Capitolo cinque

Tutti applaudono felici della mia strabiliante esibizione.

Mia madre si gode il momento, per poter vantarsi con i suoi colleghi, di quanto sia molto brava a scuola e quanto io sia altrettanto brava col pianoforte.
Ed è vero, non nego di essere contenta dei miei risultati, ma mi mette un po' a disagio essere al centro attenzione, essere ammirata, come se fossi un miraggio.
Non mi sento speciale, semplicemente mi impegno duramente per raggiungere il mio obiettivo.
 Il pianoforte sin da piccola è sempre stata la mia passione, un amico su cui poggiare la spalla nei momenti in cui mi sentivo sconfortata, perché la mamma era triste e non riuscivo a rallegrarla.
Apparteneva alla famiglia di mio padre, precisamente a mio nonno, che aveva una sconfinata passione per la musica.
Avrei voluto essere nata un po' di anni prima per conoscerlo, ma purtroppo è morto prima che lo potessi conoscere. Nonostante ciò quando suono il pianoforte, mi sento al sicuro, protetta da ogni male, a casa. 
Quando mio padre ci ha lasciato in un terribile incidente, avevo solo sei anni, il pianoforte è l'unico strumento che mi ha sempre permesso di non sentire troppo la sua mancanza. Ricordo a quei giorni vuoti, dove mia madre non usciva dalla sua camera, era mia zia che si occupava di me, ogni tanto passavo davanti alla porta della sua camera e sentivo singhiozzi, si era chiusa nel suo dolore.
Non sapevo come comportarmi, volevo entrare per abbracciarla ma avevo troppo paura, quindi mi limitavo ad ascoltare il suo dolore in silenzio.
Papà era morto e io non capivo, «cosa vuol dire che è morto?» chiedevo a mia zia e lei rispondeva :«Vuol dire che adesso si trova nel cielo con gli angeli».
«E perché la mamma piange?» chiedevo con noncuranza.
«Perché papà non ritornerà mai più» sussurrò alzando gli occhi al cielo.
Io feci lo stesso, cercavo nelle forme delle nuvole le sembianze di mio padre per poterlo salutare.
Dopo circa una settimana inizia a sentire la sua mancanza sulla pelle e nel cuore. Il silenzio in casa si faceva più soffocante tanto che passavo le mie giornate in giardino, quando la zia non poteva portarmi con lei.
Non riuscivo a sopportare di vedere i miei compagni dopo la scuola, correre tra le braccia dei propri padri. Mi chiedevo chi mi avrebbe cullato tra le braccia possenti e chi mi avrebbe abbracciato così forte tanto da farmi togliere il fiato sentirmi avvolta  nel calore di un braccio. Nessuno, mio padre era insostituibile.
Iniziai ad urlare il suo nome quando la sua assenza era insostenibile nella speranza che potesse riapparire e dirmi che era tutto uno scherzo.
E ora che sono qui, mi sento una vincitrice, ho trasformato il dolore che mi attanagliava l'esistenza, in una roccia in grado di sostenermi.
Ci sono voluti anni, tanto lavoro e lacrime, ma adesso posso dire che n'è valsa la pena, perché ora il pianoforte rappresenta la mia vita, il mio futuro.
«Oh ma che brava, la nostra Annabelle» si complimenta, riconosco la voce che proviene dalla mie spalle e mi giro scioccata. 
Purtroppo ho fatto centro, è proprio lui, l'essere più ripugnante che esista, è qui davanti a me, con un sorriso, che fa sembrare il suo complimento più una presa in giro.
É vestito con uno smoking, ha i capelli neri tirati all'indietro con del gel, scarpe eleganti, è semplicemente impeccabile.
«Che ci fai qua?» chiedo infastidita dalla sua presenza.
«Sono il figlio del capo di tua madre» risponde.
«E con questo? Non sei tipo che frequenta questo tipo di serate» affermo con sguardo serio.
«Non dirmi che volevi accontentare tuo padre, perché non ci credo» lo interrompo, non sono in vena di cazzate stasera.
«Dimenticavo come fossi così dura» ammette togliendosi le mani dalle tasche.
«Un omaggio per gli stronzi come te» ammicco, sfoggiando un sorriso.
«Vedo che sei allegra nonostante tutto, mi sorprende, ti credevo migliore di me, invece da quanto vedo non siamo così differenti».
Che cosa sta farneticando?
«Di che parli?» chiedo confusa. Felice nonostante cosa?
«Il nome Sonia non ti dice nulla?» chiede, cercando un segno di debolezza nei miei occhi.
Rimango impassibile, non mi dice nulla quel nome.
«Tranquilla con me non devi fingere di non conoscerla».
«Non fingo, io non la conoscevo e anche se fosse perché dovrebbe importarmi?» domando incuriosita dalla sua risposta, voglio davvero capire dive vuole arrivare con questo discorso.
Scuote la testa in segno di disapprovazione, come se stessi facendo una mossa falsa.
«Se ti dicessi che c'è un qualcosa di lei che potrebbe interessarti e che se cadesse in mani della polizia potrebbe farti sembrare colpevole?» chiede, cercando di intimidirmi.
Mi scappa un sorriso, davvero crede di poter spaventarmi con i suoi futili discorsi, privi di senso?
«Sentiamo di cosa sarei colpevole?» e incrocio le braccia.
«Ah no, così è troppo facile cara Annabelle, venerdì sera vieni da me così ne parliamo con calma» afferma.
Credici amico, magari si avvera.

«Perché dovrei venire?».
«Cosa mi dice che non mi stai mentendo?» chiedo con sospetto corrugando la fronte.
«Vieni da me venerdì e scoprirai tutto» risponde aprendo le braccia in segno che è tutto semplice.
«Dovresti ringraziarmi avrei potuto fare scelte diverse» ammette.
Che bella faccia tosta, cosa prentende? Che gli dica «Grazie mille senza di te mi sa che sarei in galera per omicidio» ma per favore, se lo sogna.
Improvvisamente si avvicina e lo guardo con sguardo scettico, quando è ormai a un centimetro dal mio viso, inclina la testa e mi da un bacio sulla guancia.
«Ti sta davvero bene questo vestito, risalta molto le tue forme» sussurra nel mio orecchio. Recepisco il suo intento di farmi sentire a disagio con il suo complimento, ma purtroppo per lui, ora più che mai mi sento sicura.
«Lo so, ma grazie di averlo notato Marco» sussurro a mia volta, per poi dargli un bacio sulla guancia.
In seguito giro i tacchi e cerco con lo sguardo quello di mia madre noto che è impegnata in una conversazione con dei clienti. Mi avvicino a lei e appena finisce di conversare si gira verso di me con sguardo severo e chiede:«Che cosa voleva quel ragazzino?».
«Niente di che, si stava soltanto complimentando» rispondo sorridendo, per sembrare più convincente.
«Mi fa piacere» sorride, per poi bere un sorso di champagne.

Spazio autrice

Scusatemi davvero per questo super ritardo, ma quest'anno mi sta davvero provando. Non voglio annoiarvi dicendovi cosa sia successo in queste ultime settimane. Spero che vi sia piaciuto il capitolo e a presto!❤

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