato io a crearti. Non ne sono sicuro ma penso che tu non sia figlio mio. Forse avrò letto o sentito di te da qualche parte e la mia memoria non collabora affinché io capisca dove o quando, ma non ti sento mio."

"E che farai di me? Rimarrò sofferente per sempre?"

"No, scriverò anche di te, ma non credo di poterti dare giustizia. Spero di sbagliarmi."

Si risiede, e poggia il mento sul dorso delle sue mani che, a loro volta, sono poggiate sul pomello del suo bastone. Rimane così a rimuginare un altro po', e infine rialza il capo.

"Va bene. Ma della mia Rebecca che mi dici?"

"Renderò giustizia pure a lei."

Dopo un cenno con la testa e una strizzata d'occhio, probabilmente involontaria, scompare. Anche l'altro vecchietto, soddisfatto dell'esito, evapora e si dissolve senza nemmeno darmi conto. Chissà chi sarà il prossimo. Mi concentro sulla porta in attesa di mirare la sua apparizione, ma rimango scioccato quando noto la porta muoversi emettendo un cigolio ferroso e fastidioso. Una mano, all'apparenza giovane e fine, spinge la porta da dietro. Poi, come un fulmine a ciel sereno, la porta viene spalancata tempestivamente e scorgo una figura alta e magra, dai lineamenti sottili e dalle forme gotiche.

"Chi sei tu? Qual è la tua storia."

L'entità si allontana dalla porta e con calma si poggia all'armadio vicino al muro e bussa sull'armadio quasi sarcasticamente.

"Non è che sia il massimo bussare dopo essere entrati. E poi come hai fatto ad aprire la porta? Tu sei solo frutto della mia immaginazione mica puoi muovere le cose."

"Infatti non ho aperto la porta."

"Ma se ti ho visto farlo."

"Sicuro?"

Mi volto verso la porta, ed effettivamente è chiusa. Ripongo il mio sguardo verso di lui e gli lancio un occhiataccia.

"Sappi che ti osservo. Eccome se ti osservo."

"Non voglio farti perdere tempo, quindi mi spiego subito. Il mio è un problema molto inusuale. Forse è definibile un fetish."

"Inquietante ma... continua."

"Io... diciamo che... che non voglio arrivare?"

"In che senso?"

"Parto da un po' prima. Circa dieci anni fa, quando ero appena un adolescente, mi resi conto di una cosa. Io non finivo mai di vedere i film, non concludevo le serie e lasciavo sempre tutto a metà."

"Insomma, un inconcludente."

"Esatto, un inconcludente. Ma non sono un inconcludente come molti. Io non voglio assolutamente concludere nulla. Ogni cosa per me è completa quando non è completa, lasciata a metà. E con tutto intendo tutto."

"E quindi?"

"E quindi più sono vicino al punto di fine e meglio è il lasciar perdere. Ora, prova a immaginare la vita di qualcuno così."

"Teoricamente l'ho già fatto."

"Immagina che ogni cosa dev'essere così. Un rapporto si conclude prima della fine, una sega si conclude prima della fine. A una visita medica me ne vado ancora prima di sentire tutto ciò che dovrei. E prova a pensare quali problemi relazionali e sentimentali possa creare una situazione del genere. Un amore incompleto, una situazione sociale inconclusa, e una persona infinita poiché non vuole finirsi. Che mi rimane da fare? Come posso continuare a vivere in questo modo? Vorrei solo morire, ammazzarmi, perché il mio piacere è la sua assenza e la sua assenza non è un vero piacere."

"Quindi vuoi farla finita?"

"Vorrei. Ma come posso farlo? Farlo vorrebbe dire portare a conclusione qualcosa. Portare un termine un suicidio, nonché la mia vita. Ma non ci riesco. L'inconclusività è più forte di me."

"Guarda, sei davvero un soggetto carino ma mi dispiace dirti che non posso far nulla per te."

