Capitolo 7
Capitolo 7
Il mio cuscino credo mi odi. E' terribilmente inzuppato da due giorni, fra non molto anche lui mi manderà a fanculo, ne sono certa. Le mie occhiaie non riescono a nascondere la mia insonnia ed il gonfiore degli occhi lasciano intendere che non trascorro affatto delle belle giornate.
Sono passati due giorni, direi lunghi ed intensi. Beth non mi rivolge più la parola. Il mio soggiorno qui sembra così insignificante che sto valutando l'idea di fare la valigia e tornare a casa. Il lavoro è diventato monotono, seguo i bambini nelle loro attività, ma non ci sono realmente con la testa. Mangio poco e non dormo, insomma è una situazione di merda.
Stamani ho un'attività nel pomeriggio, trascorrerò l'intera mattina sul letto, davanti al ventilatore pensando e ripensando se chiamare o meno mia sorella. Poi mi butto e digito il numero sul display del telefono. Attendo che risponda e quando avverto la sua voce mi si risolleva il morale.
«Peste, ti sei ricordata che esisto» dice sarcastica.
Sospiro. «Come va?» Mi limito a dire con voce rauca.
C'è un attimo di silenzio.
«Scricciolo che succede?» Sembra preoccupata.
"Scricciolo". Sento irrigidirsi ogni muscolo del corpo, la gola stringersi in una morsa e gli occhi pizzicare. Non mi riconosco più.
«Niente, tutto okay» mormoro.
«Grace ti conosco meglio chiunque altro, sputa il rospo» decreta severa.
Massaggio un occhio ed affondo la testa sul cuscino. «E' successo un casino, Emi» singhiozzo.
«Grace calma, dimmi» balbetta lei dall'altra parte.
«Voglio tornare a casa» aggiungo.
«Spiegami» dice.
«Qualche giorno fa ho scoperto Brian mentre se la faceva con la fidanzata di Dylan» esordisco strizzando gli occhi. Lei non fiata. «L'ho tenuto per me, ma ho fatto notare a Brian quanto mi facesse schifo.» Continuo. «Ieri ho provato a beccarli in fragrante, portando con me Dylan... ma non ci sono riuscita. Dylan però...» sospiro e deglutisco.
«Però...?»
«Li ha scoperti qualche ora dopo... e si sono ammazzati di botte. Lui e Beth ce l'hanno con me. Dylan è andato via, Beth non mi parla più...» concludo.
Avverto il respiro di Emily. «Grace questi ragazzi si ammazzano fra di loro solo per te, non per questa tizia» sentenzia. «Mi dispiace dirtelo.»
«Cosa devo fare?» Domando in preda al panico.
«Ritorna a casa.»
Riattacco poco dopo. Mi metto in piedi e raggiungo la finestra. Mi sporgo ed intravedo la figura di Beth, affianco a quella di Ethan. Stanno passando davanti, con una mandria di bambini alle loro spalle, tutti in fila, nessuno scoordinato.
Esco anche io ed attiro la loro attenzione. Beth mi fulmina ed abbassa lo sguardo, Ethan mi sorride.
«Buongiorno» saluta, ma poi s'imbarazza per il clima di tensione. «Noi andiamo a prendere un gelato, ti va?»
Scuoto il capo, scendo le scale e mi incammino in solitudine verso il laghetto. Sono sicura non ci sia nessuno.
Così mi siedo a riva, osservando l'acqua cristallina. Alzo gli occhi al cielo e noto come il cielo si stia annuvolando. Nonostante ciò rimango lì.
E' colpa mia? Perché? Non ho obbligato Brian a tradire Dylan e non ho nessuna colpa se ciò è successo. Eppure, per l'ennesima volta, mi trovo colpevole.
E' vero, in fondo ne ero al corrente ed ho preferito tacere anziché svelare la verità. Questo non potrei mai perdonarmelo.
