22a) TRADIMENTO
Il mattino seguente la Luna, Tartara e alcune Masse si avviarono verso la foresta sotto gli occhi incuriositi di tutto l'accampamento.
Nessuno sapeva quali fossero le intenzioni della Luna, soltanto si mormorava di sacchi pesanti, pieni di ghiande di piombo, che i Giganti portavano sulla schiena.
Neanche il Sole sapeva cosa volesse fare la Luna e uscì nuovamente solo con il carro.
Arrivati nel villaggio delle Yaonai, la Luna chiese ai Giganti di posare in terra i loro sacchi e di ritornare all'accampamento. Vedendole arrivare le donne scesero dagli alberi e si raccolsero tutte davanti a loro.
La Grande Madre arrivò con passo leggero, salutò le due Signore e poi guardò i sacchi gettati a terra: alcuni si erano aperti e alcune ghiande di piombo erano cadute. Erano grandi un pollice, con un estremità appuntita e l'altra arrotondata.
"Sarebbero quelle?" domandò, cercando di mascherare la sua delusione davanti ai doni della Signora.
Per non essere scortese andò verso i sacchi aperti e raccolse da terra una ghianda, girandola e rigirandola perplessa tra le dita. Lanciò un sorriso compiaciuto alle due Signore e accennò a un inchino, ma si vedeva che lo faceva solo per il grande rispetto che portava alla Luna. Se quelle cose dovevano servire alle sue figlie per difendersi dai Ka-ranta, soltanto una grandissima fede le avrebbe salvate dalla distruzione.
Comprendendo lo stato d'animo della donna, Tartara e la Luna pensarono che la cosa migliore fosse una dimostrazione pratica su quello che avevano in mente. Avevano già provato in gran segreto le nuove armi e le avevano trovate sorprendenti. Leggere, maneggevoli, eppure potenti e letali anche da grandi distanze. Ideali per quelle donne a loro così devote. Così, senza perdere altro tempo, si slacciarono delle lunghe strisce di cuoio che portavano a vita, le piegarono a metà in modo da ottenere una sacca e vi misero una ghianda a testa. Dopo iniziarono a far roteare la fionda provocando un ronzio simile al volo di un intero alveare. Quando lasciarono partire i colpi, le ghiande volarono rapide a più di duecento passi di distanza, verso un grosso otre d'acqua appeso a un ramo. I due proiettili lo raggiunsero a breve distanza uno dall'altro. Se il primo lo forò oltrepassandolo senza problemi, il secondo lo fece esplodere, lasciando pochi brandelli di pelle penzolanti dal ramo.
Sul primo momento nell'accampamento delle Yaonai scese un silenzio totale, poi fu un tripudio di gioia e grida di contentezza.
Le Yaonai esultarono e anche la Grande Madre parve convinta. Annuiva soppesando quell'arma, benché avesse delle riserve per le strisce di cuoio. Le Yaonai non amavano uccidere inutilmente e per avere il cuoio avrebbero dovuto farlo. Questo andava contro i loro principi.
La Luna risolse la cosa indicando le lunghe capigliature che le Yaonai portavano raccolte a vita. Con pochi accorgimenti avrebbero potuto usare quelle.
Nonostante l'età e l'evidente difficoltà a muoversi, la Grande Madre volle essere la prima a provare quell'arma. Dopo alcuni goffi tentativi, riuscì a scagliare il proiettile e si dichiarò soddisfatta. Non lo lanciò con forza e nemmeno con precisione, ma poco importava. L'aveva accettato. Le Yaonai avrebbero avuto un'arma per difendersi, leggera e potente al tempo stesso.
Da quel momento fu un fermento generale nel villaggio.
Dovunque c'erano Yaonai che modificavano o aggiungevano protezioni alle trecce, provando soluzioni differenti e originali.
Se risultavano inutili venivano abbandonate, se venivano ritenute utili presto erano replicate dalle altre. L'euforia prese possesso delle donne della foresta.
Quando la Luna e Tartara se ne andarono, già si sentivano nell'aria ronzii sollevarsi qua e là nel grande spiazzo del villaggio e ogni tanto anche qualche sonoro TOC, quando un colpo andato a male andava a sbattere contro la corteccia di qualche Scheggia che prontamente si spostava più lontano, massaggiandosi la parte dolorante.
In poco tempo le Yaonai ebbero a disposizione uno spazio enorme per potersi allenare.
Anche se divertita da tutta quella agitazione, però la Luna ancora non era del tutto soddisfatta, perché le pareva di non avere ancora fatto abbastanza per gli uomini e le donne.
Le Yaonai erano le sue preferite e non ne faceva mistero, ma credeva che anche gli altri meritassero la sua benevolenza. Era in debito con loro e glielo doveva. Doveva trovare qualcosa di prezioso, un dono tale da ripagarli per aver guarito il suo uomo, solo che non sapeva quale. Nemmeno Tartara seppe consigliarla, così tornarono all'accampamento ambedue pensierose e scontente.
Quando vi arrivarono trovarono anche lì un gran trambusto.
Gli uomini avevano imparato in fretta ed erano andati oltre a quello che Bipenne gli aveva insegnato. Si fecero scudi e corazze, elmi e placche. Si protessero con esse e con quel ferro addosso si allenarono per ogni dove, suscitando ilarità mista a curiosità nei Giganti che li guardavano fare.
