30a) RIMORSI
Quanti ragazzi come quello che ora lo stava curando con tanta dedizione aveva visto passare davanti a sé nel sacrificio della Merla.
Quante volte si era detto che era giusto quello che stava facendo per la grandezza del suo popolo. Quante volte aveva spietatamente frustrato speranze e illusioni, senza badare a suppliche e promesse delle sue vittime. Quante volte aveva manovrato la Scelta perché dal Consiglio venisse indicata questa o quella Yaonai, in modo che le avversarie più scomode prendessero il posto di Grande Madre.
Quante Yaonai era riuscito a far sparire per il bene della sua gente, sempre con la convinzione assoluta di piegare gli eventi per un fine più alto e più nobile che non fosse solamente la sua sete di potere personale. Eppure tutto questo volgeva al termine. La sua gente non lo voleva più come tramite per il loro Dio. Il suo popolo l'aveva abbandonato. Era vecchio. Aveva fatto il suo tempo, anche se il suo lavoro lo sapeva fare bene. Ben poche furono le Yaonai che seppero tenergli testa, era bravo nel saper trovare in ognuna di esse il punto debole su cui agire, fare leva fino a scardinare le loro certezze.
In trecento anni solamente quattro Yaonai erano riuscite a superarlo in astuzia e ancora ora questo gli bruciava come un marchio indelebile sulla pelle. Solamente quattro.
La prima... come si chiamava... ah, la memoria... Frassinella... di cui ancora ragazzo si invaghì. Allora non era ancora Figlio del Sole. Era solo un ragazzo innamorato. Sorrise a quel ricordo ritrovato dopo così tanto tempo. Frassinella, già. La bella, dolce Frassinella, il suo primo amore. Lo rifiutò e per vendetta lui le bruciò l'albero. Frassinella che fuggì via, verso Est, per mai più tornare.
Poi... La seconda? Pino Argentato, ecco sì, si chiamava così, era lei. Pino Argentato, che rifiutò l'onore di diventare Grande Madre. Quanto tempo da allora... tre, no, quattro vite degli Esclusi erano passate. Forse di più. Centoquaranta, centocinquanta anni... Non ricordava bene nemmeno quello... come passano veloci gli anni dei mortali, tutti uguali tra loro. Come era, ah sì, Pino Argentato che fuggì una notte e andò a Nord per non fare più ritorno.
Poi la terza. L'altra... Più di venti anni erano passati da quando Salice nel Vento, sua sorella, discendente diretta di sua madre Salice Splendente e di suo padre Aldaberon, sorella di Foresta di sua moglie Salice che Ride, era scappata pure lei a Nord con un Varego, sfuggendogli tra le dita appena in tempo e scomparendo nel nulla da allora. Piuttosto che unirsi in matrimonio con lui aveva preferito fuggire lontano, perché sapeva che la sua vendetta l'avrebbe condotta a diventare la prossima Grande Madre. Lui voleva un figlio di sangue purissimo e lei rifiutò di darglielo scappando via, preferendo perdere tutto piuttosto che restare ancora.
Infine la quarta...
Se Salice nel Vento toccò il suo amor proprio riuscendo ad andarsene lontana come le altre, fu la quarta, la splendida Faggio Purpureo, che riuscì a colpirlo così profondamente da portarlo a dubitare di qualunque cosa in cui avesse creduto fino ad allora. Lei non fuggì, no. Magari l'avesse fatto! Non fuggì la maledetta, che la sua linfa non possa mai più tornare dalle radici della Guardiana! Lei, la Yaonai che nello stesso anno in cui Salice nel Vento fuggì, aveva osato sfidarlo sposando un Sednor nonostante il divieto assoluto di farlo. Quel Ranuncolo, quell'essere insignificante! Il suo divieto, pubblicamente sfidato e divelto!
Gli tenne testa, sfidò il suo potere e lo fece ugualmente, sposò quell'Imperfetto sapendo che lui, il Maestro del Sole, gliela avrebbe fatta pagare. Prima o poi la sua vendetta sarebbe arrivata: arrivava sempre, lo sapevano tutti. E alla fine era arrivata, come sempre. Nel Sacrificio dell'anno appena concluso. Lei e quell'Imperfetto di Ranuncolo avevano avuto venti anni per essere felici, il tempo necessario perché lui trovasse il modo di separarli per sempre. In tutto quel tempo sperò in un suo pentimento, che gli chiedesse di perdonarla, forse l'avrebbe risparmiata se gli avesse chiesto di perdonarla. Invece no. La sfrontata non si pentì del suo gesto nemmeno quando seppe che lui era riuscito a manovrare la Scelta facendola divenire Grande Madre per la grandezza del suo popolo.
Non solo non accennò mai a un pentimento, ma anzi gli promise vendetta. Lui ne rise al momento, la sottovalutò, nemmeno stette ad ascoltarla e con la presunzione del potere assoluto che deteneva, sbagliò.
Faggio Purpureo non era come le altre Yaonai, era forte, astuta, rispettata dalla sua gente. Riuscì con un'abilità incredibile a salvare Ranuncolo mettendolo al servizio del Gopanda- Leta e a far ricadere il peso della Scelta su chi voleva lei: su Salice che Ride, sua moglie, sorella di Foresta di sua sorella Salice nel Vento. All'inizio non volle crederci, ancora ne rise, non era vero, non potevano fare questo a lui, al Figlio del Sole. Non potevano veramente pensare di togliergli l'unica cosa al mondo che amasse oltre a se stesso.
