24)LA DISFATTA DI KARAHI'


Quello che accadde nelle ore seguenti, nella settimana e nel mese successivo, non fu altro che un rapido ritirarsi dei Ka-ranta verso il Nord, inseguiti dalla furia cieca degli inseguitori che non volevano fermarsi.

Ovunque era un rapido sciogliersi di Ka-ranta imputriditi e difese superate dagli eventi. Erano tutti così presi dalla febbre della fuga o dalla furia dell'inseguimento, che nessuno pensò ad altro che a questo. Era un unico movimento verso Nord, tutto il resto non aveva importanza. Il ghiaccio velocemente scompariva, lasciando al suo posto ruscelli, torrenti e fiumi che formarono immensi laghi e acquitrini.

Alla fine del mese i confini di quelli che erano stati i territori delle Regine del Nord vennero liberati e ancora gli inseguitori non furono sazi. Volevano regolare i conti una volta per tutte, definitivamente. Proseguirono ancora per un altro mese risalendo a Nord, entrando in terre sconosciute, ricoperte da immense coltri di ghiaccio.

I domini di Karahì e Soffiace vennero travolti con la rabbia di chi si sentiva tradito e tutto quello che poteva ricordare le due Regine venne smantellato a colpi di Ascia. Spinti avanti dall'odio per i soprusi subiti per l' ingordigia del ghiaccio e del vento, sarebbero andati avanti ancora chissà quanto, se a un certo punto non si fossero trovati davanti un ostacolo insormontabile. Karahì, resasi conto di essere sconfitta, tentò una carta disperata.

Sacrificò una quantità immane del ghiaccio che ancora le rimaneva e ordinò ai Ka-ranta superstiti di riversarlo tutto in un baratro di cui non si vedevano le sponde fino a riempirlo. Il ghiaccio si sciolse, l'acqua lentamente riempì ogni anfratto e davanti alle avanguardie degli eserciti del Regno si presentò un mare,immenso e insormontabile anche per loro.

Allora furono i Soluni a proseguire da soli, attraversando il cielo dalla mattina alla sera, sorvolando l'immensa distesa d'acqua che andava alimentandosi di nuova linfa a ogni viaggio che facevano. Proseguirono fino a quando si resero conto che erano troppo a Nord perché il calore del Sole avesse ancora efficacia, allora fermarono le Ragace e tornarono indietro. Volarono due giorni interi, prima di vedere ancora le rive di quelli che erano in nuovi confini del Regno.

Dopo i giorni della paura, della fuga, del freddo e dell'abbandono erano arrivati i giorni della gloria per tutti. I confini del Regno ora spaziavano dal Sud del Vuoto Eterno fino al mare del Nord: mai era stato così esteso e unito. Mai, prima di allora, i Sei Regni avevano avuto meno senso in quello che erano stati.

La battaglia era finita, la guerra vinta.

Al loro ritorno i due Signori trovarono tutti in riva al mare ad attenderli. Ci fu una grande festa e tutti vi presero parte. Uomini e Giganti, Signori e Soluni camminarono insieme come vincitori di un unico grande gioco che vedeva perdenti le due regine.

Venne deciso di dare un nome a quella festa, un nome che ricordasse la Speranza e la Rinascita. In fondo quella era la prima, vera stagione senza assilli e paure, il gelo era lontano, il Sole  con loro.

La Battaglia fu chiamata della Primavera; la Guerra, delle Quattro Stagioni.

Ma dopo la conquista, la gloria e la festa, ci fu il risveglio.

I Signori degli elementi salirono sul monte più alto, Orrido, ancora maestoso nonostante le ferite subite, calpestando con disgusto ciò che rimaneva degli eserciti di Karahì in fuga e guardarono il Regno che avevano lasciato alle loro spalle.

