7) IL VULCANO

In effetti non ci volle molto e quando arrivarono, Wal rimase a bocca aperta per lo stupore. Superato un ultimo diaframma di piante e cespugli, all'improvviso si trovò davanti a una montagna posta in mezzo a una radura spoglia.

Per la verità non era granché come montagna e nemmeno era molto alta. Superava di poco gli alberi che la circondavano, però l'effetto che fece sul Varego fu enorme. Wal ebbe l'impressione di tornare in luoghi già visti e la stretta al cuore che avvertì forte abbastanza da provare dolore, gli confermò quanto tutto questo fosse molto più reale di una semplice suggestione. Il luogo era spettrale e gli dava una sensazione spiacevole. Se non fosse stato per Flot al suo fianco, probabilmente sarebbe immediatamente fuggito via senza voltarsi indietro.

Qualcosa di maligno aleggiava su quella radura e lui lo percepiva alla base della nuca.

Orgoglioso il Ratnor gli indicò il monte e disse: "Questo è il Centro del Mondo!".

Incapace di parlare, Wal avanzò oltre la foresta. Quel luogo era stupefacente, meraviglioso, totalmente distrutto e assente di vita.

La foresta terminava all'improvviso contro un mare di pietra e non vi era un solo filo d'erba che ne alterasse l'aspra superficie. Un confine invisibile segnava indelebilmente la vita dalla morte lungo tutto il perimetro della foresta. La radura era pietrificata in innumerevoli tonalità gialle, rosse, marroni e ocra che si confondevano le une con le altre sfumando dal nero al bianco. Fuoriuscendo dalla cima piatta del monte e scivolandone lungo i fianchi, successive colate di materiale fuso si mescolavano tra loro come se la natura si fosse divertita a prendere colori differenti, impastandoli frettolosamente e a caso. Pareva un mare agitato, in cui le onde di una burrasca fossero per sempre pietrificate.

l fianchi della montagna di lava salivano così dolcemente dalla piana verso la sommità, da occuparne quasi per intero lo spazio rapito alla foresta.

La roccia era ruvida, abrasiva, sgradevole al contatto.

Wal non avrebbe saputo individuare una sola linea pianeggiante, poiché ogni cosa era arrotolata, arrotondata, ondulata, mossa o smussata dal tempo. Camminarci sopra era faticoso per gente abituata alla foresta. Ogni volta che faceva un passo rischiava di cadere in terra, ondeggiando da una parte all'altra pericolosamente. Faticò non poco a stare dietro a Flot che, nonostante la ferita, saltò agilmente da un'onda all'altra senza mai fermarsi. Ben presto dovette fermarsi a riprendere fiato. Dietro di sé vide che anche Ranuncolo dimostrava maggiore agilità di lui su quelle pietre.

Fortunatamente quel tratto durò solo pochi passi, perché dopo non molto imboccarono un sentiero che digradava lentamente lungo il fianco del monte e iniziarono a salire. Il sentiero si sviluppava sinuoso a spirale, girando su se stesso fino ad arrivare sulla cima. Ora che ne iniziava a scalare i fianchi gli parve incredibile che una massa simile potesse restare celata fino all'ultimo, per poi improvvisamente apparire davanti a chi la scoprisse.

Man mano che salivano, l'aria si faceva pesante e acre.

Ogni tanto tra una roccia e un'altra si aprivano fessure dalle quali soffiava un fumo denso, bianco e puzzolente che ammorbava l'aria. Attorno alle aperture, incrostate lungo i bordi, macchie giallastre di minerale spumoso colavano verso il basso, arrivando a sfiorare i piedi di chi saliva. Nell'aria c'era un odore pungente e dolciastro che soffocava e toglieva le forze, tanto che a nemmeno la metà della salita dovette fermarsi ancora a riprendere fiato. Voltandosi vide che Ranuncolo era sparito e lo disse a Flot. Anche lui ansimava leggermente. Ma quello che lo colpì fu la sua espressione triste.

"Qualcosa non va?" gli fece Wal, pensando che la ferita al braccio avesse di nuovo cominciato a dolergli, invece Flot, sorridendogli dolcemente gli disse:"No, è che so dove porta questo sentiero e non amo più questo posto come un tempo".

Prima che Wal potesse domandargli altro, questi indicò un punto in movimento lungo il fianco della montagna sopra di loro.

"Ecco dov'è finito Ranuncolo" fece indicandolo indispettito. Guardando nella direzione indicata, Wal vide il Sednor salire vero la cima tagliando di traverso la montagna, zigzagando avanti e indietro, evitando di seguire il sentiero se non quando era obbligato. Pareva non fare alcuna fatica; faceva passi lunghi e agilmente saltava da una roccia all'altra, tenendosi in equilibrio sull'una prima di saltare sull'altra. Non si fermò che quando arrivò in cima. Una volta arrivato si voltò e fece un cenno ai due che, molto più in basso, lo stavano osservando. Ansimava, ma si vedeva che era felice; allargava le braccia, sollevava il volto al cielo e inspirava forte l'aria che lo circondava. Si voltò verso il sole e pronunciò ad alta voce alcune parole in una lingua che Wal non capì. Quando si voltò per chiedere a Flot, vide che era diventato cupo. Era adirato. Dopo aver profondamente inspirato, questi gli rispose :

"È un antico dialetto che i Sednor usano tra loro. Sta inviando una preghiera al Sole: vuole protezione per sé e per il suo popolo. Ha detto:"Giut'me sa poss. E giuta co tuta la mia gent ca l'a damanca et ti, Pare et Tuti" .

