Capitolo sei
Annabelle
Venerdì sera
Chi cavolo me lo fa fare, potrei andare a casa di Elisa e trascorrere la serata mangiando pizza e guardando serie tv su Netflix. Invece mi tocca mentire a mia madre per andare da quel bastardo, Dio mio. Ho appena finito di preparare lo zaino con pigiama e spazzolino e sono pronta per partire. Mi dirigo verso la porta d'ingresso e nel mentre incontro mia madre che legge il giornale seduta sul divano. «Fai attenzione, e comportati civilmente a casa dei Marini e non dormire tardi, siamo intesi?»
«Sì mamma, ho capito » sbuffo uscendo di casa.
Non si smentisce mai mia madre, la reputazione prima di tutto. Ho poco tempo, conoscendola tra almeno quindici minuti chiamerà Elisa chiedendole se sono arrivata, non mi lascia un attimo di respiro quella donna, mi affretto a chiamare Elisa, «Hey senti, prima verrò a casa tua, quando arrivo tra pochi minuti ti chiamerà mia madre, come sempre lascio lo zaino e poi vado» affermo. «Va buono ti aspetto». Dopo pochi minuti arrivo a casa di Emma, suono il citofono e mi apre senza nemmeno chiedere chi è, entro dal portone e uso l'ascensore per arrivare al quinto piano. Trovo la porta del suo appartamento già aperta e lei con dei pantaloncini e una maglietta mi aspetta sulla soglia sorridente e quando nota subito quel qualcosa di diverso, esclama: «Hey Belle, che hai fatto ai capelli?!» riferendosi alla mia frangia. «Lascia stare, sai le idee di mia madre» asserisco. «Ti ha già chiamato per caso?» chiedo impaziente, voglio sbrigare al più presto sta faccenda. «Non ancora, ma tu intanto entra e posa lo zaino» asserisce spostandosi dalla porta di entrata. «I tuoi non ci sono?» domando posando lo zaino sul suo letto.
«Sono tutte e due al lavoro» risponde.
«Capisco» constato ed è proprio in quel momento che il cellulare di Emma squilla.
«È tua madre» sussurra per poi rispondere, mettendo in modalità viva voce.
«Pronto Elisa sono Isabel» sento la voce di mia madre.
«Pronto sì mi dica».
«Volevo sapere se Bel era arrivata».
«Sì è qua» dichiara.
«Sì, mamma sono qua non mi hanno rapito gli alieni» affermo, irritata dal suo continuo controllo su di me.
«Va bene, godetevi la serata ragazze» conclude prima di riattaccare.
E lo so che in fondo anche se non lo ammette, lei lo fa perché ha paura matta che possa succedermi qualcosa, tenti di proteggermi da quel mondo selvaggio, il quale crede che non sia in grado di affrontare.
«Elisa, allora vado, spero di tornare verso le dieci e mezza al massimo» dichiaro, le do un veloce bacio sulla guancia ed esco dal suo appartamento. Appena entro in contatto col mondo esterno, avverto un freddo che mi entra nelle ossa, mi affretto a giungere la casa di Marco, che se non sbaglio dovrebbe in quartiere a distanza di circa mezz'ora da qua.
A tratti correndo, e ad altri camminando riesco a raggiungere la casa di Marco, suono il campanello sperando che sia lui ad aprirmi, ma conoscendolo non lo farebbe mai. Dopo pochi secondi, mi apre un signore, che presumo sia il loro maggiordomo a giudicare dal suo abbigliamento. «Ciao, scusi io starei cercando Marco è in casa?» chiedo, sfregandomi le mani.
«Sì signorina, entri pure dentro» e si sposta per farmi entrare.
«Grazie» ringrazio, entrando nella casa.
«Si accomodi un attimo su questa poltrona, ve lo faccio chiamare» afferma il maggiordomo, ma sono a corto di tempo.
«Scusi se mi permette andrei io personalmente poiché non posso restare per molto» mi offro.
«Va bene, come vuole, è nella numero cinque in fondo al corridoio che vede qua sopra» mi informa. Strano, è stato più facile del previsto.
«Grazie mille». «Si figuri» e si dirige verso un'altra stanza.
Appena arrivo dinanzi alla porta busso rumorosamente, ma non ricevo alcuna risposta. Avvicino l'orecchio alla porta per captare qualche suono ed è lì che sento dei gemiti. Ora capisco perché il maggiordomo prima non ha insistito molto a farmi salire di persona. Ma stiamo scherzando? Spalanco la porta cercando di fare più rumore possibile, sento un urlo di una ragazza sotto le coperte che si stacca subito da Marco e senza esitare si alza dal letto coprendosi con la coperta, prende i suoi vestiti da terra e sparisce letteralmente dalla camera, regalandomi una bella figura di merda di cui rido sotto i baffi: povera ragazza. Solo ora noto lo sguardo furioso di Marco, facendo finta di niente mi giro di spalle ed affermo:«Ti do due minuti per renderti presentabile ai miei occhi». «Puoi guardare se vuoi, non eravamo ancora arrivati a quel punto a causa tua» afferma ancora più irritato, mi scappa un sorriso, confesso che non mi dispiace affatto aver interrotto il suo divertimento.