Improvvisamente delle goccioline ricadono sull'acqua, poi anche sulla mia pelle. Sta iniziando a piovere. Mi metto in piedi e sgattaiolo via di lì.
Sembra sera per quanto si sia fatto cupo il cielo, ma non corro, cammino lenta sotto la pioggia attraversando il vialetto che conduce al mio bungalow, sono sicura che ci sia anche Beth.
«Liz» la voce di Brian alle mie spalle mi costringe a fermarmi.
Inzuppata già da capo a piedi, mi volto. Lui è combinato alla stessa maniera.
«Dimmi quanto ti faccio schifo, ne ho bisogno» decreta.
Socchiudo le palpebre e giro per riprendere il mio cammino. Non ho assolutamente voglia di discutere con lui.
Mi acchiappa repentinamente da un braccio, bloccandomi. Rimango immobile.
«Dimmelo. Dimmi tutto quello che vuoi.» Sembra afflitto.
Sbuffo e non fiato.
«Dimmelo.»
«Mi fai male» dico avvertendo la fitta al braccio.
Lui allenta. «Lo capisci che è colpa tua se io faccio tutte queste cazzate?» Sbotta. «Mi scopavo Alexandra, sì. Solo per farti un dispetto del cazzo, solo per metterti alla prova.» Ammette furibondo.
Lo guardo negli occhi faticosamente. «Adesso come ti senti?» Non lascio trasparire nessuna emozione.
«Vuoto» boccheggia. Intanto continua a piovere incessantemente. «Non mi perdonerai mai vero? Né per come mi sono comportato prima, né per adesso» scuote il capo e mi lascia andare.
Deglutisco e non fiato. Non so cosa dire. Lui si sente vuoto, io mi sento una merda. Non so chi stia peggio tra i due.
«Giusto?» Rincara.
«Giusto» decreto sospirando.
«Io sono così, non riesco ad essere diverso» si giustifica.
«E da me, precisamente, cosa vuoi?» Rispondo acidamente aumentando il tono di voce. «Hai fatto di tutto per farti detestare e ci sei riuscito... mi hai tolto la mia migliore amica, vorrei semplicemente scappare da questo posto e non voglio vederti mai più» stringo i pugni e gli ringhio contro.
Sembra provato, ma rimane immobile. «Se vuoi me ne vado io» sussurra.
Gli punto il dito contro. «Ed invece no! Tu rimani, guardi in faccia il dolore che mi stai recando... ti sbatterò in faccia tutta la merda che sei e che hai fatto, fino a farti sanguinare internamente» sbraito nevrotica, per poi scoppiare in lacrime. «Non meriti di fuggire, meriti di rimanere zitto ad osservare ed inzuppare!» Esclamo concludendo.
Socchiude le palpebre tremanti. «Quello che provo per te non cambierà mai» si permette di dire.
Aggrotto la fronte e con tutta la forza presente in corpo lo spingo, lui indietreggia di pochi passi. «Ma che cazzo provi? Che cazzo? Non sai niente dei sentimenti, sai solo fare male alla gente. Non provi un cazzo!» Sbotto. «Ti permetti pure di dire che provi qualcosa... quando ti sei scopato un'altra, quando hai fatto sempre il possibile per mandare tutto a puttane» aggiungo.
«Non me ne frega un cazzo di Alexandra, Liz!» Esclama agitando le braccia.
Scuoto il capo, «no, non sono più Liz per te. Dimentica.» Ordino severa.
«No. Tu sei sempre la mia Liz» dice presuntuoso. «Se tu non ti fossi invaghita di Dylan io e te... a quest'ora non eravamo così» abbassa il tono di voce.
Rido amaramente. «Allora ringrazierò Dylan per avermi fatto conoscere il vero Brian» scrollo le spalle.
Indietreggio, deglutisco e corro verso il mio bungalow. Entro e chiudo la porta alle mie spalle, ignara di trovarmi di fronte Beth. Ha addosso un' asciugamano e con un'altra sta tamponando i capelli bagnati. Si blocca, mi osserva e sgrana gli occhi. Poi si avvicina al suo letto e si mette a sedere silenziosa.
