4) LA FESTA
Seduto in mezzo a tutti gli altri Ratnor, con Flot al fianco sorridente come se nulla fosse successo, Wal faceva fatica a riprendersi dallo stupore.
Dov'era finita la Grande Madre? Perché Flot li guardava sconvolto? Ma soprattutto, chi era la donna che i Ratnor chiamavano la Grande Madre e che era diventata sua moglie?
Quando pensava razionalmente sapeva di averla vista quella mattina per la prima volta, ma con il cuore la sentiva sua da sempre. Si sentiva smarrito in mezzo a pensieri contrastanti.
<Come posso averle detto di essere tornato se non conosco nulla di questi luoghi? > Si domandò
<Eppure non so chi sia, non è nessuno per me!> Si rispondeva dopo un po'.
Con angoscia si ripeteva che era sposato con una donna bellissima, potente e rispettata dal suo popolo. Eppure lui non contava nulla, poiché tutto si era svolto a sua insaputa.
Pensieri contrastanti aumentavano lo sconcerto e la confusione che già sentiva dentro di sé; non sapeva a quale dare retta e nemmeno quale potesse essere il più giusto. Andavano e venivano a loro piacimento nella sua testa, lasciandolo confuso e inquieto. In quei momenti si sentiva come la sabbia in riva al fiume, con tanti strati sovrapposti ad altri.
Avrebbe voluto parlarne con Flot, ma attorno a loro la frenesia aumentava di pari passo con i calici di birra bevuti. Un boato di allegra felicità lo fece voltare: arrivarono le vivande portate dai Sednor. Grandi foglie stese sopra pezzi di corteccia vennero posate davanti ai commensali affamati. E dentro vi erano carni arrosto ancora sfrigolanti di grasso e umori, pani appena sfornati, frutti ai quali non seppe dare un nome e verdure profumate.
E birra, sopratutto tanta birra che venne portata cinque boccali per mano e lasciata sui tavoli a disposizione di tutti.
Quando venne il suo turno, sentì qualcosa appoggiarsi con insistenza alla sua schiena. Era morbido e caldo. Un profumo penetrante di fiori amari e sudore fresco lo avvolse, lo inebriò facendogli provare un piacevole sussulto. Una breccia parve aprirsi nei suoi ricordi e subito si richiuse. Una mano femminile posò una corteccia piena di cibo davanti a lui, poi invece di ritrarsi si appoggiò sfacciatamente sulla sua, incurante che altri potessero vederla. Voltandosi Wal si trovò di fronte la donna boscaiolo, con i suoi grossi seni ancora appoggiati alla sua schiena. Li sentiva chiaramente anche attraverso il tessuto delle tuniche. Quando lo vide lei non si scostò subito, rimase dov'era per nulla imbarazzata. E nel momento che fece per andarsene, si voltò in modo che i suoi capezzoli sfiorassero la guancia di Wal. Li avvertì duri sotto il tessuto morbido. Il ragazzo rimase allibito.
La vide allontanarsi con i grossi fianchi ondeggianti e i capelli ben avvolti attorno alla vita e non seppe se esserne felice o offeso. Avrebbe voluto chiamarla, parlarle anche se non aveva nulla da dirle, quel profumo di fiori misti a sudore l'aveva eccitato. Ma subito si riscosse. Si rimproverò da solo. Non doveva nemmeno pensarci, in fondo si era appena sposato!
Voltandosi vide che nemmeno uno dei commensali alla sua tavola lo guardava. Nessuno si era accorto di nulla, oppure fingevano di non aver visto. Ognuno badava al suo piatto e a divertirsi. Al volo colse uno sguardo malizioso di Flot e un sorriso di Radice che di lontano lo osservava, posando un vassoio davanti a un Ratnor.
Dopo una rapida occhiata e un cenno d'intesa il ragazzo si allontanò di nuovo. Quando i Sednor ebbero finito di portare le vivande si avviarono verso le tavolate interne. Ognuno aveva tra le mani il proprio vassoio, i boccali di birra già erano stati portati in abbondanza. Parevano formiche che si intrecciavano, anche se tutti sapevano perfettamente verso quale tavola andare. Nemmeno correvano nel timore di restare in piedi, ognuno sapeva dove era il suo posto.
Almeno loro lo sanno, pensò Wal e ancora una volta si trovò sconcertato.