Non videro che distruzione e rovine. I ghiacci ritirandosi avevano modificato il paesaggio lasciando dietro di sé pianure e colline, gole e anfratti. La terra, a lungo schiacciata dal peso del gelo, si era sollevata in montagne così alte da toccare il cielo e sulle quali restavano ancora parte dei ghiacciai in ritirata verso il Nord.

Isolati da tutto e circondati dall'odio di chi restava, dai loro pendii scivolava a valle l'acqua che alimentava torrenti e fiumi, laghi e paludi. Nulla di quello che i Quattro Signori vedevano ricordava ciò per cui avevano combattuto. Non era più la loro cara terra, non esistevano più i Sei Regni dell'Era degli Elementi. Ardente e Bipenne cercarono disperatamente traccia di quella strada che tanto li aveva divisi e ora li avrebbe fatti sentire più uniti che mai, ma non esisteva più. Nemmeno riuscirono a identificare l'antico tracciato che loro stessi avevano scavato.

Non esisteva più nulla dell'antico Ordine.

Avevano vinto, sbaragliato gli eserciti nemici, eppure avevano perso tutto quello per cui avevano combattuto.

Quando si resero conto di questa realtà non vollero più guardare lo scempio provocato dalle loro azioni e scesero a valle silenziosi, ognuno perso nei propri pensieri. Al loro arrivo all'accampamento ebbero un altra sorpresa.

Il tempo che a un Signore necessita per completare un pensiero non scorre come quello dei mortali.

Persi nelle loro considerazioni in cima al Monte Orrido, i Signori si erano dimenticati degli uomini. Almeno dieci generazioni di quei piccoli esseri erano passate dalla loro partenza, si erano moltiplicati, avevano occupato ogni parte del Regno, eppure li accolsero con gioia, con gli onori che competono a ospiti di riguardo. Ogni Signore aveva chi lo adorava e lo chiamava Padre. Quelli furono giorni di festa e di allegria. Gli uomini, in attesa che tornassero, avevano eretto case enormi per ognuno di loro.

Dai loro avi avevano imparato il rispetto dovuto agli Antichi Padri, in qualunque momento fossero tornati. Di generazione in generazione i vecchi tramandarono oralmente la storia della Guerra delle Quattro Stagioni ai giovani, ripetendo formule accuratamente studiate perché non variassero. Quando toccò a essi, i giovani, una volta invecchiati, a loro volta lo tramandarono alle generazioni che li seguirono, nel rispetto delle tradizioni. Solo così fu possibile ricordare i Signori degli Elementi che un giorno sparirono senza lasciare traccia di sé.

Solamente i Soluni rimasero sempre con loro, riscaldandoli e illuminando i loro giorni, ma le notti seguitavano a essere buie e il Sole mai si ristabilì del tutto. Quando pareva essere guarito, quando era al massimo del suo fulgore, ecco che ricominciava a deperire, spegnersi poco alla volta, fino a che ritornavano i giorni del gelo e della paura. Karahì allora pareva tornare, ogni anno allo stesso periodo riportava con sé Soffiace e i suoi venti gelidi. Ma gli uomini sapevano che nel momento più scuro e più freddo dell'anno; in quella stagione che coincideva con l'unica grande battaglia che gli eserciti della Regina del Nord avevano vinto e che ancora ora chiamavano Inverno; nei giorni in cui la Merla aveva richiamato l'attenzione di uno di loro, potevano aiutare il Sole ridandogli una parte di quello che aveva donato. Così facevano con fede ogni anno e tutto questo mentre loro erano stati lontani. Assenti.

Non era tutto.

Alcuni gruppi di uomini e donne rimasero così colpiti dalla vastità del mare che non vollero più abbandonarlo. I Vareghi erano tra questi. I Giganti del Regno lo temevano e ne restavano alla larga perché il Fuoco si spegneva in esso, il Ferro andava a fondo e la Terra si scioglieva. Solamente le Schegge potevano cavalcarlo senza timore, ma ricordava loro troppo Karahì per desiderarlo veramente fare finché erano in vita. Gli uomini, invece, scavarono navi dai loro corpi caduti e presero a navigare sulle acque, raggiungendo luoghi dove nemmeno i Signori degli elementi potevano andare.

