Capitolo tre
«Ecco le parole della madre di Sonia» afferma la giornalista del telegiornale.
Dopo qualche secondo viene trasmesso in diretta una donna con le lacrime agli occhi affiancata al marito che con sguardo serio guarda la telecamera, dopo essersi asciugata il viso con un fazzoletto, prende il microfono dalle mani del giornalista e pronuncia queste pungenti parole: «Chi ha fatto del male alla nostra povera bambina la pagherà cara e anche se la polizia vuole archiviato il caso come un suicidio, io non me la bevo, giuro che ti troverò chiunque tu sia, fosse l'ultima cosa che faccio».
Avverto un brivido lungo la schiena, i suoi occhi azzurri sembrano aver attraversato lo schermo fino ad arrivare al cuore, che in questo momento batte più velocemente del normale, d'istinto spengo la televisione.
Nel frattempo mia madre, mi guarda con rimprovero:«Ne abbiamo già parlato Bel».
Sì lo so, non la conoscevo, non ho sentito sentito né visto niente. «Sì» annuisco.
«Allora mi spieghi di cosa hai tanta paura?» chiede con tono irritato.
I suoi occhi scuri e profondi mi scrutano, attendendo una risposta.
«Non lo so» confesso, guardando il mio piatto di bistecca.
Però questa paura la sento, anche se non ci dovrebbe, è una presenza che è allo stesso assente, arriva senza preavviso e mi invade il corpo, come una scossa elettrica da cui pare che non ci sia scampo.
«Non puoi mandare in pappa il tuo futuro, il tuo prezioso tempo, per pensare alla morte di una povera sgualdrina, lei ha deciso e lei ha pagato, fine della discussione, non voglio più ripetermi, siamo intesi?».
«Sì mamma» rispondo.
Ha perfettamente ragione, io non c'entro nulla con questa storia, non ho motivo di preoccuparmene o interessarmene e poi ho cose decisamente più importanti a cui pensare.
«Adesso finisci di mangiare e fila a studiare che domani hai verifica di matematica» comanda per poi dirigersi verso il suo studio.
Obbedisco senza fiatare e dopo mezz'ora mi ritrovo immersa in un problema di matematica, che mi richiede molta attenzione per risolverlo.
Tra esercizi e messaggi, senza accorgermene si fanno le dieci di sera: è giunta l'ora di coricarmi. Dopo aver indossato il pigiama, mi stendo sul letto, spengo la luce e tiro le coperte fin sopra la testa. Chiudo gli occhi, aspettando che il sonno mi prenda, inutilmente: la mia mente è occupata dall'immagine di quella donna, ho assolutamente bisogno di svuotarla.
Mi alzo dal letto, accendo di nuovo la luce, mi dirigo verso la mia seconda scrivania, che si trova vicino alla finestra, nel lato sinistro della camera.
Avvio il computer.
Come mi ha consigliato la mia psicologa, inizio a scrivere tutto quello che mi passano per la mente, per liberare tutta l'energia negativa nella mia mente in un foglio.
Quindi descrivo i suoi occhi azzurri, arrossati, colmi di lacrime, le rughe che definiscono l'avanzare degli anni, le sue labbra screpolate e tremanti e le profonde occhiaie segno che è da giorni che il sonno non la prende. Immagino di trovarmi di fronte a questo scenario: i suoi occhi che chiedono disperatamente delle risposte e il mio silenzio, la mia apatia dinanzi al suo dolore. In seguito la sua rabbia dovuta al mio silenzio, il mio sorriso accennato.
Infine la mia risata assordante, che sovrasta il suo pianto.
Sembra tutto così facile, tutto più semplice.
Spazio autrice
Mi dispiace per l'attesa, ma in questo ultimo periodo sono stata molto impegnata. Il capitolo è corto, ma spero vi sia piaciuto lo stesso, piano piano stiamo iniziando a scoprire il mondo di Annabelle.
Buone feste❤! A presto con il prossimo capitolo!
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