Io mi spoglio immediatamente degli indumenti bagnati e mi nascondo in bagno.
Nuda mi infilo sotto il getto di acqua calda, consapevole che presto prenderò la febbre. Sciacquo il corpo con il bagnoschiuma e poi i capelli con lo Shampoo al cocco. Lascio scivolare il sapone dal mio corpo ed esco coprendomi con l'accappatoio. Alzo il cappuccio sulla testa umida e ritorno in camera. Beth è già vestita e sta asciugando i capelli. Continua ad osservarmi incuriosita.
Mi getto sul letto a testa in giù, affondo il volto sul cuscino e scoppio a piangere.
Andrò via da qui, deciso.
Quando una mano si posa sul mio capo, respiro profondamente.
«Sei sempre la mia migliore amica» sussurra Beth.
Singhiozzo e non mi faccio notare.
«Amo mio fratello più di qualsiasi altra cosa al mondo. L'ho sempre protetto dal genere femminile, ma non sono riuscita con te. Primo perché mi sei sembrata perfetta con lui e perché per lui lo sei sul serio.» Spiega cauta. «Non voglio che stia male ancora per te.» Conclude.
Alzo il capo ed incrocio il suo sguardo. Mi accarezza una guancia, cacciando via quelle lacrime ribelli.
«Scusami per tutto» mormoro. Credo di non esser mai stata così debole, prima d'ora, ma come si dice... c'è una prima volta per tutto, anche per sentissi senza forze, senza speranze.
Le sue braccia mi cingono il collo e mi abbracciano. La stringo a me come se non ci fosse niente di meglio in questo mondo. Socchiudo le palpebre e respiro profondamente.
«Potrei chiedere ad Ethan due giorni, andiamo un po' al mare» sussurra.
Sospiro ed annuisco.
«Questo tempo non promette nulla di buono, ma magari staccare ti farebbe bene» decreta osservandomi.
«La mia vita è tutta una confusione» sfrego le mani sul volto.
«Non so cosa avrei fatto al tuo posto, sono onesta» scrolla le spalle. «Certe emozioni però non puoi frenarle, posso solo dirti di lasciarti andare... qualunque cosa voglia fare. Tanto è già tutto un casino.» Annuisce convinta. «Io credo che tu ami solo uno di loro e so anche chi, ma non voglio dirtelo, perché voglio che tu lo capisca da sola» deglutisce.
Abbasso gli occhi. «Mi vesto» balzo giù dal letto e mi avvicino alla sedia affianco al comodino. Da lì acchiappo uno slip ed un reggiseno, per poi indossare un pantalone di tuta nero ed una felpa grigia.
In quel preciso istante qualcuno bussa alla porta, avanzo svogliata ed apro. Alec è di fronte a noi tutto inzuppato.
«Stavo passeggiando e mi sono bagnato, sareste così gentili da offrirmi un tetto?» Ironizza. Trema di freddo.
Lo faccio entrare e subito mi precipito davanti all'armadio, acchiappando una coperta di lana. Gli avvolgo il corpo e lui ringrazia.
«Tutto apposto ragazze?» Chiede avvicinandosi.
Beth accenna una smorfia con la bocca, io rimango impassibile.
«Tesoro, se Brian o Dylan ti rendono così... tanto vale cercarsi qualcun altro» mi parla, accarezzandomi una spalla.
«Tipo tu?» Fa acida Beth. Lei non sa di Alec.
Quest'ultimo la fissa da capo a piedi e ride. «Sono gay» dice con nonchalance fiero.
Lo adoro. Incrocio le braccia al petto e con un sorriso soddisfatto, osservo la mia amica. Beth ha gli occhi sgranati, la bocca schiusa e sembra abbia visto un fantasma.
«Io... io...» tartaglia, «sono senza parole» nasconde il viso con le mani e scoppia a ridere. «Mi dispiace Alec» ritorna a guardarlo, avanzando verso di lui.
