2a) LA GUARDIANA

Già molte persone si aggiravano attorno alla tavolata grande, portando bevande e cibi freschi. Ragazzi e ragazze andavano e venivano. Quella gente sembrava felice. Non uno sguardo preoccupato, non un gesto d'astio, niente che potesse turbare quella giornata di festa, ma allora perché si sentiva sempre più agitato? Qualcosa scattò nel suo cervello e gli disse di stare in guardia. Fu come un fiotto d'aria gelido in pieno volto.

Un'ansia improvvisa lo assalì e lo strinse alla bocca dello stomaco. Gli fece male, lo spinse ad alzarsi, un impulso feroce a muoversi senza sapere dove andare e cosa fare.

Si ritrovò a fissare la radura circolare e vuota oltre la siepe: al centro era di un colore più scuro per qualche decina di passi. Il sole impediva di vedere chiaramente, però gli pareva che l' erba fosse bruciata tutt'attorno. Si parò gli occhi per vedere meglio, ma non servì.

A un tratto sentì l'ansia aumentare, uno strano sentimento di inutilità lo avvolse come un mantello, un ronzio nelle orecchie lo isolò da qualsiasi altro suono. Aveva occhi solo per quel punto lontano, in mezzo alla radura. Qualcosa simile a una voce sussurrata lo spingeva ad andare verso quel centro, rendendolo estraneo a tutto il resto; non vedeva, non sentiva altro che il richiamo di quella macchia scura. Lo stava chiamando, lo attirava, lo voleva.

Incapace di resistere a quell'impulso impellente mosse verso il passaggio più vicino. Raggiuntolo si diresse verso quello delle tavolate più interne. Camminava senza volontà, procedendo un passo dopo l'altro perché udiva quella voce dirgli di andare.

Ancora pochi passi e avrebbe raggiunto la siepe. Ancora poco e sarebbe stato all'interno della radura centrale. Sentiva di fare la cosa giusta, doveva farla subito se non voleva sbagliare. Immerso in un sogno denso di sensazioni che non riconosceva, avanzò deciso verso il passaggio nella siepe, quando uno strattone improvviso lo fece voltare. Come risvegliandosi da un torpore pesante si trovò di fronte lo sguardo preoccupato di Flot. Lo scuoteva forte e lo chiamava per nome.

"Cosa c'è?" gli disse ancora intontito.

"Cosa ti ha preso?" rispose l'altro "Ti chiamavo e non mi rispondevi. Cosa volevi fare?".

Ancora confuso farfugliò.

"Volevo... volevo andare laggiù" rispose indicando verso la macchia scura.

"È proibito andare oltre la siepe" gli disse Flot, preoccupato "Nessuno può entrarci senza il permesso della Grande Madre. Guarda cosa ti sarebbe successo".

Raccolse un ciocco di legno dimenticato in terra e lo lanciò in alto, a sorvolare la seconda tavolata e oltre la siepe. Cadde ad alcuni passi all'interno. Istantaneamente la siepe scattò.

Non era ancora giunto in terra che i rampicanti si mossero e serrarono i passaggi; spine lunghe un palmo spuntarono sui rami e alcuni di essi si allungarono come serpenti, trafiggendolo da parte a parte con le spine. Una volta arpionatolo saldamente, lo trascinarono dentro ai fasci avvolti e vibranti di spire. Scomparve all'interno della siepe. Una volta fagocitato l'intruso,  i rampicanti riaprirono i passaggi, come se nulla fosse successo.

Le spine sparirono e tutto tornò a essere ameno. Il tutto durò non più di una manciata di battiti del cuore. Poco mancò che Wal non balzasse indietro dallo spavento.

"Ricordatelo la prossima volta che ti verrà la voglia di entrare là dentro" aggiunse Flot "Solo la Grande Madre ha potere sulla Guardiana".

Ancora colpito Wal annuì. Aveva capito, eccome se aveva capito. Rimossa dallo scrollone di Flot e dallo spavento, l'ansia svanì così come era arrivata.

Flot scosse la testa, turbato, ma Wal era ancora troppo agitato per accorgersene.

Il Ratnor era agitato. Distoglieva lo sguardo, cercando qualcuno tra la folla. Si guardava le mani che non sapevano stare ferme. Pareva voler dire qualcosa che non voleva saperne di uscire dalle labbra serrate. Un silenzio imbarazzato scese tra loro.

Poi Flot avvistò Radice. Arrivò trafelato, sorridente ma affaticato da una lunga corsa. Parve sollevato di vederlo.

"Dove sei stato?" gli domandò "Sembra che tu abbia corso un po'!".

Sembrava lo stesse rimproverando, ma tutti e tre sapevano perfettamente che in realtà scherzava.

