3.

Il ballo di Carnevale al Palazzo Ducale
Venezia ...1642...

Brayan ritornò a vedere pian piano la luce.

Venne pervaso da una forte emicrania, gli doleva tremendamente la testa e dentro di sé avvertiva un leggero senso di nausea, non aveva il coraggio di riaprire gli occhi. Attorno al suo corpo avvertì una grande sensazione di calore, in sottofondo sentì vociferare e ridacchiare, in lontananza percepì una melodia gioiosa e molto incalzante.

Provò a muovere le palpebre, lentamente, ma subito un grande senso di vertigine gli invase la testa.

Si ritrovò seduto su una morbida poltrona in velluto bordeaux.

Riprese conoscenza a fatica, ma fu abbastanza lucido per osservare il nuovo mondo che lo circondava.

Si trovava in una piccola sala molto luminosa. Le pareti erano coperte da una carta da parati giallo pastello con dipinto sopra un motivo floreale barocco. Il soffitto era liscio e di un bianco candido, al centro un grande lampadario in vetro di cristallo luccicava e sorreggeva una moltitudine di candele in tinta avorio. La stanza era arredata con poltrone e tavolini in legno scuro e intarsiato.

Brayan percepì nell'aria un forte profumo di tabacco.

Un leggero e freddo vento gli accarezzò la guancia. Si voltò e vide che le finestre erano tutte aperte, da lì si poteva ammirare il Bacino di Piazza San Marco. Il cielo era blu, trapuntato di stelle argentate, brillavano fievoli come mille diamanti.

Il fanciullo si destò in piedi, ma incespicò e barcollò, cercò un appiglio allo spigolo di un tavolino, ma non ci riuscì e cadde a terra trascinandosi con sé una boccetta in vetro contenente dell'alcolico ambrato, questa si frantumò in molti pezzi che si sparsero ovunque sul pavimento.

Alcune maschere sobbalzarono e si voltarono.
Lo guardarono accigliate in silenzio, poi irruppero in una fragorosa risata.

«Poverino», sentì dire da una voce femminile.

«È talmente sbronzo che non riesce più a reggersi in piedi», sbottò un'altra maschera, questa con una voce rauca e profonda come quella di un uomo.

Alcune donne sbellicarono appoggiandosi ai loro compagni.

«Suvvia, venite con me, lasciamo questo povero piccoletto in pace», propose uno di loro.

«Care Signore, ci fate l'onore di danzare con voi questa sera?» Domandò un altro, rivolgendosi alle donne mascherate.

«Certo, con molto piacere», gli ripose una con voce suadente e romantica.

«Sarebbe un onore per me, ballare con un uomo illustre come voi...», affermò l'ultima del gruppo e poi scomparvero tutti dietro la soglia della porta.

«Qualcuno mi potrebbe aiutare? Dove mi trovo?» Urlò il bambino sconfitto e ancora a terra.

Decise di rialzarsi e andare a esplorare il palazzo.

Nessuno poteva salvarlo da quel posto. Doveva trovare lui stesso una via di fuga. Desiderava solo ritornare a casa dalla sua famiglia.

Uscì dalla stanza e percorse un buio corridoio, intanto la musica che aveva già sentito al risveglio, diventava sempre più forte.

Arrivato in fondo, due guardie in maschera con indosso un abito bianco e blu si inchinarono al suo cospetto e gli aprirono una grande porta.

Il piccolo Brayan si ritrovò davanti una meraviglia di spettacolo.

Si trovava nella Sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale.
Era maestosa e brillava d'incantevole bellezza artistica.
Le intere pareti e il soffitto erano riccamente dipinti da affreschi dai forti contrasti cromatici, circondati da cornici di legno intarsiato, in puro oro. L'enorme sala era circondata da sette grandi specchi ogivali. Al centro un turbinio di maschere variopinte e sontuose danzavano soavemente al ritmo della vivace melodia, suonata da un'orchestra di violini, accompagnate da un pianoforte, che si trovavano dalla parte opposta della sala.

Il fanciullo osservava stupito l'intero incanto del Carnevale veneziano.
C'erano maschere che danzavano a ritmo della frenetica musica, c'era chi rideva, c'era chi beveva in abbondanza e scherzava con suprema allegria e chi invece preferiva gustarsi la festa seduto su delle panchine in velluto rosso disposte lungo il perimetro della stanza, a scrutare in silenzio le altre maschere che si divertivano appassionatamente.

Brayan si fece avanti tra la moltitudine di coriandoli che turbinavano nell'aria.

Notò con rammarico che le maschere, appena lo incrociavano, si scansavano disgustate e spaventate. Altre le sentì sibilare parole incomprensibili e ancora una volta non comprese il reale motivo perché tutti lo volevano solo evitare e allontanarsi da lui.

Triste, andò verso una poltrona libera, fece per sedersi ma il suo sguardo cadde su uno dei grandi specchi. Indossava ancora l'orrenda maschera di Bafometto.

Frustrato si prese il volto fra le mani affusolate per togliersela, ma non ci riuscì. Era incollata alla sua pelle. Riprovò con più forza, ma più tirava, più la sua vera pelle gli faceva male, non avrebbe mai più potuta levarsela. Bafometto era diventato il suo nuovo e raccapricciante volto. Il volto di un peccatore.

Con l'anima rotta e il cuore dolente, si arrese al suo infausto destino. Andò a nascondersi in un angolo della grande sala, lontano da tutti gli occhi impauriti.

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