"È bello questo, no?" gli rispose Wal "Ma vedo che ti ha contrariato. Ha fatto qualcosa che non doveva?".

Flot scosse la testa con quel suo modo lento e maestoso insieme. Non smetteva di tenere lo sguardo fisso sul Sednor intento a pregare sulla cima della montagna. Terminò di pronunciare alcune parole a fil di labbra, poi rispose all'amico.

"Lui crede in quello che dice" fu la risposta. In quelle parole Wal lesse chiaramente un dispiacere profondo e un disagio nell'animo dell'amico.

Ripresero il cammino verso la cima e gli ci vollero ancora parecchi giri attorno alla montagna. Man mano che salivano verso l'alto Wal poté rendersi conto di quanto fosse estesa e sterminata la foresta in cui viveva quella gente: ovunque vedeva un mare di verde che a perdita d'occhio si perdeva in lontananza. Attorno a loro non c'era altro che una massa compatta di rami e foglie che solo leggermente ondulava al soffio del vento. Sopra di loro, un cielo limpido e terso e un sole tiepido, riuscivano, nonostante l'aspetto brullo e aspro di quel luogo, a renderlo gradevole alla vista. Wal non sapeva se dare la colpa alla lunga malattia oppure alla sbornia della sera prima, comunque si sentiva debole e fu lieto quando vide che il sentiero raggiungeva la cima piatta. Pensò, vedendola ormai a pochi passi, di trovarsi su di uno spiazzo più o meno piano, invece dovette ricredersi. La montagna era cava al centro. A eccezione di un bordo circolare largo alcuni passi, reso piano e agevole dal tempo e dalla mano dell'uomo, l'interno digradava ripido verso il centro, dove vi era un foro che avrebbe permesso il passaggio di un uomo robusto. Era una fumarola, un camino dal quale si levava lento e denso un fumo bianco dall'odore sgradevole che il vento, forte e teso, trascinava a Sud. Attorno al foro del camino vi erano le stesse incrostazioni gialle e spumose che avevano incontrato salendo. Erano molto spesse verso Sud, un po' meno verso Est e Ovest e quasi del tutto assenti verso Nord. In quella direzione le pietre erano pulite a eccezione di pochi spruzzi di minerale giallastro.

Un vulcano, si disse, rendendosi finalmente conto di dove erano arrivati.

Come se il monte avesse voluto salutare i nuovi arrivati, la terra prese a tremare improvvisamente sotto i loro piedi. La scossa fu lieve, ma lo spavento fu lo stesso grande. Preso alla sprovvista, per poco non si gettò in terra dallo spavento. Flot e Ranuncolo lo guardarono divertiti, aspettando immobili che il tremore passasse. Al contrario di lui dovevano essere abituati a quel fenomeno così inquietante. Preferì restare dove si trovava fino a che tutto non fosse finito, ma un colpo d'aria improvviso, accompagnato da uno sbuffo più denso di fumo del camino, gli portò diritto addosso la nuvola, facendolo tossire. Per qualche momento gli parve di soffocare. L'aria faticò a raggiungere i polmoni, la gola si strinse sotto una morsa feroce. Il panico stava per sopraffarlo, quando la nuvola si diradò veloce così come era arrivata. Poco alla volta la gola si rilassò e i polmoni ripresero a funzionare normalmente, lasciandolo ansimante e spaventato.

"Benvenuto sulla nostra Montagna Sacra, il Centro del Mondo, Wal. Come hai sentito, anche lei ti ha salutato alla sua maniera" gli disse Flot sorridendogli "La prossima volta trattieni il fiato fino a che il fumo è passato e non ti succederà nulla. Vieni ora, ti devo mostrare una cosa".

Quando l'ebbe raggiunto, insieme si diressero verso una sorta di altare che si trovava dall'altra parte del vulcano, rivolto verso il sole nascente e posto sul bordo esterno del monte. Era fatto di pietre del posto, sovrapposte le une alle altre a secco. Spaccate e rese squadrate in modo tale da poterle incastrare agevolmente un livello dopo l'altro, formavano un insieme robusto profondo circa un metro e lungo tre che proseguiva naturalmente, prolungandolo verso l'alto, il fianco della montagna. Su questo rozzo appoggio era posata una lastra di pietra spessa un palmo e lunga alcuni passi, orizzontale e perfettamente piana. Squadrata come le altre che ne componevano il basamento e la sostenevano a un metro da terra, ne era diversa per colore e granatura, essendo di un giallo screziato da poche venature bianche e blu. Passando accanto a Ranuncolo che si trovava fermo ad alcuni passi da essa, Wal gli sorrise. Si fermò e gli disse :

"Ho visto che ti piace faticare, vero?".

"Sì, Leta, mi piace salire quassù" rispose lieto "Mi fa sentire vivo" , ma a una occhiata torva di Flot salutò rispettosamente i due e si allontanò alla distanza stabilita, lasciandoli soli.

Wal in quello sguardo percepì ancora disagio e disappunto, ma sopratutto il tormento del suo amico.

Anche se lo celava sotto i suoi soliti modi affabili ed educati, era evidente che soffriva per la ferita al braccio.

Nonostante facesse il possibile perché i movimenti del suo arto fossero morbidi e naturali, lui  vedeva lo sforzo che faceva per non urlare dal dolore. 





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