«Va tutto bene, comunque Grace merita di stare bene» decreta lui.
«Le ho proposto di andare via due giorni, non so magari al mare» sospira Beth.
Lui porta una mano sul mento con fare pensieroso. «Incontrerebbe inevitabilmente Dylan» scuote il capo. «Non basterebbe» aggiunge.
Un'ora dopo il tempo sembra essersi leggermente rasserenato, anche se le nuvole e quel fastidioso grigiore del cielo, non sembra volerci abbandonare. Siamo tutti in mensa, i bambini mangiano facendo un gran fracasso e tra una risata e l'altra io mi perdo fra i miei pensieri, rimanendo anche quest'oggi a digiuno, di fronte a tutte quelle delizie.
Quando Chad piomba al mio fianco con un vassoio di patatine fritte, accompagnate con del pollo al forno, mi brillano gli occhi.
«La mia mamma quando non mangio mi dice sempre che un uomo cattivo viene nella notte e mangia me» dice con fare terrificante.
Sorrido e poggio il piatto sul tavolo, mentre porto il piccolo sulle mi gambe. E' leggero come un carro armato, ma lo adoro terribilmente, lo porterei via con me da qualsiasi parte.
«Vuoi sapere cosa mi aveva detto Dylan?» S'imbocca con una patatina e mi guarda.
Perché ogni volta il cuore deve battere all'impazzata?
Annuisco e gli accarezzo il capo. Nel frattempo lui esce dalla tasca un foglietto. Lo apre e legge sottovoce.
«Incontrerai una donna, un giorno, penserai che sia una delle tante. Capirai che è l'unica luce che vorresti vedere al mattino. Capirai che per una ragione l'hai incontrata, nulla per caso. Ti sorprenderai e penserai che tu sia pazzo, ma quando incrocerai i suoi occhi ti renderai conto che tutta quell'attesa, nella speranza di incontrare qualcuno che ti faccia battere il cuore, confondere le idee, tremare le gambe, desiderare di non allontanartene mai, è valsa a farti conoscere la donna che hai sempre cercato.» Conclude con quella vocina delicata ed io sto nuovamente piangendo per il modo innocente con il quale ha letto. Asciugo veloce le lacrime e sospiro. «Così gli ho chiesto chi era la sua donna» sorride, «ha detto che sei tu, ma non di non dirlo a nessuno» nasconde la bocca con una mano, con espressione da furbetto colpevole. Mi fa scoppiare a ridere.
«E tu perché l'hai scritta?» Domando corrucciata.
«Gli ho detto che volevo leggerla alla mamma e lui me l'ha scritta» porta il foglio al petto.
Questo bambino è un angelo sceso dal cielo, per farmi emozionare e sorridere giorno dopo giorno.
Rifletto su ogni singola parola. Ho la pelle d'oca, eppure non fa freddo.
POV BRAIN
E così, un'altra volta, Liz mi scivola tra le mani. Inutile dire quanto sbagli, perché lo faccio inconsapevolmente, con la mentalità di un ragazzino.
Mi guardo allo specchio, osservo la mia immagine, sono un uomo e da tale non riesco a comportarmi. E' vergognoso. Sono un incapace, anche quando si tratta di rendermi la strada spianata, io no, la rendo piena di fosse. Inciampo, cado, mi rialzo ed inciampo di nuovo. E' un circolo vizioso.
Il cellulare squilla improvviso. Mi avvicino al comodino ed osservo il numero di mio padre.
Rispondo.
«Papà.»
«Figliolo, come va?» Chiede.
Sbuffo, scompiglio i capelli per poi massaggiarmi la fronte, «bene» fatico a dire.
«Ti ho trovato un lavoretto per quando tornerai, il figlio del mio collega ha un'officina» sembra entusiasta, «avete la stessa età, ti troverai bene» aggiunge.
