31a) RESA
Sulla soglia della stanza del Maestro del Sole si stagliò una figura. Era Radice.
Era contento di trovare insieme i suoi due amici e passare un po' di tempo con loro dopo giorni in cui erano stati separati, ma quando vide tutto quel liquido sparso sul pavimento, Flot ferito e Wal imbrattato di melma verdastra, la sua felicità si trasformò prima in stupore, poi in orrore. Con un balzo si avvicinò a Flot e gli si inginocchiò al fianco, vicino al braccio tumefatto incurante della sozzura sparsa ovunque.
Fece per toccargli l'orribile piaga, ma Flot ebbe ribrezzo di se stesso e si allontanò di scatto coprendosi la ferita. Si sentiva sporco, indegno, bisognoso di aiuto. Debole. Era una vergogna per lui farsi vedere da Radice in quelle condizioni. Si sarebbe vergognato davanti a chiunque, ma davanti a suo figlio era insopportabile. Facendo forza sul braccio sano fece per alzarsi, Radice lo trattenne. Nel farlo il ragazzo si sporcò la mano di gelatina, eppure non fece cenno a sentirsene preoccupato. Non provava disgusto come avrebbe fatto Flot davanti a una cosa del genere. Non trovava ripugnante vederlo ferito e debole.
Era preoccupato per lui e non si vergognava affatto di farlo vedere. Con immenso stupore Flot smise di agitarsi e tornò a sedersi. Cosa aveva fatto per meritarsi due amici del genere, si chiese, e si vergognò ancora di più di quello che lui era stato. Abbassò lo sguardo e non si mosse quando sentì le dita gentili di Radice sfiorargli la pelle infiammata. Il dolore che provò fu quasi un sollievo per il nuovo Flot che stava crescendo dentro di sé.
Sentì che Radice chiedeva a Wal:
"Cosa è successo? Cosa è tutta questa roba sul pavimento?".
Incapace di sostenere lo sguardo di entrambi, Flot fece solo un cenno con la testa e Wal intuì che gli stesse dando il permesso di parlare in sua vece.
Disse quel poco che sapeva al suo giovane amico, poi gli venne in mente che lui, come Sednor aveva accesso a dei medicamenti. La sua gente si curava.
"La tua gente cosa usa per questo genere di ferite?" gli domandò, ma prima ancora che Radice potesse rispondergli, la risposta gli salì alla bocca.
"Muschio azzurro per l'infiammazione e infuso di corteccia di salice per la febbre e il dolore" disse senza incertezza. Mentalmente ringraziò l'Antico.
Senza mostrare particolare stupore, Radice annuì confermando. Prese dalla ciotola un po' di muschio sporco di sangue rappreso che Wal aveva usato per la prima medicazione e lo guardò pensieroso. Lo studiò con calma, lo sbriciolò e lo annusò prima di posarlo pulendosi le mani.
"È quello che usiamo noi Sednor" disse poi "Ma non sembra aver fatto molto effetto su di un Ratnor. Loro non sono come noi, il loro sangue non è come il nostro. Non sanno cosa siano le malattie e non hanno bisogno di curarsi. Non so se il muschio azzurro potrebbe bastare. Ci vuole qualcosa di più potente o semplicemente diverso. Ora non saprei dirti".
Trovando il coraggio di parlare, Flot con la voce rotta dall'emozione gli chiese:
"Pensi di poter trovare una cura?". Facendo molta fatica per la vergogna che provava alzò appena lo sguardo. Quel tanto che bastava per vedere il volto di Radice muoversi in un cenno di assenso, poi tornò a fissare il pavimento.
"Mi affido a voi" aggiunse ancora e fece fatica a credere di aver detto quelle parole. Mai avrebbe creduto che infine sarebbe giunto un giorno come quello; piuttosto che mostrarsi debole avrebbe preferito scomparire sottoterra, invece ora si sentiva sollevato. Appieno comprese la grettezza della sua gente e la ferocia che li aveva guidati in quei secoli. Disprezzò se stesso e tutti quelli come lui.
Aveva accettato di curare Wal per dovere e interesse, ora invece veniva curato da lui e da Radice per devozione e questo lo disarmava. Non si meritava tanto. Forse troppo tardi comprese che anche una vita come quella dei Sednor meritava essere vissuta. Meglio e forse più della sua.
Li aveva sempre disprezzati per la loro debolezza e per i loro difetti, invece ora iniziava a invidiarli. Si sentì gretto, meschino, indegno di tanta devozione. Si sentì sommergere dalle emozioni e lasciò sgorgare quelle lacrime che poco prima aveva represse come ultima difesa per il suo orgoglio ferito. Si mise a singhiozzare e non si vergognò di farlo davanti ai suoi due amici. Ormai non poteva più nascondere nulla, doveva dire tutto, a tutti e due. Glielo doveva per se stesso e per quello che quei due giovani rappresentavano: la salvezza e il futuro.
Lui ormai era il passato.
Lui e la sua gente avevano fatto uno sbaglio enorme a fidarsi del Popolo del Sole e ora doveva rimediare in qualche modo. I Perfetti erano una aberrazione della natura, lui stesso lo era e dovevano perdersi nel passato.
Quando ebbe la forza di ricomporsi drizzò la schiena, si asciugò le lacrime e guardò i due ragazzi davanti a sé.