"Come non puoi far nulla per me?"

"È già una questione complicata la tua e non saprei come scriverti. Che farei di te? Quali arzigogolerie dovrei inventarmi per non renderti noioso? Che faccio? Scrivo un racconto in cui ogni volta tu stai per fare qualcosa e poi la lasci lì?"

"Ma che stai dicendo! Puoi fare molto di più di me. Un dramma esistenziale sotto forma umana: questo sono io. Non puoi lasciarmi così: inesistente. Ho bisogno di vivere."

"Ma se ti scrivessi dovrei concluderti no?"

Lo guardo mentre trema rabbioso, per poi vederlo esplodere. Comincia a urlare e a farneticare, sbraitando in giro per la stanza come un forsennato lanciando calci e scuotendo i pugni.

"SE SOLO TU VOLESSI ASCOLTARMI CAPIRESTI LE MIE POTENZIALITÀ!", ulula attaccandomi.

"Io non ne sono capace. Mi dispiace."

Dopo qualche secondo di continue lamentele mi stanco di lui.

"Continuando così non otterrai nulla quindi calmati. Parliamone."

Così si ferma in mezzo alla stanza dandomi le spalle.

"Non posso realizzarti. Inoltre farlo andrebbe contro ciò che sei."

"E andare contro ciò che sono forse è la cosa migliore che si possa fare."

"Forse. Ma al momento non ne sono in grado."

Comincia a supplicarmi ma è tutto inutile, proprio come sono inutili le mie motivazioni. Infatti non mi ascolta e continua a chiedermi di far qualcosa. Sono costretto a cacciarlo.
Il mio corpo, atomo dopo atomo e molecola dopo molecola, si distacca dal letto rompendo quel tutt'uno che insieme avevano formato. I suoni emessi da questa divisione sono freddi e scostanti, ma una volta che alzatomi attorno a me cala il più totale silenzio. Anche l'inconcludente si annichilisce.

"Non posso aiutarti. Per oggi ne ho abbastanza, e adesso vai via!"

Una luce esce balbettante da lui e l'aria si fa magnetica e priva di equilibrio e mentre il pavimento della stanza sembra sprofondare, lui scompare. Ora qualcosa sembra provenire dal corridoio. Sprazzi di suoni maleodoranti, luci insipide e soprattutto decine, o forse centinaia, di voci mi percuotono in tutto il mio essere. Curioso e confuso mi dirigo verso la porta e la apro nervosamente.
Una fila lunghissima di entità, persone, animali, meteore (si, meteore) e personaggi si dispiega lungo il corridoio di casa fino a tre o quattro stanze addietro.

Tutti loro gridano a gran voce di voler essere ascoltati, di voler vivere e che è mio compito aiutarli. Quasi mi colpevolizzano per le loro condizioni o mi accusano per non averli resi inchiostro. È impossibile anche solo provare a dialogare con loro, e altrettanto impossibile è dividerli e affrontarli uno alla volta. Sono troppi.

"FANCULO! Fanculo a tutti! Andate via, non avete nulla da fare qua! Sono stanco e impegnato e non ho tempo da perdere con voi! FANCULO!"

Nel mentre che mi sgolo per cacciarli via tutti, sento un lieve calore accarezzarmi la schiena fino alla nuca. Mi giro a guardare: sono le prime luci dell'alba. Torno a guardare il corridoio ma ormai è vuoto, e al mio fianco c'è solo Mr. Fantasia.

"È l'alba sir."

"Ho visto. Sono rimasto tutta la notte sveglio. Cazzo."

"È stata una nottata interessante o fruttuosa?"

"Spero ti venga un tumore."

"Probabilmente verrebbe pure lei."

"Allora cerca di non fartelo venire."

"Non ha ancora risposto alla mia domanda."

"Sta' zitto, e fammi dormire. Sono davvero stanco."

Ora lui disappare, e io voglio solo dormire.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top