Rêves et cauchemars
Selena's POV
"Perfetto, ora spogliati" Sylvie mi guida in maniera molto esplicita. Mi sento un po' pudica mentre devo togliere tutti i miei vestiti.
Davanti a me, Jean-Jacques, che con fare professionale dirige tutta la sua troupe. Luci, le telecamere, tutto deve essere perfetto. Mi tremano le gambe, sento la brezza del mare accarezzare i miei capezzoli. I miei capelli sono mossi dal vento, ricci e selvaggi.
Vedo Felipe posizionato alla postazione trucco, indossa solo una vestaglia, lui sicuramente è più a suo agio di me... Quanto lo invidio. Lo vedo girarsi verso di me, io mi volto verso il mare in modo che non possa vedermi così, nuda e inerme.
Lo sento ridacchiare. Nel frattempo, l'entourage di Sylvie apre una bottiglia di champagne e mi viene portato un bicchiere colmo fino all'orlo.
"À la santé, ma chèrie" sento Sylvie urlarmi alle spalle. Io sorrido timidamente, poi ridacchio anche io.
"Sei davvero stupenda. Guardate la bellezza della mia migliore amica!" Sylvie rincara la dose e tutti si girano verso di me. I loro sguardi mi bruciano, i loro occhi squadrano ogni centimetro della mia pelle.
Tento di coprire le mie grazie come posso, quando incrociando le gambe, quando con le mie braccia.
Mi sento inibita, l'ansia cresce dentro di me. Sylvie se ne accorge e si avvicina a me.
"Selena, va tutto bene?" Sylvie mi prende un braccio e mi accarezza.
"Va tutto bene, tranquilla, è un po' di timidezza, tutto qui" non è propriamente vero, sento lo sguardo sui miei fianchi, anche il solo tocco di Sylvie mi fa tremare. Non arrenderti Selena, va tutto bene, tento di ripetermi, ma continuo a tremare.
"Va bene, se tu sei pronta cominciamo, okay?" Sylvie mi sussurra delicatamente.
Io annuisco e tento di sciogliermi quanto posso. Sento una mano toccare la mia, è Felipe.
"Damolo todo, intesi?" mi sorride delicatamente e mi sento un po' meglio. Lui è qui con me. Mi metto dietro il velo e sento la voce di Jean-Jacques che urla "Luci, camera..." e poi in un attimo. "Azione!"
Mi trovo dietro un velo leggero, l'idea di Sylvie era quella di rappresentare i sogni dell'uomo e della donna, non in maniera sessuale ma sensuale. La camera registra i miei fianchi, la mia bocca, la curva dei miei seni... Sento la rigidità del mio viso, mi sento di pietra, fredda come ghiaccio.
Felipe se ne accorge e inarca le sopracciglia, è perplesso. Che avesse mai capito? Ho sempre tentato di tenere tutto per me, di essere forte, ma ora mi sento vulnerabile e scoperta.
"Nena, que pasa?" mi domanda lui in un momento di pausa, tenta di cercare il mio sguardo dal velo di organza che ci separa. Io tento di sviare la cosa. "Va tutto bene, Felipe, davvero..." gli rispondo, anche se non è vero.
Lui mi prende la mano, mi accarezza e mi lascia i miei tempi. Gliene sono infinitamente grata. Prendo il coraggio a due mani e tiro avanti finché il photoshoot non finisce.
Sylvie ci invita a vedere il prodotto finito, ho visto Felipe senza alcun tipo di velo, così, nudo e crudo davanti a me: il petto villoso, le spalle forti, i tagli sulle dita. Tutto, eppure lui non si sentiva come me, era timido, impacciato ma non si sentiva come me. Non ho abbassato lo sguardo neanche un momento. Non volevo guardare lì.
Ci accomodiamo dopo esserci rivestiti e Felipe mi prende la mano. Sento i complimenti di tutti: che corpo mozzafiato, che pelle stupenda... Eppure io sono vuota, con gli occhi fissi a guardare il video. Mi vedo, nuda davanti al mare. Nonostante tutto ho tenuto duro fino all'ultimo istante del servizio fotografico. Sono così fiera di me...