Faceva impressione vedere quelle piccole asce maneggiate con decisione contro gli avversari, sentirle cozzare contro scudi lucenti e le protezioni di ferro. Gli uomini avevano un aspetto feroce, nonostante le loro ridotte dimensioni, ma era la determinazione con cui si accanivano l'uno contro l'altro che stupì i Giganti. Non smettevano nemmeno se erano a terra, si rialzavano e seguitavano a combattere senza accettare la sconfitta.
Erano caparbi e tenaci, feroci all'inverosimile, ben diversi da tutti i Giganti del Regno che quando non riuscivano ad abbattere un avversario andavano a cercarsene un altro più debole con cui combattere.
Erano diversi. Molto diversi da loro. Poco alla volta iniziarono a prendere sul serio quei piccoli guerrieri.
Li videro organizzarsi in gruppi sempre più grandi per unire le singole forze e attaccare insieme, diventando temibili come branchi di lupi.
Ma quando poi un gruppo di uomini sfidò per gioco una Massa che li canzonava, fu con stupore e sbigottimento che i Giganti lo videro cadere in terra pesantemente, con tutti gli uomini sopra di lui a esultare. Da quel momento ogni ilarità finì.
Ma quella giornata così piena di novità terminò con una sorpresa ancora più stupefacente, che nessuno si aspettava. Al ritorno del suo giro di ricognizione, il Sole non era solo. Sul carro portava un' altra persona, eretta e fiera, una donna che tutti conoscevano molto bene: SOFFIACE!
Aveva rotto il patto stretto con Karahì ed era passata dalla parte del Regno. Il Sole la conosceva bene, sapeva che la Signora del Vento era fedele solo a se stessa e alla convenienza del momento, così decise che era meglio averla come alleata che avversaria. La vittoria ormai era scontata, dall'altra parte rimanevano Karahì, sua sorella Gioturna e i suoi Giganti. Il malvagio Signore del Tempo restava senza seguaci, anche se le sue regole, alle quali nessuno poteva sfuggire, erano ormai immutabili.
I giorni passavano, portando via con sé le settimane e i mesi. Il Sole seguitava a uscire solo. Si sentiva bene, i dolori alla schiena erano migliorati e si affaticava sempre meno. La Luna era soddisfatta dei progressi degli uomini nell'arte della guerra e le sue Yaonai si allenavano costantemente. Le rimaneva del tempo che passava a perfezionare un nuovo dono che voleva fare a tutti gli uomini e donne. Sarebbe stato un regalo prezioso, proprio come avrebbe voluto. Il più prezioso di tutti, pensava. Nella sua vanità ne era molto soddisfatta.
I preparativi erano ultimati da tempo, non restava che attendere il momento giusto.
Nell'accampamento del Regno tutti erano pronti e desiderosi d'azione.
Soffiace fu un'alleata fedele. Mise i suoi Venti al comando del Sole perché fondessero i ghiacci e insieme a questi, volando sul fronte nemico, il Signore della Luce fece un ottimo lavoro. Attraversava il cielo facendosi precedere dai Venti che portavano ancora più scompiglio e distruzione nelle difese dei Ka-ranta. Il ghiaccio che arrivava di giorno dal Nord non compensava quello sciolto di notte e lo spazio tra i due fronti era disseminato da rivoli d'acqua che scorrevano liberamente, fino a quando, incontrandosi, si univano in ruscelli e torrenti. Uno di questi attraversava i fronti da Est a Ovest, raccogliendo nella sua corsa tutti gli altri.
Si ingrossava di giorno in giorno. Già misurava quasi cento piedi di larghezza e cinque in profondità. Il Sole lo guardava ogni mattino con maggiore apprensione. Non si capacitava di come potessero essere così ottusi quei Giganti di Ghiaccio. Se fossero andati più a Nord avrebbero risparmiato la vita a moltissimi camerati che ogni giorno si scioglievano sotto i loro occhi senza che potessero fare niente per aiutarli. Per quanto si sforzasse, non capiva.
Quella caparbietà senza motivo lo stupiva.
Karahì era spietata e senza cuore, lo sapeva, dell'esistenza degli altri non le importava nulla, però costruire sempre nuovi Giganti costava fatica ed energia. Eppure la Regina del Ghiaccio era spietata, ma non stupida. Non faceva mai nulla senza avere un motivo. Gioturna lo era ancora meno, lo sapeva bene. Nel loro mondo tutti sapevano che c'era un luogo in cui neppure la sua luce più forte avrebbe potuto arrivare e dove Karahì e i suoi Ka-ranta sarebbero stati al sicuro dal calore dei suoi raggi. Nel Nord più estremo avrebbero dominato per sempre in pace, se solo avessero avuto un po' di buon senso per andarci. Eppure continuavano implacabili, alimentavano senza sosta le loro difese prelevando ghiaccio dalle infinite riserve del Nord, vedendole scomparire nel fiume prima ancora di aver terminato di piazzarle.
Questa ostinazione poco alla volta iniziò a preoccuparlo, fino a quando, sorvolando il fiume un mattino gli venne un dubbio e tornò all'accampamento. Benché non fosse ancora sera. richiamò i Venti di Soffiace e ordinò loro di smettere di soffiare.
Doveva conferire subito con gli altri Signori e con la Luna.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top