7.

Tre Peccatori

Brayan si svegliò di colpo, sudato fradicio, preso da un forte senso di soffocamento, nausea e vertigine.

Inquieto e smarrito si rialzò dalla colonna in marmo su cui era appoggiato e si guardò intorno.

Non era morto.

Si trovava nel centro di Piazza San Marco.

Indolenzito, si tastò il corpo: la ferita era sparita e anche ogni macchia di sangue.
Scioccato si guardò intorno.

Era notte fonda.
La piazza era deserta.

Davanti alla Basilica notò tre figure nere, disposte a cerchio. Gli stavano dando le spalle. Due più basse rispetto a quella di destra.

Curioso le raggiunse.

Arrivò in prossimità e si piazzò davanti a loro.

Guardò i loro volti persi e spenti: erano Alejandro, Priscilla e Diletta.
A terra, davanti a loro, c'era il cadavere esangue del povero Fiorenzo.

Diletta e Priscilla stavano piangendo in silenzio, copiose lacrime rigavano le loro maschere colorate.

Diletta cadde in ginocchio. «No! Ho ucciso la persona sbagliata. Ho ucciso Fiorenzo!» Non riusciva ancora a realizzarlo, era troppo sconvolta.

«Come hai potuto!» Le gridò Priscilla con la voce spezzata, più del suo triste cuore. «Come hai potuto uccidere mio fratello! Hai portato via la mia famiglia! La mia anima è a pezzi. Non potrò mai vivere serena senza di lui!» Ansimava e singhiozzava, le sue acide lacrime la stavano soffocando.

«Te lo giuro Priscilla, non l'ho fatto apposta è stato solo un incidente. Non volevo, non avrei mai voluto che finisse così, io amavo e rispettavo tuo fratello.»

«Come hai fatto a scambiarlo per...»

«Per me», disse Alejandro a fil di voce.

«Voi due!» Si girò verso le donne, accusandole «Volevate uccidere me!» Digrignò i denti in modo perfido.

«L'ho colto alle spalle e gli ho tagliato la gola da dietro, pensando fossi tu, Alejandro, eravate vestiti uguali. Dovevo stare solo più attenta...»

«Tu volevi uccidere me? Perché?»

«Perché ero stanca di vedere Priscilla soffrire e piangere a causa tua. Sono stanca anch'io di vedere che la usi e che la maltratti come più ti piace. Sono stanca di vederla con il volto segnato da lividi causati dalle tue sporche mani. E lo stesso era per Fiorenzo. Io ci tengo molto a lei. Io la amo con tutta me stessa. È la persona più importante dell'universo. Lei è il mio amore. Non permetterò più a nessuno di farle del male. Tu sei solo un mostro! Come ti permetti di mettergli le mani addosso a tua moglie. Vergognati! Sei un uomo spregevole!»

«Tu la ami? Tu sei innamorata di lei? Sei tu la donna...» Alejandro era traumatizzato. Era sempre stata sotto i suoi occhi, come aveva fatto a non accorgersene? «Che bastarde!» Imprecò per essere stato preso in giro da due donne.

«Io amo Priscilla. Sono sempre stata innamorata di lei.»

«Priscilla.» La chiamò a sé l'uomo.

«Mi dispiace Alejandro. Ho provato a nascondertelo in tutti i modi perché so che rischi comporta amare e frequentare un'altra donna, quando sei già sposata. È proibito, è quasi un crimine. Ma io sono stanca di tutto questo. Sono stanca di stare sotto i tuoi ordini e di subirmi le tue violenze, quanto più ti aggrada. Io ti avevo sposato veramente per amore. Io ti amavo veramente Alejandro, ma tu mi hai fatto solo del male...tu mi odi lo so...mi hai sposato solo perché te l'ho supplicato, perché ti ho fatto solo tanta pena. Tutto qui.»

«Certo che ti odio, pensavi che ti amassi?» Rise beffardo. «Non m'importava nulla né di te e né di tuo fratello. La mia dignità e la mia reputazione possono essere spezzati da qualsiasi cialtrone che non riesce a prendersi le responsabilità verso la famiglia. I soldi sono solo frivolezze, non mi interessa diventare povero per i troppi debiti di qualcuno che adesso giace qui, a terra, morto. Ma venire a sapere che mia moglie mi sta tradendo con una DONNA questo è ben più grave e oltraggioso, per la mia dignità da imprenditore aristocratico e gentiluomo che sono. Il vostro adulterio è quello che mi farà andare in rovina. Chi pensiate voglia ancora stringere affari con un uomo tradito dalla moglie con un'altra DONNA! Che vita dovrei fare io adesso?!» Si rivolse infine a Diletta. «Peccato che non ci sono io al posto di Fiorenzo, mi sarei risparmiato tutta questa umiliazione!»

Le tre figure guardarono Brayan.

«Ancora tu, bamboccio!» Sbottò maleducato Alejandro.

«Mi dispiace che la vostra storia sia finita in una tragedia...quindi...»

Il fanciullo vide le maschere delle donne cambiare aspetto e forma: divennero rosse, con la barba folta, nera e due enormi corna sopra le orecchie a punta, proprio come la sua. Anche loro adesso indossavano quella di Bafometto. Erano entrambe colpevoli di omicidio.

Le due maschere si guardarono.