«Fantastico papà» cerco di essere il più possibile contento. «Non vedo l'ora di tornare» ammetto.
«Non ti trovi bene?»
«Papà... ti ricordi Grace?» Esito.
«Certo» risponde tranquillo.
«Lavora anche lei qui» esordisco, «da giovane per conquistare mamma hai fatto dei casini? Perché io sbaglio continuamente.» Cammino lento per la stanza.
«Ho corteggiato tua madre giorno dopo giorno, con le piccole cose, che sia un mazzo di fiore, un biglietto carino, una galanteria... ma erano altri tempi» spiega, «non so se tu ne sia capace, figliolo» dice sincero.
Strizzo gli occhi. «Non sono abituato alla galanteria» sospiro, «e lei non mi vuole più.»
«Insisti, se ti ama, ti amerà sempre... prova a farle ricordare cosa avete trascorso insieme prima che ti comportassi da testa di cazzo» sottolinea aggressivo. Mio padre è un tipo colto, non ha mai usato una cattiva parola, neanche per imprecare. E' molto diplomatico, accorto e pieno di tatto. Quindi le sue ultime parole mi lasciano perplesso, talmente tanto da convincermi che ha ragione lui.
«Troverò un'idea» mi limito a dire.
«Se per prima cosa non elimini seconde donne dalla tua, non puoi pensare di concentrarti solo su una. Nessuna donna ama esser messa nello stesso piano di un'altra» sentenzia. «Ora ti saluto, ho una riunione. Ti saluta la mamma ed anche Maya» riattacca.
«Ciao papà» dico abbassando il telefono e gettandolo sul letto. Fa una rovesciata e poi finisce sul pavimento.
Forse ho qualche idea, ma prima ho da chiedere un favore ad Ethan.
«Ethan solo per una sera» lo supplico.
Mi guarda di sottecchi, «dopo il casino che hai combinato credi che basterà questo per rimediare?» Sbotta. «Dylan è andato via a causa tua, sai cosa significa?» Si accanisce.
«Lascia perdere un attimo il lavoro, non faresti di tutto se vorresti conquistare una donna?» Spiego gesticolando.
In quel preciso istante i suoi occhi si spostano altrove, pensando sia la sua fidanzata, mi volto a guardare. Ciò che vedo non è Cecilia, non le somiglia neanche un po'. La piccola Murphy sta passeggiando poco più in là, in compagnia di Alec. Per un attimo la mente rimane interrotta, poi rincaro la dose.
«Tu vuoi Beth?» Aggrotto la fronte ed aumento il tono di voce.
Mi prende da un braccio trascinandomi lontano da lì, «Brian ti licenzio la prossima volta» mi minaccia, mentre i suoi occhi sono vispi intorno a sé.
«Oh andiamo, amico» gli do una pacca sulla spalla ironicamente, «dopo questa non ti resta che aiutarmi» dico malizioso. «Altrimenti sono costretto a dire a Cecilia che il suo fidanzato ha idee erotiche verso un'altra» assottiglio gli occhi ed incrocio le braccia al petto.
«Brian, ti licenzio» dice a denti stretti.
Rido con gusto. «Hmm, fammi pensare... io perderei il lavoro, ma tornerei a casa dove ho un altro impiego» stringo le labbra in un sorriso beffardo, mentre lui impreca. «Mi dispiace, hai perso.»
«Se ti fai scappare in giro questa cosa di Beth te lo giuro che mi invento qualcosa per farti davvero male» mi punta un dito contro con fare aggressivo.
Rido ed annuisco. «Ti piace Beth, sul serio. Io pensavo fosse una cosa così...» mi gratto il capo. «Ecco perché ti allei con il nemico» lo fisso.
«Dylan è in gamba, ecco perché mi alleo con il nemico» borbotta.
Roteo gli occhi. «Sì, certo... tanto non ti darà mai la benedizione sulla sorella, tanto vale provarci e stop» sono euforico e non capisco il perché.
