34)IL POPOLO DEL SOLE

< Quando le cose iniziano a cambiare, non c'è più modo di fermare il cambiamento. Bisogna seguirne gli sviluppi, adattarsi a essi oppure scomparire per sempre. L'unica alternativa era andarsene altrove, lontano dal pericolo, per quanto potesse essere difficile o pericoloso >  Questo pensò mia madre, Salice Splendente, Maestra della Luna e Guardiana" .

Dallo stupore che lesse sulle facce dei tre uomini che lo ascoltavano, capì di essere arrivato in un territorio inesplorato. Con un gesto della mano li tranquillizzò subito.

"Non la Guardiana che conosciamo tutti noi" specificò con un leggero sorriso "Bensì la Guardiana di Gioturna. C'è un luogo dove nessuna Yaonai andrà mai volentieri ed è sottoterra. Il buio, gli odori, il chiuso: per loro è impossibile resistere a lungo là sotto. Nessuna Yaonai l'ha mai fatto e mai lo farà. Non lo sopporterebbero. Sono terrorizzate dal buio. Possono stare nel buio della foresta o sotto la luce della Luna,  ma non sotto terra.

Nella notte dei tempi, invece, la Grande Madre e la Maestra della Luna decisero che Gioturna venisse nascosta proprio sotto terra, in un luogo segreto. Un luogo conosciuto soltanto da loro, inaccessibile ai Ka-ranta. Dovevano essere sicure che Karahì non scoprisse il suo nascondiglio. Un luogo caldo, isolato, impossibile da raggiungere per un mostro di ghiaccio. Le viscere di un vulcano parve loro il luogo giusto.

Cercarono un passaggio che portasse in fondo al vulcano e studiarono uno stratagemma che permettesse loro di raggiungere la prigione, senza che altri lo sapessero. Insieme condussero l'Immonda lungo i corridoi della sua cella e lì la seppellirono, convinte fosse abbastanza. Ma benché sotto il potere della Grande Madre, nei millenni Gioturna trovò il modo di allungare i suoi tentacoli sotto la superficie della foresta.

Poco alla volta invase tutta la terra delle Yaonai preparandosi alla vendetta. Non poteva fare di più finché era sotto la Maledizione di Karahì, però poteva espandersi e lo fece a dismisura. Arrivò dovunque, si insediò ovunque nelle terre delle Yaonai e attese. Attese. Attese ancora. Il tempo non era un problema per lei. Sapeva che prima o poi sarebbe arrivata l'occasione giusta e voleva essere pronta per quel momento".

Wal comprese e guardando Radice capì che anche lui aveva intuito quale fosse il luogo dove le antiche Yaonai avessero celato Gioturna. Solo Ranuncolo sembrava smarrito. Fu tentato di dirglielo, ma fu preceduto da Flot. Anche lui si era reso conto della difficoltà del Sednor. Riprese parlandogli direttamente.

"Quel vulcano divenne il punto centrale del loro mondo. Un luogo sacro da sempre, una delle Sei Porte delle Leggende dei Sei Regni. Per millenni, benché impaurite, a ogni cambio di Luna le Guardiane si inoltrarono silenziose lungo il passaggio segreto e riferirono alla Grande Madre di Gioturna. Salice Splendente svolse segretamente il suo compito di Guardiana per secoli e fu durante una di queste visite alla prigioniera che vide le prime avvisaglie della fine.

Proprio sotto Gioturna. All'inizio si trattò soltanto di una polla di lava incandescente, troppo piccola per essere un pericolo. Questa però crebbe, lenta e inesorabile. Il livello della lava salì e iniziò a frantumare la roccia che la conteneva. Come un cancro sgretolò la terra. Più saliva, maggiore era la forza che premeva contro le pareti che la contenevano. Erodendole la terra da sotto, Gioturna iniziò a restare scoperta. Il pericolo diventò reale.

