35a) ATTRARSI

Eppure, ancora non era convinta.

Informandosi dal padre venne a sapere della sua amnesia e della lunga malattia che l'aveva obbligato a letto lungo tutto l'inverno. Ma il padre non volle dire di più e la invitò a non essere troppo curiosa. Anzi, Ranuncolo si arrabbiò con lei e le intimò di non immischiarsi in cose che non la riguardavano.

Poteva essere molto pericoloso interessarsi al Maestro del Sole, le disse, e capì che si riferiva a sua madre e a quello che le era successo. Lei chinò la testa per rispetto verso il padre, però la ferì quel divieto. Si sarebbe aspettata qualche cosa di più, ma in fondo, cosa poteva sperare, loro erano soltanto dei Sednor, esseri inferiori, dei servitori.

Le mancava molto sua madre, Faggio Purpureo, anche se era fiera di come avesse saputo opporsi a Flot di Yasoda. Lei sì, aveva saputo tenergli testa e non aveva avuto timore del suo divieto, ma lei era una Yaonai e le donne della foresta erano forti. Non come la sua gente, che si accontentava di non essere allontanata dai villaggi dei Ratnor prima del tempo. Allora Mirta diventò triste, come sempre le capitava quando pensava a queste cose. Triste e scontrosa.

Non volle parlarne più. Se ne andò a zonzo per la foresta. La rabbia che provava verso il padre tenne a bada per un po' la sua curiosità verso quel giovane.

Ma per sua natura, un carattere volitivo e portato all'ottimismo la riportò presto al buon umore e non poté impedirsi di provare il desiderio di essere lei a servire quel giovane a tavola. Così, per sfizio, tanto per farlo. Voleva metterlo alla prova in qualcosa che sapeva essere particolarmente sensibile. Fece di tutto per avvicinarsi a lui da dietro, si appoggiò volutamente sulla sua schiena con tutto il peso del seno per più del tempo necessario per consegnare una foglia piatto. Quando lui si voltò e la riconobbe, vide la sorpresa nei suoi occhi, lo stupore, ma anche un cenno di complicità che la lasciò stupita. Ma sopratutto delusione, tanta delusione. Come era differente dagli altri ragazzi Sednor che conosceva da sempre. Sembrava dispiaciuto. O forse no, era solo smarrito, in mezzo a tanta gente sconosciuta, forse si sentiva solo. Non lo sapeva e questo non la lasciava tranquilla.

"Mio padre mi ha detto che arrivi da molto lontano" gli chiese all'improvviso e lui le fece un cenno con la testa. Non era una gran risposta, se ne rendeva conto, ma era troppo attratto dal suo odore. Non poteva fare a meno di annusarlo e di trattenerlo per quanto poteva.

"Hai lasciato qualcuno lassù, nelle tue terre?".

Preso alla sprovvista, Wal non seppe risponderle. Faceva ancora troppa fatica a mettere insieme i pezzi del suo passato e in effetti quella era una cosa a cui non aveva ancora pensato.

"Non lo so" le disse "Non ricordo quasi niente di quello che mi è successo prima di arrivare da voi".

"Lo so, mio padre me lo ha detto. Ma credevo che una persona speciale potesse esserti rimasta... impressa" Insistette lei "Non so... una famiglia... una donna, dei bambini... ".

A sentirla fare riferimento ai bambini, si bloccò.  Solo allora si rese conto che non ne aveva visti da nessuna parte in quei giorni. Nemmeno il giorno del suo matrimonio aveva sentito schiamazzi, urla, giochi e pianti. Nemmeno ora se ne sentivano, eppure sapeva che nel suo passato ce ne erano stati,  tanti, tutti insieme, ridenti e rumorosi, fastidiosi alle volte tanto da volerli scacciare. Ora,no.

"Dove sono i bambini?" le fece e lei parve non capire. In fondo quella era l'unica realtà che avesse mai conosciuto e le pareva impossibile che potesse esserci altro che questo.

"Non ce ne sono nel villaggio" rispose sorpresa "I Ratnor non li vogliono vicini perché li disturbano" gli disse e gli si avvicinò a un passo. Lo vedeva turbato e non capiva perché. Era distratto. L'aveva offeso? Lui sentì appena la sua risposta.

Una folata di vento gli portò l'odore della ragazza e lo investì in pieno. Lo circondò, lo avvolse completamente. Lui si immerse in quel profumo e lo inspirò con forza, chiudendo gli occhi.

Fu come se avesse ricevuto un colpo alla nuca: la nebbia improvvisamente svanì e tutto diventò chiaro.

Gli comparve un volto di donna sotto la pioggia, avvolta in un velo fradicio mentre gli porgeva un secchio. Si sentì mancare. Vacillò sotto la forza di quel ricordo così limpido e chiaro e seppe immediatamente chi fosse quella ragazza.

"Vandea!" urlò e quando aprì gli occhi si trovò di fronte la Sednor che lo fissava con gli occhi sgranati. Lei si sentì ferita da quel nome. Si allontanò da lui, confusa e delusa. Aveva sperato che non ci fosse nessuna donna nella sua vita ed era stata una speranza vana. Si sentì umiliata dalla sua stessa curiosità e si allontanò in fretta. In fondo cosa poteva aspettarsi? Lei, una Sednor. Ranuncolo aveva avuto ragione. Scappò.