Senza nemmeno fare troppa fatica disse:"Grazie, fate quello che potete", sorrise quando si rese conto di aver usato quella forma di cortesia che usavano i Sednor. L'aveva sempre disprezzata perché proveniva da una cultura che considerava inferiore, ora per la seconda volta in una settimana, la pronunciava. Iniziava a sentirne il significato profondo che nascondeva in sé, il potere possente che formularla creava tra chi donava e chi riceveva un dono. Un calore nuovo gli riempì il cuore e si diffuse per tutto il corpo, dandogli nuove speranze.
Come se non avessero atteso altro che quel segnale, i due giovani si misero all'opera.
Pensarono, valutarono, congetturarono soluzioni su soluzioni, scartando quelle irrealizzabili e quelle impossibili; si consultarono su rimedi e possibilità di riuscita, poi giunsero a queste conclusioni:
Wal sarebbe rimasto insieme a Flot e avrebbe ripulito la stanza da tutto quella sozzura, mentre Radice sarebbe andato e prendere qualcosa da usare sulla ferita del suo braccio. Nonostante Flot fosse restio a permetterglielo, Radice avrebbe domandato consiglio ai migliori guaritori dei Sednor su quale rimedio sarebbe stato più efficace in un caso simile. Solo loro potevano avere le conoscenze necessarie per aiutarlo, ma non gli dovevano nulla. In più, meglio di chiunque altro sapeva quanto poteva essere pericoloso per lui se la cosa fosse trapelata al di fuori di loro tre.
Sapeva molto bene come si comportavano quelli come lui con i deboli. Era certo che non avrebbero avuto pietà. Provò un brivido quando gli tornò in mente il volto contratto dalla rabbia di Marsal quando lui le disse che non avrebbe fatto nulla per l'offesa che aveva ricevuto. L'aveva vista andarsene sconfitta, ma sapeva che se avesse potuto vendicarsi non si sarebbe lasciata scappare l'occasione.
Era giovane, ambiziosa, detestava aspettare. Era una donna potente, capo dei giovani Ratnor che lo volevano destituire perché troppo vecchio per rappresentarli ancora. Se avesse compreso che il Maestro del Sole era ferito e debole, non avrebbe esitato un solo momento a farlo allontanare immediatamente dal villaggio. Soltanto la rassicurazione di Radice di essere cauto nel non lasciar trapelare nulla lo convinse a lasciarlo fare come voleva. D'altronde non poteva fare altro. Doveva fidarsi di loro e lasciarli fare.
Sistemati gli ultimi dettagli i due si misero all'opera.
Radice controllò i suoi vestiti prima di uscire. Non voleva che una macchia di sangue potesse tradirlo. Era abbastanza pulito. A parte un piccolo alone su una gamba dei calzoni, altri non ne vedeva. Salutò rapidamente e uscì.
Wal sospirò. Era venuto per parlare di tutto quello che gli era successo nei giorni precedenti e invece si trovava a fare il guaritore. Ma si rese conto che questo doveva avere la precedenza e decise che il resto poteva attendere.
Senza aspettare oltre andò alla ricerca di pezzi di tessuto adatti per ripulire il pavimento dal sangue e li distese sulla macchia. Il legno ne era completamente impregnato. Temeva che sarebbe stato difficile riuscirci, ma non voleva darsi per vinto prima ancora di provarci. Aiutò Flot ad alzarsi, lo accompagnò al suo giaciglio e l'aiutò a sedersi. Vide che anche lui si era macchiato i calzoni e l'aiutò a cambiarsi.
Purtroppo non c'erano indumenti puliti anche per lui, ma a questo avrebbe provveduto Radice, portandoglieli quando avesse trovato le medicine adatte per Flot. Era stanco di quei vestiti resi appiccicaticci dalla gelatina, eppure non aveva scelta. Doveva aspettare, però almeno la camicia poteva togliersela. Si sfilò la tunica e rimase a torso nudo. Non era così sporco come aveva temuto. Sopratutto la pelle delle braccia e qualche schizzo qua e la sul petto.
Quando vide che anche la treccia di capelli di Flot che portava al braccio si era sporcata di sangue se ne dispiacque. Una grossa macchia verde risaltava in mezzo al giallo dei capelli. La sfregò un poco con le dita, ma non sbiadì. Anche Flot se ne avvide, ma non sembrò dispiaciuto quanto lui. Anzi, quando se ne rese conto sorrise:
"Mio caro amico" disse a Wal "Non toglierti quei capelli per nessun motivo, d'accordo?"
Nello stesso momento portò la mano sull'anello che portava legato al suo braccio.
"Io farò lo stesso con questo. Vedrai, ci verrà utile in futuro".
Pur non comprendendo Wal annuì e sorrise all'amico.
Tornò al suo problema. Il pavimento.
Andò verso gli stracci che aveva steso in terra perché assorbissero il liquido, invece li ritrovò completamente asciutti. Uno a uno li sollevò e li raccolse, ma della macchia e del liquido che aveva versato non c'era più traccia. Il pavimento dell'albero l'aveva completamente assorbito. Voltandosi a guardare Flot, vide che questi sorrideva della sua sorpresa.
"È stata la Grande Madre, ci scommetto" gli disse
A questa notizia, Wal sorrise:"Allora è dalla nostra parte, ci sta aiutando".
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