Nuovi inizi

Selena's POV

Chiudo il pc dopo aver terminato la chiamata con Sylvie. Ancora stento a credere a ciò che mi ha appena detto! Si ricomincia da capo. Sento molta nostalgia, insegnare è sempre stato il sogno di tutta una vita, eppure sento che questa opportunità è quella di una vita. Un treno che passa una volta sola, e non me lo lascerò scappare. Finalmente posso essere indipendente, non ho bisogno di nessuno. Mi sento così dannatamente libera! 

"Hey Siri, chiama Felipe!" urlo, rivolgendomi al mio cellulare.

"Chiamo Felipe" risponde il mio telefono, con la sua voce meccanica. 

Sento squillare. Al terzo squillo sento la sua voce... 

"Muñeca, che succede?" mi sussurra. La sua voce profonda mi colpisce e  rimbomba dentro di me. 

"Felipe..." comincio io "Sylvie mi ha offerto un lavoro come testimonial!" urlo, ricominciando a saltellare per tutta casa.

"Cosa dici?" risponde lui, riesco a sentire la gioia nelle sue parole. "Selena, sono... senza parole" continua.

"Non so come reagire, devo dare il preavviso a scuola..." rispondo e la mia voce si abbassa sulle ultime parole.

"Hey, so quanto tu tenessi al tuo lavoro come insegnante, ma pensaci: una testimonial cubana, latina, sarai un'ispirazione come non ne abbiamo mai avute noi da piccoli!" dice lui, eccitato.

"Tu dici?" rispondo timidamente.

"Certamente, noi abbiamo sempre avuto esempi di persone bianche,  los latinos sono sempre stati dipinti come inservienti. Oggi hai il potere di cambiare le cose!"

Ci penso. Fin da piccola le cose che mi venivano dette erano: Selena, quando vieni a fare le pulizie a casa mia? oppure Ma quindi sei la nipote di Escobar? e io pensavo: Ma Pablo Escobar è messicano... 

Quanto ci soffrivo da piccola... L'unico esempio era lei: Selena Quintanilla, da cui ho preso il nome. Mia mamma mi raccontava della vita di quella ragazza che, con la sua voce e la sua passione, aveva dato coraggio e orgoglio a tutta la popolazione latina. 

Ora potevo usare questa opportunità per aiutare le giovani latine a sentirsi belle e a essere orgogliose di chi sono: fianchi abbondanti, seno prorompente, capelli ricci e pelle scura. Bellezze indigene pronte a conquistare il mondo.

"Felipe, gracias..." gli rispondo sinceramente.

"De nada, princesa. Nos vemos al photoshoot. Non vedo l'ora..." posso sentire la malizia nella sua risposta.

"García, torna al lavoro!" sento urlare in distanza e Felipe mi bofonchia un saluto e stacca la chiamata. 

Sorrido non appena la chiamata viene interrotta e mi stendo sul divano. 

"Alexa, riproduci Te Voy a Abandonar di Lola Flores" alzo la voce per farmi sentire dal dispositivo e nella casa si sente la voce della grandissima cantante spagnola gitana. 

"De lo que hice ayer no me arrepiento..." inizio a cantare a squarciagola "Fue por amor!"

Penso alla mia abuelita, Dios la bendiga. Cantavamo questa canzone ogni volta che pulivamo casa sua. Era così amorevole e forte. Era fuggita dalla Cuba di Castro per dare una nuova opportunità ai suoi figli. Mio nonno era rimasto a Cuba, parte dell'esercito, non poteva disertare oppure se ne sarebbero perse le tracce. Lo sentivamo ogni tanto e lo vedevamo sempre più esasperato. 

Il loro amore era viscerale e spassionato: lei giovane, bella come il sole e lui giovane militare, gentiluomo e affascinante. Avevano deciso di sposarsi due anni dopo essersi conosciuti e dopo poco avevano messo al mondo una figlia, Marisol, mia madre. Poi era nato Juan, mio zio, purtroppo morto tragicamente a vent'anni. Avevo la sua figurina vicino a quella della nonna e del nonno. Li guardo e mi rivolgo a loro.

