32) CADUTA

Sbalordito Wal si alzò andando a posare i pezzi di stoffa. Avrebbe voluto chiedere come era possibile, ma vide che l'altro gli faceva dei cenni come per dire che anche la sua comprensione sui poteri delle Yaonai, su quelle strane donne mezze umane e mezze piante, aveva dei limiti.

In fondo, pensò tra sé Flot, aveva sempre pensato più a sfruttarle che a comprenderle e si sentì ancora più meschino. Quanti torti aveva commesso nella sua vita, quante cose avrebbe dovuto pensare di rimediare.

Wal si mise all'opera su quello che rimaneva da pulire. Gli ci volle un bel po' per fare in modo che tutto tornasse normale, intanto controllò in ogni punto della camera alla ricerca del pugnale che aveva donato a Flot, ma non ne trovò traccia. Non c'era nessuna arma in quel locale e i posti dove riporla non erano molti. L'arredamento era scarno e oltre al letto vi erano solo poche cose, qualche mensola per riporre degli oggetti, una brocca con dell'acqua, un catino, qualche asciugamano, alcuni contenitori vuoti e altri pieni. Niente altro. Tutto era scarno ed essenziale.

Gli ricordava quella in cui aveva trascorso tutto un lungo inverno e rabbrividì al pensiero dei tremendi momenti che vi aveva passato. In confronto quella che occupava ora come Gopanda Leta era molto più lussuosa. Di quando in quando lanciava un'occhiata a Flot e dopo un poco lo vide distendersi sul letto massaggiandosi lentamente il braccio dolorante. Era pensieroso, sereno gli pareva, ma guardava fisso davanti a sé come se cercasse la soluzione a un problema e non l'avesse ancora trovata.

Doveva provare molto dolore, perché ogni tanto lo vedeva contrarsi stringendo più forte l'arto ferito. In quei momenti si sentiva inutile e avrebbe voluto aiutarlo, ma non sapeva come. Non aveva nulla con sé, a parte un poco di acqua e qualche benda. Quando poi la fitta diminuiva, avrebbe voluto domandargli qualcosa, eppure il timore di distrarlo lo fermava ogni volta che stava per aprire bocca. Si augurò che Radice arrivasse presto con delle medicine efficaci, unguenti, qualcosa per placargli un poco il dolore. Era opprimente vederlo in quelle condizioni senza potergli dare un minimo di conforto.

Aveva appena terminato di riporre gli ultimi stracci sporchi di sangue, che sentì un passo leggero avvicinarsi lungo la passerella. Sperò ardentemente che fosse Radice, ma nel dubbio che non lo fosse preferì andare incontro all'eventuale intruso. Anche Flot l'aveva sentito e si era messo a sedere sul letto. Gli fece cenno di andare a vedere, sul volto l'espressione preoccupata di chi teme un disastro da un momento all'altro. In fondo era stato categorico con loro due: nessun Ratnor doveva sapere del suo stato.

Forse lui in qualità di Gopanda-Leta avrebbe avuto l'autorità di impedirgli di vederlo. Solo nel momento che formulò quel pensiero si accorse che non aveva nessuna certezza di poterlo fare veramente, però non aveva scelta. Doveva tentare.

Corse all'esterno proprio nel momento in cui Radice fece la sua comparsa sulla porta. Mancò poco che si scontrassero. Wal si rilassò e sospirò di sollievo. Sulla spalla Radice portava una sacca anonima che immaginava contenere il necessario per Flot. Sollevato si fece da parte per lasciarlo entrare. Anche il ferito si rilassò. Vedendo che era lui, si distese:

"Hai trovato?" gli domandò ansioso mentre il ragazzo si avvicinava lasciando cadere la sacca sul letto. Al contatto il suo contenuto produsse un suono sordo, di indumenti.

"No, questi sono i vestiti per Wal" gli rispose dispiaciuto Radice " Però ascoltami bene prima di parlare. C'è una persona... ".

"No!" Flot non lo lasciò proseguire, sul suo volto il disastro che aveva temuto già si profilava davanti ai suoi occhi.

Senza lasciarsi intimorire Radice continuò come se non fosse stato interrotto.

"... che si è offerto di aiutarti. È un guaritore della mia gente, un Sednor. È molto bravo e probabilmente è l'unico che può salvare il tuo braccio".

Davanti a queste argomentazioni Flot parve calmarsi. Lentamente scese le gambe dal letto, mettendosi a sedere. Stava prendendo tempo per pensare.

"Come ha saputo della cosa?" chiese "Gliel'hai detta tu?".

Radice scosse la testa.

"Lo sapeva già. Mi ha fermato qua sotto quando sono sceso. Ha visto la macchia di sangue sui pantaloni e ha capito. Non ha fatto il tuo nome, però ha subito offerto il suo aiuto".

"Perché? Cosa pensa di guadagnarci?" fece Flot stizzito. Radice parve risentirsi della cosa. Porse a Wal la sacca dei vestiti perché potesse cambiarsi.