«Brian organizzati quello che cazzo vuoi, ma scompari!» Mi spinge per farmi andare via, mentre io me la rido.
«Grazie amico, ripagherò» corro e mi dirigo verso la stradina che hanno preso Beth e quell'Alec.
Li noto poco più avanti e riprendo a passo svelto, fino a raggiungerli del tutto. Si voltano entrambi e sussultano. Beth mi fissa come indemoniata. Che Cristo sia con me!
«Vi posso chiedere un favore?» Sfrego i palmi delle mani fra di loro.
Beth incrocia le braccia al petto, «se non ti levi, faccio un favore io al mondo intero e ti prendo a calci nelle palle» risponde scattante.
«Ho bisogno che mi aiutate in una faccenda, sapete dove posso trovare delle candele?» Domando.
«N-no» dice Alec. «Cos'hai intenzione di fare?» Sembra curioso.
«Farmi perdonare una volta per tutte» sospiro.
Beth comincia a ridere amaramente, poi si fa seria. «Che gran buffone» commenta.
«Senti non farmi la morale su tuo fratello, okay?» Sbotto nervoso.
Beth mi si para davanti come fosse un maschiaccio. «Se tu riprovi a toccare mio fratello, io finirò in carcere» decreta.
La evito, «sai o no dove posso trovarle?»
«Grace non ti vuole.» Risponde lui seccato.
«Senti cocco, non ci serve il terzo incomodo... siamo già in due ad ammazzarci per lei, è chiaro?» Sospiro esausto. «Ci sono tremila ragazze nell'Universo!»
Lui rotea gli occhi, «mi piace la banana!» Esclama a gran voce. «Sono omosessuale! Non mi piacciono le donne, le adoro, sono creature mitologiche fenomenali, ma sono felicemente gay» conclude, lasciandomi senza parole.
Nascondo gli occhi con una mano e rido.
«E se proprio vuoi saperlo cocco, al massimo io e Grace potremmo scontarcela per te» non capisco se scherzi, fatto sta che indietreggio. «Tranquillo, non ci proverei mai... troppo stupido» commenta osservandomi da capo a piedi. «Te le procuro io queste dannate candele, ma non mi piaci con quella ragazza... neanche un po'» sorride infine.
Non mi interessa di piacere alla gente, non devo stare con lei per attirare l'attenzione o per farmi approvare da qualcuno. Voglio stare con lei per altri motivi, che vanno ben oltre le sentenze della gente.
La sera, quando tutti sono radunati al falò, mi avvicino a lei. E' seduta affianco della sua amica, con accanto il piccolo Chad. Mi abbasso ed inalo l'odore di shampoo che emanano i suoi capelli.
«Ti prego, vieni con me» sussurro.
Alexandra è lì di fronte che ci fissa e si mangiucchia le unghie.
Grace sussulta, «Brian vattene» mormora a denti stretti. Ethan sta raccontando una storia ai bambini.
«Perderò poco tempo» la prendo dal polso e la costringo a mettersi in piedi. Sistema la felpa e mi segue. La guardo meglio solo dopo, quando ha i capelli scompigliati in una treccia sfatta e delle terribili occhiaie.
L'accompagno in mensa, in cui grazie all'aiuto di Alec, Ethan e Cecilia ho allestito un clima romantico. Un tavolo rotondo è posto al centro della stanza, nonostante ce ne siano altri tutti intorno. Delle candele su di esso fanno da luce ed il profumo di pollo al curry è estasiante.
«La prima volta che ti conobbi, c'era questo a cena» mi avvicino al tavolo e scopro il coperchio. Lei è seria. «Ero incuriosito dai tuoi modi di fare, ma ero consapevole tu fossi piccola per me» sospira.
«Il piccolo ti sei rivelato tu» borbotta senza fissarmi.
«Mi hai intrigato dal primo sguardo, dalla prima parola...» sussurro. «Però all'inizio eravamo due complici, ci divertivamo insieme, nonostante i miei casini era bello coinvolgerti nella mia vita» sottolineo. Solo Dio sa quanta fatica io stia facendo stasera a parlarle a cuore aperto.