Quando anche l'ultimo dei non perfetti aveva preso posto, Flot si alzò in piedi. Come fosse un segnale convenuto tutti i commensali, sia Ratnor che Sednor, levarono in alto i boccali di birra. E quando Flot prese il suo, lo sollevò in alto e lo rovesciò in terra, tutti lo imitarono al grido :
" POSSA IL GOPANDA LETA ESSERE IL PADRE DI TUTTI!!!".
Tornato a sedersi, Flot prese un altro boccale di birra e ne porse uno anche a Wal. Insieme brindarono alla vita, si portarono i vassoi davanti e iniziarono a mangiare.
Andarono avanti per ore: il sole che lentamente declinava verso ponente li trovò ancora seduti a ridere e scherzare insieme. Di quando in quando qualcuno venne davanti a Wal per salutarlo e lui ricambiò il saluto scambiando poche parole con tutti: uomini o donne, Ratnor o Sednor che fossero, non faceva distinzione alcuna.
Alcuni gli dissero nomi che dimenticò subito, altri lo benedissero. Ma non diede alcuna importanza alla cosa e continuò a salutare tutti coloro che volevano omaggiarlo. Qualcosa gli diceva che se loro erano gentili con lui, lui doveva essere gentile con loro.
Completato il pasto i Sednor portarono tra le tavolate strumenti a corda ed enormi tamburi. Vennero percossi con forza e a lungo. I Sednor iniziarono a cantare e a ballare come forsennati, dando fondo alle energie e crollando a terra esausti per lo sforzo e la troppa birra in corpo. I Ratnor osservarono e risero. Wal come gli altri osservò, rise e si divertì. La birra scorreva a fiumi e poco alla volta si ritrovò con il cervello annebbiato. Un boccale alla volta dimenticò le angosce che lo inseguivano da mesi. In quella bevanda dolce e amara ritrovò una pace che aveva scordato da molto. A un tratto, completamente perso nelle nebbie , Wal scorse un gruppo di Sednor portare un'arpa alta come due uomini. Doveva essere pesante a giudicare da come ondeggiava nell'aria. La lasciarono proprio davanti a lui e se ne andarono ridendo.
Un Sednor di cui non conosceva il nome si avvicinò lentamente, si pose di fianco all'arpa e si inchinò al Gopanda-Leta. Gli fece un gesto benevole. Il Sednor fece un sorriso sghembo a Flot. Era già avanti con gli anni. Come l'uomo dagli occhi di due colori poteva essere sulla quarantina, forse di più, però non riusciva a dargli un'età. Aveva il volto rugoso come la corteccia di un albero e una vistosa cicatrice bianca gli attraversava la fronte da parte a parte. Nonostante questo, aveva lo sguardo buono. Non sapendo cosa dirgli, Wal gli sorrise.
L'uomo fece un profondo inchino, appoggiò le mani sull'enorme strumento e iniziò a suonarlo.
Le sue braccia non erano abbastanza lunghe per arrivare a tutte le corde, così si muoveva avanti e indietro per poterle raggiungere. Nonostante l'età era agile e sinuoso nei movimenti, pareva più ballare che suonare tanto era costante nel suo movimento. Un suono dolce e potente si levò dalle corde dello strumento e sulla radura cadde il silenzio. Tutti i commensali si voltarono ad ascoltarlo. Con voce roca il Sednor prese a cantare una canzone triste e lenta in una lingua che Wal non riconobbe, però la melodia era così struggente che poco per volta lo pervase ugualmente.
Con il cervello annebbiato osservò le persone al suo fianco e le vide accompagnare il motivo e le parole del cantore. Flot, malinconico e con gli occhi bassi, fissava il boccale che teneva tra le mani. Ratnor e Sednor all'unisono iniziarono sommessamente a cantare, seguendo la voce del bardo.
Anche Wal si sentì trascinare lentamente nella nostalgia per una terra lontana, ma quando fu sul punto di cedere a questo sentimento forte e imprevisto, la musica cessò, l'uomo si inchinò davanti a lui e si allontanò, lasciando l'arpa dove si trovava.
