Capitolo otto
Annabelle
La apro o no? Questa era la domanda che da circa una settimana non faceva altro che torturarmi la mente. Ho passato ore a fissare quella busta a scrutare ogni minimo dettaglio di essa, come se contenesse qualcosa di seriamente pericoloso. Sentivo che aprire quella dannata lettera avrebbe significato dare il via ad una svolta a cui non ero pronta: avrei iniziato a impadronirmi di qualcosa che forse si sarebbe rivelato più grande di me. Io non potevo, avevo dei doveri da compiere e un futuro troppo importante da non sprecare. Aprire quella lettera sarebbe stato un torto non solo a me, ma anche mia madre che mi ha esplicitamente chiesto di starne fuori, di non rimanere in alcun modo coinvolta. Ed è stato dopo svariate domande su come agire che ho deciso di bruciarla, prima che la curiosità che pulsava nelle mie vene prendesse il sopravvento. Eppure quando accesi l'accendino e lo posizionai all'estremità della busta, sentii lo stomaco contorcersi, come se quel gesto fosse disumano, era troppo anche per me. Allora decisi di adottare un'altra soluzione: se non riuscivo a sbarazzarmene fisicamente, avrei provato a farlo mentalmente, sforzandomi di non pensarci il più possibile.
Nascosi la lettera e il diario nell'armadio sotto i vestiti per non correre il rischio che mia madre potesse trovarla e chiedermi spiegazioni, a cui io stessa non potevo rispondere.
Dopo la morte della Troia, le prime giornate a scuola erano diventate più pesanti, tutti osservavamo tutti, in cerca di risposte, di un eventuale colpevole. Per una settimana i prof non avevano fatto altro che assillarci su come fosse importante trovare qualcuno con cui parlare, di come il suicidio non fosse una soluzione valida a nessun problema. Forse in alcune situazioni è l'unica decisione valida da prendere pensavo e non lo dicevo per difendere la Troia o per giustificare la sua presunta morte, tuttavia perché non ero per niente d'accordo con quello che dicevano: era fin troppo facile parlare di ciò che non ci coinvolgeva affatto. Con quale diritto giudicavano quell'atto? Non potevano sapere ciò che c'era dietro, non potevano lontanamente immaginarlo, eppure osavano parlarne con parole semplici, noncuranti di niente e a me tutto ciò non andava a genio. Infine per concludere il repertorio c'erano alcune mie compagne che non facevano altro che lamentare la perdita della loro cara amica, le guardavo con un certo astio, perché erano false non avevano mai amato veramente: non perdevano occasione per deriderla le spalle e spettegolare. I loro pianti erano solo una ricerca di attenzione e purtroppo per me ci riuscivano alla perfezione.
Io in tutto ciò non facevo altro che ascoltare e guardare in silenzio, non esprimevo nulla né gioia né rabbia né risentimento, assolutamente niente, io andavo avanti a testa alta, poiché dopotutto e nonostante tutto la vita va avanti. Elisa dopo l'accaduto sembrava un'altra persona era sempre raggiante, felice come non mai, si era liberata della principale fonte delle sue sofferenze, ed ero felice per lei, aveva sofferto troppo a causa della Troia.
Troppe lacrime erano state versate per le sue continue prese in giro e umiliazioni da parte della Troia, da un po' di tempo grazie ai miei consigli Elisa aveva iniziato ad agire per difendersi, nonostante ciò anche se cercava di nasconderlo ci stava comunque male.
Nessuno era disposto a far cessare quel dolore, nessuno la difendeva, nessuno osava mettersi contro la Troia e non lo facevano per paura, ma perché erano troppo attaccati al loro branco per interessarsi a lei, ognuno si difendeva da solo.
Io al contrario di tutti cercavo di darle forza, coraggio e farla sentire importante per qualcuno è così che siamo diventate amiche, tra i pianti nei bagni delle ragazze, tra le battute che facevo per strapparle un sorriso e tra gli abbracci colmi di affetto.
Successivamente dopo mesi di indagine e varie testimonianze da parte di alcuni studenti, arrivò la definitiva notizia che tutti speravamo: si era trattato di suicidio, era morte di overdose.
La caccia all'assassino era terminata e tutti potevamo tornare a vivere, senza essere sospettati di nulla.
A discapito di tutti, a me da circa due settimane era stata consegna una lettera e un diario che appartenevano alla Troia, sotto sua richiesta. Aveva preteso che fossi io leggerlo, io che non c'entravo niente con lei, che non le avevo mai parlato, io che ignoravo la sua esistenza. Dopo quella decisione di sbarazzarmi mentalmente di quella lettera e il diario, percepivo una certa angoscia nel rimanere all'oscuro di ciò che contenevano.
Ogni qual volta che mi ricordavo, controllavo l'armadio per accertarmi che fossero ancora lì e che non fossero magicamente sparite.
Più cercavo e più non riuscivo a cancellare quel pensiero fisso. Possibile?!
Credevo di averla cancellata dalla mia vita. Come mai risultava così difficile cancellare il passato?
Spazio autrice
questo capitolo si conclude con una domanda molto interessante, mi piacerebbe che rispondeste anche voi, così da conoscervi meglio.Spero vi sia piaciuto, so che non è così movimentato ma credo che servisse un capitolo per raccontare per bene le conseguenze di questa improvvisa morte e non è affatto finita qui... A presto!
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