Felipe mi guarda e sorride delicatamente e sento la sua mano accarezzare la mia, in questo momento sento che potrei rifarlo ancora una volta.
Dopo aver dato i miei saluti a Sylvie, Jean-Jacques e a tutto lo staff di Maison Garnier, mi dirigo verso la macchina assieme a Felipe. Il viaggio del ritorno è silenzioso, Felipe tenta invano di avviare una conversazione ma io sono chiusa, dissociata, nella mia bolla. Appoggio soltanto la mia mano sulla sua e lui rispetta il mio silenzio. Arriviamo fuori casa, apro la portiera e vedo Felipe che si sporge verso di me, mi lascia un bacio casto sulle labbra, ricambio e gli sorrido leggermente.
"Ti chiamo a fine allenamento, te quiero" mi dice e lascia andare la mia mano. Chiudo la portiera ed entro in casa.
Qualche ora dopo...
Sono sul letto, distesa. Il telefono squilla. Sono stata in completo silenzio fino ad ora.
"Hey Selenita" mi dice.
"Hey..." rispondo, cercando di trattenere le lacrime. Devo dirglielo.
"Selena, cosa succede, è dall'inizio del servizio di oggi che sei diventata incredibilmente silenziosa. Ti eri spenta tutto a un tratto."
"Felipe..."
"Puoi dirmi tutto, Selena. Cosa ti turba?" mi chiede, sento la preoccupazione dal tono della sua voce.
"Ti confiderò il mio più grande segreto..." dico. Inizio a raccontare per filo e per segno cosa successe quel pomeriggio di dieci anni fa, al liceo in California.
Dieci anni prima... [TRIGGER WARNING, testo grafico, linguaggio razzista]
"Ok, ragazzi! La lezione di ginnastica è finita, ora andate tutti a farvi una bella doccia e potrete tornare a casa. Lopez, Johnson, voi continuate ad allenarvi a tirare questa palla nel canestro. Non voglio perdere anche quest'anno alle Nazionali, sono stato chiaro?" urla Mr. Bloomfield, il mio insegnante di scienze motorie.
Cazzo, perché proprio a me. Odio Andrew Johnson con tutta me stessa. Così viscido, lì a provarci con tutte, senza il minimo pudore.
Il professore se ne va, lasciandoci soli nella palestra della scuola. Ad allenamento terminato, di corsa mi dirigo verso gli spogliatoi femminili.
Mi spoglio immediatamente. Odio la sensazione della canottiera bagnata di sudore incollarsi alla mia colonna vertebrale. Afferro il mio accappatoio e un flacone di bagnodoccia e mi reco alle docce.
Poi sento un rumore, isolato, metallico, come di un anello d'acciaio che, tenebroso, stride contro un'inferriata.
Il rumore diventa più intenso, più vicino. Posso solo sentire il persistere del rintocco metallico contro una parete ferrosa.
Inizio a sentire un brivido percorrermi lungo la schiena, i sottili peli sull'avambraccio iniziano a rizzarsi, mi viene la pelle d'oca.
"C'è nessuno?" chiedo nel vuoto.
Sento solo il fischiettare, melodioso e quasi sussurrato.
"Chi va là? Non è per niente divertente, ragazze!" urlo, pensando sia uno scherzo di cattivo gusto di Samantha e Pamela, le mie due amiche più fidate.
Il fischiettare si avvicina, poi, come per magia, si interrompe.
Dopo aver indossato l'accappatoio, esco dalle docce per dirigermi al mio armadietto ma... il mio cambio di vestiti è scomparso.
"Hey Lopez..." sento una voce dietro di me, terribilmente vicina al mio orecchio. Sussulto.
"Cosa cazzo ci fai qui, Andrew! Esci subito, e ridammi i miei vestiti!" urlo, infastidita.
"Ma come? Non vuoi giocare un po' qui con me?" dice, malizioso.