Ancora in balia alle emozioni che la canzone aveva scatenato, Wal cercò di riprendersi con un altro boccale di birra. Lo sgolò tutto di un fiato, prendendone un altro subito dopo. La bevanda era fresca, amara e forte, passava dalla bocca allo stomaco e alla mente in un baleno e lo faceva sentire leggero. Ben presto la malinconia svanì e la nostalgia rimase un ricordo offuscato. Aveva voglia di divertirsi. Si alzò in piedi, barcollando un poco scavalcò la panca. Salutò Flot.
"Vado a fare un giro. Tu non vieni?" gli domandò, ma al diniego dell'altro scrollò le spalle. Si guardò attorno, aveva voglia di compagnia, compagnia di una donna. Attorno a sé vedeva donne dai corpi flessuosi e dai capelli accuratamente acconciati. Della Grande Madre non c'era più traccia. Non l'aveva più vista dopo la cerimonia del matrimonio, eppure si sentiva solo. Il disagio di stare in mezzo a tanta gente si era diluito nella birra fino a scomparire del tutto. Si scoprì a pensare ai grossi seni della donna boscaiolo. Avrebbe voluto vederla nella folla, inebriarsi ancora del profumo di fiori amari che l'aveva così piacevolmente avvolto nel pomeriggio, ma della donna non vide traccia.
Svuotò il boccale di birra e andò in cerca di un altro. C'erano sempre dei Sednor che andavano e venivano con boccali pieni di quel liquido celestiale: bastava guardarsi attorno e fermare il primo che passava. Attorno a lui era allegria e grida. Non conosceva il nome di nessuna di quelle persone con cui festeggiava, eppure lo trattavano come se fosse uno di loro. Ogni tanto qualcuno lo salutava dicendogli :
"Che tu possa essere il Padre di Tutti", ma i loro gesti erano meno timorosi della mattina, meno lontani.
<Forse è l'effetto della birra> pensò <benedetta sia la birra, allora>. Un giovane Sednor carico di boccali pieni gli passò accanto e lui lo fermò. Gliene prese dalle mani due e solo dopo averli sollevati in alto lo riconobbe : era Radice. Tentò di andargli accanto: voleva chiedergli qualcosa, ma non si ricordava cosa. Barcollò ancora, urtò violentemente contro una Sednor con le mani piene di boccali vuoti, poi in un modo o nell'altro si ricompose. Radice gli si accostò, gli sussurrò all'orecchio una parola, un nome gli parve, Mirta, poi se ne andò con i boccali che gli rimanevano.
La testa gli girava, tutto girava, negli occhi solo nebbia; si trovò accanto una donna e l'annusò per sentirne l'odore, ma non sapeva di fiori amari e sudore fresco. Deluso fece per allontanarsi, poi ci ripensò. Tornando indietro vide la donna sorridergli. <È una Ratnor o una Sednor?> pensò prima di scrollare le spalle: che importanza poteva avere?
Era bella, profumava di buono e lui aveva voglia di compagnia. Si voltò e vide che il sole scendeva oltre gli alberi attorno alla radura...
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Odore di salsedine nell'aria, il vento forte che scompigliava i capelli e la voglia di correre verso la riva: il mare, forte, impetuoso, pura potenza in libertà e libertà di andare, andare via... Lunghe navi dalla chiglia affusolata aspettavano nell'acqua, a poca distanza ondeggiavano invitanti come i fianchi di una donna...
Prima ancora di aprire gli occhi, Wal capì che era stato un sogno. Le palpebre pesanti come macigni non volevano saperne di aprirsi. Aveva un vago sentore di nausea e la testa gli pulsava. Non ricordava dove avesse vissuto quella scena, ma sapeva che in qualche modo gli apparteneva, era parte della sua vita passata tanto quanto l'aria che respirava.
Cercò di trattenere le immagini del sogno. Ancora sentiva nell'aria il profumo salato della salsedine; ancora vedeva le fiancate delle navi, curve e armoniose, tanto che gli pareva di poterle toccare, lisce, morbide, calde sotto le sue dita... CALDE!?
Con uno sforzo immenso sollevò le palpebre e vide il soffitto di legno di una stanza negli alberi. Non avrebbe saputo dire quale fosse. La luce del sole filtrava dalla porta procurandogli fastidiose fitte agli occhi, obbligandolo a richiuderli subito. Nella testa e nella bocca masticava melma, nello stomaco serpenti alcolici si attorcigliavano affamati; la vescica era piena da scoppiare e aveva una gran voglia di vomitare.
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