Le Yaonai  scomparvero, ritirandosi nella foresta più profonda in compagnia delle Schegge. Dal giorno della battaglia della Primavera divennero una cosa unica e indissolubile. Vivevano alla pari, in un connubio di rispetto reciproco. Le donne veneravano le Schegge e le accudivano; le Scorze davano loro cibo, riparo e le proteggevano.

Finita la guerra, le Yaonai disfecero le lunghe trecce. I capelli sciolti, mollemente avvolti attorno al corpo e alla vita, divennero un simbolo di pace e di concordia e giurarono solennemente che non li avrebbero più intrecciati se non per un'altra guerra. Una volta al giorno, la loro Grande Madre si recava dalla Luna con libagioni e doni, come le era stato insegnato da coloro che l'avevano preceduta. Mai avevano mancato a questo compito e mai lo mancarono. Anche il legame con la Luna era andato aumentando, identificandosi sempre più con la Signora protettrice. Avevano conservato l'antico patto con il popolo dei Vareghi, ma ora erano gli uomini liberi della tribù rivierasca ad andare, di tanto in tanto, dalle donne. Andavano nella foresta e attendevano, perché solo alle Yaonai spettava la decisione se mostrarsi o meno.

Ognuna di esse era libera di scegliere il proprio destino: se lo desiderava poteva anche restare con l'uomo da cui aveva concepito un maschio. Ma, benché non fosse vietato, era una cosa che succedeva molto raramente. Non incoraggiato, non compreso dalle più, però, se succedeva, accettato da tutte. Il rispetto era alla base della loro esistenza. Ognuna di esse poteva regolarsi di conseguenza. Andare o tornare non aveva importanza perché la porta rimaneva aperta, sempre e comunque. La Yaonai che avesse fatto una scelta simile, avrebbe potuto fare ritorno alla comunità quando avesse voluto, sicura che nessuna sorella l'avrebbe giudicata. Sorelle, sì, perché così si consideravano le Yaonai, tutte sorelle anche se di padri diversi, unite sotto la Grande Madre che le governava e da cui dipendeva ogni scelta.

Il tempo passava e i secoli con lui.

Nel frattempo il Regno era diventato rigoglioso sotto la cura degli uomini, un bel posto dove vivere e riposare in pace.

Vedendosi inutili, poco alla volta i Signori degli Elementi si ritirarono nei templi che gli uomini avevano costruito per loro. Vissero negli agi, esauditi nei loro più piccoli desideri e capricci, eppure si sentirono scontenti e insoddisfatti. Nella mollezza dei costumi, distesi su morbidi cuscini, accuditi dai Giganti, si logorarono in discordie e litigi, futili motivi per rompere la monotonia di una esistenza sì eterna, ma inutile.

Gli unici attivi erano i Soluni, però anche loro si rendevano conto che il loro momento era passato. Non c'era più giustizia da amministrare, l' Ordine non esisteva più e la loro importanza scompariva poco alla volta nel succedersi delle generazioni di uomini. In pochi ormai ricordavano le vere gesta della Guerra delle Quattro Stagioni e anche quei ricordi si diluivano nel mare corrosivo del Tempo.

Anche le Ragace, con il passare delle generazioni, iniziavano a risentire del potere del Tempo: le loro fauci di ferro arrugginivano, il legno delle gambe marciva e la coda di solida roccia diveniva sabbia. Questo era il momento degli uomini, gli unici a essere usciti veramente vincitori dalla guerra combattuta.

Essi e il Tempo che, sebbene oramai governasse con le sue nuove regole, ancora non era soddisfatto.

Non tutto gli era riuscito. Ancora non era riuscito nel suo intento di catturarli. Fino a ora gli erano sempre sfuggiti, ma nonostante questo anche i Soluni faticavano a sentirsi dei vincitori.




Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top