«No grazie non ci tengo e sbrigati cazzo» rispondo.
«Non sai che ti perdi, amor-».
«Non sono in vena di rompiture di balle Marco, quindi risparmiati tutte le tue battutine» lo interrompo esasperata dal suo comportamento.
«Come siamo acide oggi». Se non la finisce giuro che lo ammazzo.
«Hai finito?» domando, nella speranza di placare il mio istinto omicida.
«Sì sì puoi girarti» replica.
Mi giro verso di lui e noto che non indossa la maglia, il che ammetto che per i miei occhi non è affatto male: ha degli addominali niente male.
«Ti piace ciò che vedi?» chiede, beccandomi ad osservare i suoi addominali.
«Sì, non sai quanto mi arrapano i tuoi addominali» ribatto, ammiccando.
«Mi fa piacere» e noto i suoi castani che si illuminano. Davvero ha creduto a ciò che stavo dicendo? Che idiota.
Si avvicina sempre di più al mio viso e so benissimo qual è la sua intenzione: divertirsi, ma non sa cosa ho in serbo per lui. Quando le sue labbra sono vicinissime al mio viso, prontamente mi giro e le sue labbra baciano il mio collo.
«Che piccola stronza che sei» sussurra e il suo fiato mi solletica il collo.
«Ho imparato dal migliore» ribadisco, riferendomi al sottoscritto. Adesso però basta con le cavolate, arriviamo al punto.
«Mostrami subito ciò che mi hai promesso» pretendo, staccandomi da lui. Per un momento rimane interdetto, poi si dirige verso il comodino, vicino al letto.
«Subito ragazza, accomodati sul letto se vuoi». Neanche per sogno, disgustoso.
«No, preferisco starmene a piedi» declino l'offerta. «okay, come vuoi».
«Mi dici perché fai finta di non sapere chi sia Sonia?» Ancora con questa storia, basta!
«Ti ho già detto che fingo, io non la conoscevo» dichiaro più convinta che mai. «Lei ti voleva bene» annuncia, rovistando nel comodino.
«Non credo che lei o tu sappiate cosa vuol dire volere bene ad una persona» ribatto con tono pungente.
«Perché ce l'hai tanto con me? Ti ho chiesto scusa un milione di volte».
Ha anche il coraggio di chiamarle scuse, lo scemo.
«Le chiami scuse, le tue tattiche per poter di nuovo approfittare di me?» domando, innervosita dal suo finto pentimento.
«Tieni, tempo fa mi aveva chiesto di dartelo, al momento giusto aveva detto...e credo che sia arrivato quel momento» annuncia porgendomi un quaderno. La copertina blu è rigida e ruvida sopra di esso c'è la scritta «Inconfessabile», noto che è chiuso col lucchetto e la chiave non c'è... Che cosa significa tutto questo?
«Dov'è la chiave?» domando confusa.
«Non posso darti la mia, ecco tieni, mi ha detto che qua ci sono tutte le informazioni che ti servono per trovare la chiave». Da quando tutta questa storia è diventata una caccia al tesoro?
Mi porge una busta dove presumo ci sarà una lettera, ma perché? Perché non mi lasci in pace, anche se non ci sei più oramai. Non posso sprecare il mio tempo prezioso per una persona spregevole come te, per una sconosciuta.
«È stata coraggiosa a fidarsi di te» osservo.
«Temo che non avesse scelta» confessa, sedendosi sul bordo del letto.
«L'hai letto?» chiedo per smorzare la tensione che da circa pochi minuti si è creata.
«Ho sfogliato qualche pagina, letto qualche frase interessante...» risponde, grattandosi la testa. «Credo che spetti a te l'onore di leggerlo tutto e cercare di capire... anche se adesso mi pare di capire che non ne vuoi sapere nulla, ma credo ci sia un motivo per cui lei ha scelto te...» continua, e ammetto che abbia ragione.
Lei ha scelto me. Ha scelto me, quella bastarda, mi vuole rovinare la vita anche da morta e questo non posso assolutamente permetterglielo.
«Se hai bisogno di aiuto per magari capire qualcosa e se vuoi che leggiamo alcune parti insieme, basta che mi chiami», si rende disponibile e solo ora noto che sulla busta c'è scritto un numero di telefono.
«Che cosa vuoi in cambio?» chiedo irritata dalle sua finta benevolenza.
«Assolutamente niente, vedila come un'occasione che mi dai per conoscermi meglio... e magari essere amici» ribatte con tono pacato, mi guarda dritto negli occhi, sembra sincero,dispiaciuto per tutto ciò che mi ha fatto passare, ma non posso cascarci un'altra volta: i ragazzi come lui non cambiano mai.
«Okay come vuoi, ci si vede» concludo nonchalance per poi uscire dalla sua stanza. Amici? Mai, finché vivrò.
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