Inizialmente lui sposò Salice che Ride per ripiego. Voleva a tutti i costi un figlio che desiderava, lo ebbe, ma poi finì per amarla. L'unico essere vivente che lui amasse profondamente, gli venne tolto con la forza delle Leggi che egli stesso aveva applicato implacabilmente per secoli interi.
Quella fu la vendetta di Faggio Purpureo. Nulla valsero la sua posizione, il suo prestigio come Maestro del Sole per salvare Salice che Ride da quella condanna tremenda. Le leggi che lui stesso aveva applicato con estremo rigore, gli si ritorcevano contro. Faggio Purpureo fu abile. Contattò Marsal, la convinse che il momento tanto atteso era giunto, che lei e i suoi Puri potevano scalzarlo una volta per tutte. Riuscirono a farsi eleggere nei Toccanti, come fece lui molte volte manovrarono la Scelta.
Il suo popolo, i ventisette Toccanti eletti per la Scelta, gli voltarono la schiena. Quindici Puri votarono per la candidata di Faggio Purpureo, facendogli capire che non lo volevano più come Maestro del Sole. Sobillati da lei, ormai lo consideravano troppo vecchio, troppo antico.
Loro che erano giovani grazie a lui, avevano scelto un giovane come loro per rappresentarli. Avevano scelto Radice, suo fratello di seme, suo figlio per concepimento, nato duecento ottanta tre anni dopo di lui nel Semenzaio della Foresta dal matrimonio che aveva unito lui, il Maestro del Sole, con Salice che Ride. Seme purissimo vecchio di tre secoli custodito gelosamente, che discendeva direttamente da sua madre e da suo padre, il Varego che divenne il primo Maestro del Sole.
Quanto tempo era passato da allora, quante cose erano cambiate. Quelli che come lui si ricordavano ancora della venuta del Popolo del Fuoco erano pochi ormai. Di una moltitudine che erano, solo dodici erano ancora attivi e votarono per lui. Tutti gli altri, tutti i suoi amici di un tempo, uno alla volta si erano addormentati alla sera senza più potersi riprendere al mattino per il sangue troppo denso che scorreva nelle loro vene.
Uno per uno i suoi coetanei erano scomparsi lasciandolo sempre più solo e stanco. Solo l'aspetto era giovane, ma quello che aveva dentro lentamente modificava il suo corpo e il tempo che gli rimaneva da vivere. A tutti toccava, prima o poi. Poco alla volta comprese che anche i Perfetti avevano una fine. Tutti. Anche quelli che pensavano di aver ottenuto l'eternità. Anche lui.
Al pensiero che la stessa cosa potesse infine, un giorno o l'altro, succedergli, rabbrividì e Wal se ne accorse.
Il ragazzo pensò di avergli fatto male e gli sorrise. Vide Flot triste e pensieroso. Avrebbe voluto fare di più per lui, ma iniziava a dubitare.
Era soltanto a metà del suo lavoro e continuava a bagnare la benda con acqua tiepida. Continuava a dedicarsi meticolosamente a quello che stava facendo felice di farlo, anche se la voglia di domandargli come si fosse procurato quella ferita diventava sempre più impellente. Erano molte le cose di cui voleva parlargli e non aveva previsto di passare così tanto tempo per una benda incrostata, eppure era nulla se paragonato a quello che i suoi amici avevano fatto per lui nell'inverno passato. Inoltre farlo lo faceva sentire meno in debito con loro, anche se in quel momento a guidargli le mani era suo nonno Aldaberon l'Antico.
Stava comprendendo che poteva provare piacere a convivere con il suo avo anche se era lui a dirigere i gesti del suo corpo. Lo sapeva che era così, inutile negarselo. Era grazie a lui se poteva fare qualcosa per il suo amico. Sentiva la sua presenza nelle dita, precise e calme, che andavano dove serviva senza che lui dovesse pensare di farlo. Una saggezza antica gli fluiva tra le mani insegnandogli come curare gli infermi e questo gli piaceva. Si rilassò ancora di più, lasciando che l'Antico gli insegnasse tutto quello che voleva, per permetterglielo si ritrasse da una parte, ritirò in un angolo la sua anima e rimase a guardare il suo avo lavorare con le sue mani. Però quando l'anima inquieta del primo, vero Aldaberon, si trovò ad avere il controllo totale del suo corpo, ebbe un momento di rabbia, fissò negli occhi Flot e tirò con decisione la benda, provocandogli un sussulto e una smorfia di dolore improvviso.
Accorgendosi che forse aveva sbagliato a lasciarlo fare, Wal riprese il controllo del suo corpo, ricacciando indietro l'anima del suo avo. Gli dispiaceva di averglielo permesso. Forse non doveva farlo.
"Ti ho fatto male?" domandò a Flot vedendolo spaventato, ma quello scrollò deciso la testa e lui riprese a scrostare la benda. Imbarazzato si scusò e gli disse che gli dispiaceva.
Come avrebbe potuto prevedere una reazione così brusca da parte dell'Antico?
Come avrebbe potuto sapere quello che passò tra Aldaberon l'Antico e il suo amico Flot in quei pochi attimi in cui lasciò che fosse il suo avo a decidere?
Come avrebbe potuto sapere quello che aveva sconvolto il suo amico, senza sapere quello che gli stava passando per la testa?
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