«Poi uno dei due è maturato» rincara lei.
Ghigno, «Liz se me ne dai l'opportunità voglio cancellare tutto il negativo che c'è stato tra di noi» cerco il suo sguardo, fin quando si volta a guardarmi.
Prende un lungo respiro. «Te ne ho date troppe» decreto severa.
«Mi ami?» Domando sperando in una sua risposta affermativa o in un solo sguardo che possa farmi intendere di sì, ma quando i suoi occhi rimangono impassibili dritti sui miei, comprendo tutto.
«Hai presente quando qualcuno ti fa davvero male e tu nonostante tutto ci credi ancora... che qualcosa si possa fare per sistemare la situazione, che ci sia sempre un'alternativa, un'altra via da percorrere» esordisce, «io credo di averti amato Brian Turner, come non ho mai amato nessuno prima. Credo che tu abbia letteralmente aperto il mio cuore, intrufolandoti passo dopo passo, giorno dopo giorno e lacerandolo lentamente.» Ha le lacrime agli occhi. Vorrei poterla abbracciare. «Quando un vaso si rompe non si può più ricostruire alla stessa maniera, ci saranno sempre quei particolari che ti faranno notare che è stato rotto e rimesso in sesto» mormora con voce rauca, «anche se io volessi perdonarti, anche se volessi provare ad amarti come prima... non ne sarei capace, perché non credo che quel sentimento sia ancora vivido.» Boccheggia, socchiude le palpebre e deglutisce rumorosamente. «Questa Grace che piange è il risultato del tuo lavoro, per niente soddisfacente... ed io voglio tornare serena, libera e felice come un tempo.» Conclude.
«Scusami se ti ho fatto stare male» sussurro. «Ho sempre saputo che tu amassi più lui di me» scrollo le spalle, ripongo le armi.
«Perché tutti credete che io ami Dylan?» Aggrotta la fronte.
Sogghigno, «perché quando si tratta di lui hai sempre avuto occhi diversi. Dylan è stata la medicina quando io ti stavo facendo del male. Vuoi o non vuoi conta chi ti cura, non chi ti ferisce.» Un minuto prima ero elettrizzato e nutrivo una speranza, senza considerare per un istante quanto male le ho recato.
«Io spero con tutto il cuore che tu trova la medicina adatta, perché se fossi stata io molte cazzate le avresti evitate» si scioglie i capelli e mi fissa.
Abbasso gli occhi. «Se potessi tornare indietro, rifaresti quello che hai fatto con me?»
Lei non risponde subito. «Non lo so, ma credo nel destino e... doveva andare così» sorride forzatamente.
Grace esce da lì ed il piatto preparato da Cecilia si è già raffreddato. Ho fallito, ma non ora, ho fallito nel complesso, come uomo. Ho messo davanti me stesso, i miei folli desideri, i miei modi bruschi, i miei pensieri contorti, i miei tentativi sbagliati di farmi dimostrare qualcosa. In realtà l'unico che avrebbe dovuto fare ciò ero solo e soltanto io.
Ed adesso rimango nuovamente io, con la delusione che ho di me stesso ed il desiderio di cancellare tutto.
POV DYLAN
Sono disteso su di una sdraio. Gabe, Clay ed Ian stanno ballando con delle ragazze nel locale sopra di me, io, invece, guardo le stelle dal basso.
Sono serate vive e morte allo stesso tempo. Sono sicuro che Brian si sia ripreso Grace e mi fa male pensare che lui possa sfiorarla, baciarla, tenerle la mano...
Dovevo saperlo quel giorno in cui mi tirò quel cazzotto nella palestra della scuola, che Grace doveva essere da evitare, ma come si fa a lasciar perdere qualcosa che in un modo o nell'altro trova il modo di piombare nella tua vita continuamente?