"Estais orgullosos de mi? Voy a hacer lo máximo, voy a representarnos. Vamos a conquistar las estrellas!" e dagli occhi mi iniziano a scendere delle lacrime che coprono copiosamente il mio viso. 

Per le latine, per Cuba, per tutte le madri che hanno dovuto pulire case per crescere i loro figli. Devo farlo anche per loro. 

"Una chiamata in arrivo da..." Sento la voce metallica di Siri "Felipe" 

...Felipe mi stava chiamando? Ma non era ancora in ufficio?

"Rispondi Siri" dico e la chiamata viene accettata.

"Selena, sembra che tu debba passare qui in ufficio prima di andare alla location per il photoshoot..." dice lui, prendendosi gioco di me.

"E perché dovrei?" rispondo io, genuinamente perplessa.

"Non hai dimenticato nulla ieri sera nella mia macchina?" mi domanda lui, conoscendo già la risposta evidentemente.

Un lampo mi passa per la mente.

"Gli orecchini!" esclamo.

"Si, gli orecchini di perla di tua nonna, hai detto che avevi intenzione di indossarli oggi..." dice lui con premura e preoccupazione per me.

"Sono in pausa, preparati, quindici minuti e sono lì, pranziamo insieme in ufficio e poi andiamo sul set, ti va?" sento la trepidazione nella sua voce.

"Hmm, okay. Devo correre a prepararmi allora. Ci vediamo tra poco" dico io, attaccando la chiamata.

Sono leggermente preoccupata, probabilmente vedrò persone che non voglio incontrare. Devo farmi coraggio e prepararmi. 

Mi lavo e indosso una tuta comoda, avevo riempito il mio corpo di vaselina come mi aveva raccomandato Sylvie. Mi sentivo appiccicosa come non mai, però la mia pelle splendeva alla luce del sole. Mi sentivo davvero bella e attraente. 

L'odore della vaselina mi ricordava quando mia mamma la domenica mattina ci svegliava e ci preparava per andare in chiesa. "La nostra pelle ha bisogno di essere lucidata di quando in quando..." diceva e io ridevo di rimando.

Ho messo un pantalone a zampa e sopra una camicetta con ricami che mi aveva portato mamma come souvenir da Cuba, blu con fiori rossi. È davvero bellissima. 

Mi guardo allo specchio: i miei capelli sono ricci e splendenti, la pelle è luccicante e delicata. Sono pronta per uscire.

Esco di casa e trovo già la Mustang nera di Felipe ad attendermi. Lo vedo scendere, è in uniforme, la sua etichetta con scritto García, spicca sulla manica. 

Il verde militare gli sta davvero benissimo, fa risaltare la sua carnagione caffellatte. Mi guarda uscire e mi sorride, un sorriso timido e dolce e io un po' mi sciolgo. È innegabile che avessi voglia di vederlo... 

Non appena mi avvicino a lui, tira fuori dalla macchina un mazzo di rose rosse e me le porge. 

"Congratulazioni, Selenita. Sono fiero di te" mi dice, con gli occhi rossi. 

Lo stringo a me e gli lascio un bacio sulle labbra, non posso resistergli. La sua bocca è una calamita per la mia. Lo sento ridacchiare mentre mi bacia. 

"Questo vale più di mille saluti" mi dice senza fiato. Mi apre la portiera e mi fa accomodare.

Toglie il berretto e noto i suoi capelli puliti e ben arricciati che gli arrivano alla base del collo, sistemati con il gel. 

"Ma ti sei fatto la messa in piega?" noto io, scoppiando a ridere.

"Potevo mai partecipare ad una campagna pubblicitaria come un monstruo?" mi risponde lui ridacchiando.

"Andiamo a pranzare, muoio di fame" gli dico.

Lui mi prende la mano e la usa per cambiare la marcia. 

Sono pronta, affronterò qualsiasi cosa. 

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