26)L'AGGUATO
"Tutto bene?" gli domandò preoccupata, allungandogli una mano per attenderlo e procedere fianco a fianco.
Negli occhi di lui vi era ancora un barlume di agitazione, ma un cenno affermativo del ragazzo e un sorriso sereno la tranquillizzarono.
Giunsero davanti alla porta della camera dove riposava Radice e lo trovarono sulla soglia ad attenderli. Era ancora stordito dalla droga e per la sorpresa di trovarseli di fronte. Fece un leggero inchino alla Grande Madre e poi scambiò un rapido sguardo con Wal. Sembrava volergli rimproverare qualcosa.
"È un onore per me, oltre che una piacevole sorpresa, incontrarti qui, mia Signora" le disse, cercando di mascherare l'imbarazzo per non essersi accorto prima del suo arrivo. Uno sbadiglio gli sfuggì, nonostante tentasse disperatamente di resistere. Wal e Salice che Ride lo osservarono comprensivi. Ambedue sapevano che il ragazzo non aveva nessuna colpa. Le erbe che la grande Madre gli aveva sparso sul cuscino avevano fatto egregiamente il loro dovere. Un leggero sorriso malizioso increspò le labbra della donna ed il volto di Radice diviene porpora in un batter d'occhio. Vedendolo così in imbarazzo, Wal gli andò in aiuto.
"La Grande Madre è venuta a farmi visita" disse piano, attirando l'attenzione di lei. Lo sguardo malizioso che i due si scambiarono sfuggì al ragazzo "Ma ora se ne sta andando e mi ha permesso di accompagnarla per un tratto. Puoi tornare a dormire, se lo vuoi, Radice. Io tornerò tra breve..." aggiunse ancora e subito si accorse di aver fatto un errore.
All'unisono gli altri due si voltarono a guardarlo.
Dopotutto erano la regina e il futuro sacerdote di quel popolo e lui aveva appena dato degli ordini che forse non erano giunti graditi. Veloce, per quanto poté esserlo, aggiunse "...Sempre che la Grande Madre non desideri altro, naturalmente".
Annuendo, la Grande Madre gradì la scappatoia che si era scelto e lasciò perdere, assecondandolo.
"In effetti sì, marito mio" fece rivolta a Wal "Preferirei che Radice ci seguisse e portasse con sé lo Scettro dei Signori. Credo che ne avremo bisogno, tra breve". Ora fu la volta di Wal a non comprendere, ma un brivido gli percorse la schiena al sentire quelle parole. Vide Radice riprendersi del tutto, uno strano sorriso gli comparve sul volto e gli occhi gli brillarono. Era tornato a essere il Maestro del Sole. Con un cenno impercettibile della testa fece comprendere alla donna che aveva inteso e si ritirò nella stanza dalla quale era uscito poco prima.
"Noi due cominciamo pure ad andare" disse a Wal, allontanandosi senza attenderlo "Lui ci raggiungerà presto, vedrai".
Non volendola contrariare, lui la seguì in silenzio. Allungando un poco il passo la raggiunse e vide che si stava sciogliendo la lunga chioma avvolta a vita. Sotto un'apparente tranquillità, percepiva una nota agitata. Non osò domandarle nulla, così rimase a guardarla mentre separava i capelli in ciocche che annodò in una lunga treccia. Perché lo faceva?
In fondo alla galleria intravedeva l'alone luminoso dell'entrata. La luce che vi penetrava aveva sfumature rosate rispetto alla notte appena passata. Era l'alba, dunque, proprio come aveva detto Salice che Ride. Da lontano sentiva lo scalpiccio dei piedi di Radice che correva per raggiungerli. Quando arrivarono a pochi passi dal portale che dava all'esterno, si fermò. Aveva messo un piede dentro a una chiazza d'acqua. La poca luce che filtrava era già abbastanza forte da fargli riconoscere altre chiazze che si ripetevano a distanze regolari fino all'esterno. Si chinò a tastarla con le dita, gli ricordava le chiazze che aveva visto nel cuore della notte.
<Possibile che non si siano ancora asciugate?> immediatamente avvertì un prurito ai piedi. Pericolo, era in pericolo.
Si alzò piano, avvicinandosi al portale. Aveva paura. Non sapeva di cosa, ma ne aveva. Era disarmato e non gli piaceva. Inconsciamente la mano gli scivolò lungo il fianco disarmato alla ricerca di un pomolo che non incontrò, di un'elsa che stretta nel pugno avrebbe dato sicurezza. Non trovandoli sentì una stretta al cuore. Quel gesto gli venne naturale.