Lui la rincorse. La fermò.

"Aspetta, dove vai" le chiese "Cosa vuol dire che i bambini non sono qui. Allora dove sono?".

Non sapeva nemmeno lui perché le avesse fatto quella domanda.

"Nel Semenzaio, lontano. Nella foresta" fu la risposta sbrigativa di lei e fece per andarsene ancora, ma lui la trattenne per un braccio. La vedeva in collera e non ne capiva il motivo. Temeva di averla offesa senza accorgersene.

"Perché sei in collera con me? Se ti ho fatto qualcosa, dimmelo, vuoi?".

Lei liberò il braccio con un scrollone.

"Tu sei il Padre di Tutti. Non dovrebbe importarti se offendi una Sednor, non lo sai?" gli disse con rabbia. Ma lui non lo sapeva. Lei proseguì, allontanandosi senza voltarsi. Lui la lasciò andare. Era esausto.

Per quel giorno ne aveva abbastanza di novità. Ne aveva già avute troppe. Aveva scoperto chi era il suo amico tra quella gente e teneva in mano un rotolo di foglie vecchio di trecento anni che era appartenuto al suo avo. Non sapeva ancora esattamente chi fosse e cosa avrebbe scoperto da quelle foglie, ma sopratutto non sapeva ancora cosa volesse tutta quella gente da lui. Era esasperante. Per ogni bivio che riusciva a superare, altri se ne aprivano più complicati ancora .

Gli passò la voglia di seguirla e lasciò che si allontanasse nella foresta, lasciandolo solo.

Iniziava a orientarsi in quella foresta e sapeva da quale parte si trovava il suo albero casa. Non aveva bisogno dell'aiuto della ragazza per arrivarci e non aveva voglia di trovarsi in mezzo a una discussione che non avrebbe saputo come portare avanti.

Inoltre aveva ritrovato Vandea e questo l'aveva riempito di emozioni che aveva dimenticato. Sentì tutto l'affetto e l'amore che aveva provato per quella donna e la profonda delusione che lo affranse quando lo rifiutò per sposare un altro. Si ricordò di Fredrik, l'amico che era stato scelto al suo posto da Vandea,  si ricordò di Thorball, il piccolo, tondeggiante Thorball con il quale lui e Fredrik avevano giocato quando erano giovani.

Loro tre insieme, sempre insieme fino a quando... fino a quando... questo ancora non se lo ricordava, ma già l'aver ritrovato quelle persone lo commosse a tal punto da sentirsi riempire gli occhi dalle lacrime. Rivide i luoghi della sua infanzia, il villaggio in cui corse spensierato assieme ai suoi due amici. La sua gente, le case lunghe, strette e affollate, le navi... il mare, il suo mare. Ondeggiante e limpido, scintillante sotto un sole basso, quasi da scomparire alla vista verso l'orizzonte.

Quanto gli mancava, il suo mare. Poi ricordò altro. Lui e suo padre su di una scogliera, soli e tristi. Alfons piangeva per aver scoperto il suo destino. Alfons. Anche quello giunse come una folgore. Al ricordo del nome del padre non seppe trattenersi e si abbandonò allo sconforto. Ricordò il dolore di quell'uomo quando gli disse che per i Vareghi lui era un Sanzara.

Gli ritornò alla mente anche la madre, la bella Lilith della foresta.

Ora che aveva conosciuto le Yaonai seppe immediatamente che era una di loro, che si era unita a suo padre e che un giorno nella foresta era tornata per non fare più ritorno da lui e da Alfons.

Camminò come un automa da un sentiero all'altro. Passò da un albero casa all'altro, senza sapere se incontrò qualcuno o meno. Un'immagine dopo l'altra il passato gli ritornò indietro, dandogli gioia e dolore. Erano le immagini più antiche, i ricordi più lontani, quelli che emergevano per primi.

Lo facevano con forza, riprendendo il loro posto nel cervello come se non si fossero mai allontanati veramente. Dopo i primi momenti riuscì a sentire le grida dell'infanzia che si mischiavano con i versi striduli dei gabbiani, i giochi sulla spiaggia con i suoi amici e i pomeriggi passati a giocare con Vandea.

Alla gioia per aver ritrovato delle persone care, si aggiunse anche la consapevolezza che alcune di loro non le avrebbe riviste mai più. Pensò ad Alfons, chiuso nel suo dolore fino a spegnersi del tutto. Pensò a Lilith e al vuoto che aveva lasciato nella loro vita quando se ne andò. Sopratutto a quanto tutto sembrò crollare, allora.

A un certo punto, senza pensarci, iniziò ad arrampicarsi sulla spirale di legno di uno di quegli alberi casa e dopo un poco si ritrovò davanti alla porta della sua stanza. Entrò e si diresse subito verso il letto a forma di bocciolo.

Vi si buttò sopra con tutti i vestiti. Non voleva più vedere nessuno per quel giorno. Voleva soltanto scomparire.


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