"Togliti anche quei calzoni sporchi di sangue, non vorrai farti vedere in quello stato, no?" gli disse, parlando con la sua abituale calma. Lui la prese e iniziò a togliersi i pantaloni. Non aveva mai visto Radice così offeso. Si vedeva che stava tentando di dominarsi, anche se gli costava molta fatica. Quando si rivolse ancora a Flot, fu determinato quanto tagliente.

"Se non vuoi il nostro aiuto, come desideri, è una tua scelta. Ma noi Sednor siamo diversi da voi. Lui è qui fuori e ha con sé delle cose per te. Se preferisci gli dirò di andarsene. Non temere, manterrà il segreto, ma sappi che io non so se sarò in grado di guarirti senza il suo sapere".

Semplice e diretto, il discorso di Radice parve toccare Flot che non ribatté. La scelta era sua adesso, vivere o morire, accettare l'aiuto di un Sednor o farsi cacciare dai suoi. Da quando la Guardiana l'aveva ferito, il braccio non aveva fatto che peggiorare di giorno in giorno. La fasciatura di Wal aveva fermato l'emorragia e il muschio usato nella foresta aveva avuto effetto sul dolore, ma poi lui non aveva fatto più nulla, trascurando di curarsi. Dava per scontato che non fosse niente di grave, che sarebbe guarito ugualmente.

Passato lo spavento iniziale, tornò quello di sempre, tronfio e sicuro di sé. Ma già il giorno seguente il braccio iniziò ad arrossarsi e a gonfiare in modo vistoso. Era fastidioso più che doloroso e lasciò correre. Gli pareva impossibile che lui, un Ratnor, potesse ammalarsi. La sua gente non conosceva le malattie come tutti gli altri, non loro, mai. Non era mai successo, non doveva succedere. Non a lui comunque.

Una paura irrazionale si impossessò di lui quando si accorse che invece di migliorare, la ferita peggiorò ancora dandogli dei dolori pungenti giorno e notte. Il braccio gonfiò ancora e la fasciatura risultò troppo stretta, ma lui fece ancora finta di niente accettando i dolori lancinanti che gli infliggeva piuttosto di scoprirsi davanti alla sua gente. Ma alla fine non poté più fingere. Il sangue rappreso sulla fasciatura indurì diventando come una scorza d'albero e lui si vide per quello che stava diventando: un mostro,  umano quanto un vegetale.

Poteva ancora pensare e questo gli permetteva di dominare il terrore davanti agli altri, ma dentro di sé aveva una paura folle e non sapeva cosa fare. Una settimana durò quel tormento, fino a quel mattino in cui si vide piombare come una furia in camera Marsal. Subito temette l'avesse scoperto. I suoi Puri avevano spie ovunque. Temette fosse giunta la sua fine, invece la donna iniziò ad accusare Wal di essere indegno per il posto che occupava, l'aveva offesa mancandole di rispetto e meritava di essere cacciato via subito.

"Flot di Yasoda, devi agire subito" gli intimò alla fine con uno sguardo di sfida.

Flot l'ascoltò paziente, in silenzio, inizialmente intimorito che la donna potesse scoprire il dolore che lo tormentava. In fondo Marsal era la più pericolosa di tutti i suoi nemici; a lei più che ad altri doveva nascondere la sua condizione. Ma alla fine, invece di darle ragione come avrebbe fatto in passato, lui, forse piccato dall'arroganza della donna che già si vedeva a capo del villaggio, o forse a corto di pazienza per le fitte lancinanti che gli dava la ferita, la bloccò dicendole di aspettare il suo tempo prima di dare ordini che non le competevano ancora.

Lei si indignò e malvolentieri accettò la superiorità dell'altro. Se ne andò sconfitta. Di sicuro meditando vendetta, ne era certo. Ma Flot sapeva che se voleva rimediare ai suoi errori doveva stare bene e nelle condizioni in cui si trovava avrebbe retto ancora per poco. Un minimo cedimento da parte sua e Marsal avrebbe aizzato la sua fazione contro di lui. Se già prima la donna lo detestava perché era soltanto un vecchio inutile, ora, dopo la sua chiara presa di posizione contro di lei, lo odiava con tutte le sue forze.

Tra la sua gente nessuno avrebbe preso le sue difese se avesse ammesso di essersi ferito e quindi non gli rimanevano molte altre possibilità. Detestava non avere scelta ed essere obbligato a fare quello che non voleva, però dovette ingoiare amaro e accettare l'offerta di Radice.

Annuendo piano:"Fallo entrare" disse e vide il volto del giovane illuminarsi. Anche Wal dietro di lui parve contento della sua scelta.

Solo Flot ancora dubitava e quando vide chi entrava nella stanza, si rese conto di essere perduto. Quando lo riconobbe capì di essere in mano dei suoi nemici e non avrebbe più potuto fare nulla per cambiare le cose.

Dallo scoraggiamento lasciò cadere il capo sul petto e chiuse gli occhi.

Ma se lui si sentì sconfitto, il più stupito nella stanza di sicuro fu Wal.

Aveva sentito quello che aveva detto Radice e desiderava ardentemente che Flot accettasse un aiuto da chiunque potesse darglielo, ma mai avrebbe pensato che avrebbe potuto arrivare da colui che arrivò.




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