<Un Varego non lascia mai le sue armi> si disse piano.
Era stizzito e inconsapevolmente recuperò un altro pezzo del suo passato. Ma era troppo preso dalla paura per rendersene conto. La luce all'esterno diventava più forte man mano che il sole si sollevava nel cielo, illuminando più chiaramente i contorni delle pietre dello spiazzo. Poteva esserci qualunque cosa ad attenderlo. Il silenzio della foresta non faceva che aumentare la sua certezza che qualcosa era la fuori, ma dove e cosa? Doveva fare qualcosa. Quando fece per avanzare per mettere la testa fuori come aveva fatto nella notte, la mano della Grande Madre lo trattenne, stringendogli forte il braccio. Gli fece cenno che non doveva uscire.
Negli occhi della Yaonai c'era una luce selvaggia e determinata.
L'aria che giungeva dall'esterno era incredibilmente fredda per la stagione in cui si trovavano. Anche nella notte faceva freddo, ma non così intenso. Alle loro spalle lo scalpiccio di passi di Radice si fece vicino: correva veloce e non accennava a rallentare. La Grande Madre spinse Wal con forza verso la parete, spostandosi a sua volta dall'altra parte.
Radice li oltrepassò un istante dopo. Passò come una furia in mezzo a loro e Wal vide che in mano stringeva qualcosa di metallo pesante. Senza rallentare Radice raggiunse il portale e si gettò fuori con un balzo felino. Rotolò un paio di volte su sé stesso prima di rialzarsi agilmente. Il ragazzo placido e tranquillo era diventato un guerriero pronto a combattere.
Abbassandosi sulle gambe allargate per assicurarsi la massima stabilità, con le braccia tese davanti a sé pareva invitare allo scontro qualcuno che Wal non vedeva.
Aveva il volto contratto in una smorfia di odio. Nella mano brandiva un'arma che scintillava nella luce del sole. Quando la vide, Wal ebbe un tuffo al cuore. Aveva capito che cosa era: era un'ascia, un'ascia bipenne dei tempi andati! Un ascia dei Signori!
Si voltò a guardare Salice che Ride per domandarle cosa stesse succedendo, ma non riuscì a emettere un solo suono. La bocca gli rimase spalancata dallo stupore. Lei stava piazzando una ghianda di metallo sulla lunga treccia piegata in due, poi prese a farla roteare, provocando un ronzio simile a un sciame d'api. In risposta dall'esterno giunsero delle urla che gli gelarono il sangue nelle vene. Suoni acuti più del metallo gli trapassarono le orecchie, obbligandolo a coprirsele : "YEEEE- IIIII! YEEEE- IIIII!".
Wal vide comparire un sogghigno maligno sul volto di Radice.
Non avevano nulla di umano, nessun verso animale avrebbe potuto essere paragonato a quelle spaventose grida.
Alla Grande Madre parve fare piacere la cosa.
"Ci siamo" disse concentrata.
Un istante dopo, all'ingresso della galleria comparvero due gigantesche figure che occuparono completamente lo spazio. Erano bianchi, quasi traslucidi. La luce del sole faceva scintillare di mille luccichii i loro corpi e gocce d'acqua colavano senza sosta dalle membra. Wal non ne vedeva che la metà del corpo, tanta era la loro altezza. Erano alti almeno due volte la sua e molto più massicci.
Alle loro spalle vide Radice: non si era mosso da dove si trovava, in attesa. Infastiditi dal ronzio della treccia i due mostri seguitavano a urlare, colpendo con furia inaudita le pareti del vulcano al di sopra dell'entrata. A ogni colpo cadevano frammenti di montagna e parevano intenzionati a proseguire fino a sfondare la parete, ma quella resisteva.
A un certo punto, vedendo vani i loro sforzi, si abbassarono. Wal poté finalmente vederne il volto e ne rimase terrorizzato: i suoi peggiori incubi di bambino si materializzavano infine davanti ai suoi occhi. Quello che con l'età adulta pensava di avere superato e messo nella cesta dei ricordi dimenticati si ripresentava ora davanti a lui, bloccandolo completamente. Rimase inerte, incapace di muovere un dito.