«Caro fanciullo, abbiamo peccato, proprio come te», sentenziò Diletta.

«Non capisco, hai ucciso tu Fiorenzo, non Priscilla.»

«Io ero d'accordo fin dall'inizio. Ero d'accoro con Diletta di uccidere mio marito e poi di scappare lontano, insieme anche a Fiorenzo, lontano da Venezia per sempre. In modo che nessuno ci avrebbe visti come i colpevoli e perché sicuramente saremmo scampati da tutti i nostri debiti.» Spiegò con più calma la maschera in rosa.

«Eri d'accordo con lei?» Domandò allibito, l'uomo.

«Sì Alejandro, e mi dispiace...» A Priscilla gli si ruppe la voce.

L'uomo esausto, non ne volle più sapere. Accarezzò sua moglie sulla guancia. «Addio Priscilla.»
Triste e deluso si allontanò dalle donne, voltando loro le spalle, scomparendo poi nella buia notte di Venezia.

Bryan rimase con le due donne e il cadavere di Fiorenzo ai loro piedi.

«Cosa farete adesso?» Chiese, rivolgendosi a loro.

«Scapperemo insieme.» Diletta prese le mani a Priscilla. «Come ci eravamo promesse.» Le due maschere si guardarono in viso. «Perché noi ci amiamo vero?»

«Sì, io ti amo Diletta.»

«Anch'io ti amo Priscilla.»

Si avvicinarono e si stamparono un dolce e amoroso bacio sulle loro labbra color porpora.

Subito dopo, fecero per dileguarsi, ma Diletta trattenne il fanciullo.

«Posso farti una domanda?»

«Sì», rispose un po' incerto e perplesso.

«Perché una creatura come te indossa la maschera di Bafometto?»

Il ragazzo non sapeva rispondere, non lo sapeva spiegarselo ancora.

«Hai fatto qualcosa di male?» Chiese Priscilla.

«Hai ucciso qualcuno piccolo?» Domandò Diletta.

Brayan non gli era mai venuto in mente, ma ora ricordava il suo peccato.

«Forse ho fatto una cosa che non dovevo fare quando era piccolo», guardò Priscilla. «Sai avevo anch'io un fratello minore, era nato malato. I miei genitori non facevano altro che portarlo dal dottore ogni giorno, in ospedali diversi per cercare le cure migliori, non voleva guarire. Era fragile, debole. Si sarebbe spezzato prima o poi. I miei genitori avevano solo tempo per lui. Rivolgevano tutta la loro attenzione verso di lui. Io ero divento un fantasma. Non esistevo più. Non mi amavano più.
All'inizio ho pensato: è solo un brutto periodo passerà e lui crescerà e guarirà con il tempo, ma gli anni passarono e io diventai grande e anche mio fratello, ma lui era sempre malaticcio. Io venivo lasciato da parte, mentre mio fratello era ricoperto di carezze e attenzioni. Io venni abbandonato e dimenticato...
Ero furioso, arrabbiato con i miei genitori, ma soprattutto con mio fratello, lui era la causa di tutto il mio dolore.
Ero diventato perfido, arrogante e geloso. Non tolleravo più di essere ignorato.
Durante una vacanza al mare mi ero spinto con lui al largo. All'improvviso ci ha sorpreso un temporale. La corrente ci trascinò molto lontano dalla riva. Le onde diventarono alte, ci travolsero, non riuscivamo più a stare a galla. Mio fratello urlava e piangeva disperato, gli occhi segnati dal terrore. Si aggrappò al mio braccio, io facevo fatica a respirare, ero ormai esausto. Ero allo stremo delle mie forze, così ho realizzato che era il momento e il posto perfetto per sbarazzarmi di lui.
Lo stritolai, gli dissi di calmarsi e gli promisi che avrei fatto di tutto per salvarlo. Lui si aggrappò a me, io lo presi per il collo, lo spinsi sotto acqua e lentamente lo soffocai con le mie mani. Il suo corpo affondò negli abissi. Dopodiché mi abbandonai alla furia del mare in tempesta, ero dolorante per la stanchezza, chiusi infine gli occhi aspettando la mia sorte.
Mi risvegliai con una lancinante emicrania in un letto bianco d'ospedale. I miei genitori disperati, con il volto arrossato di lacrime non si davano per nulla pace. Io ero rimasto vivo per miracolo. Mio fratello era morto, la guardia costiera aveva recuperato il suo corpicino il mattino seguente. Nessuno seppe mai cosa successe veramente quel pomeriggio di metà estate. Nessuno seppe che avrei potuto salvarlo...invece la mia testa ha deciso di ucciderlo. Ho ucciso anch'io mio fratello. Non dissi mai nulla ai miei genitori. Credono sia stato solo un brutto incidente e che non avrebbero mai dovuto fidarsi di lasciare i loro figli da soli a giocare in mezzo al mare.
Sono un peccatore, proprio come voi.
Penso di meritarmi anche io questa masch...»

All'improvviso un assordante rintocco di campane perforò i timpani del giovane Brayan, facendolo piegare a terra dal dolore.
Si premette le mani contro le orecchie, la testa gli rimbombava, aveva le vertigini.

Il mondo divenne offuscato e iniziò a girare veloce.

Il ragazzo si accasciò e si distese a terra.
Gridava e ansimava in preda alle convulsioni, poi divenne tutto buio.

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