I miei occhi si spalancano, si è appena abbassato le mutande e il suo membro eretto mi osserva e brama.
"Andrew, rimetti quel coso dentro i pantaloni o ti giuro che chiamo..."
"Chi chiami? Non c'è nessuno in giro, tutti i professori sono ritornati alle loro case, ci siamo solo io e te. Allora, ti va di giocare?" Si avvicina, insiste nel prendermi il braccio e tirarmi a sé.
"Su, fai la brava, cioccolatino. Non vuoi succhiarmelo un po'?" Il suo corpo è sempre più vicino al mio, io sono lì, paralizzata.
Tento un momento di coraggio e faccio per scappare dalle sue grinfie, ma Andrew mi afferra per l'orlo dell'accappatoio e mi spinge a terra. Ora ha una mano intorno al mio collo. Noto un paio di anelli al dito. Spalanco gli occhi.
"Brutto stronzo, togl..." la voce mi si strozza in gola. Lui preme sempre più forte.
La vista inizia ad annebbiarsi, e così la percezione del mio corpo.
"Su, da brava, prendilo tutto in bocca, immigrata di merda" È sopra di me, posso sentire tutto il suo peso. "Sì, così, Dio se sei brava a prenderlo in gola... Madonna, sì..."
Le sue mani iniziano a strusciarsi contro tutto il mio corpo, soffermandosi su alcuni punti.
"Dio, che tette che hai, ma lo sai che ho proprio voglia di scoparmele... sì, così..." Sento il suo membro scivolare tra i miei seni. Ogni volta che cerco di opporre resistenza, Andrew rende il suo corpo più pesante, e mi riempie di schiaffi sul viso.
Sento la bocca impastata.
"Ora passiamo al dessert, cazzo come mi ecciti, sono tutto bagnato, senti qui!"
Prima il suo membro, poi un liquido viscoso si attacca alla pelle del mio viso, alle mie labbra.
Sento qualcosa premermi con forza lì giù. Sta tentando con forza di penetrare nella mia intimità.
Cerco, invano, di coprirmi, ma mi becco un bel pugno sullo zigomo.
"Stai giù, troia. Sì, ora fa' la brava. Prendilo tutto dentro, sì, così. Cazzo, sì! Sto venendo!"
Sento un vuoto immediato nella mia cavità, e poi quello stesso liquido viscoso, adesso caldo, sul ventre.
"Se osi farne parola con qualcuno, ti ammazzo, Lopez" dice Andrew, il tono della voce totalmente inespressivo.
Io rimango lì, inerme, gli occhi vacui fissano un punto non ben precisato. Mi sento vuota.
Faccio per passare le dita sul pube, soffermandomi su quei punti ora doloranti. Mi sento sporca, non riesco a muovermi. Piango, e piango, e piango. Lacrime salate. Poi sputo un grumo di sangue dalla bocca.
Sangue e lacrime si mescolano sul pavimento dello spogliatoio. Io rimango lì a terra per un'altra ora. Mi giuro che non ne farò parola con nessuno, a meno che non mi fiderò ciecamente della persona che avrò di fronte.
Adesso...
Sento il vuoto, il silenzio, dall'altra parte della chiamata.
Devo averlo lasciato senza parole.
Non riesco più a contenere le emozioni, e scoppio.
Un pianto esasperato, improvviso, esplosivo, come una bomba ad orologeria.
Ho solo affrontato questo argomento con Mahmoud, cinque anni dopo il nostro fidanzamento. i fidavo, e lui mi ha tradita.
Felipe può ora udire solo il suono dei miei lamenti esausti.
La stanza sembra ingigantirsi, e io, di contro, mi sento sempre più piccola.
Mi stendo, con il viso rivolto al soffitto. Le lacrime scendono copiose lungo gli zigomi, per poi bagnare le lenzuola.
Piango, e piango, e piango. Urla di sofferenza, il solo ricordo rievoca il dolore di quelle cicatrici che forse mai sono state cicatrici, ma solo ferite da poco rimarginatesi che, adesso, sanguinolente, pulsano.
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