Anche quando vide che uno dei due mostri allungò una mano per ghermirgli un braccio non riuscì a muoversi. Le dita del mostro riuscirono a sfiorarlo appena, ma quel contatto aveva il gelo più cupo del ritorno dal Mondo degli Antichi Padri. In quel breve istante di contatto con la creatura, gli comparvero alla mente immagini di una landa desolata, buia, gelida, spazzata da venti impetuosi. Ovunque spuntoni di ghiaccio taglienti come rasoi che si spezzavano cadendo in mille pezzi. Era là che volevano portarlo. Non volevano solo il suo corpo, volevano strappargli l'anima e portarla con sé, lontano, dove non avrebbe mai più potuto ritrovarla. Questa consapevolezza, questo freddo, gli scesero nel cuore. La trappola era scattata e lui era l'esca.
Per quanto terribile potesse essere per lui, era quello il momento che Radice e Salice che Ride attendevano per attaccare.
Con un gesto fulmineo la Grande Madre lasciò partire il proiettile che andò a conficcarsi in mezzo agli occhi piccoli e tondi del gigante che si era sporto in avanti per afferrare Wal. Per un istante non successe nulla. La ghianda, ruotando velocemente, penetrò all'interno della testa. Scomparve, poi ci fu un'esplosione che la mandò in mille pezzi, inondando d'acqua gelata l'uomo e la donna.
Il corpo reso inerme si sbilanciò in avanti e sbatté a terra sfracellandosi. Vedendo il destino del compagno, l'altro Ka-ranta fece per allontanarsi, ma si era dimenticato di Radice che non aspettava altro. Con un balzo improvviso il ragazzo gli si lanciò contro prima che potesse voltarsi del tutto e gli colpì il ginocchio.
Il violento colpo venne vibrato con precisione, pezzi di ghiaccio volarono in aria e l'arto si staccò proprio al di sotto della rotula. Senza più un appoggio, il gigante vacillò crollando in terra, sfracellandosi a sua volta. Un ultimo urlo si spense a mezzo quando la bocca si frantumò.
Il ragazzo ansimava per lo sforzo di quell'unico, micidiale colpo vibrato con tutta la potenza che disponevano i suoi muscoli, ma era felice. Quando vide il mostro abbattersi al suolo urlò tutta la sua rabbia e per un attimo a Wal sembrò un Dio vendicatore che si era preso una rivincita attesa a lungo. Il sole che si sollevava nel cielo fece luccicare la pelle bagnata del suo corpo. Un alone di vapore e luce lo circondò per tutto il tempo che durò il suo urlo.
Finita la breve lotta tutto tornò normale, ma Wal faticò a riprendere il controllo del corpo. I suoi denti battevano così violentemente, che gli ci volle del tempo per riprendersi. Violenti tremori si impossessarono del suo corpo già provato dalla lunga malattia e dalla caduta del giorno prima sul vulcano. Faticava a respirare e tutto gli girava attorno. Barcollò, fece uno sforzo per rimettersi diritto, barcollò ancora. Da un momento all'altro sarebbe crollato a terra come un sacco vuoto. Nausea e vomito lo stavano vincendo. Soffocava, gli mancava il fiato. Fece un passo indietro e andò a sbattere violentemente contro la parete della galleria.
Il duro contatto con la roccia gli provocò un dolore fortissimo alla schiena, ma gli diede un minimo di sollievo. Almeno aveva qualcosa a cui appoggiarsi. Teneva la mano sul braccio, nel punto esatto dove il gigante di ghiaccio l'aveva sfiorato: la pelle bruciava come se un tizzone ardente l'avesse ustionato. Una morsa di dolore gli sbranava la carne, arrivando diritta al cervello. Migliaia di aghi si piantavano contemporaneamente nel suo corpo, incuranti che lui chiedesse pietà.
Davanti agli occhi vedeva globi luminosi che danzavano come lucciole, accendendosi e spegnendosi lentamente. Aria. La sua gola implorava aria. Il cuore batteva impazzito. Poi, poco alla volta, i globi luminosi diventarono azzurri e tutto il suo corpo, cellula per cellula, lampeggiando divenne azzurro.
I muschi che ricoprivano la parete della galleria ripresero la loro azione calmante e lui questa volta li assecondò completamente. Ritornò subito nel mare carico di onde e cercò la spiaggia. Dopo aver girato su sé stesso, la vide. Sulla spiaggia c'era un uomo che lo incitava a raggiungerlo. Lo riconobbe, era l'Antico, era venuto ad aiutarlo! Gli urlava: forza, vieni!
Lui fu felice di rivederlo e di andargli incontro, ma la corrente era forte, lo portava lontano. Per quanto facesse, la distanza con la spiaggia non diminuiva.
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