Ho provato sul serio a non farmela piacere, ripetendomi che lei non fosse adatta a me, che il suo carattere con il mio, andrebbero troppo in disaccordo e poi mi trovavo da solo con lei ed inevitabilmente mi sentivo in sintonia con i suoi pensieri.
Adesso combatto per togliermela dalla testa, perché troppe volte l'ho messa al centro, ma ogni volta che guardo il cielo, mi ricordo della nostra notte al campo, sul Pick-up di mio padre a guardare le stelle. Io che le spiegavo le costellazioni e lei che stava ad ascoltare.
Non ci avevo mai portato nessuno, ma ho scelto lei perché stava diventando importante abbastanza da farle conoscere la mia vita in tutto e per tutto.
«Ehi Dylan» Megan si avvicina con il suo mini brasiliano, il quale le divide le natiche in maniera perfettamente regolare e con quel triangolino messo a casaccio, poiché non copre assolutamente nulla. «Ti va un bagno?» Ha un bicchiere di Mojito tra le mani ed ondeggia davanti ai miei occhi con fare provocante, mentre i capelli biondi le svolazzano da una parte all'altra. Mi porge una mano ed io mi metto in piedi.
In lontananza Clay, Gabe ed Ian mi incitano a proseguire, mi schiacciano gli occhi, mimano qualcosa, credo siano ubriachi. Scuoto il capo, mi spoglio della canotta bianca e prendo la rincorsa, per poi tuffarmi. Lei sghignazza dietro di me ed in punta di piedi si avvicina.
Le strappo il cocktail di mano e porto la cannuccia alla bocca. Sorseggio e glielo ritorno indietro.
«Perché mi hai rifiutata ieri notte?» Domanda mentre i suoi seni combaciano con il mio petto.
Sospiro. «Megan sono fottutamente innamorato» porto i capelli indietro, «fin quando questa cosa non cambierà, nessun altro entrerà nella mia vita» decreto.
«Non per forza dobbiamo legarci io e te» il suo dito si insinua sulle mie labbra, sfiorandole, «possiamo semplicemente divertirci un po'» sorride scoccando la lingua sul palato.
Potrei, ma non voglio. Purtroppo non riesco a cambiare la mia personalità, Dylan rimane sempre Dylan.
«Questa ragazza dev'essere proprio una stupida» strizza i lunghi capelli bagnati e poi mi fissa. «Tanto ci vedremo al college, ora che so che anche tu andrai alla Yale... non ti libererai di me» sogghigna sarcastica.
Il mattino seguente io e quegli sbandati dei miei amici stiamo dormendo su queste dannate sdraio, per niente comode. La luce del sole mi acceca, ma riesco facilmente ad alzarmi e testare la sabbia bollente. Corro da loro e li butto entrambi giù.
Le loro facce finiscono a terra e sobbalzano come delle molle.
«Murphy sei un pezzo di merda» Ian mostra un'espressione di dolore.
Scoppio a ridere ed osservo Gabe, che sembra ancora rincoglionito da ieri. Clay, invece, barcolla sulla sabbia e s'incammina silenzioso.
«Ragazzi mi sento un coglione» biascica Gabe.
Ian gli tira un orecchio, «forse lo sei!»
«Andiamo a fare colazione» dico facendogli cenno di seguirmi.
«Sì, giusta scelta... sto morendo di fame» commenta Ian alle mie spalle.
E così ci sediamo in un bar a sorseggiare del caffè macchiato, seguito da delle uova al bacon. Gabe non fa che ripetere quanto sia fantastica Los Angeles, Ian quanto stia ancora crepando dalla fame, Clay sembra estasiato dal cibo ed io silenziosamente li ascolto. Ci sono già i miei pensieri che fanno un gran chiasso, senza neanche chiedere il permesso.
Angolo autrice.
Buon pomeriggio!
Eccomi con un nuovo capitolo! Alcune di voi mi detesteranno, vorrei sapere cosa ne pensate ugualmente.
Un bacio, a presto!
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