"Bene, ora che sei qui, potresti fare qualcosa per il nostro Wal" aggiunse sornione "Vorrebbe conoscere il nome di una delle vostre donne, quella con le grosse..." con la mani raccolte a coppa simulò due seni e il giovane parve comprendere immediatamente di chi stesse parlando.

Strizzò l'occhio a Wal e sorrise.

"Se lo desideri, amico mio. Ho il tuo permesso per dirle il tuo se me lo chiede?".

Wal annuì. Dopo un rapido saluto Radice partì nuovamente di corsa. In breve scomparve dalla loro vista, perdendosi nella folla che lentamente si stava avvicinando alle tavolate. Era agilissimo, scartava improvvisamente a sinistra e a destra e poi riprendeva la sua corsa senza mai fermarsi. Pareva più un gatto selvatico che un ragazzo. Wal si chiese come potesse correre in quel modo. Flot se ne accorse.

"Gli piace correre" rispose scrollando le spalle "Gli è sempre piaciuto, fin da bambino. Ne ha bisogno come dell'aria e del sole, per lui è la vita".

Saperlo fece apprezzare ancor di più il suo amico a Wal.

Passare lunghe giornate nella stanza sull'albero doveva essere stato per lui una pena, eppure mai una volta si era lamentato, mai che si fosse lasciato scappare qualcosa con lui.

Quasi gli avesse letto nel pensiero, Flot proseguì:

"Eppure ha accettato di buon grado l'ordine della Grande Madre di accudirti. È un bravo ragazzo". Wal ebbe l'impressione che Flot fosse fiero di quel ragazzo e glielo chiese.

"È così, infatti. È mio fratello, ma alle volte mi sembra che sia lui il più grande".

Wal rimase sorpreso. Aveva sempre creduto fossero solo amici.

In effetti si assomigliavano, però non più di tanti altri che vedeva lì attorno.

Per la verità si assomigliavano tutti quanti: chi più chi meno avevano fattezze simili gli uni agli altri. Solo pochi particolari li distinguevano l'uno dall'altro.

Continuamente rigurgitata dal villaggio nella foresta, la folla stava riempiendo la radura poco alla volta e già i primi prendevano posto alla tavolata esterna. Si avvicinavano lentamente, parlando, formando capannelli per poi proseguire insieme verso le tavole. Calmi, sereni, pacifici.

Da una parte e dall'altra del tavolo si fronteggiavano allegri e festanti. Donne e uomini sistemati a caso, ma Wal notò che seduti vi erano solamente uomini con i capelli rasati sulla testa. Gli altri, quelli non rasati, seguitavano ad andare e venire dalle mense ai tavoli, in costante movimento come api dai fiori al favo.

Alcuni di loro erano avanti negli anni. Non che fossero vecchi, probabilmente nessuno di loro aveva più di trentacinque, quaranta anni, pensò Wal, però si notavano subito in mezzo agli altri che ne dimostravano la metà.

Forse non soltanto per la pelle del viso non più perfettamente liscia e segnata dal passare del tempo, bensì per una tristezza appena accennata negli sguardi , accuratamente nascosta benché sempre presente.

Wal se ne accorse quando per caso incrociò lo sguardo con uno dei più anziani dei non rasati e avvertì che i suoi occhi stridevano come una nota stonata in mezzo a quell'atmosfera gioviale.

Come tutti, i tratti di quell'individuo non erano molto dissimili dagli altri, ma il colore dei suoi occhi, uno nocciola e l'altro nero, lo colpirono subito.

Probabilmente se non si fosse avvicinato lui, Wal non lo avrebbe mai notato. Invece a un certo momento se lo trovò davanti. Come tanti altri venne a salutarlo.

Come altri gli rivolse solo poche parole ossequiose, ma nei suoi occhi bicolori Wal lesse una malinconia profonda. Quasi una domanda inespressa. Fu solo un momento poi quell'uomo si allontanò sparendo nella folla, però la sua comparsa lasciò in Wal una tristezza e una perplessità per quegli occhi supplicanti. Ecco, quella era la sensazione che gli avevano lasciato quegli occhi, erano supplicanti.

Era quello che gli aveva trasmesso quello sguardo: una supplica.

Era evidente come un velato rimprovero. Incuriosito si alzò e fece per seguire l'uomo. Volle sapere di più di lui e di quello che voleva chiedergli, ma non ne vide traccia. Era scomparso. La gente festante si ammassava ai tavoli per sedersi e riuscire a vedere anche solo a un paio di passi attorno a sé era quasi impossibile. Prendendolo per un braccio Flot gli fece cenno di seguirlo. Si incamminarono tentando di evitare gli altri corpi e Wal riuscì solo a domandare. "Dove andiamo?".

"A sederci" gli rispose l'altro.


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