Eppure nonostante le insistenze di mia madre la Grande Madre ancora non fece nulla. Passarono secoli inutilmente. Poi l'incendio e la sua morte improvvisa. Salice Splendente venne eletta Grande Madre e riunì in sé tutte le cariche. Divenne potentissima. Fu la prima Grande Madre a essere anche segretamente la Guardiana di Gioturna".  Sospirò a fondo.

"Ma mia madre" riprese "fu anche l'ultima Guardiana e l'ultima Grande Madre libera, perché qualcosa venne a sconvolgere completamente il loro mondo".

All'inizio con sgomento, poi, senza dire nulla, Ranuncolo annuì. La sua gente sapeva di un luogo segreto sotto il vulcano. Alcuni di essi nei secoli vi erano anche entrati, ma lui no, mai. Sentì il peso di quella scoperta così importante e si sentì improvvisamente molto vecchio. Era troppo. Aveva bisogno di un aiuto per sopportare tutto questo. A sua volta prese a mormorare parole incomprensibili e Wal capì che stava pregando.

Anche lui avrebbe voluto farlo, ma non ricordava quali dei onorava nella vita in cui era Aldaberon. Al loro posto vi era un vuoto che non sapeva riempire. Era stanco di non poter ricorrere ai ricordi della sua infanzia. Sapeva che potevano nascondere segreti dolorosi, ma cominciava a desiderare di correre questo rischio. Ricordare soltanto a tratti non gli bastava più, aveva bisogno di risalire oltre alle ultime settimane di vita. E poi, un ricordo. Repentino come un fulmine. Fu preso dal panico.

L'Antico l'aveva messo sull'avviso. Erano lì per lui. Ka-Ranta inviati da Karahì per prenderlo! Lei lo voleva portare via! Ne ebbe improvvisamente paura, dovette dirlo, subito!

"Lei mi vuole!" urlò terrorizzato, spaventando gli altri attorno a sé. Ranuncolo lo fissò come se fosse improvvisamente impazzito, Radice e Flot invece si scambiarono uno sguardo stupito e poi annuirono. Avevano pensato la stessa cosa contemporaneamente.

"È vero, ma al momento non può fare nulla" gli disse Flot, cercando di calmarlo "Fino al prossimo inverno sarai al sicuro, stai tranquillo".

Nonostante le rassicurazioni dell'amico, lui tranquillo non era. Solo pochi giorni prima due mostri orrendi avevano cercato di catturarlo e lo ricordò a Flot. Lui stesso se ne era stupito, poco prima.

"Karahì ti ha individuato nel Mondo degli Antichi Padri e ha tentato il tutto per tutto" fu la sua risposta "Come Padre di Tutti dovevi andarci, ma è stato più pericoloso del previsto. Solo l'intervento dei Sanzara ti ha salvato".

<E dei miei avi>  pensò lui, ma preferì tenerlo per sé. Invece disse, angosciato:

" Perché?!"

 "Per colpa del Popolo del Sole" fu la risposta di Flot. Abbassò la testa.

Poi con un filo di voce: "E mia" aggiunse.

La risposta non bastò a Wal che continuò ad incalzarlo:

"Perché?" gli domandò ancora, con una nota di rabbia nella voce.

"Perché gli servi per liberare Gioturna!" fu la risposta secca di Flot.

" Io? Come posso esserle utile io, se fino a ora non sapevo nulla di tutto questo!".

"Non Aldaberon dei Vareghi, ma Walpurgis dei Mandi, il Padre di Tutti. Non vuole te, ma quello che rappresenti per noi. Gli servi per ricattare la Grande Madre. Con te in suo potere, potrebbe chiedere alla Grande Madre di liberare Gioturna dalla sua stessa maledizione. Sono secoli che ci prova".

Finalmente Wal cominciava a capire. A quella gente, a tutta quella gente, non importava nulla di chi lui fosse realmente. Ai Ratnor serviva un Padre di Tutti e non importava chi esso fosse: doveva esserci e tanto bastava. Invece alla regina dei Ghiacci serviva il Padre di Tutti per cosa rappresentava per i Ratnor. Iniziava a sentirsi un oggetto con cui trastullarsi in un gioco in cui lui era solo il giocattolo. Un'idea gli frullò improvvisa nella mente. Forse non era nemmeno sua, forse gli giunse da Aldaberon l'Antico che per un momento ebbe il sopravvento sull'Infame. Sapeva che stavano lottando duramente. Li sentiva agitarsi dentro la mente confondendolo e quelle parole gli salirono alla bocca come un fiotto di lava.

"Chi era Walpurgis dei Mandi?" chiese a Flot. Il Ratnor preso alla sprovvista contrasse le labbra, come se fosse stato toccato un argomento al quale non era ancora preparato a rispondere. Per un momento parve smarrito e guardò Radice che non seppe cosa dirgli. In realtà nessuno avrebbe potuto dirgli cosa fare, perché lui era il solo a essere a conoscenza di quello che avrebbe dovuto dire. Questo era un segreto: un suo segreto. Capì subito da dove arrivavano quelle parole. Non da Wal, lui non sapeva guardarlo in quel modo. Solo suo padre sapeva farlo. Era lui che voleva che dicesse finalmente la verità a tutti. Quella verità che aveva seppellito per secoli. L' inizio di tutto, dell'orgoglio e dell'infamia.

Per quel segreto aveva ucciso suo padre e condannato sua madre all'oblio. Per quel segreto aveva nascosto il Libro delle Foglie e aveva proibito a tutti di imparare a leggere e a scrivere. Per quel segreto aveva ucciso, massacrato e allontanato persone innocenti dai loro villaggi. Aveva compiuto atti vergognosi di cui ora si vergognava e tutto quanto per la sua gente, che aveva finito per tradirlo e lo stava allontanando.

Guardò i tre uomini che aveva davanti e vide quanto odio e risentimento aveva seminato in vita sua. Eppure, la sua gente ora lo detestava e mai l'avrebbe accettato debole e ferito. Lo sapeva bene, li aveva fatti diventare lui così.

Solo Radice e Ranuncolo erano venuti ad aiutarlo e Wal, nonostante fosse un sacrificio per il suo Dio, anche lui aveva curato il suo carnefice per riconoscenza ed affetto. Flot si vergognò dell'abbietta malvagità che l'aveva guidato in quei secoli e non resse più i loro sguardi. Attendevano una risposta e lui non sapeva se voleva dargliela. Nonostante tutto era un Ratnor, e i Ratnor erano come li aveva voluti lui. Perfetti e unici. Rinnegarli avrebbe voluto dire rinnegare sé stesso e tutto quello in cui aveva fermamente creduto da quando aveva l'età di Radice, trecento anni prima.

Da quando si mise a capo della rivolta dei giovani contro gli anziani e contro tutti coloro che non erano Perfetti. Non sapeva se avrebbe trovato la forza di dire tutto questo a quella gente. Rimorso, vergogna, ecco quello che provava. Ma anche paura. Paura che anche loro avrebbero smesso di curarlo lasciandolo in balìa di quelli che, là fuori, non aspettavano che di saperlo debole per dichiararlo indegno di essere ancora un Ratnor.

Lui, che i Ratnor li aveva creati, lo volevano divorare insaziabili. Si sentì crollare tutto addosso. Eppure non ce l'avrebbe fatta a dire tutto. Provava vergogna a far sapere a suo figlio chi era veramente suo padre. Sapeva chi era il giovane che gli aveva domandato di Walpurgis ed ebbe ancora vergogna di sé. Provava vergogna per quegli sguardi carichi di commiserazione. Suo padre si nascondeva dentro quel giovane e lo fissava implacabile. Un meschino, ecco chi era. Ebbe paura di se stesso e di quello che aveva fatto.

Delle conseguenze che avrebbero potuto venire dopo. Non resistette oltre.





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